Agnello Santi Luigi
A
Santi Luigi Agnello nacque a Siracusa il 30 Aprile 1925 ed ivi morì il 26 gennaio 2000
Fu un pioniere dell’Archeologia Cristiana in Sicilia Gli anni ‘80 del XX secolo hanno visto una rivalutazione degli studi del Tardo Antico in Sicilia, grazie ai contributi di quegli studiosi che stanno ridisegnando l’Archeologia Cristiana dell’Isola, sulla scia lunghissima degli studi di Giuseppe e di Santi Agnello.
vedi anche: Santi Luigi Agnello un pioniere dell’Archeologia Cristiana in Sicilia Valentina La Via Colli
clicca sull'immagine per documentazione PDF
Per comprendere il significato di questa nota, dedicata al ricordo di Santi Luigi Agnello, celebre archeologo siracusano contemporaneo che ha dedicato l’intera sua vita allo studio delle antichità siciliane - in particolar modo quelle riferibili al periodo tardo antico - e che in qualche modo rappresenta l’Archeologia Cristiana in Sicilia, è necessario premettere un quadro sintetico sullo stato delle ricerche archeologiche sulla Sicilia Paleocristiana e bizantina fino ai loro studi, iniziati alla metà del secolo scorso.
Le prime ricerche nel campo dell’Archeologia Cristiana risalgono alla metà del Cinquecento, attinenti agli studi di Onofrio Panvinio sulle catacombe romane. Almeno fino alla seconda metà dell’800, la cultura archeologica non si occupò del periodo tardo antico in Sicilia se non per riferimenti occasionali di carattere informativo, «pervasa [com’era, n.d.a.] dal classicismo idolatra che non vede se non decadenza, quando è lontano dagli idoli ai quali brucia il suo incenso, e scorge nel moderno soltanto una profanazione»(1), così ebbe a dire lo stesso Santi Agnello, citando Enzo Degani nel suo ricordo a Bruno Lavagnini(2). Fu V. Schultze, nel 1877, il primo a comprendere l’importanza di avviare nuove ricerche in Sicilia anche per il periodo della cristianizzazione, in seguito a faticose ricognizioni effettuate nella campagna iblea, le cui conseguenti scoperte lo portarono a riconsiderare la portata di un ancora ignoto patrimonio monumentale.
Giovanni Battista De Rossi, contemporaneo dello Schultze e archeologo cristiano “romano” per eccellenza, non ebbe purtroppo conoscenza diretta dei nuovi monumenti siciliani che si andavano scoprendo ma, intuendo la necessità di dover intraprendere le ricerche soprattutto nelle catacombe siciliane, ne caldeggiò gli scavi e gli studi.
Agli inizi del Novecento il voto fu raccolto da Paolo Orsi, archeologo roveretano “siciliano d’adozione”, che riuscì a delineare il quadro più vasto ed organico della Sicilia Paleocristiana e bizantina(3), mai compilato almeno fino agli studi di Giuseppe Agnello, suo amico e “discepolo”. Orsi, essendosi fino ad allora occupato in modo preponderante della Sicilia preistorica, intraprese nuove indagini nei cimiteri della Sicilia dal 1893 al 1919, riportando alla luce le catacombe di Vigna Cassia, S. Maria e di S. Lucia a Siracusa; per ognuna delle strutture, Orsi fissò le caratteristiche architettoniche, riportò i rilievi topografici e propose una cronologia. Egli prese tanto a cuore questo nuovo filone di studi sulla Sicilia che, nel 1905, cercò di convincere l’amico e letterato Tommaso Gargallo ad abbandonare i pregiudizi, di vago sapore pliniano – illuministico, che lo portavano a rifiutare il medioevo in favore dell’abbagliante classicismo magno-greco(4).
