Di Giovanni Eduardo - Siracusani

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Di Giovanni Eduardo

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Il giovane Eduardo Di Giovanni


con il Re Vittorio Emanuele

Eduardo Di Giovanni:
L'uomo, il cittadino,
l' avvocato, il politico, il massone
di Sebastiano FransoniTratto da: I SIRACUSANI anno V n. 21 Marzo Aprile 2000


vedi anche:http://www.antoniorandazzo.it/memorie/massoneria-siracusa.html

L'uomo, il cittadino,
l' avvocato, il politico, il massone
di Sebastiano Fransoni
Nella galleria dei personaggi che hanno appartenuto alla Massoneria, compaiono pure ritratti non piacevoli, dei quali molti massoni, probabilmente, vanno tutt'altro che fieri.
Ma, accanto alle figure di avventurieri, di governanti assolutisti, di signorotti provinciali che, quanto a sensibilità umana e sociale, non vedono ad un palmo del proprio naso, troviamo grandi spiriti e profeti dell'Umanità sui quali la Massoneria operò senz'altro il suo supremo ministero.
Non pochi insigni artefici della storia del nostro Paese furono massoni e non pochi furono quegli uomini che, in quanto massoni, concorsero, con l'opera e con l'impegno a conferire lustro e decoro all'istituzione e agli ideali che avevano abbracciato. Come, d'altra parte, non pochi furono i massoni siracusani che con coerenza e lealtà servirono la loro città offrendo il loro non trascurabile contributo culturale, sociale e politico per la sua crescita morale esprimendo, in questo modo, il loro devoto sincero amore per Siracusa.

Di questi uomini, che furono tra i figli migliori, che 11011 andarono mai in cerca di popolarità a buon mercato, ma restarono sempre coraggiosamente disinteressati nella condotta dei pubblici affari, anche a costo di perdere il potere, conserviamo gelosamente la memoria, come in un libro d'oro, attraverso la toponomastica. n un Paese nel quale il sistema democratico non riesce ad avere piena autonomia, ove si assiste al dilagare del trasformismo a livello di metodo, dove la corruzione penetra in ogni settore della vita sia pubblica che privata, la cui classe dirigente non riesce a liberarsi del male e continua imperterrita a ritenere che tutto sia lecito a chi detiene il potere, scrivere di Di Giovanni dà la sensazione di portarsi in un altro mondo. I suoi successi sportivi appartengono al secolo diciannovesimo, quelli umani, civili e morali al ventesimo. Era persona di prestanza fisica, di portamento austero, alto di statura, con l'occhio severo, ma carico di trasparente bontà, baffi vistosi e sopracciglia foltissime. Incuteva, solo a vederlo, grande rispetto. Coltissimo, dotato di forbita oratoria, si faceva piacevolmente ascoltare e, quando si con-versava con lui, si poteva intrattenerlo su qualsiasi argomento che, egli, per la sua dottrina e per la sua profonda conoscenza di uomini e cose, sapeva saggiamente trattare.
Persona di gran cuore, non rifiutò mai il suo aiuto che offriva col massimo tatto per non offendere chi a lui si rivolgeva.
In Eduardo Di Giovanni fu vivace l'anelito di libertà, profondo il senso della democrazia, acuto il sentimento della storia. Senti la sua siracusanità nell'amore per la cultura e per l'arte e la sua Siracusa spesso ricordava in occasione di conferenze, orazioni, discorsi per i quali veniva designato in qualità di oratore.
Eduardo Di Giovanni fu un uomo retto, un cittadino esemplare, un degno avvocato, un politico onesto, un perfetto massone.

