toponimi Siracusa - Toponomastica Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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toponimi Siracusa

C
FONTI E FIUME CIANE Il fiume trae la sua origine dalle acque di due grosse fonti chiamate Pisma e Pismotta. Pisma deriverebbe dalla parola greca piesma che significa pressione in evidente allusione alla forza con cui scaturisce l'acqua. In dialetto queste due fonti vengono dette rispettivamente pisima e pisimotta ed anche il corso d'acqua, per quanto chiamato sempre dagli eruditi dei secoli scorsi col nome di fiume Ciane, dai nostri anziani non viene considerato un fiume ed è chiamato «l'acqua ca veni da testa a pisima». Nei tempi passati, alcuni dotti credettero che le acque di queste fonti fossero il prosieguo delle acque perenni della cava Bagni, le quali uscite dall'altopiano sprofondano in una voragine della terra per riapparire alla pisma e pismotta. Ma per quanto il Ciane rientri nell'alveo naturale del Cavadonna, non e stato mai dimostrata con certezza la provenienza di queste acque; cioè se arrivano dalla suddetta cava oppure si tratta di acque risorgive provenienti dalle falde sottostanti l'Anapo. Il Ciane, comunque, prima della bonifica delle paludi del Pantano, era considerato a tutti gli effetti un affluente dell'Anapo (161) (162). Fonte e fiume Ciane rientrano nella mitologia in quanto, come si sa, i Greci riservavano un particolare culto ad acque e fonti. Il mito ci narra come la ninfa Ciane fu tramutata in fonte per aver tentato di evitare il ratto di Proserpina. Ciane deriva dalla parola greca Kyane che potrebbe significare «dal colore azzurro o ceruleo scuro». L'incanto del fiume promana dall'atmosfera di paesaggio orientale che la pianta «quasi sacra» del papiro riesce a suscitare. Il botanico Lopriore nel 1900 così ne descrisse il paesaggio: «Il risalirne a ritroso il corso, muovendo in barca dalla foce, è spettacolo indimenticabile e fra i più belli e graditi che offre la città di Archimede»; e della fonte, così si espresse: «bocconi sulla prua della barca, non si è mai stanchi di ammirare ciò che non arte ma natura in questa vasca rinchiude. Per lo strano riflesso dei raggi solari, il laghetto sembra come illuminato dal fondo, sicché le piante ne ritraggono effetti luminosi che ricordano un po' quelli della grotta azzurra e tu non sai più se ammirare il corruscare delle foglie dell'alisma, fluttuanti come nastri d'argento, alle correnti dell'acqua che sorge, o il molle ondeggiare dei miriofilli, elevantesi a mo di candelabri, o lo svolgersi d'innumerevoli bolle d'ossigeno, che partono dalle foglie di potamogeton crispus ed attraversano come stelle filanti l'azzurro cupo dell'acqua per pullulare al sommo». La fonte Ciane mi permette di aggiungere a questi scritti alcune note di ecologia storica relative alla famosa pianta del papiro ed a questo suo particolare habitat, portando quei contributi storici essenziali per capire il fenomeno papiro al Ciane e perchè l'esigenza di una riserva (163). Le notizie storiche sull'esistenza del papiro in Sicilia e sulla sua lavorazione per ottenere la relativa carta sono antiche, ma in nessuna di esse si fa menzione dell'esistenza di detta pianta nei dintorni di Siracusa. Le prime notizie risalgono al 600 d.C., e si rilevano da alcuni scritti di papa Gregorio Magno, il quale tenne a precisare che in Palermo esisteva una «massa papiriensis». Da ciò si suppone che alcune carte diplomatiche potrebbero essere state manufatte sul luogo di coltura (164). Altre notizie, precedenti l'anno Mille, ci provengono dalle informazioni dei botanici arabi lbn al-Baytàr e Abu al Abbàs An-Nabàti i quali durante il periodo di dominazione araba in Sicilia videro le colture di papiro esistenti a Palermo. Anzi, a proposito di ciò, lo scrittore arabo Abu Bakir Abdallah, nel libro «Riad an nufus» (165) tenne a precisare che la coltura si eseguiva lungo un fiumicello che scorreva vicino al palazzo reale (166). Devono ancora passare altri 700 anni per avere le prime notizie sicure sull'esistenza del papiro nella nostra provincia. Infatti Paolo Boccone, nel 1674, notò la presenza della pianta a San Cosimano di Melilli e vicino Siracusa in località Maddalena ; mentre, secondo il Capodieci, a riconoscere per la prima volta il papiro sulle rive dell'Anapo fu l'inglese Giderfiet che ne riconobbe il genere nel 1764 (167). Frattanto già nel 1762 Carlo Linneo, padre della sistematica, aveva classificato il papiro di Sicilia specie a sè stante e lo chiamò Cyperus Papyrus. Nel 1891 si ebbe notizia che l'Amministrazione