L’opera di Orsi trovò esauriente integrazione nelle ricerche condotte da Joseph Fuehrer(5), il quale ampliò la panoramica degli studi dal territorio di Siracusa verso una visione regionale, includendo siti fino ad allora più conosciuti per le culture materiali greche, come Canicattini, Chiaramonte Gulfi, Palazzolo Acreide, Carini e Lilibeo. Nel quadro di queste nuove indagini archeologiche, gli studi che interessarono il Medioevo siciliano esclusero l’esistenza del Fruhmittelalter e della Tarda Antichità per molto tempo, con le sole eccezioni del già ricordato Paolo Orsi e posteriormente di Biagio Pace che, negli anni Trenta, tracciò la storia della Sicilia dal paleolitico alla conquista musulmana (965 d.C.)(6). Non si può però affermare che il Pace abbia “fatto scuola”, se il Centro Siciliano di Studi Storico Archeologici intitolato nel 1957 a lui stesso, nella raccolta dei testi relativi all’Isola nell’Antichità, ha escluso dalla periodizzazione gli scrittori da Stefano di Bisanzio in poi, le epistole papali e la letteratura agiografica(7), promuovendo delle ricerche in merito solo nel 1982(8). In anni più vicini all’attività scientifica di Santi Agnello – ma non si dimentichi qui, per brevitas, il padre Giuseppe - si ricordano qui gli studi di Luigi Bernabò Brea sulle isole Eolie che, partendo e soffermandosi in particolar modo sulle Valentina La Via Colli, Un pioniere dell’Archeologia ... S. L. Agnello, www.editorialeagora.it - E-mail: info@editorialeagora.it ARCHEOLOGIA AGORÀ n. 27-28/2006 - 67 - fasi protostoriche, si estendono comunque fino alla tarda antichità(9). Avviatosi questo nuovo filone di studi, la problematica fondamentale per lo studio del Tardo Antico in Sicilia fu la determinazione cronologica del periodo bizantino: molti studiosi definivano qualsiasi materiale d’incerta datazione come “bizantino” per indicare un’età tarda, mentre non vi sono ormai dubbi nel definire l’anno 535 come spartiacque tra il periodo romano-barbarico e quello per l’appunto bizantino. Lo stesso qualificativo di “bizantino” ha creato per lungo tempo confusione, se usato cioè nel senso di Kulturgeschichte o di Periodsierung(10). Certamente questa querelle comprende un discorso di “metodo” visto che, sostanzialmente, ci si riferiva ancora alla cosiddetta archeologia filologica promossa nell’Ottocento dalla Scuola di Vienna e, in particolar modo, al modus operandi di W. Riegl, per il quale un monumento doveva essere circoscritto alle tendenze formali dell’epoca e alle analisi strutturali delle singole rappresentazioni, esulando dal considerare la continuità di vita di un monumento, sia dal punto di vista strutturale che culturale(11). Fu proprio questa tradizione filologica, legata essenzialmente agli studi di archeologia classica, che precluse all’archeologia cristiana, disciplina ancora in nuce in Sicilia, ogni reale affinamento critico e costringendo la disciplina stessa a ripiegarsi sulle imprese di tecnica culturale(12). In seconda battuta, un problema per lo sviluppo dell’Archeologia Cristiana in Sicilia è da considerarsi il fatto che negli Istituti Universitari dell’Isola questo insegnamento taceva del tutto. Gli anni ‘80 hanno certamente visto una rivalutazione degli studi del Tardo Antico in Sicilia, in particolare nei contributi di quegli studiosi(13) che, oggi, stanno ridisegnando l’Archeologia Cristiana dell’Isola, ormai sulla scia lunghissima degli studi di Giuseppe e di Santi Agnello. A seguito della pubblicazione negli anni, piuttosto recenti invero, 1976(14), ’78(15) e nell’86(16) di alcuni inventari topografici, ancora sostanzialmente basati sui consueti repertori bibliografici, oggi si possono contare in Sicilia oltre seicentosette siti indagati fino alla fase tardo antica. * * * Santi Luigi Agnello nacque a Siracusa il 30 Aprile 1925 e crebbe dunque in un ambiente familiare di grande cultura: il salotto del padre era frequentato da grandi nomi dell’archeologia e della cultura in genere come Paolo Orsi (di cui G. Agnello fu anche biografo attentissimo e partecipe) e Padre Antonio Ferrua, epigrafista e segretario emerito della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra - il quale, anche con Santi, continuerà un lungo rapporto d’intesa professionale e di stima(17) - e dai maggiori letterati del tempo come Gaetano De Sanctis, filosofo e studioso di storia greca, il linguista Piero Martinetti, che tutti insieme costituivano quell’intellighentia che dissentiva dalle imposizioni del fascismo. È chiaro come questo ambiente, pervaso dalla cultura democratica e altamente impegnato sul piano delle scelte non solo intellettuali, ma soprattutto politiche (e di conseguenza esistenziali), influì fortemente sul carattere del giovane Santi, sia sul piano familiare che culturale che politico. Gli studi giovanili di Santi Agnello furono caratterizzati dalla sua già evidente irrequietezza intellettuale. Egli si laureò presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze, dove ebbe come maestri lo storico Mario Salmi e il filologo Giacomo Devoto, il cui insegnamento lasciò un’impronta decisiva sulla sua personalità già spiccata che lo porterà ad allargare il suo interesse anche all’epigrafia ed alla filologia, dove sviluppò quella certa propensione per la politica che lo accompagnerà sempre, iniziando la militanza antifascista che nel ’43 gli procurerà il carcere(18). Tornato a Siracusa nel ’44, Santi Agnello si oppose con la forza, la veemenza, l’impegno e lo spirito polemico che lo contraddistinsero, al movimento separatista che infuriava nell’Isola e che perseguiva l’idea di una Sicilia indipendente; si propose dunque come editorialista presso le più diffuse testate giornalistiche, usando per la prima volta uno strumento, la stampa appunto, che divenne con il passare degli anni «una vera e propria cassa di risonanza, un efficace mezzo con cui si può raggiungere ogni città, paesino e singolo uomo». Nel 1946 prese servizio in qualità di ispettore aggiunto presso la Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, diretta da Luigi Bernabò Brea(19), occupandosi tanto di antichità greche arcaiche, quanto cristiano-bizantine(20) occupandosi di un vero e proprio “scavo museale”, riordinando il materiale d’epoca paleocristiana depositato presso il Museo Archeologico di Siracusa(21). La pubblicazione di questo suo lavoro fu l’occasione che favorì la nascita di un rapporto d’intesa