toponimi Siracusa
S
ZONA DI S. GIOVANNI ALLE CATACOMBE Nel sesto secolo, intorno al luogo dove secondo la tradizione patì il martirio e fu sepolto nella metà del III sec. S. Marziano, primo vescovo di Siracusa, sorse una grande basilica che ebbe funzione di cattedrale. La chiesa venne distrutta nel corso dell'invasione musulmana dell'827, fu poi riedificata dai Normanni (88) ma ricadde in rovina con il terremoto del 1320. I confratelli di S. Giovanni Evangelista con le elemosine dei fedeli e le elargizioni del vescovo Bellomo edificarono, accanto ai resti della vecchia basilica, e portarono a compimento nel 1429 un'altra chiesetta che dedicarono al loro Santo patrono. La zona di San Giovanni fu importante area cimiteriale nel periodo greco e romano. Vi si annoverano infatti le catacombe omonime e distanti pochissime centinaia di metri a Ovest la necropoli Grotticelli, a nord la necropoli del Cozzo Romito, ad est le catacombe di Vigna Cassia. Nel XII sec. Nell’area di S. Giovanni esisteva un casale denominato Li Crudi in quanto gli ipogei sepolcrali della zona vennero addirittura utilizzati come abitazioni. L'esistenza di tale casale si rileva da una donazione di Tancredi Conte di Siracusa nell'anno 1100, al monastero di S. Giuliano di Rocca Fallucca in Calabria. Riporto qui un transunto dell'originale greco, trascritto in dialetto calabrese del XIV sec. (89). «... la ecclesia de sanctu Johanne Evangelista, la quale este alla terra de Seragusa la mia cun tutti li proprietati ed pertimenti ed iurisdictioni loru, in una cun lu casale, lu quale se clama li Cructi, lu quale este innanti lu templu de questu sanctu Johannu, in una cun li habitanti alla et homini christiani et ijsmaeliti. Similemente dugnu li loro tenimenti, li quali annu a Seragusa, e lu cunfinu di questa dieta ecclesia de sanctu Johanne Evangelista cusì se determina. Incominza de la publica via e va sino alla Grutta de sancta Vennera, da parte de lo punnente, e da questa grutta sale alla via de Scala greca, et vae da questa via de Scala greca e ietta alla via grande, la quale vae a questu casale de la parte de lu ostru, e da questu casale vae alla via, la quale vae de Sanctu Pelagiu da parte de lo levante, e da questa via de sanctu Pelagiu getta allu putzu siccu, e de questu putzu sinde e scoppa alla grande via la quale vae alli volti, li quali su supta Sancti Coranta e da questi volti sinde alla via e scoppa alla altra via, la quale esse de Sancta Luchia e vae da questa via fini alla via, la quale vene de Seragusa, innanti de Sancta Maria de la parte de lu metzu jornu, et sale de questa via la quale vene de Seragusa, e vae alla via la quale vene de questi dicti volti : et de questa vae de parte de lo punnente fini alla via de la Petra de Trocullmeni; et de questa via de la Petra de Troculimeni salente de Seragusa, de parte de lo punnente e vae fini alla grutta de Sancta Vennera, et cusì conclude...». Il documento, come si nota, ha importanza rilevante per capire la toponomastica del tempo. La «grutta de Sancta Vennera» dovrebbe essere la grotta che si trova nella Latomia Intagliatella. «Santu Pelagiu» sembra un riferimento a Santa Panagia «Ostru» sta per sud. «Sancta Luchia» è chiaramente riferita alla chiesa di Santa Lucia alla borgata (al Sepolcro). «Via de la Petra de Troculimeni» ricorda tanto il porto Trogilo (limeni sta per porto). La citazione agli «Ismaeliti» ci ricorda che proprio in questa zona esistette fino al 1431 il ghetto ebraico (90) con un proprio cimitero, un mercato e forse più di una sinagoga (91). (88) «Occupata Siracusa dai saraceni, questa monumentale basilica fu lasciata da loro illesa, e se ne usarono anzi per nobile dimora distinti personaggi fino a tutto il tempo che qui dimorarono. Venuti i nuovi conquistatori, fu essa restituita al primiero suo culto, e concessa ai monaci Normanni, i quali perchè aveva perduto il nome antico, e perchè essi e tutti di lor nazione erano devotissimi a San Nicolò, non è fuori ragione, che venuti sotto gli auspici di questo Santo l'abbiano dedicata allo stesso e intitolato al suo nome, tanto elle se sia stato per voto di Rugiero come altrove avea fatto. Rafferma questo mio concetto l'ordine con cui sono indicati i monasteri nella esposizione del diploma del conte Tancredi, anno 1104 (in Pirri); cioè prima S. Pietro di Tremilia, poi quello di S. Nicolò, e l'ultimo quello di S. Lucia; chi ben riflette sui luoghi, che tuttavia esistono, rileva senza fallo di essere nel mezzo tra Tremilia e S. Lucia, quello di cui parliamo. E certo i funerali di Giordano che si fecero a S. Nicolò, come nota il Fazello, dovettero celebrarsi- in questa chiesa e dai religiosi che vi vivevano in convento... Dopo il terremoto del 1320, lasciate mezze rovinate chiese e conventi, della basilica e del monastero di S. Nicolò non più si ritenne il nome; ma dai nostri vescovi che ebbero sempre cura di riparar la chiesa, forse per rispetto a S. Gregorio papa, santo benemerito della chiesa siracusana, la nominarono di S. Gregorio». Dal Privitera op. citata, II - pag. 494 e segg. (89) Da Pometli in Carte delle abbazie, pag. 267. Questo documento smentisce quanto sostenne il Privitera (vedi nota precedente). Già nel XII sec. la chiesa in oggetto veniva chiamata di S. Giovanni. Contro l'opinione generale e dello stesso Privitera che vogliono l'origine del toponimo legata alla costruzione della chiesa dedicata a S. Giovanni evangelista ed avvenuta nel 1429. (90) Cioè fino a quando non fu concesso agli ebrei di trasferire il loro ghetto dentro Ortigia, in quel quartiere che da loro prese il nome di Giudecca. (91) La comunità ebraica di Acradina venne menzionata negli Atti del mar¬tirio di S. Marziano. Come pure in un documento del Codice Greco Vaticano n. 866 del sec. Vili. Interessante l'art, di A. Madeddu in «Prov. di Siracusa» a- 1984 n. 1 pag. 33 e seg. In appendice all'art, cit., tra l'altro, è riportata una esauriente bibliografia in merito.