toponimi Siracusa - Toponomastica Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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toponimi Siracusa

B
BIGGENI O BIGGEMI Grosso ex feudo, ora territorio di Priolo Gargallo, confinante approssimativamente a Nord con l'ex feudo Mostringiano, a Sud con l'ex feudo della Targia, ad Ovest con il crinale del Climiti e ad Est con il mar Jonio e con una striscia di terra che prosegue verso la penisola di Magnisi. In dialetto locale queste terre vengono dette dei Buggieni o Burgieni. Nei documenti esistenti, che qui cito per capire quanto più possibile l'origine del toponimo, il feudo si trova trascritto in vario modo. Nella recente carta topografica dell'Istituto Geografico Militare, la terra viene segnata come ex feudo Biggemi. In precedenti carte topografiche sempre dell'I.G.M. viene indicato come ex feudo Biggeni. Andando a ritroso nel tempo, troviamo un Ignazio Romeo marchese di Biggoni nel 1685. Nel 1300 il feudo «Bigemi» era di proprietà del conte di Augusta, Raimondo Moncada di Montecateno (115). Ma i documenti più antichi in merito sono: 1) un privilegio (116) del 1211, dove si specifica che il casale Bigene appartiene all'ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Gerusalemme ed ha per limiti «Scala rubra usque ad magnam mandram. et inde discenditur per caveam usque ad divisam salinae et deinde procedens comprehendit toturn pantanum»: 2) una donazione del 1172 dove è menzionata una «terram de pantano quod est in terminio Bigemi ». Questi i documenti che ho ritenuto utile riportare. Circa l'origine del toponimo pongo alcune ipotesi e prima di tutte quella del Fazello (118) il quale fa supporre che il nome derivi da un castel Bidi. Egli fonda le sue ipotesi rifacendosi all'autorità di Tucidide che scrisse «poco lontano da Siracusa fu il Castel Bidis» e Cicerone, nel IV delle Verrine scrisse «Bidi è un castelletto piccolo poco lontano da Siracusa... i Bideni abitano poco lungi da Siracusa» (119), per quanto il Fazello aggiunga subito dopo «Ma dove propriamente fosse posto (il castello) io non lo so...». L'ipotesi del Fazello (120) viene letta nella descrizione della costa siracusana, dove sull'attuale Biggemi crede si sia trovata un tempo la città non più esistente di Abaceno. Egli scrisse «Bacena città secondo Diodoro nel XX libro, oggi si chiama terra di Biggeni». Questa notizia non fu presa sicuramente da Diodoro bensì da Pietro Montano che scrisse ciò rifacendosi alla vicinanza della voce Bacena (lat. Abacaenum) con Biggemi. In realtà Diodoro pose chiaramente Abacaenum poco distante da Mile (oggi Milazzo) ed estendentesi sulla campagna verso Tindari (121). L'ipotesi mia è che Biggeni derivi dalla parola araba Burg (122) ghe significa torre. Gli arabi, secondo me, diedero tale nome alla contrada, da quella che dovette sembrare una strana torre ma che in effetti doveva essere un monumeno funebre. Mi riferisco alla così detta Piramide o «Aguglia di Marcello». La tradizione vuole a tutt'oggi che quella fosse una torre di avvistamento fatta erigere dai Romani durante l'assedio di Siracusa. Di tale costruzio scrisse il Fazello, che ebbe la fortuna di vederla ancora intatta «Presso alla via che va a Siracusa si trova una Piramide fatta di pietre riquadrate e grandi, la quale è molto alta, ed è antichissima, ed al mio tempo si è veduta intera, ma cadde la sua cima per il terremoto, che fu l'anno 1542. In questo luogo vedono molte rovine antichissime d'abitazioni che tutte giacciono per terra». Per quanto io propenda per un toponimo di origine araba desidero annotare un agro Belligeni, riportato da T. Livio, (123) di cui si sconosce l'ubicazione. Nello scritto viene ricordato il premio cinquanta jugeri (124) di terreno posto nell'agro si racusano, che il senato donò a Merico (Mericus Hispanus) per aver fatto introdurre, con il tradimento, le truppe di Marcello in Ortigia, decretando così "l'ora della caduta della gran capitale