tra lui e Padre A. Ferrua(22). I contributi che pubblicò in questi ultimi anni ’40 inizi ’50, sono moltissimi e spaziano dall’archeologia preistorica e classica(23) all’archeologia tardo antica(24). Il 1° luglio del 1950 gli venne offerto l’incarico di dirigere il Museo Nazionale di Palazzo Bellomo a Siracusa, una galleria d’arte medievale e moderna, che al momento dell’incarico di Agnello era soltanto un grosso deposito di materiali ancora da ordinare. La sistemazione della pinacoteca fu forse il pretesto che riaccese l’interesse di Agnello per lo studio delle personalità degli artisti siciliani, per quelle botteghe e per le “maestranze” anonime, che contribuirono alla formulazione del linguaggio artistico del barocco e del rococò in Sicilia: «L’architettura barocca siciliana non è il prodotto di un solo maestro, ma la testimonianza di un’intera cultura che si espresse negli edifici come nelle opere d’arte: fu il prodotto non solo di architetti ed ingegneri, ma soprattutto di scalpellini e capimastri»(25). Nello stesso tempo il padre Giuseppe fu nominato ispettore della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra per le catacombe di Siracusa (1951)(26) coinvolgendo anche il figlio Santi Luigi quale «vicario con i poteri dell’alter ego»: questo evento contribuì a rafforzare il suo già vivo interesse per le antichità cristiane ed il suo impegno in favore della salvaguardia dei complessi catacombali. Santi Agnello diede in tal modo nuovo impulso alla ricerca sui monumenti cristiani e bizantini, avviando quegli scavi che hanno notevolmente ampliato le conoscenze dei cimiteri paleocristiani e delle loro tipologie strutturali, in particolare per le catacombe di Vigna Cassia e S. Lucia(27). Rispetto alle indagini di Paolo Orsi, l’area esplorata di S. Lucia fu quadruplicata, rivelando settori nuovi e un sacello pagano riutilizzato dai cristiani. Agnello scoprì anche che la catacomba di S. Maria, anch’essa individuata dall’Orsi, in realtà altro non era che un settore di quella di Vigna Cassia, la quale era formata da numerosi ipogei autonomi tagliati in successione continua su un esteso fronte di roccia di un’antica latomia(28). Fino a quel momento Giuseppe Agnello aveva cercato di stimolare gli studi e le ricerche su quei monumenti, ben consapevole che le Soprintendenze non se ne occupavano né sul fronte scientifico né su quello della tutela. Così l’attività di padre e figlio proseguì all’unisono nello studio delle catacombe: Giuseppe continuava e pubblicava gli studi sull’architettura strutturale e sulla pittura, Santi si occupava degli scavi e della loro edizione, curando, tra l’altro, la presentazione del materiale epigrafico: questa «... esigenza di uno studio congiunto ad opera di più studiosi, anticipa concezione di ricerca interdisciplinare»(29). Dopo questo “esordio” Santi fu nominato a sua volta ispettore per la Pontificia Commissione nel 1972: condusse molti scavi nella Siracusa sotterranea cristiana, tra i quali quelli delle catacombe di S. Lucia e Vigna Cassia, finanziandoli non solo con i mezzi dati annualmente dalla P.C.A.S., ma anche con fondi che andava ad “estorcere” ad enti e privati(30); attività secondaria che gli permetteva di disporre di fondi maggiori di quelli assegnatigli ufficialmente.
Ancora del 1953 è la pubblicazione di Santi Agnello sulla scoperta di una piccola catacomba presso Portopalo(31), con lo scopo evidentemente provocatorio di segnalare l’esistenza del complesso catacombale quasi dimenticato (di cui portava a conoscenza la struttura della tomba ed i corredi in essa contenuti) ed ora riscoperto non già grazie ad una ricognizione mirata, ma in seguito allo scoppio casuale di una mina, il 6 novembre 1952. Del 1954 è invece un suo articolo sulle catacombe di S. Lucia(32), complesso per la cui salvaguardia Agnello era disposto ad intraprendere una vera battaglia legale. Sul complesso catacombale sorgeva una cattedrale del ‘600 che lo aveva obliterato; per individuarlo Agnello si servì, con particolare attenzione, dei documenti dei viaggiatori e degli eruditi che avevano visitato Siracusa prima del XVII secolo. La scoperta casuale si era avuta in seguito agli sterri dei rifugi antiaerei, che avevano dato il via a dei veri e propri scempi. Nonostante gli interventi della Soprintendenza(33), gli Uffici tecnici provinciali diedero l’autorizzazione nel 1944 per i lavori dell’UNPA, cui venne data la precedenza, mentre i primi scavi sistematici ebbero luogo solo nel 1953 ad opera della Pontificia Commissione, ma l’evidenza del piano di calpestio della catacomba era ormai irreparabilmente compromesso, a causa di una «... deplorevole e deforme mentalità di guerra»(34). Agnello quindi portò avanti l’esame e la descrizione dello stato delle catacombe, delle menomazioni antiche e moderne dell’impianto e delle evidenze superstiti. Il suo studio sul sarcofago di Adelfia(35) (ritrovato nelle catacombe di S. Giovanni) rappresenta forse uno dei momenti più alti della sua carriera: lo studio di Agnello fronteggia il monumento da molti punti di vista e, come sua abitudine, secondo discipline diverse: all’analisi topografica della rotonda in cui fu rinvenuto il sarcofago, si accompagna l’esame storico onomastico della defunta committente; alla lettura stilistica e alla valutazione cronologica, Agnello associa una profonda considerazione iconologica; egli affronta la questione della scena raffigurata nel coperchio, confutando una lettura apocrifa per proporre un’interpretazione storica ed autobiografica delle immagini relative alla defunta, studiando l’iconografia cristiana da un punto di vista oggettivo e non religioso(36). Questa pubblicazione di Agnello risulta così un lavoro compiutamente articolato, frutto di un metodo di ricerca realizzato integrando lo studio delle epigrafi cristiane ritrovate nelle catacombe di Siracusa. Infatti, in quegli anni ebbero luogo anche gli scavi nelle catacombe di Vigna Cassia (iniziati nel maggio 1954 e conclusi nell’ottobre dello stesso anno), i quali furono finanziati dalla P.C.A.S.(37) e dalla Segreteria del I Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana. Lo scavo interessò particolarmente la zona dell’ipogeo “M”, la cosiddetta “rotonda di Eraclia”, scoperta da Paolo Orsi nel 1894, in cui fu recuperato un corredo di pitture giudicate le più ricche e vistose tra quelle fino ad allora offerte dalle catacombe di Siracusa(38).
