toponimi Siracusa - Toponomastica Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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toponimi Siracusa

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FIUME CASSIBILE E' il Kakiparis dei greci (Tue. VII, 80) chiamato nel medioevo Cacipari (228). Etimologicamente, secondo Bocharto, deriverebbe «dal cartaginese fenicio Chec Cabir cioè Sinus Magnus, cioè dal vasto seno in cui sbocca». Lungo circa 30 Km., nasce dalla fonte di Bauli (229), nell'agro di Palazzolo Acreide. Lungo il suo percorso vi sboccano vari torrenti. All'altezza dei Km. 10-13 della strada statale 287 Palazzolo-Noto prende il nome di Fiume di Manghisi. Subito dopo forma la Cava Grande e da qui al mare prende il nome di Cassibile. Le sue rive e gli altipiani circostanti la relativa cava furono abitati fin dal primo periodo siculo. Ci rimangono le circa 8.000 cellette sepolcrali che formano la necropoli di Cassibile, risalente ai secoli X e XI a.C. (Cultura Iblea dell'età Omerica). Paolo Orsi, sulla topografia del luogo circostante la necropoli, scrisse «Là dove il fiume esce dalle strette del monte, per attraversare, in una incisione di alluvioni antichissime, la breve pianura della costa, esso è fiancheggiato da due poderosi speroni di roccia, denominati, quello a destra Monte d'Oro col Cugno del Capitano, quello a sinistra Cugno la Mola : ed altri speroni minori, formando un margine dentellato all'altopiano sovrastante, continuando verso Nord con vari nomi, fino al Cozzo Spineta, alto m. 245. Il fronte di tutti questi speroni montani, formati da rocce brulle e denudate, è occupato da alcune centinaia di sepolcri siculi, distribuiti in gruppi e gruppetti, il maggior numero dei quali si addensa attorno al Cozzo Spineta e poi al Cugno Zagarìa. Altri sepolcri si trovano su ambo i declivi nell'ultimo tratto della gola di Cava Grande, ed altri dentro ai piccoli e poco profondi valloni che intercedono fra uno sperone e l'altro. Abbiamo quindi una vastissima necropoli, che forma quasi una fascia sepolcrale a mezzo costa del monte, dove la roccia è più forte, e qualche gruppo disposto più in su; io non esagero portando a circa 2000 codesti sepolcri, per cui la necropoli di Cassibile è seconda, in ordine di grandezza, a quella di Pantalica (la maggiore dell'isola). Posta a breve distanza dal mare (circa 4 Km.) e dalla grande arteria stradale che in tutti i secoli corse lungo la spiaggia, essa sfuggì alle ricerche dei dotti, per cui, a diversità di Pantalica, mancano di essa ricordi nei libri degli eruditi e dei turisti; ma non sfuggì ai violatori d'ogni tempo, che per secoli e secoli compirono la loro opera funesta. Anche qui i danni maggiori vanno certamente attribuiti agli abitanti di due villaggi di povera gente di età bizantina, situati, coi loro cameroni aperti nelle rocce, l'uno a destra l'altro a sinistra dallo sbocco del Cassibile dai monti. Io cercai anche di stabilire, approssimativamente, il sito dove sorgeva la città o borgata primitiva; che trovavasi fra il terreno inclinato che forma la scarpata al monte, colla pianuretta che lo precede, e le creste rocciose soprastanti alla necropoli. Lassù, sopratutto nei terrazzi interposti fra le tre cavette la Molla, Spineta e S. Anna penso si ammassassero in gruppi le capanne di paglia dei Siculi di Cassibile; ed altre, forse quelle dei capi, più in alto ancora sui Cugni di Fassio, ed a Cugno la Mola, donde la vista spazia sovrana sull'ampio mare fino alle coste di Pachino. Il piano sottostante, verso la spiaggia, come quello sul monte, offriva pascoli e forse grani ai nostri primitivi, che nelle loro formidabili posizioni, senza bisogno di opere murarie, stavano, sentinella avanzata e attenta, a difesa della fitta popolazione sparsa nell'altipiano acrense fra l'Anapo ed il Tellaro, sbarrandone uno degli accessi e vigilando il mare, dal quale poteva venire l'invasione come la civiltà. Dei circa 200 sepolcri che formano la necropoli soli 160 vennero sottoposti ad una metodica esplorazione. Qui mancano le alte roccie verticali come a Pantalica, ma invece la configurazione del monte a gradinate conferisce alla necropoli un aspetto non meno pittoresco ; e sepolcri furono ovunque scavati, dove la roccia presentasse consistenza, sforacchiando persino le pareti di due grottoni naturali, che poterono bensì servire da abitazioni a genti neolitiche, non certo ai nostri Siculi