toponimi Siracusa
L
LONGARINI Vasta contrada che partendo dalla masseria Santa Teresa arriva fin quasi alle porte delle frazioni di Cassibile e Fontane Bianche. La località rimane compresa all'incirca fra la statale 115 e la ferrovia Siracusa-Avola. Il toponimo, composto, deriva inequivocabilmente dalla radice greca Long che dà pure il toponimo alla località Lognina e dalla voce araba Ra'àyah che significa stalla di buoi o armento di buoi. Per cui Longarini starebbe per «stalla situata in terra di Lognina». Sul toponimo Longarini ritrovo anche il contributo dell'archeologo Paolo Orsi, il quale generalmente prestava molta attenzione alla toponomastica delle località oggetto di scavi (220). Egli avendo ritrovato un sepolcro risalente al periodo bizantino nella zona di Acre, dove «sulle coste del copertone» era tracciata a grandi lettere una epigrafe, riferita al defunto di cui accoglieva le spoglie, prete Ianuarius che esercitò il suo ministero in Longaranidis dice che questo nome non saprebbe come latinamente tradurlo se non Longarinae, e che in effetti dovette essere il toponimo del piccolo vico dove apparve il sepolcreto ed il titolo. «Il nome è, dunque, indubbiamente antico, anzi ritengo specificatamente sicelioto, derivato da una radice greca Long…..; esso occorre in fatto in altri tre toponimi della Sicilia orientale, e in questo che sarebbe il quarto. Ho invano fatto ricerche sulle vecchie carte medioevali della regione, per vedere se in esse vi fosse una traccia superstite di esso nella bassa ed infima latinità; ma la mia ricerca, lo ripeto, fu vana, che la provincia di Siracusa difetta di un codice diplomatico medioevale. In Sicilia, con toponimi similari troviamo: 1) Longanos fiume presso Milazzo (Polibio I, 9.7); 2) il villaggio a mare di Ognina, in pronuncia locale Lognina, presso Catania (Diodoro XXIV) : 3) circa 8 Km. a sud di Siracusa, la piccola stazione di Santa Teresa Longarini, tolto il prenome religioso, di formazione recente, ci richiama allo stesso etimo ; il piccolo tavoliere circostante è denso di ricordi bizantini ; 4 ) la punta meridionale di Questo tavoliere, a mare, si chiama Capo Ognina e così una torre di guardia quivi esistente. Al centro vi sono le tracce di una borgata bizantina colla più bella chiesa trichora, a cupola centrale, di tutta la Sicilia...». Nella sua inotesi. l'Orsi suppone il toponimo Longarino di origine greca, risalente almeno al periodo bizantino. A mio avviso Longarino è toponimo composto, rielaborato in lingua araba in quanto i Musulmani, impiantando delle aziene agricole, assorbirono nella loro lingua, in quei luoghi dove forte era l'influenza bizantina, la toponomastica greca preesistente (a tal proposito vedi Calderini. Terrauzza). La mancanza di datazione nella tomba e gli elementi archeologici disponibili hanno fatto ritenere a P. Orsi di trovarsi di fronte ad una tomba risalente al periodo bizantino. Le supposizioni toponomastiche fanno ritenere che quel sarcofago, pur presentando tutti gli elementi bizantini, potrebbe appartenere a periodi posteriori. L'Orsi stesso, nel medesimo libro, affermò che il processo di latinizzazione, nella zona di Acre, durante l'impero romano, avvenne in minima parte e la parlata greca vi perdurò fino al tempo dei normanni. Solo in quel periodo, con la ristrutturazione in Sicilia della sede episcopale «Cattolica» iniziò l'opera di mediazione fra la direttiva latinizzante della chiesa di Roma e le tradizioni greco orientali radicate nel costume ecclesiastico e nella liturgia locale. D'altra parte si sa che il cristianesimo, sotto il dominio musulmano non fu mai totalmente sradicato dalla Sicilia. La religione cristiana fu sempre tollerata e non c'è dubbio che proprio in Sicilia orientale esistevano le roccaforti del cristianesimo. Secondo i principi del diritto pubblico musulmano furono lasciati sussistere numerosi conventi «nei quali si continuavano i modi del monachesimo bizantino, soprattutto basiliano, e si alimentava con lo spirito religioso cristiano, anche la tradizione della cultura greca e bizantina... Così che i tre secoli e mezzo di dominio bizantino vanno considerati in un arco di tempo più lungo e in