In seguito ad un crollo di terra avvenuto a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, l’accesso all’ipogeo fu precluso e questo fu il motivo che spinse ai nuovi interventi di scavo: creare un nuovo accesso possibilmente coincidente con l’antico. Una volta stabilito il raccordo con l’interno dell’ipogeo, venne subito ravvisata da Agnello la necessità di creare una scala di collegamento, tra esso ed il piano di campagna, che facesse raggiungere agevolmente la rotonda. Inoltre Agnello intuì, da una serie di tagli nella roccia, che l’attuale situazione era quella originaria, ma che l’ambiente doveva svilupparsi, in una fase precedente, con andamento rettilineo per una lunghezza non valutabile senza uno scavo. Venner o così alla luce nuovi ipogei e gallerie comunicanti tra loro. La galleria principale era in relazione con una fossa, forse una thysia per il riempimento composto da antiche figulinae (39); al di sopra della banchina, Agnello identificò inoltre un’altra tomba integra, di fase successiva, che per la sua ubicazione non fu possibile conservare, e poco prima della porta d’accesso dell’ipogeo “M”, un’altra sepoltura sempre integra: purtroppo nessuna delle due restituì alcun corredo(40). È evidente, da questi brevi cenni, la portata della scoperta degli scavi con-dotti da Agnello, e maggiormente si può renderse-ne conto leggendo i diversi contributi che l’archeologo pubblicò per documentare lo scavo: la sua relazione è talmente accurata che basta a rivelare la sorta di affetto che lo studioso nutriva nei riguardi del complesso di Vigna Cassia, com’è naturale e comprensibile trattandosi di un’eredità di Orsi, che Santi s’impegnò di portare a compimento. In Santi Agnello, la cultura dei monumenti paleocristiani diventa un vero e proprio culto, provocando un livello di attenzione straordinario e rarissimo: il suo era un approccio a tutto campo, che non lasciava scoperto nessun aspetto, che lo collocava nella facies storica e culturale tardoantica, inserita comunque tra gli svolgimenti degli antefatti e degli epiloghi. In quest’ottica, molto importante è il recupero da parte di Agnello, di alcuni taccuini inediti di Paolo Orsi pertinenti alle catacombe di Vigna Cassia, senza i quali la conoscenza di questo monumento sarebbe per noi, oggi, assolutamente limitata. Agnello “rilesse” questi appunti consapevole dell’importanza documentaria che essi ricoprivano, poiché non esiste altra documentazione dello scavo di Orsi nelle catacombe di Vigna Cassia se non un “breve ragguaglio”, come lo definisce Agnello, interessante un congruo numero di iscrizioni ed alcune considerazioni preliminari sulla topografia e la cronologia del cimitero(41). In questi appunti erano annotate tutte quelle informazioni acquisite durante lo scavo, che non si trovano sulle schede di registrazione (come le “schede U.S.”, per esempio)(42): un sintetico resoconto quotidiano sul progredire del lavoro, osservazioni a proposito dell’area o di materiali ritrovati, speculazioni o ipotesi personali di Orsi; questi appunti sono ancora più importanti se si pensa al suolo come a un documento storico che deve essere interpretato, prima di poter essere utilizzato: a differenza però di quanto accade per un documento cartaceo, lo studio di un sito attraverso lo scavo è un esperimento che non può essere ripetuto(43), perché rappresenta un tipo di indagine distruttiva. Se a queste ultime considerazioni si aggiunge il fatto che spesso gli esiti di uno scavo non vengono pubblicati(44), si comprenderà facilmente l’importanza che i taccuini possono ricoprire. Nel 1958 fu conferita a Santi Agnello la Libera Docenza in Archeologia Cristiana(45); inoltre, nel novembre dello stesso anno, ebbe l’incarico dell’insegnamento della disciplina presso l’Università di Catania, di cui sarebbe divenuto titolare qualche anno più tardi(46): la Commissione aveva così riconosciuto la capacità di Santi Luigi Agnello di cogliere “la continuità tra fase pagana e fase cristiana”(47) nell’indagine storica e monumentale: la sua coerenza e continuità scientifica non può trarsi altrimenti che dalla sua personalità che, come abbiamo già avuto modo di vedere, non distingueva tra l’archeologo, lo storico dell’arte, il politico e il cittadino. Con l’insegnamento di Archeologia Cristiana, Santi Agnello ebbe modo non solo di proseguire la via già segnata dal padre, che aveva esteso il periodo di ricerca dal tardoantico fino alla dominazione araba, ma d’indagare a sua volta un periodo mal studiato e cioè quello della ricostruzione delle origini del cristianesimo in Siracusa - Sicilia, denunciando in tal modo l’esiguità della conoscenza delle fonti da parte dei moderni. Così Santi Agnello propose una ricostruzione storica del primo cristianesimo siciliano riflettendo sui tempi ed i modi dei viaggi di S. Paolo, ritenuto l’artefice della diffusione del cristianesimo in