Ferro Giuseppe
GIUSEPPE FERRO EROE PER CASO
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Il resoconto della invasione della Sicilia, preceduta dallo sbarco di avanguardie anglo-americane aviotrasportate da alianti Morsa, trainati da aerei militari, planati sulle coste del siracusano, esattamente nella zona del Plemmirio è la esatta cronaca di quanto avvenuto nella notte tra il 9 e ih 10 luglio 1943, fedelmente riportata nel diario dell'inglese Sir Mark Henniker, militare e scrittore al seguito delle truppe da sbarco. Da quella cronaca lo scrittore Vincenzo La Rocca ha ricavato un prezioso documento storico dal titolo "Un aliante a Capo Murro di Porco" pubblicato da Morrone Editore. In effetti Henniker aveva avuto assegnato dal suo comando un compito preciso: arrivare al Ponte sull'Anapo, constatarne l'integrità e darne notizia al comando dei mezzi corazzati che dovevano sopraggiungere, dopo essere sbarcati nella rada di Fontane Bianche. Con molta onestà nel diario è pre¬cisato che l'atterraggio degli alianti avvenne in maniera drammatica¬mente avventurosa, finirono in gran parte sparpagliati, senza possibilità di collegamento e nell'infernale confusione, molti soldati inglesi di gruppi diversi, nelle tenebre si sparavano addosso. L'aliante di Henniker pare sia atterrato in prossimità di Capo Murro di Porco di Siracusa, nella zona della vecchia tonnara di Terrauzza.
Nei pressi, e precisamente in Contrada Massolivieri, a distanza di circa 100 metri l’una dell'altra, in posizione lato mare quasi all'imbocco del Porto, erano allocate due postazioni militari, classiche casematte in cemento armato, di cui una della Guardia di Finanza affidata all'appuntato siracusano Ferro Giuseppe. In ciascuna, cinque uomini, di cui uno graduato, armati di fucile con baionetta. Uomini di mezza età, con moglie e figli, richiamati alle armi nel periodo cruciale e conclusivo della guerra. Ingenuamente illusi, la notte dello sbarco, di avere sparato e colpito aerei nemici che tentavano lo sbarco con atterraggio in territorio siracusano. Inimmaginabile per loro, si potesse trattasse di alianti trainati da aerei, sganciati e planati da cui, silenziosamente, uscivano gruppuscoli di truppe da sbarco che, muovendosi carponi, favoriti dalla densa e già alta coltivazione del tempo, circondando le due postazioni italiane si predisponevano all'attacco finale. Quando ai primi bagliori dell'alba lo sparuto gruppo di militari italiani, appostati a difesa della costa, si rese conto di essere circondato, i tempi di una assurda quanto inutile ulteriore resistenza erano scaduti. Nemmeno gli alti comandi militari italiani pare avessero conoscenza della nuova tattica da sbarco con alianti, adottata dalle truppe anglo americane; figurarsi gli ingenui padri di famiglia, chiamati a difendere la patria appostati nelle casematte, in aperta campagna e isolati dal reato del mondo. Unico loro pensiero, allora, avvertire del pericolo immanente le numerose famiglie trasferitesi dalla città e ospitate nelle masserie dei Beneventano del Bosco, dei Conigliaro e di altre famiglie benestanti di Siracusa, ubicate attorno alla Chiesa Maria Ausiliatrice Madre di tutte le Grazie, comunemente chiamata la Chiesetta dell'Isola. Famiglie sfollate per sopravvivere alle quotidiane incursioni aeree cui Siracusa era soggetta. Pattuglie di aerei quotidianamente e in tutte le ore del giorno, dalla vicina base inglese di Malta, decollavano diretti a bombardare le postazioni militari italiane di Augusta, Catania, Taranto e Napoli, sorvolando Siracusa che era nella direttiva di rotta. Gli allarmi aerei a tutte le ore del giorno e della notte rendevano la vita un infermo,erano un pericolo costante. Anche perché, quando residuava qualche bomba, al rientro i piloti si dilettavano a sganciarla su Siracusa. E gli inermi civili, soprattutto donne e bambini, ne subivano le funeste conseguenze. Le due postazioni militari di Contrada Massolivieri, non avevano alcun sistema di comunicazione fra loro e tantomeno con il Comando.