un quadro più ampio di quello che risulta dalla semplice considerazione degli effetti immediati del dominio diretto» (S.F. Romano). Ritornando a considerare la nostra località Longarini, non possiamo non ricordare quanto sostenne il Mirabella, cioè che (questa terra in periodo greco-siceliota si chiamasse Gereate (221). Tale contrada venne descritta amena e fruttifera. «Comprende e ville e boschi e Alette di monti e il giogo che stendesi verso occidente, detto ora Cava Gorgia». Gereate fu patrimonio di Dionigi il minore, il quale, cacciato dal trono, chiese a Dione, che gliene lasciasse godere i frutti per il sostentamento. Ciò è quanto ci riferisce Plutarco nella Vita di Dione. Lo stesso Plutarco ancora ci riferisce che un uomo fazioso, certo Ippone, sollevò la plebe per dividersi, fuggito il tiranno, tali terre, sostenendo che il principio della libertà era l'uguaglianza. In Longarini passava un acquedotto proveniente dal fiume di Cassibile. Di tale struttura d'ingegneria scrisse il Mirabella «Acquidotti per li quali si portavano l'acque del fiume Cacipari nella possessione di Dionigi, chiamata Giate, di quali oggi (1700) appariscono degne e mirabili vestigie, benché Tommaso Fazello, nel libro 4 della Deca prima, dica che questi acquidotti venivano fino a Siracusa. Le sue parole sono queste "ma anticamente per via di acquidotti si tiravano le lor acque nel paese di Siracusa, e di questi acquidotti si veggono ancor oggi molte vestigia". La quale opinione non è ripugnante, già che passando le acque per questa contrada, si potevano condurre in Siracusa, essendo la medesima strada a linea retta». Allo stato attuale sono state rinvenute oltre a resti di acquedotti una necropoli greca e dei mosaici di una villa romana che ridotti in pannelli sono stati portati al museo archeologico del capoluogo. Secondo Arezzo (222) «ivi sorgeva Thersones, odierne rovine di Thiresa, il territorio Gyarte degli antichi». Forse da qui il S. Teresa odierno (223). (220) U. Zanotti Bianco, nella prefazione del testo dell'Orsi «Sicilia Bizantina» annotò: «Le rovine dei romitaggi, sia pure non molto antichi, lo mettevano talora sulle tracce di costruzioni anteriori, e bastava il nome di una contrada per mettere in allarme il suo vigile senso di ricercatore e condurlo a scoprire quanto precedentemente aveva supposto». (221) Gyas. Plutarco, Cluverio; Cyates. Plutarco; Ager Gyartis Arezio. (222) De situ insulae Siciliae - 1537. Dai processi di investitura registrati presso l'archivio del protonotaro della Camera Resinale in età moderna rileviamo per Longarini la seguente cronologia di appartenenza: 1616 Erasmo Bonanno e Colonna (succede al padre Pietro Bonanno). 1631 Pietro Bonanno e Colonna (succede al padre Erasmo Colonna). 1655 La proprietà passa a Francesca Carbonaro e Settimo. 1663 La proprietà passa a Francesco Platamone. 1684 La proprietà passa ad Antonio Platamone e Gautes. 1723 Titolo di marchese di Longarini a Ignazio Vincenzo Abbate. 1736 Feudo a Làtterio Moncada e Platamone. 1763 Titolo di marchese di Longarini a Mariano Abbate e Rivalora. 1770 Feudo a Francesco Moncada e Branciforti. 1798 Feudo a Rosalia Platamone e Moncada Branciforti. 1803 Feudo a Michele Platamone e Moncada. 1808 Titolo di marchese di Longarini a Ignazio Abbate e Branciforti. (223) De situ insulae Siciliae - 1537. Dai processi di investitura registrati presso l'archivio del protonotaro della Camera Reginale in età moderna rileviamo per Longarini la seguente cronologia di appartenenza: 1616 Erasmo Bonanno e Colonna (succede al padre Pietro Bonanno). 1631 Pietro Bonanno e Colonna (succede al padre Erasmo Colonna). 1655 La proprietà passa a Francesca Carbonaro e Settimo. 1663 La proprietà passa a Francesco Platamone. 1684 La proprietà passa ad Antonio Platamone e Gautes. 1723 Titolo di marchese di Longarini a Ignazio Vincenzo Abbate. 1736 Feudo a Litterio Moncada e Platamone. 1763 Titolo di marchese di Longarini a Mariano Abbate e Rivalora. 1770 Feudo a Francesco Moncada e Branciforti. 1798 Feudo a Rosalia Platamone e Moncada Branciforti. 1803 Feudo a Michele Platamone e Moncada. 1808 Titolo di marchese di Longarini a Ignazio Abbate e Branciforti.