Sicilia(48): Agnello ipotizza una diffusione precedente ai viaggi di Paolo determinata da un movimento religioso grecoorientale di matrice indigena(49). Sul cristianesimo in Sicilia Agnello ritornò altre volte(50), forse ancora spinto dall’esperienza del padre (il quale aveva tenuto dal 1949 al 1957 anche l’insegnamento di Storia delle religioni), fino all’ultima affermazione della sua tesi iniziale in una summa dal titolo Storia del cristianesimo(51), del 1993. Le ricerche di Agnello sulla storia del cristianesimo siciliano si rivolsero alla lettura iconografica delle pitture cimiteriali e dei bassorilievi che decoravano i sarcofagi romani: delle pitture cimiteriali diede una lettura basata soprattutto sull’agiografia(52); per quanto riguarda lo studio dei sarcofagi romani, Agnello si rifà agli studi esistenti(53), a volte ampliandone le argomentazioni, altre volte contraddicendole, come per il sarcofago di Adelfia di cui, come già detto, aveva già proposto una lettura iconografica(54). L’indagine di Agnello era sempre supportata da un confronto epigrafico, dapprima in modo sporadico o limitato ai rinvenimenti occasionali (come l’iscrizione di Ulpio Niceforo(55) o il cippo funerario trovato in contrada Stafenna(56)), in seguito in modo sistematico, tanto che è possibile dire che Agnello, di fatto, fu anche un epigrafista(57). Nell’ambito della ricerca documentaria, si pone uno dei più importanti contributi di Santi Agnello, rivolto sia alla ricerca archeologica che a quella storico-artistica (oltre che ovviamente archivistica): la raccolta di una bibliografia completa sulla Sicilia paleocristiana e bizantina(58). Lo scopo del lavoro fu quello di raccogliere tutte le pubblicazioni che, nel campo degli studi paleocristiani e bizantini svolti in Sicilia, erano apparse in Italia e all’estero: la Bibliografia è dunque un’opera (articolata in ordine alfabetico per autore) che comprende degli scritti specifici che fanno riferimento alla topografia, ai monumenti o ai rinvenimenti casuali di età paleocristiana e bizantina, dal IV secolo d.C. alla conquista musulmana della Sicilia, escludendo le voci comprese in Dizionari, Enciclopedie e nei Fasti Archeologici. Insieme all’attività scientifica per l’Archeologia Cristiana, Santi Luigi Agnello sviluppò un’intensa attività politico-sociale, sfruttando la sua enorme popolarità e credibilità sia nel settore scientifico sia in ambito locale, tesa soprattutto alla conservazione e alla tutela dei beni monumentali, storico artistici ed anche ambientali di Siracusa. Si ricordano qui, per brevità, le sue principali “battaglie” di tutela: per la salvaguardia di Castello Maniace(59), Palazzo Montalto(60), della Neapolis(61); per l’arresto dell’avanzata cementizia che si estendeva dal Foro Siracusano(62) al Colle Temenite(63) e di là fino al bivio di Scala Greca(64) e dell’Epipoli, che minacciava anche lo stesso teatro greco, l’anfiteatro romano, l’ara di Ierone, la latomia del Paradiso(65); per l’istituzione del Parco del Papiro del fiume Ciane(66). In questo percorso scientifico si può identificare un motivo dominante, che è costituito da Siracusa, città che Agnello conobbe meglio di tutti nell’intero arco del suo sviluppo. La capillare conoscenza della città tardo antica e medievale e della continuità dell’insediamento, nonché le spiccate capacità interpretative, lo resero particolarmente sensibile ad intendere i fenomeni urbanistici, e ad utilizzare la conoscenza della topografia più recente della città per risalire agli impianti della città più antica, di età greca e romana. Da ciò, si ebbe l’approfondimento della sua ipotesi che la rete stradale moderna conservi sostanzialmente il tracciato antico: l’idea che Siracusa fosse divisa anticamente in cinque quartieri (Neapolis, Acradina, Epipole, Tyche ed Ortigia)(67) e la proposta che si trattasse di una ierà odos che passando dall’Athenaion e dal tempio ionico arrivava all’Apollonion(68); l’identificazione del corso del fiume Syrako(69). Ma anche l’elaborazione di una nuova ipotesi sulle mura greche di Ortigia, messe in luce da Paolo Orsi nel 1932(70). Si tratta delle fortificazioni visibili lungo la via XX Settembre: i resti della torre e del tratto di mura addossate alla crepidine del tempio di Apollo, da lui ritenuto risalente all’età bizantina (di muro greco solo un tratto sotto la parte della attuale casa Mauceri )(71). Agnello proseguì gli studi di Orsi, sostenendo che tra questi resti esistesse una continuità di vita Siracusa: Castello di Eurialo. Valentina La Via Colli, Un pioniere dell’Archeologia ... S. L. Agnello, www.editorialeagora.it - E-mail: info@editorialeagora.it che precedentemente non era stata ipotizzata: la cinta interna del sistema di difesa di Ortigia d’età bizantina (settore centrale) coinciderebbe in parte con il tracciato delle mura greche del quartiere, opportunamente restaurate e rafforzate; in parte (quelle del settore orientale, presso l’Apollonion) erano state edificate ex novo, mentre il settore occidentale ingloberebbe nuovamente le mura greche rinforzate, sempre in età bizantina, con un pyrgokàstellos che doveva trovarsi proprio sulla riva del porto grande(72), come aveva ipotizzato anche il Cultrera(73). Gli studi condotti da Agnello gli valsero degli importanti riconoscimenti come la nomina di membro del Comitato promotore dei Congressi nazionali di archeologia cristiana. Il 2 gennaio 1972 venne nominato direttore del Museo Civico “Castello Ursino” di Catania, che dirigerà quale titolare sino al 16 maggio 1978. Dal 1972 al 1995 fu ispettore onorario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra per le catacombe di Siracusa; nel 1979 viene nominato socio corrispondente della Ponteficia Accademia Romana di Archeologia. Ancora di più, i suoi studi ebbero anche un riflesso politico ed una ricaduta concreta: infatti, nel 1976 furono presi come punto di riferimento nella relazione illustrativa della legge speciale per la difesa del centro storico di Ortigia, successivamente emanata dalla Regione Sicilia, e per l’istituzione del Parco delle Mura Dionigiane alla fine degli anni ’90(74). Santi Luigi Agnello si è spento a Siracusa il 26 gennaio 2000. * * * L’innovazione dell’apporto scientifico di Santi Agnello come storico dell’arte è certamente da attribuirsi alle sue ricerche sulle personalità artistiche “minori”(75), settore che comprende anche altri due campi di indagine, quali la rivalutazione del documento archivistico e della storia degli studi. Per ciò che riguarda la sua ricerca archivistica, Agnello ebbe l’intuito di rivalutarla ed utilizzarla come fonte imprescindibile sia per la ricerca archeologica sia per quella storico artistica, elemento base dell’indagine conoscitiva. Con Agnello, cambia il metodo della ricerca: dal documento che pone problemi storiografici concreti al problema storiografico che si avvale del documento, escludendo però “il dispotico prevalere del testo”, limite della scuola positivista. Agnello evitò gli schematismi, le sintesi non fondate su ricerche consapevoli e, di conseguenza, rifiutava lo strumento di ricerca, del tutto filologico, che è l’“attribuzionismo”, procedendo con tenacia nella ricerca documentaria, poco importa se rinvenuta in uno scavo o nell’archivio. Egli riusciva a stabilire un collegamento tra il momento conoscitivo e quello conservativo del monumento: non li considerava isolatamente, ma come parte di un’unica e più ampia problematica. Per tale ragione, l’attività scientifica di Agnello fu strettamente connessa con quella politica di tutela che, in definitiva, costituisce la logica finalizzazione e l’autentica sostanza dei suoi studi. Il carattere impetuoso lo spingeva a sottoporre all’attenzione pubblica qualsiasi problematica ritenesse importante: al fine di destare un mondo accademico e scientifico che lui definiva “assopito e sonnacchioso” egli si fece continuatore e nuovo promotore dei Congressi di Archeologia Cristiana, lanciandoli anche a livello internazionale e che, in seguito, preferì considerare nell’ambito più complessivo dell’Archeologia Tardoantica;(76) si prefisse anche, attraverso numerosissimi interventi sugli organi di stampa locali e nazionali, di incentivare anche il singolo cittadino a conoscere la storia della propria città e, quindi, a rispettarla, tutelarla e valorizzarla(77). Santi Agnello auspicava e promuoveva la formazione di archeologi che fossero anche storici dell’arte ed archivisti, che non si specializzassero in un solo periodo dell’antichità, ma che raggiungessero la professionalità per occuparsi di qualsiasi momento storico e, superato il momento conoscitivo, sapessero occuparsi anche del successivo momento conservativo(78). Con questa veloce carrellata - poiché veramente sterminata è la bibliografia di Santi Luigi Agnello, da cui escluso gli interventi per la salvaguardia di Siracusa e dei suoi monumenti, le ricerche in campo storico artistico e archivistico, – si è inteso mettere in evidenza la personalità poliedrica, sia umana che scientifica, di archeologi indimenticati ed indimenticabili per tutti coloro che possono chiamarsi suoi “allievi” e che costituiscono la forza motrice dell’Archeologia Cristiana in Sicilia; per coloro che li hanno conosciuti e per coloro, come me, che avrebbero voluto incontrarli, al di là delle pagine stampate(79). Sembra quindi peraltro opportuno concludere questa nota con le stesse parole di Santi Luigi Agnello, che così sintetizzò il senso dei suoi interventi scientifici e sociali «[…]Cinquantasei anni addietro militai nella Resistenza. Fu un momento duro, che vide contrapposti regimi totalitari a popoli che speravano nella libertà e nella giustizia. Feci quel poco che potei fare sperando in un futuro migliore. Oggi non voglio e non posso perdere quella speranza»(80).