Solo a viva voce, i due gruppi militari delle due postazioi, raffrontata la reciproca constatazione della tragica situazione creatasi,circondati da consistenti forze nemiche, cui resistere sarebbe stata una follia, memori del muro a secco che, a poca distanza dalle postazioni, si snodava sino ai pressi della Chiesa dell'Isola, di co¬mune accordo decidevano di uscire uno alla volta, raggiungere il muro a secco e da lì carponi la Chiesa, unica via di salvezza.
Da quel momento inizia la storia, sinora sconosciuta, dell'artigiano siracusano appuntato G.d.F. Giuseppe Ferro, persona mite,stimato e assai conosciuto nel quartiere della borgata S.Lucia in cui viveva. Da giovane aveva assolto gli obblighi militari, prestando orgogliosamente servizio nella Guardia di Finanza nel periodo della prima guerra mondiale del 1915/1918. A fine ferma, aveva lasciato l'arma per sposarsi, crearsi una famiglia e dedicarsi al suo lavoro di artigiano. Aveva messo su una famiglia dalla vita serena, modesta ma felice, con la moglie Concettina e tre figli Pasqualina,Graziella e Antonio, una vita laboriosa, rotta dall’imprevisto richiamo alle armi, con il grado di appuntato della G.d.F, all'età di 47 anni, per difendere la Patria nel momento più' critico.
Rincuorato dal privilegio di essere trattenuto a Siracusa e di potere tenere la famiglia vicino, ad appena due chilometri dalla postazione militare cui era destinato in quanto, sfollata dalla città e ospitata nella tenuta dei Beneventano del Bosco, a pochi passi dalla Chiesa dell'Isola, allora retta da Padre Giovanbattista Garbottini dell'Ordine dei Monfortani. Un prete, questo, di origine bergamasca dal carattere duro ma fortemente caritatevole divenuto mitico, per la capacità dimostrata di assistere centinaia di famiglie sfollate dalla città e trasferitesi in quella contrada per sfuggire ai bombardamenti aerei. La Provvidenza divina aveva inviato, in quel preciso luogo, divenuto di colpo inferno bellico, un uomo di Chiesa capace e giusto, che aveva esercitato e temprato il suo apostolato per svariati anni in America.
Al rientro era stato destinato a Siracusa nella piccola Chiesa di contrada Isola, laddove il destino aveva segnato l'inizio della conclusione della sventurata guerra in cui l'Italia era coinvolta. In quel tragico evolversi di avvenimenti, l'apparente occasione fortunata dell'appuntato Ferro di colpo era divenuta fatale.
Dopo avere messo in salvo i militari a lui affidati, che raggiungevano il muro a secco e la Chiesa, nel momento in cui lui è uscito dalla postazione, per seguire lo stesso tragitto, una sventagliata di mitra lo colpiva in più' parti del corpo, uccidendolo. La moglie e i figli, ignari della tragedia, in stato d'ansia e di paura per la notte di fuoco abbattutasi in zona e per non avere notizie del congiunto, dopo due giorni di attesa chiedevano a don Garbottini, di aiutarli a cercare il loro congiunto nei casolari sparsi nella contrada. Compito pericoloso per la circolazione in zona di truppe e mezzi militari d'occupazione in piena attività bellica.
Dopo avere girovagato sotto il cocente sole di luglio e il pericoloso materiale bellico sparso nella campagna della contrada di Massoliyieri, a metà strada tra le due postazionii tenute dagli italiani e il muro a secco, si imbattevano in militari inglesi armati e con bidoni di benzina, che stavano per spargere sul corpo di un militare giacente a terra supino, colpito a morte.
