memorie di borgata - Siracusani

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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memorie di borgata

R > Raciti Giovanni
SIRACUSA (memorie di borgata)
Per i miei amici siracusani meno giovani.
Un negativo appena restaurato da muffa e graffi.
Foto scattata da mio padre Arturo nel 1951. Io e il mio fratellino Riccardo in primo piano.




Pomeriggio di primavera, sul fondo, sotto al Palazzo delle Poste, cumuli di sabbia e alcune barche da trasporto sabbia alla banchina.
Si chiamavano "Matticane", erano barche con vela "latina" e motore ausiliario, vecchi diesel a "testa calda" i cui battiti lentissimi ricordo ancora...si potevano contare. Pesantissimi ed enormi, per sviluppare soltanto una decina di cavalli. L’odore del gas di scarico era per me un magnifico profumo.
Partivano poco prima del tramonto vuote  per tornare dopo due giorni con la sabbia fine di Agnone. Al rientro il bordo libero era non più di 30cm. Stracolme, quasi affondate, entravano lentamente nel porto piccolo un'ora dopo l'alba. Io abitavo di fronte e le sentivo arrivare. Dum...dum...dum...Dirigevano lentissimamente verso il molo, ma una volta su quattro si incagliavano nella secca sabbiosa che vi è proprio sotto alla Posta.
Avere due bambini da fotografare era per mio padre la scusa migliore per uscire, cercare la luce buona per fare qualche foto. La sua grande passione. Poi a casa con polveri, acidi, bacinelle, si compiva la magia. Sviluppava  i negativi subito,  lo stesso giorno, molto spesso non venivano stampate e l'istante catturato rimaneva per anni e anni sulla fragile pellicola.
Io a 5 anni, seduto vicino o addirittura sulle sue gambe, assistevo con attenzione. Probabilmente questo negativo l'ho visto apparire nel buio della nostra camera oscura (la cucina)
Ricordo l'odore caratteristico del "metol" per lo sviluppo e dell' "iposolfito" per il fissaggio.
Ma soprattutto ricordo gli odori, il tepore primaverile, l'aria speciale, inconfondibile di quello sbarcadero. Odore di legno, di alghe seccate sul bagnasciuga...il rumore dei remi che pigramente si muovevano sull'acqua bassa, limpida, parole in dialetto dei barcaioli e persino il rumore delle monetine d'alluminio che cadevano nella lattina quando si pagava la corsa.
Stare sopra, dentro, ad una barca, anche se in secca, mi emozionava quasi sino a turbarmi. Carezzavo il legno ruvido con la vernice scrostata, annusavo l'odore di sentina all'interno della barca e rimanevo...in trans. Ammiravo il rinforzo di legno sotto allo scalmo, levigato e ondulato dallo strofinio del remo, lucidato dal sego, sembrava una scultura. Alla borgata era il quartier generale delle barchette. Vi erano quelle in secca, il capanno dei remi e attrezzi, la spiaggia sabbiosa.
Adesso non esiste più nulla e oltre alla buona memoria ci sono i preziosi negativi a tramandare per sempre queste sensazioni che, se pur descritte bene, possono essere condivise solo da chi c'era....i miei coetanei borgatari. Si, perchè dall'altra sponda, ai ponti, l'atmosfera, i suoni e gli odori erano tutti diversi: il frastuono di Ortigia, l'odore e il rumore del "caffè della Posta", e a coprire tutto l'odore del carretto che vendeva le cozze, vicinissimo allo sbarco. Sembrava proprio un altro paese. Non più la quiete dolce, mite della borgata ma il modesto rumoreggiare di Ortigia, viva, pulsante di attività e di tutta la gente che per vari motivi tutti i giorni "scendeva a Siracusa": per il mercato, per la Posta, per gli uffici, per l'UPIM, per godere del "mare di Ortigia" al Porto Grande o semplicemente per prendere una granita con bicchiere d'acqua a Piazza Archimede.
Giovanni Raciti
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