NOTE E BIBLIOGRAFIA
1) S. L. AGNELLO,Una metropoli e una città siciliane tra Roma e Bisanzio, Fondazione “Giuseppe e Santi Luigi Agnello”, Siracusa 2001, 13. 2) E. DEGANI, Ricordo di Bruno Lavagnini, in “Eikasmòs”, III, 1992, Ed. Patron, 318. 3) P. ORSI, Sicilia bizantina, Ed. A. Chicca, Città di Castello 1909; V. SCHULTZE - J. FUEHRER, Die altchristlichen Grabstaetten Siziliens, G. Reimer, Berlin 1907. 4) G. GARGALLO DI CASTEL LENTINI, Corrispondenza fra Paolo Orsi ed il Marchese Gargallo, in “Arch. Stor. Sir.”, XIII-XIV (1967- 68), Società Siracusana di Storia Patria, 196-199. 5) J. FUEHRER, Forschungen zur Sicilia sotterranea, K. Akademie, Berlin 1897. 6) B. PACE, Arte e Civiltà della Sicilia antica, IV, Milano-Genova-Roma-Napoli 1935; II, ivi 1938; III, Genova-Roma-Napoli-Città di Castello 1945; IV, Roma-Napoli-Città di Castello 1949. 7) E. MANNI, Geografia fisica e politica della Sicilia antica (“Testimonia Siciliane Antiqua”, I/ 1), Roma 1981. 8) AA. VV., Città e contado in Sicilia fra il III ed il IV secolo dopo Cristo, in “Kokalos”, XXVIIIXXIX, 1982-83, Erma di Bretschneider, 351-543. 9) L. BERNABÒ BREA – M. CAVALIER, Meligunìs Lipara, S. V. Flaccovio, Palermo 1965; L. BERNABÒ BREA, Il Castello di Lipari e il Museo archeologico eoliano, S. V. Flaccovio, Palermo 1955. 10) Id., Storia del Cristianesimo, in “Kokalos”, XXXIX-XL, G. Bretschneider, 1993-94, 653-668. 11) R. BIANCHI BANDINELLI, Introduzione all’archeologia, Laterza, Bari 1996, 29-51. 12) R. BIANCHI BANDINELLI, s.v. Archeologia, in EAA I, Roma 1958, p. 557; S. L. AGNELLO, Archeologia Cristiana, in “Kokalos” XIV-XV, 1968-69, G. Bretschneider ed. 13) Aufstieg und Niedergang der romischen Welt, Erma di Bretschneider, 1988: O. BELVEDERE, Opere pubbliche ed edifici per lo spettacolo nella Sicilia di età imperiale, ibidem, 346-413; N. BONACASA, Le arti figurative nella Sicilia romana imperiale, ibidem, 306-345; A. MANDRUZZATO, La sigillata italica in Sicilia. Importazione, distribuzione, produzione locale, ibidem, 414-449; G. MANGANARO, La Sicilia da Sesto Pompeo a Diocleziano, ibidem, 3-89. 14) F. D’ANGELO, Una carta archeologica della Sicilia bizantina, in “Atti del Colloquio internaz. Di archeol. Mediev. (1974)”, Istituto di Storia Medievale, Università di Palermo, Palermo 1976, 381-388. 15) G. WATAGHIN CANTINO, La Sicilia Occidentale in età romana, in “Un decennio di ricerche archeologiche” (“Quaderni de “La ricerca scientifica”, 100), Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma 1978, 641-654. 16) G. BEJOR, Gli insediamenti della Sicilia romana: distribuzione, tipologie e sviluppo da un primo inventario dei dati archeologici, in “Le merci, gli insediamenti. Società romana ed Impero Tardo Antico”, III (a cura di A. Giardina), Laterza, Roma-Bari 1986, 463-519 e 845-846. 17) S.L. AGNELLO, Padre Antonio Ferrua: una vita per l’archeologia, in “Premio Sélinon 1987”, L’Accademia selinuntina di Scienze Lettere Arti di Mazara del Vallo, Mazara del Vallo 1988, 65-76. 18) G. AGNELLO, La mia vita nel ventennio fascista, Zangarastampa, Siracusa 1976; C. PICCIONE, Intervento, in La lunga carriera di Santi Luigi Agnello, Zangarastama, Siracusa 1997, 30; D. RICCI, Colloqui di anime. Ricordi di un avvocato, Firenze 1946, pp.76 e ss. 19) “A partire dai primi mesi del 1946 fu con me Santi Luigi Agnello in qualità di ispettore per le antichità cristiane” in L. BERNABÒ-BREA, La Sicilia nella mia vita, Il Saggiatore, Mazara del Vallo 1985, 66. La direzione di Bernabò-Brea a partire dal 1941, fu considerata da Agnello “fortunata”. Si veda: S. L. AGNELLO, Luigi Bernabò-Brea: abbozzo per un ritratto, in “Arch. St. Siracusano”, s. III, II (1988), Società Siracusana di Storia Patria, 175-176. NOTE E BIBLIOGRAFIA Palazzo Bellomo. ARCHEOLOGIA Valentina La Via Colli, Un pioniere dell’Archeologia ... S. L. Agnello, AGORÀ n. 27-28/2006 - I - www.editorialeagora.it - E-mail: info@editorialeagora.it 20) S. L. AGNELLO, Scavo di antichità cristianobizantine, in NSA, s. VIII, III, Accademia Nazionale dei Lincei, 1949, 211-212; S.L. AGNELLO, Megara Hyblaea. Tombe arcaiche, ibidem, 193- 199; S. L. AGNELLO, Siracusa. Scoperte nel Giardino Spagna, ibidem, 200- 211. 