Formosa Aldo
giornalista professionista, realizzatore di manifestazioni ed eventi culturali. Si occupa di teatro come commediografo ecome regista. Collabora con periodici, con la “Sicilia” e il “Corriere dello sport” ed è titolare della pagina culturale “Astrolabio” sul quotidiano “Libertà”.
Aldo Formosa presenta il suo “premio Internazionale Sicilia – Il Paladino”
Aldo Formosa premia Lydia Alfonsi.
Aldo Formosa riceva da Turi Vasile il Premio Speciale Nazionale per il Teatro.
parole scritte da Aldo Formosa sono sempre attuali:I SIRACUSANI
ANNO II – N.9 SETTEMBREOTTOBRE 1997
di Aldo Formosa
Se l'argomento è Siracusa, tacciato come sono di pessimismo, e spesso tuttavia richiesto di scriverne, sono indotto sempre a rifiutarmi per evitare geremiadi. Li ho avvertiti, quelli de "J SIRACUSANI": badate, io la penso così. E loro: scrivi lo stesso. Scrivo. E intingo la penna nel rammarico. Penso che chi preconizza per questa Città giorni migliori lo faccia per gioiosa innocenza, o per costituzionale bonomia, o per esorcismo. Io che sto nel mezzo, anche se già ho solo una strada da attraversare verso una porta spalancata, non posso evitare i confronti.
Camminavo ragazzo per corso Umberto fiorito di oleandri, risuonava il selciato di zoccoli, strombettava qualche automobile, Varia era tersa di struggente trasparenza, la gente andava e veniva bonariamente intenta alle proprie cose, i negozi esibivano modestia e dignità, il mare odorava di onesta salsedine, lo spazzino col bidone in spalla raccattava rarissime immondizie per strada e poca spazzatura bussando alle porte di casa. Come lo vogliamo chiamare un mondo così: il paese delle favole?
Se lo racconti a queste generazioni non gliene importa niente. Anche perciò mi sento ferito: perché la Siracusa di ieri l'altro è stata cancellata persino dai ricordi, perché nessuno ne vuole parlare e nessuno vuole stare a sentire, è ormai una Città sepolta sotto la marea montante del lereiume, dello smodato arrivismo, della violenza, dell'inquinamento, dell'indifferenza per cose che si chiamano valori e che rispondono al nome di rispetto, famiglia, religione.
Dice: ma al filmato sulla Siracusa di "Fogli d'album" sono accorse migliaia di persone, segno di interesse. E vero: lodevolissima l'iniziativa, ma epidermico l'interesse che era soprattutto curiosità episodica. Ma l'amore, dov'era?
Ecco: ve l'avevo detto. Sanno troppo di retorica queste parole, sembrano frasi fatte e luoghi comuni, e non lo sono. Fanno persino sorridere di sufficienza. E una Città così malridotta, così traboccante di tracotanza, così arrogante in troppe sue manifestazioni di latente insensibilità, così dimentica dell'antico passato e del recente, legata mani e piedi all'insolente inefficienza degli uffici, depredata e venduta come una pezzente ai maleodoranti vapori dell'industria, tradita da chi avrebbe dovuto difenderla, avvelenata nell'acqua che beve e nell'aria che respira, imbarbarita in una scuola stupidamente consegnata all'ignoranza, una Città che relega la cultura in un avamposto dove sono in pochi a vigilare come in un deserto dei Tartari, una Città così quando e come potrebbe tornare alla civiltà?
Anche se qui conosco e apprezzo isole di perbenismo, individualità adamantine, giovani illuminati, sodalizi benemeriti di generose iniziative. Isole, appunto. Queste nostre calamitose giornate sono il pedaggio tragico che paghiamo ad una traumatica illusione che fece scoppiare fallaci mortaretti quando, per la prima volta, a Siracusa l'ignoranza andò al potere. La cultura? Affidata alla determinazione, alla cocciutaggine, alla infaticabile perseveranza dei pochi. Il potere risponde solo quando esiste la volontà e la meritoria sensibilità personale di chi sta al vertice e può disporre. Gli altri, i più, preferiscono la risata facile per non pensare e il frastornante baccano psichedelico: grasso che cola.
ALDO FORMOSA
“ANTIGONE CONTRO”
Atto unico.
