toponimi Siracusa
C
CARROZZIERE Località che costeggia la statale per Cassibile, subito dopo i Pantanelli. E' compresa fra le saline e le terre di Milocca e Sacramento. Il toponimo deriva dal termine basso latino Carrotus, tradotto in italiano col significato di viottolo, in siciliano «violu». Potrebbe sembrare strano come una località attraversata dall'antichissima via che portava ad Eloro e Netum (176) conservi il nome di una strada non rotabile. Il vocabolo basso latino, intanto, ci invita a fare un salto nel tempo per andare dal periodo greco-siceliota al periodo medioevale-feudale. Dando poi uno sguardo alla storia della viabilità italiana si osserva che non furono registrati incrementi nelle costruzioni di nuove arterie di comunicazione fra la fine del periodo romano e l'inizio del sec. XVIII. Per quanto riguarda la Sicilia, nella relazione Persichelli (177) si legge «In un paese di somigliante natura non solo non si ha strada che si possa dir tale se non che anzi niun vestigio si vede di esservene giammai state». In effetti il viottolo, fino a quando i Borboni, alla fine del XVIII secolo non programmarono una serie di strade carrozzabili per tutta l'isola, rappresentò la più comune via di comunicazione fra città e campagne, fra borghi e borghi. Fino al secolo XV, cioè fino a quando non entrò in funzione largamente il carro, non si aveva bisogno di strade ampie in quanto i soli muli condizionavano i trasporti terrestri. In periodo borbonico si cominciarono a costruire le prime regie trazzere (178), mentre con i primi dell'ottocento incominciò la vera e propria politica della strada. Ciò anche in conseguenza dell'aumento di densità demografica, alla stabilizzazione degli insediamenti urbani, ad un modo nuovo di concepire le esigenze economiche. Possiamo ancora farci un'idea delle esigenze e della situazione viaria esistente ai primi anni del XIX sec. da una lettera inviata al Senato siracusano da parte del principe di Aci. aiutante del Re Ferdinando III di Borbone durante la visita che Sua maestà fece nel 1806 in Sicilia «Ill.mi signori: essendosi risolta la maestà del Re nostro padrone di passare d'Agosta (Augusta) in cotesta città (Siracusa) per lo giorno 24 del corrente, ed indi da costà in Lentini, se mai nelle strade di cotesto territorio, l'una che viene d'Agosta, e l'altra che va a Lentini vi si trovino de' sassi malmenati e disastrosi, cureranno le SS. Ill.me di farli ritrovare acconciate per lo giorno di sopra indicato, prevenendoli, che non volendo la M.S. far dispendiare di molto le università (i cittadini), sarà sufficiente che riparino i detti passi con farvi accomodare uno stradino, o sia viottolo della larghezza di palmi due, quanto vi passi un cavallo...» (179). Tutto ciò fa pensare che nella località Carrozziere, perdurò tale toponimo o perchè nel periodo medioevale da quell'arteria viaria si dipartivano verso la penisola della Maddalena dei viottoli, oppure perchè l'antica via Elorina venne ridotta, almeno in quel tratto, ad un viottolo a causa della cattiva manutenzione e dello scarso uso. Un rinforzo a quest'ultima ipotesi viene dalla pianta topografica di Siracusa esistene presso la Galleria delle Carte Geografiche dei Musei Vaticani. Questa pianta che riproduce abbastanza fedelmente la rete viaria del tempo (siamo intorno al 1580), ci indica una strada che da Siracusa conduce ad un ponte esistente vicino alla foce dell'Anapo (180). Dopo di che la strada non è più segnata, mentre viene ripresa molto più a sud, in direzione di Cassibile. Ciò induce a pensare che per molti secoli in quella zona ci sia stata una interruzione della via pubblica, forse a causa di inondazioni periodiche nelle aree paludose che si venivano a creare periodicamente con le piene del torrente Cavadonna. Da qui l'instaurazione di una mulattiera per proseguire la strada almeno da parte di coloro che viaggiavano o portavano merci a dorso di muli e cavalli. La stessa pianta ci mostra ponti e strade che attraversano l'Anapo in zone poste molto più ad ovest, dove il fiume aveva una portata d'acqua minore e nel contempo permetteva di proseguire verso sud attraverso vie collinari. (176) Tucidide, parlando della fuga degli ateniesi: «Prima tamen luce perve- nerunt ad mare, ingressique viam Helorinam, pergebant, ut, cum ad Cacyparim amnem devenissent». (177) Archivio di Stato di PA, Raul segreteria (b. 5500) 1779. (178) Le trazzere, in quel periodo, venivano divise in regie e ordinarie. La trazzera regia era larga 18 canne (circa 36 metri) ed era curata dal Governo. (179) La via Elorina fu scoperta in mezzo al fango dei Pantanelli. Di essa Arezio annotò: «Venivano ad Olimpo per la palude appellata Lisimelia da Tucidide e da noi Pantanella, per una via ritrovatasi al nostro tempo lastricata di pietre, che regnando l'imperatore Carlo V giovarono alle fortificazioni della città Occupata la palude dalle acque dell'inverno e di molto fango insozzata, nessun accesso presenta, finche non vien seccata dal calore nella primavera e nella estate (180) In seguito alla lettera pervenuta si da incarico ad un esperto, il maestro di Maramma Salv.re La Rosa, affinchè egli faccia una relazione sulle condizioni della strada siracusana che il Re dovrà attraversare e sulle relative snese che la città dovrà affrontare. Ed ecco la risposta: «Dalli pileri di Bigemi e Tnrgia sino al vallone dlell'alica doveva farsi un appianamento di canne 500 e un po' di selciato; dal vallone dell'alica al piano della targietta altre canne 900 di appianamento, selciato ed un ponticello nel feudo di Targia; dalla targietta al feudo di Scala Greca altre 400 canne di appianamento con porzione di selciato. Dal principio alla fine di Scala Greca, dov'era l'immaTine del Crocifisso, si dovevano ricolmare i vuoti del selciato e coprirlo di terra: dal Crocifisso all'albero della Carrubba per una lunghezza di canne 600 era necessario altro appianamento di pietre e coverto di terra: all'albero della Carrubba dovevano eseguirsi canne 25 di selciato con basi di pietre e terra per non formar limlnrrone. Bisognava poi appianare la strada da ouesto punto alla casirfa di Sgandurra « da lì al luogo di Zappala. Da qui alle grotte era urgente un selciato di pietre, e dalle grotte alla gebbia di Bonavia sino alla cantonera di Benanti si doveva ribassare la strada per canne 200. Altre canne 320 di riabbassamento ed appianamento occorrevano da detta cantonera al giardino del portioatello...». Da narrazione inedita di C. M. Capodieci riportata in Arch. Storico Siracusano anni 1967-68 pag. 79 e seg.