dell'aurora dei tempi storici, per i quali la dimora dei viventi era sempre distinta ed un po' lontana da quella dei morti». Nei pressi del fiume Cassibile la storia annovera due rese. La prima avvenne nel 13 a.C. Qui gli Ateniesi guidati da Demostene furono battuti dai Siracusani. La guerra di Atene contro Siracusa, iniziata nel 415 a.C., si concluse con la sconfitta degli Ateniesi fra il 3 ed il 7 settembre del 413 a.C. La data si potè stabilire con buona precisione in quanto, proprio mentre Demostene e Nicia con le truppe si preparavano a tornare in Atene, avvenne una ecclissi di luna. Il calcolo scientifico la fa cadere per l'esattezza il 27 agosto del 413. Poiché gli Ateniesi erano superstiziosi e credevano che i giorni infausti dopo una ecclissi fossero tre (sec. Diodoro) o tre volte nove (sec. Tucidide), di conseguenza ritardarono la partenza, dando la possibilità ai siracusani di organizzarsi per la battaglia finale. Demostene e Nicia con molta probalità, partiti dal Plemmirio e rivolti verso Gela, in cerca di aiuti ed alimenti, dovendosi allontanare dalla greca Acre, non potendosi internare verso gli Iblei dal lato di Netum e braccati in prossimità dell'odierna Floridia, ripiegarono sicuramente sulla via Elorina. La retroguardia del grosso esercito comandato da Demostene, guadato il Cassibile fu raggiunta in un luogo detto Polizelo (Plutarco), quindi circondata e stretta dalla cavalleria siracusana. La stessa sorte toccò subito dopo a Nicia sulle sponde dell'Asinaro. Questa battaglia portò alla sconfitta degli Ateniesi. Vi furono 20.000 morti e circa 7.000 prigionieri. La seconda resa avvenne il 3-9-1943, in seguito allo sbarco delle forze alleate sulla spiaggia della foce del Cassibile e sulla spiaggia di Fontane Bianche. Quella data segnò l'armistizio breve, fra Italia e potenze alleate, durante la seconda guerra mondiale. Non si può parlare del Cassibile e non ricordare la sua famosa cava denominata Cava Grande. Essa è la maggiore degli Iblei e si è formata dalla erosione provocata nei millenni dalle acque del fiume Cassibile, sulle rocce calcaree del suo letto. La cava è lunga una decina di chilometri e profonda 200- 250 m. Scendendo dal belvedere di Avola antica e proseguendo lungo il fiume, si rimane meravigliati nel guardare queste pareti di monte foggiate a strapiombo. Ai margini del fiume si possono ammirare i maestosi platani orientali (sottospecie australe) (230). Il platano orientale in Sicilia è stato condannato dall'uomo alla estinzione, infatti le selve di maestosi platani descritte da vari naturalisti nei secoli precedenti, sono oramai un ricordo. L'unico posto di rilevante interesse per questa pianta, da un punto di vista vegetazionale, è la Cava Grande. Essa è stata inserita nei biotipi meritevoli di conservazione, redatti dalla Società Botanica Italiana. Ai margini del fiume, grazie alla impervietà della zona, si possono ammirare secolari platani, molti dei quali hanno tronchi con una circonferenza di quasi cinque metri come pure radici super contorte e nodose che affondano fra i massi del fiume. Nella Cava Grande vive un'altra rarità naturalistica d'Italia, il Colubro Leopardino, dal colore giallo, rosso e ocra, definito il più bel rettile d'Italia (231) (228) Cacyparis, Cluverio, Bonanno; Qasibilis, Yasibilis Fazello. (229) Forse derivato dall'arabo Abu-Alì. (230) Del genere Platanus (famiglia Platanacee) le specie di maggior interesse sono Platanus OrientaHis, spontaneo nella regione mediterranea orientale e strettamente legato al clima mediterraneo costiero (pianta stenomediterranea) ed il Platanus Occidentalis chiamato comunemente Qanadese originario del Nord America. I platani dei viali e dei parchi 9ono un ibrido fra queste due specie. (231) A margine riporto un'osservazione fatta dall'accademico avolese Giuseppe Bianca riguardante una varietà di agnocasto trovata in vicinanza di Cassibile e riportata nella sua Flora dei dintorni di Avola (1840): «Alle vicinanze del (fiume) Cassibile cresce il Cyperus longus (fam. ciperaoee, come il discusso papiro del Ciane) e la varietà del vitex -agnus caslus, a fiore carneo, che in nessun altro sito mi venne fatto di ritrovare, benché per ogni dove sia comunissima l'altra a fiore turchino». (232) Ebbe il feudo ed il titolo in seguito alla morte, durante il terremoto di Messina (1908), dello zio Gaetano II Loffredo.
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