L'uomo

Nacque a Siracusa, terzo di sette fratelli e sorelle, il 7 novembre 1875.
Il padre, Salvatore, avvocato e giureconsulto di chiara fama, patriota e massone, morì prematuramente nel dicembre del 1894 lasciando nel dolore la moglie e i sette figli alcuni dei «piali in giovanissima età. Alla sua sacra memoria il giovane Eduardo dedicò il volumetto di versi Iuvenilia, pubblicato nel 1898.
La madre, Matilde Adorno, donna di specchiate virtù, era discendente in linea collaterale (rispettivamente nipote e pronipote) di Mario e Carmelo Adorno, padre e figlio, massoni anch'essi, fucilati nelle Piazza del Duomo nel 1837, assieme ad altri patrioti per aver partecipato ai moti rivoluzionari contro la tirannide borbonica.
Conseguita la maturità classica presso il liceo "Tommaso Gargallo" nel 1895, si iscrisse in giurisprudenza presso l'Università di Catania dove ebbe i primi contatti con i circoli popolari e studenteschi che lo iniziarono a quelle idee progressiste, sfociate poi nel socialismo, che Giuseppe De Felice andava conducendo contro i gruppi conservatori del catanese. In quell'ambiente popolare, politico e letterario Eduardo Di Giovanni sentì profondamente l'influsso degli scritti di ispirazione positivistica del Colajanni, dello Schiattatila, del Salvioli, del Ferri e dell'opera poetica e letteraria del Rapisardi. E della poetica rapisardiana risentono i versi dell'ode Ritornando a casa Giuseppe De Felice liberato che Eduardo Di Giovanni scrisse nel 1896 in occasione della liberazione del De Felice. In quest'ode, ispirata ad un forte senso di libertà, il giovane poeta esprime l'ansia di un mondo migliore e la fede nella redenzione politica ed economica del proletariato siciliano. Giovanissimo, fu animatore del movimento di emancipazione proletaria e popolare in Sicilia, specialmente con l'organizzazione delle leghe dei lavoratori e delle Camere di lavoro. Fondò e diresse i settimanali L'Eco di Siracusa, Il Rinnovamento e La Riscossa che furono organi di feconde lotte civili. Pur fra gli impegni professionali e le vicende, talvolta arroventate e gravi delle lotte politiche, fra l'adempimento dei lavori parlamentari e l'onore derivato da alti incarichi, Eduardo Di Giovanni non venne mai meno ai doveri verso la famiglia, convinto come era, che essa è sempre la cellula fondamentale dell'organismo sociale. Perduta nel 1928, ancor giovane, la moglie, Maria Gozzo, compagna preziosa e cara, rimase accanto ai figli a custodia degli stessi, confortato dal loro affetto. Quando il 20 aprile 1964, la figlia prediletta Grazia Matilde, che gli era rimasta accanto nella vita pro-fessionale come avvocato, venne improvvisamente a mancargli, stroncata da un inspiegabile malore, il nostro rimase prostrato dal dolore.

Il cittadino


Per quanto dedito agli studi egli riuscì a non trascurare l'attività sportiva coltivando il podismo e la scherma. Nel 1901, quale ufficiale di complemento, in una gara di settanta chilometri tra ufficiali della Divisione, vinse la medaglia d'oro. Nello stesso anno, in una gara di scherma tra ufficiali del Reggimento, ottenne la medaglia d'argento. Il 2 giugno del 1902 (in sostituzione dell'oratore improvvisamente assentatosi) tenne il discorso commemorativo di Giuseppe Garibaldi. Quando la mattina del 28 dicembre 1908 giunse a Siracusa la terrificante notizia del disastroso terremoto che aveva colpito Messina, Eduardo Di Giovanni organizzò subito assieme all'ingegnere Salvatore Perez, al barone Saverio Polara, al fratello Umberto, al nipote Giuseppe Gozzo (poi caduto eroicamente sul San Michele nella guerra del 1915-18) una squadra di studenti e lavoratori volontari che fu la prima ad arrivare sul posto, mentre si ripetevano le scosse telluriche e crollavano le ultime case.
Allo scoppio del primo conflitto mondiale Di Giovanni fu tra gli interventisti. Nelle guerra contro gli imperi centrali egli vedeva la possibilità di completare il Risorgimento nazionale e di partecipare alla lotta per l'abbattimento della potenza teutonica, negatrice della libertà di tanti popoli. Sull'esempio del Bissolati e del De Felice, partì volontario per il fronte. Fu tra i primi a raggiungere il deposito del 29° Fanteria a Potenza portando al polso la medaglietta che la Massoneria aveva fatto coniare per i "fratelli" richiamati alle armi con la scritta "dulcis et decorum est prò patria mori". Ottenne, combattendo sul Carso, una medaglia di bronzo e, successivamente, altre due Croci di guerra al valore.
Terminata la Grande Guerra, Di Giovanni riprese, con maggior vigore, a quell'impegno professionale, civile e politico che lo portò ad essere, per il popolo di Siracusa e per i lavoratori, il punto più importante di riferimento ed il portavoce appassionato delle loro istanze e delle loro aspettative.