Era l'appuntato Ferro. Uno strazio per la moglie e i figli, il Prete e quanti volenterosi si erano prestati alla ricerca,convinti com'erano che fosse ancora vivo e avesse trovato rifugio in un qualche casolare della zona. Disperazione anopra maggiore per la insistenza dei militari inglesi di dare corso all'ordine ricevuto dal Comando di bruciare, per evitare epidemie, i cadaveri di deceduti per operazioni belliche, rimasti da due giorni sotto il sole e in balia di animali e insetti che infestavano la campagna. Solo il pianto disperato dei familiari di Ferro e la supplica del Prete, che essendo stato svariati anni in America parlava bene l'inglese e sapeva come persuasivamente imporsi, riuscivano a fermare lo scempio che stava per compiersi. Alla sola condizione imposta dagli inglesi, che il cadavere di Ferro fosse seppellito nello stesso posto in cui giaceva, senza bara, avvolto appena con un lenzuolo. Nell'istante del compimento di un così straziante rito il prete e i familiari si accorgevano di un foglio di carta imbrattato di sangue che il caduto stringeva in pugno, un foglÌo di quaderno con scritto:
"miei amati figli vogliatevi bene per amore dei vostri genitori, i vostri genitori furono i martiri allevatori dei figli...".
Evidentemente l'appuntato Ferro aveva intuito il pericolo dell'attraversamento del tratto di campagna, aveva assistito agli spari scansati dai militari a cui aveva dato la precedenza nel salvataggio, perciò con scrittura con¬fusa ha voluto lasciare un pensiero, tronco ma significativo,ai figli nel caso non fosse riuscito a raggiungerli, e ha tenuto il foglio stretto in pugno nella speranza che arrivasse ai destinatari, come in effetti avvenne. Solo quando le forze anglo americane hanno attraversato lo stretto di Messina, i familiari hanno ottenuto dalle Autorità comunali del tempo l'autorizzazione alla esumazione della salma dalla nuda terra: nel torace erano ancora almeno 20 bossoli di proiettili da mitra, spettacolo atroce e indescrivibile per i familiari, alla ricomposizione in bara, ad eseguire il rito funebre in forma strettamente privata e alla sepoltura definitiva in un loculo al cimitero di Siracusa, con la scritta Appuntato Guardia di Finanza Ferro Giuseppe caduto per la Patria il 10 Luglio 1943. Da qui l'inizio della ulteriore tragedia di una famiglia distrutta dalla guerra, con una vedova di 37 anni, tre figli rispettivamente di 16 -14 e 12 anni, senza sostegno economico,con il solo conforto e supporto dei parenti. Sino alla percezione della misera pensione pervenuta dopo 4 anni. Il tutto nella totale indifferenza delle istituzioni, peraltro allora assenti e comunque in stato precario, che facevano pervenire alla famiglia un modesto attestato cartaceo con scritto "diploma all'appuntato Ferro Giuseppe con medaglia a ricordo della Guerra Europea 1944-1948, rilasciato daj Comandante della Sezione Regia Guardia di Finan¬za di Messina - concessione n " 89290 G"
Questo il benservito delle Istituzioni a chi dona la propria vita e il sacrificio dei familiari alla Patria, alla stregua del precedente benservito per fa partecipazione alla 1S Guerra Mondiale.
"Il Comando della Sa Amata, visto il R.D. 19 Gennaio 1918 n.205 determina e' concessa alla Guardia di Finanza Ferro Giuseppe di Antonio la Croce al Merito di Guerra - Udine 29 Dicembre 1919 - II Generale dell'Esercito Comandante dell'Armata f.to Cartiglia - N. d'ordine della concessione 2803".
In 66 anni, dalla fine della guerra a oggi, nessuna istituzione locale e nazionale ha avvertito l'esistenza un milite ignoto siracusano doc, quale può considerarsi l'appuntato G.d.F. Giuseppe Ferro, ucciso da armi nemiche m operazioni belliche nella sua stessa città, in contrada Massolivieri, la notte dello sbarco delle truppe anglo-americane il 10 luglio 1943, ignorato come se nulla fosse avvenuto quella maledetta notte di Luglio.
Strano che ìl Comando Generale della Guardia di Finanza abbia lasciato disperdere nell'oblio il sacrificio di un proprio militare caduto in operazioni belliche. Nessuna caserma o mezzo di locomozione terrestre o marittimo addita alle nuove leve dell'Arma il sacrificio dell'appuntato G.F. Ferro Giuseppe. Nel periodo post-bellico e sino a qualche anno addietro la Guerra del 1940/1943 era considerata la guerra fascista e i militari caduti in essa quasi compromessi nell'avventura mussoliniana, siano modesti cittadini senza colore politico, antifascisti o fascisti, sono stati riposti nel dimenticatoio.
