toponimi Siracusa - Toponomastica Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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toponimi Siracusa

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TREMILIA In sic. Trimmilia (135). Potrebbe trattarsi di un toponimo viario composto dai termini latini tres (in it. tre, in sic. tri) e milia (passuum) (in it. miglio; in sic. migghiu). Come pure potrebbe trattarsi di un nome locale, composto da d'ra, voce araba che indica in italiano il granone o miglio, e milium, termine latino indicante sempre lo stesso cereale. Di regola, quando troviamo nomi composti che hanno lo stesso significato espresso in lingue differenti, come in quest'ultima ipotesi, siamo in presenza di località che nel tempo hanno acquistato una precisa denominazione (136). Uno dei primi documenti dove troviamo scritto in latino il termine locale Trimilia è un diploma di concessione, fatto nell'anno 1104, dal Conte Tancredi al Vescovo Ruggiero (137) «Concedo Syracusanae Ecclesiae Matri... et monasterium S. Petri de Trimilia cum omnibus pertinentiis suis, et terrarum terminis». Il menzionato monastero di S. Pietro a Tremilia si pensa debba essere il monastero benedettino riedificato sul luogo del già distrutto monastero (sempre benedettino) di «S. Pietro ad Baias» (138). Nell'anno 1168, in una bolla del papa Alessandro III a Riccardo vescovo, si fa riferimento ad un casale esistente a Tremilia ed appartenente alla chiesa siracusana. Di tutto il citato complesso ora rimane soltanto la chiesa, (fatta costruire intorno al 540) attualmente lasciata in uno stato di estremo abbandono. Lo Scobar (139) a proposito del vescovo Riccardo scrisse: «Plantavit etiam olivetum apud Trimelium», ed il Pirri da quanto riferisce lo Scobar sul vescovo Gregorio II, scrisse «in vinetis Trimillium magnifìcas costruxis domos, hortosque ad delirias illi adjecit». «I vescovi siracusani attendevano a piantar nelle loro terre vigne ed oliveti, ed ogni sorta di alberi utili e fruttiferi, e far masserie e fabbricare mulini, incanalando le acque che servivano a muovere siffatte macchine, ed irrigare gli orti e i giardini: siccome fecero nelle ubertose praterie attorno al pantano e a Tremilia ; dove, dopo che i monaci passarono a stabilirsi a Buscema nell'abbazia ivi novellamente fondata, fecero per loro uso, con palazzo e chiesa, la più preziosa villa che mai sorgesse nei dintorni di Siracusa» Ritornando all'origine del toponimo Tremilia, non possiamo stabilire quale delle due ipotesi sia la più valida, in quanto, come vedremo oltre, tutte e due le deduzioni sono probabili. Nel caso si dovesse trattare di un toponimo viario, per dare sicurezza alle nostre ipotesi dobbiamo ricordare che il miglio è una unità di misura itineraria equivalente a mille passi (141) e che l'antico miglio romano equivaleva a Km. 1,481; come pure dobbiamo ricordare che di regola la conta della mi-surazione viaria si iniziava partendo da una colonna principale, detta miglio d'oro, che esisteva nella zona del foro. Nel nostro caso, possiamo supporre il miglio d'oro situato nell'area degli attuali villini. Supponendo che la via per Tremilia non poteva discostarsi troppo dall'attuale tracciato viario (142) alla fine del terzo miglio ci troviamo al centro della località Tremilia di sotto. Quindi, in effetti, per arrivare in questa zona bisognava percorrere tre miglia romane. Nel caso si dovesse trattare di un toponimo collegato alla coltura del miglio, bisogna precisare che mentre ai nostri giorni il nome «Miglio» viene usato per indicare solo il Panicum Miliaceum, nei tempi passati con lo stesso nome venivano individuate tante altre graminacee differenti nella posizione sistematica ma simili per valore alimentare dei semi e per destinazione d'uso (143). La diffusione delle piante cerealicole, con rilevanza di migli, nel mezzogiorno d'Italia e nella nostra isola, fu collegata agli insediamenti di uomini dediti all'agricoltura, che arrivarono nel nostro territorio intorno al 7000-6500 a.C. (144) Dagli scritti greci risalenti all'epoca classica non ci è dato riconoscere la varietà dei cereali coltivati in quell'epoca in quanto essi usavano frequentemente la parola ditos che