L'AVVOCATO

Laureatosi nel 1898 in Legge all'Università di Catania con la brillante discussione di una tesi di Filosofia del Diritto "Il Mondo Romano e Videa Cristiana" Eduardo Di Giovanni abbracciò subito quella professione di avvocato che praticò con specchiata rettitudine per sessantasette anni e che lo portò ad essere "grande" sia presso le giurisdizioni locali come innanzi alle magistrature supreme. Il suo esercizio professionale egli intese come alta missione di alto sacerdozio civile. Già durante la guerra e la permanenza al fronte, essendo note le sue qualità di avvocato penale, ebbe diversi incarichi di difensore dinanzi ai Tribunali di Guerra. Importante fu la difesa di due giovani ufficiali - uno pugliese e l'altro siciliano - accusati di codardia nell'azione per l'avanzata di Gorizia. I due furono assolti dal Tribunale di Guerra con formula piena (il P.M. aveva chiesto la condanna con la fucilazione al petto, trattandosi di due decorati). Alla lettura del dispositivo della sentenza assolutoria il Presidente, un valoroso generale, sentì il bisogno di dire ai due ufficiali assolti: «Siete stati assolti...» e indicando il difensore maggiore Di Giovanni «...ricordatevi che dovete la vita a quell'uomo».
E memorabile resta la difesa del Colonnello Mario Riveri sottoposto a procedimento penale con l'accusa di aver troppo osato, sacrificando gran parte del Reggimento alla conquista del monte Basson. Il colonnello Riveri, poi esaltato dal D'Annunzio, difeso strenuamente da Eduardo Di Giovanni, non solo fu assolto con formula piena ma le motivazioni della sentenza, che riportavano gli argomenti fondamentali della difesa, servirono al Ministro per la promozione immediata del Riveri al grado di generale.
Iscritto sin dal 1902 all'albo degli avvocati e procuratori del Tribunale di Siracusa e dal 1912 in quello della Suprema Corte di Cassazione, ricoprì dal 1943 al 1946 la carica di Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Siracusa che nel 1965, al compimento del cinquantenario di esercizio professionale gli conferì la medaglia d'oro celebrativa. La sua parola calda, vibrante, appassionata che avvinceva giudici togati e popolari ebbe risonanza nei Tribunali e nelle Corti di quasi tutta Italia. Quando compì i novanta anni ricevette onoranze affettuose da parte delle più alte dignità massoniche nel Tempio massimo del Grande Oriente d'Italia in Roma. Verso le otto di sera, egli chiese di congedarsi. Troppo giusto per un nonagenario, intesero i presenti. Invece no, andava direttamente alla stazione per trascorrere la notte in treno in vettura ordinaria; la mattina dopo, arrivato a Siracusa, senza passare da casa sua andava in Corte D'Assise a difendere un cliente.