della Sicilia Greca" «Merico urbs agerque in Sicilia ex iis a populo romano defecissent jussa dari, id M. Cornelio mandatum ut ubi ei videretur, urbem agrumque eis assignaret. In eodem agro Belligeni, per quam illectus ad transitionem Mericus erat CCCC jugera agri decreta». (115) Barberi. Capi Brevi. (116) Pirri Rocco. Sicilia Sacra - I pag. 658; II pag. 936. (117) S. Cusa. I diplomi greci ed arabi di Sicilia...; I pag. 487. (118) Ia Deca, lib. III. (119) L'ipotesi sull'ubicazione del sito di Bidi è controversa. Secondo Maurolico, Mugnos ed altri il castello era edificato dove attualmente si trova Vizzini. Da cui il nome. Secondo il Mirabella la fortificazione si sarebbe trovata dove attualmente sorge la chiesa di S. Giovanni di Bidini a 15 miglia da Siracusa. A sua volta quanto detto è contestato da Cluverio e Bonanno. (120) I» Deca, pag. 85. (121) Dal Dizionario Topografico della Sicilia di V. Amico: «Il Cluverio, lib. 2, eap. 12, afferma essere stata l'antica e famosa città di Abacena sotto un monte scosceso, dove oggi è Tripi (ME) e sotto questo monte il Fazello, lib. 9. cap. 7, vide all'intorno mura di grande città, di gran circuito, ma rase al suolo fin dalle fondamenta. Aggiunge il Cluverio: sono a buon diritto per coloro che opinano esistessero oggi presso Tripi i monumenti di Abaoena, persuaso maggiormente dalla autorità di Diodoro e di Tolomeo, poiché collocala costui sulla bocca del fiume Elicona, oggi d'Oliveri, come sopra nel lib. 2, cap. 5». (122) In un privilegio del 1328 compare un «Rachalbigini in valle Noto» non riferito alla nostra località ma che evidenzia un toponimo musulmano. (Ciò non esclude che i musulmani abbiano inglobato, nella loro lingua, un toponimo preesistente). FONDACO NUOVO Sic. Funnicu novu. Località dell'ex feudo di Biggeni circostante la statale 114 al Km. 10 (dove fu l'ex villaggio Marina di Melilli e l'ex spiaggia balneare di Fondaco Nuovo). Fino agli anni 40-50, in quella zona, esisteva un fondaco. Con tale nome, dal periodo normanno a quello borbonico, si intendevano alberghi e magazzini di mercanti stranieri. (Così come i magazzini di deposito che costruirono i mercanti pisani, veneziani e genovesi sulla nostra isola (125). La parola «nuovo» ci dice implicitamente che in quella zona preesistevano dei fondaci e c'è da stare certi che si trattasse di magazzini del tipo già menzionato. Questa, in fondo, è una zona classica di imbarco e sbarco di persone e merci dalle navi. Siamo, infatti, in vicinanza della Penisola di Magnisi che con i suoi due golfi naturali permise, fin dai tempi dei Siculi, scambi commerciali di quest'ultima popolazione con Fenici e Greci ancor prima che arrivasse la massiccia colonizzazione greca nella Sicilia Orientale. Dalla seconda metà dell'Ottocento alla seconda guerra mondiale, la parola fondaco, proveniente da quella precedente, non conservò più lo stesso significato. Per tutta la Sicilia essa indicava alberghi di bassissima classe dove trovavano alloggio, per dormire e rifocillarsi, gli uomini con le loro bestie da soma. Il toponimo esisteva già nel XVII secolo, tanto è vero che venne riportato dal Massa (126) «La spiaggia di Fondaco Nuovo, e con altro nome dell'anticaglia, così nominata per alcune vestigie di antichità, che vi restano. La cennata spiaggia è piena di rena, e tirando mille passi porta all'istmo o lingua o collo di terra, per cui al continente della Sicilia si unisce la penisola delli Magnisi... Comprende la mentovata penisola due littorali, uno a fronte del mezzogiorno, di tramontana l'altro». Il termine fondaco deriva dall'arabo Funduk, forse, a sua volta, derivato dal greco pandochion. In maltese con fondoq si intende una bottega di mercanti. (125) Da documenti pisani del 1150 fondacum; da docum. genovesi del 1154, fundicum; da doc. veneziani del 1157 jonteca; da documenti amalfitani del 1172 fundicus. (126) Sic. In prospettiva Palermo 1709.
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