significa genericamente cereali. E' Tucidide fra i primi, se non il primo, a mettere in risalto nel secondo discorso di Nicia che, per riportare successo la spedizione militare da inviare verso la nostra isola, bisognava caricare le navi di cereali e soprattutto di orzo e grano (145). Solo da quel periodo (400 a.C.) possiamo affermare che questi due ultimi cereali presero il sopravvento sugli altri. I generici migli, pur se coltivati, rimasero fino al medioevo i cereali dei poveri in quanto facilmente adattabili in ambienti con climi siccitosi e terreni ingrati. Fra tutti i migli, nelle regioni d'Italia, il Panicum Miliaceum fu il cereale che si coltivò per l'alimentazione umana fin verso il 1500 d.C. e precisamente fino a quando dall'America non pervennero i semi di granoturco a prendere una rapida diffusione sul suolo d'Europa. Da quel periodo in poi in Sicilia il termine migghiu o nigghiu passò dal granone o miglio al granturco o mais (146). Altra notazione da fare a sostegno della nostra seconda ipotesi è che il toponimo Tremilia non è esclusivo di questa località del siracusano; nella Sicilia orientale si trova imposto anche a due località site in territorio di Ispica e Modica, mentre abbiamo Milia a Comiso, Trimeali e Migliurina a Noto, Trimillitu a Ragusa, Vizzini e Militello; per cui se si ammette l'ipotesi del toponimo viario per la località in oggetto, non è facile fare altrettanto con le altre similari. (135) Nella carta topografica di Siracusa 1883: contarda Tremilia. (136) Es. capu-raisi; Mun-gibeddu; Lingua-glossa. (137 Riportato dal Pirri, Op. cit. (138) Questo monastero, costruito nel VI sec. d.C. fu eretto da Gregorio Magno prima ancora di diventare pontefice. Citato da S. Gregorio Iib. 7, epist. 39. (139) De rebus praeclaris Syracusanis, VE 1520. (140) S. Privitera Op. Cit. (141) Il miglio variava a seconda dei paesi in cui era in adozione. II miglio siciliano, abolito con l'istituzione del sistema metrico decimale in tutta Italia, misurava Km 1,460. Tale misura era uguale a quella di Roma e di Genova, ed era, fra le città e regioni d'Italia, quella che più si avvicinava alla lunghezza dello antico miglio romano. (142) Via Crispi, viale Ermocrate, statale 124 fino al Km 118, strada raccordo provinciale per Belvedere. (143) D'altra parte fino ai nostri giorni, in lingua francese ed inglese con equivalente termine millet, seguito da altre specificazioni, si indicano non tanto le specie quanto a generi. Ci triviamo così di fronte ad una vasta giamma di cereali appartenenti ai generi Setaria, Panicum, Echinichloa, Pennisetum, Paspalum, Eleusine ed altri ancora. (144) Ammerman, Cavalli-Sforza: Meausuring The rate early farming in Europe ( Man, VI 674 anno 1971). (145) L'orzo, ancor prima del grano, con molta probabilità fu il cereale più diffuso ntelle colture d'Italia verso la prima metà del primo millennio a.C. Pian piano esso venne poi sostituito dal frumento a grani vestiti. Il grano «duro» comparve verso il 500 d.C. ed il fatto che si potesse battere e denudare costituì una vera e propria rivoluzione in campo agronomico. Il Fazello, raccogliendo precedenti notizie, cosi si pronunciò sul grano che si sviluppa nelle nostre terre «E tutti gli antichi scrittori sono d'accordo a dire, che il primo grano che nascesse in Sicilia, nacque per forza di natura da se medesimo. Prcssocchè non solamente s'è veduto nascere il frumento selvatico da se nel paese Leontino (la piana di Catania) come afferma Diodoro nel sesto libro, mia come afferma Plinio, nel 25 libro al cap. 15, nel paese d'Enna e d'Assoro detto grano moltiplicò in cento tanto la sementa, siccome se n'è veduto d'esperienza». (146) Le due piante in apparenza presentavano qualche somiglianza esteriore tale da trarre in inganno il popolo e far pensare al mais come ad un miglio in cui si è venuto a creare un miglioramento genetico sulla granella e su tutta la pianta in generale. Allo stato attuale, la granella del panico, non viene più prodotta in Sicilia. Essa ora viene generalmente usata come becchime per nutrire gli uccelli domestici e sfarinata viene miscelate con altri cereali e legumi nella formazione dei mangimi.
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