Il politico


Politico di rango, intese la politica come vocazione. L'esordio si ebbe nel 1906 (piando il nostro, con | l'adesione di uomini entusiasti e dotati di forti capacità organizzative quali Luigi Leone, Salvatore Nanna, Placido Romano, Giuseppe Urso, Pietro Romano, Luciano Patania Russo e Achille Adorno, costituì il "Circolo Socialista'' di Siracusa. Il Circolo Socialista fu una vera scuola politico-culturale e di elevazione morale degli iscritti. Come consigliere Di Giovanni dimostrò di possedere una profonda conoscenza dei problemi comunali e di avere precise idee per la loro soluzione. Nel 1912 aderì al Partito Socialista Riformista convinto che per la rigenerazione del Meridione e della Sicilia in particolare, la scelta del metodo riformista era senz'altro da preferire a quella del metodo rivoluzionario. Alle elezioni politiche indette nel 1919, Di Giovanni venne eletto deputato alla 25" legislatura, superando, con un vero plebiscito di voti, ogni altro candidato riformista dell'isola. Le elezioni del 1919 avevano visto tornare in Parlamento un blocco di massoni che per numero e prestigio non era inferiore alle forze che il Grande Oriente d'Italia aveva potuto annoverare alla Camera prima della Grande Guerra e che, a quel tempo, aveva fatto definire il cosiddetto "transatlantico" della Camera dei Deputati come "la sala dei passi perduti", con chiaro riferimento ad un locale ben definito esistente nelle logge massoniche. Particolarmente nutrita era la schiera dei liberi muratori dell'Unione Socialista Italiana (USI) guidati da Leonida Bissolati che vedeva, tra gli altri, Alessandro Groppoli da Cremona e Seni Benelli da Firenze. Mentre, il gruppo Socialista Riformista annoverava i massoni Giuseppe De Felice Giuffrida da Catania; Eduardo Di Giovanni e Lorenzo Cocuzza da Siracusa; Drago da Palermo; da Caltanissetta Lo Piano; da Girgenti La Loggia; da Napoli Arturo Labriola; da Potenza Vito Reale; da Teramo Guido Celli ed ancora il Dello Sbarba ed il Tortorici. L'elezione di Eduardo Di Giovanni a deputato suscitò grandi entusiasmi e grandi speranze nel popolo siracusano ed egli seppe corrispondere alle aspettative dei suoi elettori intervenendo con interpellanze, interrogazioni e discorsi in favore della Sicilia e della sua Siracusa. Nel 1920 Siracusa, ormai divenuta roccaforte dei riformisti, lo elesse Prosindaco con il 78% dei voti espressi e Presidente del Consiglio Provinciale. Fu, quello della sindacatura di Di Giovanni, un periodo denso di realizzazioni imponenti. Si sistemarono strade e piazze, vennero costruiti asili e scuole, moli e banchine, il Palazzo delle Poste, la centrale termoelettrica mentre, un ulteriore potenziamento fu dato alla linea marittima con la Libia. Nel 1921 l'on. Di Giovanni venne rieletto deputato alla 26" legislatura con largo consenso popolare. La vita politica di Eduardo Di Giovanni non fu scevra di duelli, attentati e pericoli. Indelebile è rimasto, nel ricordo popolare, il duello che il nostro ebbe a combattere contro il deputato Filippo Pennavaria che si tenne, in gran segreto (in quanto il duello era già stato abolito), nella tenuta del barone Pennisi alla periferia di Catania. Alle elezioni del 1921, di ritorno da un giro elettorale in provincia, in prossimità dell'ingresso in città, l'automobile in cui viaggiava Eduardo Di Giovanni insieme con gli altri candidati Antonio D'Agata e Lorenzo Cocuzza venne fatta segno a diversi colpi di rivoltella. La notizia si diffuse rapidamente fra la popolazione che in Piazza Pancali attendeva il ritorno dei candidati ed esplose una indignata manifestazione di protesta che avrebbe potuto avere gravi conseguenze senza l'intervento pacificatore del Di Giovanni.
