fonte Aretusa - Toponomastica Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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fonte Aretusa

A
FONTE ARETUSA
Amore, amor, sussurran l'acque; e Alfio Chiama nei verdi talami Aretusa Ai noti amplessi ed al concento acheo l'Itala musa.
(G. Carducci-Primavere elleniche)
La fonte prende il nome da una ninfa di Elide nell'Arcadia, che amata ed inseguita dal dio fluviale Alfeo, implorò aiuto ad Artemide.
La dea cambiò la ninfa in fonte, la fece sprofondare e la fece ricomparire nell'isola di Ortigia. La stessa mutazione effettuò Alfeo (16) in se stesso, per l'amore che egli nutriva verso la ninfa e le sue acque scaturirono in vicinanza di quelle di Aretusa, in quella fonte che viene chiamata Occhio di Zillica.
Il mito di Aretusa ispirò Virgilio nelle Bucoliche (X, I) (17), Ovidio nelle Metamorfosi (754), gli scultori Cimone ed Eveneto che la effigiarono nella coniazione delle monete siracusane.
Il capo di Aretusa su quelle monete è di tale meraviglia e bellezza che ispirò il D'Annunzio «Ti sovvien della bella Doriese nomata Siracusa nell'effige d'oro co' suoi delfini e i suoi cavalli...» (L'Oleandro) (18).
A parte il mito che nei secoli essa ha ispirato, dobbiamo ricordare che la fonte Aretusa non è altro che una sorgente di acqua proveniente dal sottosuolo, che si viene a formare, allo stesso modo della fonte Ciane, dalla raccolta in pochi grossi canali delle acque sotterranee, formatisi con molta probabilità nella valle dell'Anapo o del Cavadonna (19) e che poi risalgono a «gorgo» là dove incontrano frontalmente un terreno poco permeabile e resistente alla pressione idrica.
L'importanza della fonte Aretusa nell'antichità fu dovuta soprattutto al fatto di essere una gran fonte d'acqua che permise autonomia idrica illimitata dentro una piccola isola.
Con il suo concorso è nata la città di Siracusa e, grazie ad essa, dai tempi remoti fino al 1169 si andava lì ad attingere dolcissime acque per gli usi svariati.
Il 1169 segnò la data di un violento terremoto che fece seccare per qualche giorno la fonte e dopo, rispuntata l'acqua, ci si accorse che era di sapore salmastro.
Da allora a tutt'oggi le acqtie della fonte Aretusa si sono mantenute sempre salmastre.
Circa l'ubicazione della fonte, stando in fede a quanto ci hanno lasciato scritto gli storici, c'è da aggiungere che essa nel tempo non si è mantenuta sempre nello stesso posto (21).
Fazello stabilendola al lato occidentale, scrisse «Aretusa era una volta di grandezza indicibile, poiché molti ruscelli che sgorgano all'intorno, e scorrono oggi a guisa di fiumi per vie diverse presso i magazzini dei conciapelli, uniti un tempo insieme formavano un lago, che del circuito d'uno stadio stendevasi dallo speco donde oggi sgorga, sino al fonte, che all'età mia prendeva nome dai Canali, talché ancor si osservano vestigia di sassi e di acque dov'era l'antica porta della città detta Aretusa da Livio, ma nell'età mia dei Saccari, donde secondo lui entrò Marcello nell'isola». Ma Cluverio tradusse da Livio che Aretusa sboccava nel porto minore lato Nord-Est «poiché Merico, uno dei Prefetti della città, nell'assedio di Marcello, prese a custodire quella parte di città che stendesi dal fonte Aretusa sino al porto grande».