Nel dopoguerra la bandiera tricolore non era più' di moda, svolazzavano nelle piazze e nelle manifestazioni popolari solo ed esclusivamente le bandiere dei partiti politici e dei sindacati. Oggi, per fortuna, i valori della patria sono ritornati di moda, a Siracusa un gruppo disinteressato di elementi giovani e non, coordinati da Alberto Moscuzza, spende buona parte dej suo tempo libero e qualche soldino di tasca propria nel valorizzare la memoria storica di quanti hanno sacrificato lavila nel tentativo di difendere la Patria e la Città di Siracusa. Hanno fondato l'Associazione di Storia Militare "Lamba Doria" con la specifica finalità di annullare l'oblio in cui sono stati tenuti i tanti siracusani e non, caduti in operazioni belliche a Siracusa nella difesa della propria terra. Meritoriamente, con lavoro certosino, questa Associazione si è data alla ricerca di piccoli eroi dimenticati, per restituirli ai propri familiari, ai concittadini e soprattutto ai giovani, che non hanno vissuto l'ultima devastante grande guerra, intestando loro una modesta lapide o un cippo senza medaglia al valor militare. Con certosina pazienza hanno raccolto le tante piccole storie che i parenti e gli amici dei caduti si tramandavano verbalmente e ne hanno fatto la memoria storica siracusana.
Oggi, per loro esclusivo merito,ai caduti nella strage degli innocenti di Palazzolo Acreide, nella battaglia di Solarino,ai siracusani Nunzio Formisano e Calisto Calcagno nella difesa del Ponte sull’Anapo, alla morte di 13 persone, sei militari e sette civili tra cui alcuni bambini, all’uscita del rifugio di Piazza Duomo dalla parte della Marina in data 19 giugno 1943, viene dato questo riconoscimento.
A questi piccoli - eroi per caso - come li definisce il giornalista Pino Filippelli in un suo pregevole scritto evocativo degli avvenimenti bellici nel siracusano, oggi si aggiunge l'appuntato della Guardia di Finanza Giuseppe Ferro, che non sarà più' milite ignoto, perché nello stesso punto di contrada Massolivieri, in cui perse la vita per la Patria e per la sua Siracusa, l'Associazione Storica Lamba Doria ne darà certamente memoria ai posteri, con la posa di una lapide e la celebrazione di una messa in suffragio da celebrare nella Chiesetta dell'Isola, luogo di testimonianza del sacrificio del finanziere Ferro, nel corso di una pubblica manifestazione. Nel periodo post-bellico e per alcuni decenni le Istituzioni locali e nazionali,civili e militari, hanno vissuto in situazioni di precarietà, di fatto non erano in condizione di conoscere il sacrificio di vite umane verificatesi nelle zone periferiche di combattimento. A Siracusa si è sempre celebrata la firma dell'armistizio firmato a Cassibile, lo sguardo non è andato oltre, nemmeno da parte dei comandi militari locali cui il personale caduto in combattimento apparteneva. Oggi l'Associazione Lamba Doria, dopo approfondite documentate ricerche, ha additato uno per uno il sacrificio di singole vite umane. Sarebbe bello se a questo punto la iniziativa passasse al Comune, al Comando Generale della Guardia di Finanza e, perché no, anche alla Commissione della Toponomastica, per dare una memoria alla città. È, se lo riterranno, almeno testare una via, una piazza, una scuola, e comunque qualcosa di visibile per i giovani di oggi e le generazioni future, ai tanti eroi per caso come l’appuntato G.di.F. Giuseppe Ferro siracusano "doc", non più' milite"ignoto", caduto in combattimento nella incantevole zona costiera del Plemmirio, appena fuori l'imboccatura del Porto di Siracusa, all'alba del 10 Luglio 1943.
Dott. Carmelo Scandurra (genero, marito di Graziella Ferro)