Alcuni mesi dopo, l'attentato venne rinnovato in forma più diretta. Si recava una sera al Municipio per i suoi compiti di ufficio. Al momento in cui egli si trovava all'altezza del Circolo "Pro Patria" dall'interno del Circolo partì un colpo di rivoltella. In quell'istante un giovane operaio, Angelo Rizza, che si era fatto avanti per vederlo passare, fu colpito alla nuca e morì salvandogli la vita. L'attentatore per imposta omertà, rimase ignoto ed impunito. Il fascismo batteva alle porte. Una dopo l'altra cominciavano a cadere le amministrazioni socialiste massimaliste e riformiste, vittime della violenza e della sopraffazione fascista. Quando il governo centrale fu assunto dai fascisti, a Siracusa venne resa impossibile la vita alla amministrazione comunale. Il 19 gennaio 1923 il Consiglio Comunale, con un clamoroso gesto, si dimise. Il 13 luglio 1923, discutendosi alla Camera la proposta di riforma della Legge elettorale, Eduardo Di Giovanni pronunciò un coraggioso discorso inneggiante alla libertà del popolo italiano che gli valse l'abbraccio di Filippo Turati.
Nelle elezioni politiche del 1924, sebbene sicuro di una salda maggioranza, per risparmiare alla cittadinanza conflitti sanguinosi che la violenza fascista si apprestava ad esercitare, ritirò, il giorno stesso delle elezioni, la sua candidatura, scrivendo al Capo del Governo un vibrante telegramma di protesta. Gli scempi di quelle elezioni furono denunziati alla Camera da Giacomo Matteotti che pagò, poi, con la vita.
Durante il ventennio Eduardo Di Giovanni si dedicò con fervore all'esercizio della sua professione di avvocato non trascurando, seppur tenuto d'occhio dalla polizia fascista che lo sottoponeva a continue ostruzioni e persecuzioni, l'opera di preparazione per la riscossa democratica. Nel 1946 eletto deputato all'Assemblea Costituente, fu componente della Commissione dei 75 per la redazione della Costituzione Repubblicana. Fu membro della Commissione Difesa e di quella degli Affari Esteri nonché Presidente della Commissione delle autorizzazioni a procedere. Quale membro della Costituente, (piando si discusse sull'inserzione nella Costituzione del famoso art.7 (riconoscimento e ratifica del Concordato con la Chiesa) Eduardo di Giovanni, anche a nome dei compagni socialisti, parlò contro e votò contro. Senatore di diritto nel 1948, fu nel governo De Gasperi eletto Sottosegretario di Stato all'Industria e al Commercio dal 1949 al 1951 e fu delegato in rappresentanza del Senato della Repubblica all'Assemblea Consultiva delle Nazioni Unite a Strasburgo. A lui si deve, quale Sottosegretario all'Industria, l'efficace interessamento per l'impianto e lo sviluppo delle raffinerie Rasiom ad Augusta. Impianto che determinò poi il sorgere di altre industrie, fra cui la Sincat. Nel giorno in cui rassegnò le dimissioni da Sottosegretario di Stato (21 aprile 1951), il Presidente del Consiglio gli fece pervenire il seguente telegramma: "Caro Di Giovanni desidero farti pervenire il mio vivo ringraziamento per l'efficace ed utile opera da te prestata quale Sottosegretario di Stato al Ministero Industria e Commercio. Con i migliori auguri e vive cordialità. Firmato Alcide De Gasperi". Nelle elezioni politiche del 1953, candidato al Senato del P.S.D.I. per il collegio di Siracusa ebbe l'invito delle delegazioni congiunte del P.S.I. e P.C.I di accettare la candidatura anche per i loro partiti. Eduardo Di Giovanni non ritenne politicamente corretto e lineare tale accettazione e declinò la promettente offerta restando candidato del P.S.D.I. I due partiti proposero allora la candidatura dell'avvocato Alessandro Spagna che riuscì eletto con 23 mila voti mentre Di Giovanni perse per poche centinaia di voti. I tempi mutavano. Un po' alla volta, invece che le forze e la lucidità, fu la politica ad abbandonarlo. Incompatibilità coi politici sopraggiunti, di educazione, di metodi e soprattutto di etica.
Il massone