Provinciale ed il Comune di Siracusa volevano bonificare il Pantano Grande (le Siracche) ed i Pantanelli (le paludi Lisimelie). Il prof. Martello si allarmò in quanto ravvide subito in queste operazioni di bonifica un grande pericolo per il papiro e portò la notizia alla Società Botanica Italiana. In questo modo, da parte dei ministeri competenti (Lavori pubblici e Agricoltura e Foreste) venne emanata una legge ai fini di conservare il papiro sul Ciane, e nel contempo vennero dichiarati dette fonti e fiume sede naturale della pianta. In realtà da vari documenti si rileva che il papiro esisteva anche lungo quel tratto dell'Anapo posto in confluenza col Ciane ed in altri punti della foce. L'area di distribuzione dunque fu ridotta per proteggere tale pianta dalla distruzione totale. Il Ciane è attualmente l'unica stazione pressoché naturale di papiro esistente in Sicilia. Per ritornare ai caratteri botanici di questa ciperacea ed al suo habitat naturale dobbiamo tenere presente che oramai si è certi che essa è pianta indigena (168) anche se già Linneo l'aveva classificata, con i mezzi del tempo ma con la levatura del grande scienziato, «Pianta sicula tantum». Essa rappresenta da un punto di vista biologico un importante relitto terziario dell'antica flora mediterranea. Il papiro pertanto è pianta da proteggere a tutti i costi. Le sorgenti dette «Testa pisima e Pisimotta» e l'alto corso del Ciane (169) con il contributo del singolo cittadino, di varie forze politiche ed economiche che incidono nel nostro territorio, e degli enti preposti, possono ancora rappresentare l'unica stazione europea di questa pianta esotica. (161) La leggenda narra che la ninfa Ciane fu amata e corrisposta da Anapo. «Quae suis Cyanem miscet Anapus aquis» Ovidio lib. II, Pon. Eleg. 10. (162) Ed ancora il Mauceri, sull'opportunità di creare un alveo artificiale per il Ciane che andasse dal tratto prossimo all'Anapo fino al mare, scrisse: «Or siccome è legge d'idraulica che, incontrandosi due fiumi, quello che trasporta maggior quantità di materie deve allontanare il proprio sbocco per fermare le materie che turbano il loro equilibrio. Così riuscirà facile comprendere perchè il ramo principale dell'Anapo prima d'incontrare il Ciane fa un lungo percorso nella pianura e prende un andamento assai tortuoso. Ed è naturale che l'Anapo man mano che ha avuto imposta questa legge dal Ciane, diminuendo di portata, abbia dovuto sempre più facilmente disalveare, dimodoché oggi, siamo arrivati al punto, che le acque di rotta rappresentano un volume sette volte maggiore di quelle che possano essere smaltite dall'alveo. Oggi noi possiamo concludere che l'unione di questi due fiumi, nelle condizioni attuali, è assolutamente dannosa sia all'uno che all'altro, tanto è vero che le rispettive rotte costituiscono due corsi d'acqua indipendenti che col tempo, attesa la loro indole diversa, finiranno con lo stabilire due alvei separati, mentre che gli estremi tronchi e l'alveo comune si renderanno sempre più sufficienti». (163) In attuazione alla legge regionale 48 del 1981 sui parchi e le riserve naturali in Sicilia con decreto 14-3-84 è stata istituita nella nostra provincia la riserva Ciane-Saline di Siracusa anche se fortemente ridotta nei confini rispetto alle proposte delle organizzazioni ambientaliste e naturaliste. (164) Da M. Amari; Storia dei Musulmani di Sicilia (CT 1933-39). (165) Dal Chronicon siculum (820-1348) di anonimo palermitano nell'edizione del Gregorio. (166) Quel fiumiciattolo, che esistette fin quasi al 1595, era chiamato «Papiritu» e venne soppresso in seguito a febbri preniciose che si manifestavano, fra gli abitanti di quel quartiere, nei periodi estivi. In quella zona, attualmente esiste una via chiamata «Papireto». (167) «Con questa asserzione, assai lontana dal vero, poco onore il CapodS rese alla patria sua, giudicando che una pianta sì decantata fosse rimasta per tJ tempo ignota ai botanici, e agli eruditi della Sicilia, finche uno straniero veni» a mostrarla». Ciò scrisse il Brocchi nella Biblioteca Italiana, t. XXVI. MI 131 n. 76 in un saggio intitolato «Memorie sui colli Iblei in Sicilia». (168) Il papiro nostrano non ha caratteri botanici simili al papiro Nilotico, nè a quello siriano. Piuttosto presenta una certa rassomiglianza al papiro del Congo e la nostra terra da quella è fin troppo distante per pensare a semi trasportali I uccelli o a scambi fra popolazioni. (169) In quanto il basso corso fu creato stringendo le acque del fiume in un canale artificiale.
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