toponimi Siracusa
C
CARANCINO Toponimo formato da Car e ancinu. Esso deriva dall'arabo in quanto car risulta voce alterata del vocabolo arabo Hàrah che significa via, sentiero e Làgìn (129) che in arabo significa Arancio. Quindi Carancino corrisponde a «Sentiero degli Aranci». Una zona come questa, vicina alla città e con il millenario acquedotto di Galermo che la attraversa, non poteva avere denominazione più appropriata. In periodo arabo, sappiamo tutti che in Sicilia cominciò l'arboricoltura specializzata, fra cui quella agrumaria (130). Nei dintorni dovevano già esistere colture di esperidi ma i Musulmani vi avranno certamente intensificato le piantagioni, creando in quella zona un vero e proprio giardino mediterraneo, cosi come noi lo vediamo oggi. Si deve comunque pensare ad aree specializzate circoscritte in quanto le frutta che si ricavavano non potevano essere in eccedenza rispetto al consumo delle popolazioni siracusane. In quei periodi, la frutta in genere non veniva trasportata e commerciata a distanza, in quanto i lenti mezzi di comunicazione terrestre e marittima non permettevano scambi di derrate alimentari facilmente deperibili. Le colture di pregio, che allora davano prodotti di maggior commercio nell'area del Mediterraneo, risultavano quelle del cotone, della canna da zucchero, dei cereali, dell'olivo. Dal 1622 fino all'abolizione della feudalità, il feudo «Carangino seu Belvedere» appartenne ininterrottamente a discendenti della famiglia Bonanno (131). (129) Secondo il già citato dizionario dIe Dozy. Secondo il Freytang arancia deriva dall'arabo nàrang, mentre Steiger ci ricorda che gli arabi del Magreb chiamano tale frutto laranga. (130) In un documento dell'anno 1094 (Pirri, Sicilia sacra, PA 770) rileviamo che in vicinanza di Patti (ME) esisteva già una viam de arangeriij e ciò ci dà certezza che la pianta in quel secolo era già ben diffusa nella nostra isola. Nel codice diplomatico barese si trova un documento del 1266 dove è scritto in antico pugliese «Dubbltectum unum de cataxamito narangino». Nell'inventario dotale di tale Costanza Ebdemonia redatto in data 2 febbraio 1279 (dal Bresc) si legge «glimptectas tres de duabus coloribus cum listis ad aurum quarum una est viridis, alia kyachla et alia arangina». (131) Ciò è quanto ho potuto notare osservando i processi di investitura registrati presso l'Archivio del Protonotaro della Camera Resinale. Per comprendere meglio la funzione delia Camera Reginale riporto quanto fu scritto in «Inv- officiale dèi grande Arehivio di Sicilia» PA 1861. P. S. nella descrizione del capufficio diplomatico Luigi Rosso «la Camera Reginale curava i domini, che i nostri Re largivano alle loro mogli per provvedere convenevolmente alle spese richieste dal loro grado. Essa veniva affidata ad un protonotaro e a particolari ufficiali, ed inchiudeva atti politici ed amministrativi. Si distingueva quest'ufficio per la copia delle concessioni di beni e privilegi conferiti ad ecclesiastici e secolari dalla pietà e dalla larghezza delle regine siciliane, che possedevano immensi territori, e talvolta anche ragguardevoli città».