Adattamento dall’originale
ANTIGONE - (Sola) Lo avevo detto a mia sorella Ismene: “Ora che nostro padre è morto e nostra madre per il dolore si è impiccata, ora sono morti anche i nostri fratelli Eteocle e Polinice uccidendosi tra loro per la libidine del potere. Tu sai che il re Creonte, giudicando ingiustamente Polinice un traditore, ha ordinato di abbandonarne il cadavere ai cani e agli avvoltoi, facendo seppellire Eteocle soltanto. Ma Polinice, era stato costretto ad assediare la città con un esercito straniero per rivendicare il proprio diritto al trono. E anch'egli meritava la sepoltura.
Ora io rivendico un mio diritto: quello di seppellire un morto nelle cui vene scorreva il mio stesso sangue. Pur sapendo di andare contro il volere del re, io andrò a dare sepoltura a mio fratello. E tu, Ismene, se non vuoi, se non comprendi la necessità del mio gesto, restane fuori. Se non sai ribellarti allo strapotere di chi comanda, vattene: così avrai salva la vita. Non preoccuparti per me. E non nascondere il mio gesto pietoso col tuo silenzio. Anzi, voglio che tu ne parli. Con tutti. Perché si sappia che Antigone, per amore fraterno, si è ribellata all'iniquo volere del re. Se tu hai paura di condividere la mia sorte, vattene. Lasciami sola!".
E Ismene, terrorizzata, fuggì via. Così io andai dove giacevano i poveri resti martoriati di Polinice. Con l'animo straziato dal dolore e con le mani amorose di sorella, gli diedi sepoltura: così, come potevo, ricoprendolo di polvere. Quando Creonte lo seppe, furente per la mia disobbedienza, mandò gli sgherri per trascinarmi davanti a lui.
Credeva di assistere al mio piagnucoloso pentimento, si aspettava che mi sarei gettata ai suoi piedi implorando il perdono. Diventò paonazzo dalla rabbia quando invece mi piantai davanti a lui, a fronte alta, guardandolo fisso negli occhi. E glielo dissi: "Il tuo mostruoso editto non viene da Zeus. Anzi, la giustizia delle divinità degli Inferi non ha mai stabilito tra gli uomini una legge come la tua.
Questa tua autorità non è tanto potente da impormi, come essere umano, si trasgredire alle leggi divine immutabili. Io non potevo, per paura di un uomo, anche se è un re, rendermi colpevole di empietà al cospetto degli Dei.
So di essere mortale, e lo sapevo già da prima. Morire prima del tempo che mi ha assegnato il destino, non mi fa paura, perché sarebbe stato disonorevole lasciare insepolto il figlio di mia madre!”.
Creonte non capiva, anzi sbraitava dicendomi che la durezza del mio orgoglio non poteva andare impunita, e che avevo la sfrontatezza di vantarmi della mia disobbedienza.
Furente, mi disse che la mia superbia mi induceva a comportarmi come un uomo: cosa, questa, intollerabile. E infine mi gridò: "Scendi sottoterra, donna. Finchè vivo, nessuna donna avrà mai potere su di me!". E si rintanò nella reggia.
Ora, mi trascineranno verso il supplizio. Nessuno piangerà per me. Mi porteranno in una grotta dove verrò murata viva. Così ha ordinato Creonte, perché la sua ipocrisia gli impedisce di uccidermi con la spada. La sua vigliaccheria è tale da non volersi macchiare le mani del mio sangue…
Andiamo, dunque. Avrò una buia grotta invece del talamo, scenderò viva nel sotterraneo dei morti. Ma Creonte pagherà con lutti e lacrime questo delitto, perché suo figlio, che mi amava, per il dolore si ucciderà.
E ora, prima che la mia sorte sia compiuta, questo vi dico: voglio che la mia morte sia un monito contro il potere, un esempio di fermezza. Donne, ricordatevi di Antigone. Siate sempre orgogliose della vostra natura di donna. Affrontate la tracotanza di chi comanda ingiustamente, abbiate il coraggio di dire "No!" a fronte alta. In ogni tempo siate sacerdotesse di giustizia. Perché essere donna è anche questo, e dunque non vi arrendete davanti all'impossibile. Valutate l’inganno dell'uomo e la sua prepotenza, non chinate il capo nell'infamia della sottomissione. Questo io vi dico, ora che il mio destino si va compiendo...
Andiamo, Antigone. Andiamo a morire. Hai sfidato l'ingiustizia, l'orrore dell'oppressione, hai disobbedito per amore di tuo fratello a un ordine del re, all’ordine infame di un uomo infame…
Ora vai incontro alla pace, Antigone. È vero: avrò finalmente pace nei miei pensieri e nelle mie visioni...
Questo doveva accadermi, e sono qui per accettarlo. Senza lacrime. È questa la mia parte per una dolorosa conclusione. Ma è anche la mia parte di una perpetua gloria…!