«Era una porta presso Aretusa, dove nottetempo ordinò Marcello sbarcassero quelle schiere, cui Merico, secondo il patto, doveva dare adito in città: era, secondo Livio, rimpetto Acradina, di cui tutto il muro esteriore» nota Cluverio «esser recinto verso oriente dal grande e dal piccolo porto». Scrive, inoltre, Tullio «esser stato il fonte di Aretusa nella punta dell'isola», intendendo con ciò non la punta estrema del castello Maniace bensì la punta che è vicina alla terraferma e guarda Acradina (Livio, Solino). Il Cluverio sulla fonte Aretusa conclude: «E' certo dunque essere stata Aretusa in quel sito dove descrivonla gli autori sicoli, non solo essersi appartenuta Acradina al mare esterno ed al porto pic¬colo, ma al grande altresì, ed in questa sua parte avere Marcello ordinato lo sbarco nel luogo della porta, che era vicina al fonte Aretusa».
Solino enumera, poi, i maggiori monumenti contenuti nel porto marmoreo ed attorno alla fonte Aretusa. Il Fazello, infine, rende più chiara la questione grazie ad osservazioni fatte ai suoi tempi. «Erasi dunque ben vasto il fonte Aretusa, abbondante in pesca, attorniato di massi disposti a mo' di rete nel mare, che im¬piastrati di molta mistura di pece e di bitume ne allontanavano i flutti; se ne ammirano ancora evidenti vestigia, perciocché all'età mia vedevansi i vicini fondachi dei conciapelli fabbricati su queste masse di materia bitumosa... Sparì intanto ad un tratto l'Aretusa negli anni di mia giovinezza nel 10 gennaio del 1506, ma molte fonti di acqua sgorgarono nell'istmo e nel lido del porto marmoreo, che subito mancarono al riapparir dell'Aretusa».
(16) Raccontato da Pausania nelle Eliache.
(17) «Così avvenga che quando tu scorrerai sotto l'acqua del mare Sicano, l'amara Doris non mescoli con te le sue acque salse».
(18) L'effige di Aretusa venne pure ricordata nella carta moneta da L. 500 emessa nell'anno 1966, come pure nella comune serie di francobolli denominata tipo «Siracusana» poi «Italia turrita» tutt'ora in corso.
(19) E' pressoché impossibile nensnre che una vena d'acqua dolce possa infil¬trarsi dalla Grecia sotto rocce marine di varia natura geologica per oltre 600 Km e ad una profondità clie va intorno ai quattromila metri per arrivare in Ortieia E' facile invece presumere che le acque dei fiumicelli Tblei antistanti Ortigia, attraversando terreni calcarei spesso fragili e permeabili, si incanalino sotto terra, attraversando anche il porto grande di Siracusa, che in fondo rimane pt» fondo poche decine di metri, per rispuntare poi non appena incontrano un con trafforte roccioso poco permeabile. Nella nostra zona è notorio fin dall'antichità il corso del fiume Bottigliata, detto pure di Feria, che dopo quattro miglia dalle sor¬genti sprofonda sotto terra per riapparire a un miglio di distanza: quindi percolo ancora un miglio, poco prima di unirsi all'Anapo in vicinanza di Pantalica uni seconda volta, scompare per riapparire dopo un miglio. Lungo il corso dell'Anapo sono poi ben note le «peritorie» dove incanalandovi le acque del fiume esse scom¬paiono del tutto, immettendosi sicuramente per mille canali sotterranei naturali. Lo stesso dicasi per il fiume di Bagni che sprofonda sotto terra e si pensa riappaia fot- mando le fonti del Ciane. Già il Bonanno fu dell'opinione che le acque dell'Aretusa provengano dalla Sicilia. Quest'opinione, mai provata sperimentalmente, fu poi so¬stenuta dal Ferrara, dal Cavallari, dallo Schubring.
(20) Sec. La Lumia «Storia di Sicilia sotto Guglielmo il Buono», quel terremoto sarebbe avvenuto il 4-2-1170.
(21) «In hac insula extrem est fons aquae dulcis, cui nomen Arethusa est, incredibili magnitudine, plenissimus piscium, qui fluetu totus operiretur, nisi munitione ac mole lapidium diiunctus esset a mari...». Cicerone, Verrine IV.

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