L'iniziazione alla Massoneria, avvenuta nella Loggia "Archimede" di Siracusa la sera del 29 aprile 1912, fu per Eduardo Di Giovanni il naturale corollario di quella ricerca dello spirito iniziata negli anni vissuti da giovane universitario a Catania e proseguita sull'esempio del fratello Umberto.
Di Giovanni abbracciò gli ideali massonici quando fu consapevole di essere pronto ad inserirsi nella istituzione massonica con la dedizione che i doveri ed i compiti dell'appartenenza all'Ordine ed al Rito impone. Nella stessa Loggia "Archimede" venne promosso nei termini regolamentari, compagno e maestro e poi, successivamente, ricevette i gradi di 4°, 9° e 18° del Rito Scozzese Antico ed Accettato e fu per parecchi anni il Maestro Venerabile di quella Loggia. Benché molto impegnato, fu sempre presente ai lavori massonici della sua "Officina" e svolse, anche nel periodo delle persecuzioni e della violenza fascista, attività massonica in una loggia clandestina a Catania. Raggiunse, così, tutti i gradi ambiti della piramide scozzese e nel 1944 gli fu conferito il 33° ed utimo grado: quello di Sovrano Gran Commendatore. Nel 1959 fu nominato Gran Maestro Onorario ad Vitam della Massoneria Italiana di Palazzo Giustiniani, carica che era stata anche di Giuseppe Garibaldi e di Adriano Lemmi.
Per oltre sessant anni la storia della Massoneria siracusana ed italiana fu contrassegnata dall'azione e dalla figura di Eduardo Di Giovanni. Nel 1901 aveva fondato e diretto l'Eco, giornale anticlericale ed apertamente massonico, dalle cui colonne sostenne la proposta Beirenni per il divorzio. Nel 1902 dalle colonne del Giornale Nuovo, fondato assieme a Giaracà, anche questo organo apertamente massonico, sostenne l'introduzione del referendum popolare. L'anticlericalismo del Di Giovanni non fu un anticlericalismo fine a se stesso ma fu inteso dal nostro come rifiuto dell'intolleranza che, nella pretesa del monopolio delle verità, impone il suo dogma. Quell'anticlericalismo dunque fu, per lui, l'altro volto della tolleranza massonica scuola di educazione alla libertà compresa quella religiosa. Ai problemi della scuola egli sempre guardò con particolare interesse. Per la laicità della scuola e per la libertà dell'insegnamento si batté sia in sede parlamentare che in pubbliche conferenze e con trattazioni specifiche.
Di alto spessore furono i suoi interventi su importanti e gravi problemi quali quelli che interessano: "L'Autonomia e la Sovranità dello Stato"; "L'Unione Europea e i compiti nuovi creati dalle nuove esigenze all'interno del Paese ed in campo internazionale"; "Sull'unificazione europea secondo i principi della massoneria".
La sua eloquenza, vibrante e forte, era supportata dalla vivezza delle immagini, dalla pertinenza delle fonti citate, dalla incisività dei versi che l'abbellivano. Fra gli innumerevoli discorsi commemorativi vasta eco di plausi ebbe quello tenuto nel 1959 al teatro Fiamma di Lecce, su invito della Loggia "Liberi e Coscienti" per la commemorazione del XX settembre nonché quello tenuto a Parigi in occasione del Centenario dell'Unità d'Italia. A ricordo di quell'avvenimento i massoni parigini gli offrirono la sciarpa di appartenenza al Grande Oriente di Francia e la nomina a Venerabile Onorario. Il 20 novembre 1966 a Livorno tenne, nel salone del Palazzo Comunale alla presenza del sindaco della città, delle autorità cittadine e di numeroso pubblico, il discorso commemorativo del Gran Maestro Adriano Lemmi, eroico compagno di Giuseppe Mazzini. Apostolo del Libero Pensiero, Eduardo Di Giovanni ebbe uno scrupoloso rispetto per ogni fede ma non professò alcuna religione rivelata, pur sentendo, nella sua coscienza, la forza dell'inesplicabile e dell'ignoto.



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