21) Per il“Corpus Christianorum Inscriptionum siciliane”, in “Osserv. Rom.”, 5 gen. 1947, p.3. ; ID., Bronzi bizantini inediti del Museo archeologico di Siracusa, in “SG”, II (1949), Ass. Italiana di Studi Bizantini, 285- 290; Id., Rinvenimenti fortuiti di sculture paleocristiane a Siracusa, in “RAC”, XXVII (1951), PCAS, 208- 216. 22) In quell’occasione Padre Ferrua diede il via, insieme a Giuseppe Agnello, al I Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana, che ebbe a Siracusa la sua sede naturale. 23) S. L. AGNELLO, Fondo di skyphos con dedica ad Eracles, in “Epigraphica”, X, Ceschina, 1948, 143- 145; Id., Megara Hyblaea. Tombe arcaiche, in “NSA”, s. VIII, III, Accademia Nazionale dei Lincei, 1949, 193-199; Id., Siracusa. Tombe arcaiche in contrada Regina, in “FA”, IV, Accademia Nazionale dei Lincei, 1949, n° 1843, 189-190; Id., Siracusa. Ipogeo ellenistico in contrada Canalicchio, ibidem, n° 2363, p. 242. 24) Id., Christiana bizantina Siciliae I, in “ND”, III (1949), Università di Catania, 33-40; Id., Priolo Gargallo. Ispezione sepolcrale, in “NSA, s. VIII, III, Accademia Nazionale dei Lincei, 1949, 211; Id., Iscrizione funeraria trovata a Siracusa, in “FA”, IV, Accademia Nazionale dei Lincei, 1949, n° 3682, pp. 350-351; Id., Chiesa bizantina in contrada Commaldo a Rosolini, ibidem, n° 4951, 522; Id., Iscrizione cristiana di Siracusa, ibidem, n° 5117, 538; Id., Piazza Armerina. Necropoli barbarico bizantina in contrada Gallìnica, ibidem, n° 5273, 553-554. 25) Id., Artisti siciliani dei sec. XVII e XVIII: D. Monteleoni, E. Martorana, I. Marabitti, in “Archivi”, s. II, X (1943), Biblioteca d’Arte Editrice,60-65; Id., Architetti ignorati del Settecento a Siracusa, in “Arch. St. Sicilia orient.”, XLVII (1951), Società di Storia Patria, 68. 26) A. Ferrua, La Sicilia nella mia vita, in “Premio Sélinon 1987”, L’Accademia selinuntina di Scienze Lettere Arti di Mazara del Vallo, Mazara del Vallo 1988, 52-56. 27) S. L. AGNELLO, Lavori nelle catacombe siracusane, in A. Ferrua, Lavori nelle catacombe, “RAC” XXX (1954), PCAS, 155-165, in part. p. 161-165; Id., Siracusa. Nuovi ipogei scoperti nel cimitero di Vigna Cassia, in “Nscavi”, VIII, IX, Accademia Nazionale dei Lincei, 1955, 221-258; Id. Le catacombe di Vigna Cassia a Siracusa, PCAS, Città del Vaticano 1956; Id. Lavori di sistemazione nelle catacombe di Vigna Cassi a Siracusa, in “Archivio St. siracusano”, II (1956), Società Siracusana di Storia Patria, 45-64; Id. Paganesimo e cristianesimo nelle catacombe di S. Lucia a Siracusa, in “Actes du V con gres International d’Archeologie Chretienne (Aix en Provence, 13-19 sept. 1954)”, PCAS, Città del Vaticano – Paris 1957, 235-243; Id. Problemi di datazione delle catacombe di Siracusa, in “Scritti in onore di Guido Libertini”, La Nuovo Italia, Firenze 1958, pp. 65-82; Id., La catacomba di Vigna Cassia in alcuni appunti inediti di Paolo Orsi, in “Arch. St. siracusano”, VII (1961), Società Siracusana di Storia Patria, 118-131; Id. Nuova planimetria dell’area cimiteriale dell’ex Vigna Cassia in Siracusa, in “Atti del IX Cong. INt. Di Archeol. Cristiana (Roma, 21-27 sett. 1975)”, II, PCAS, Città del Vaticano 1978, 5-10. 28) A. M. MARCHESE, Scavi e scoperte nei cimiteri paleocristiani, in “Giuseppe Agnello. Atti delle Giornate di Studio nel decennale della scomparsa”, Zangarastampa, Siracusa 1993, 12. 29) S.L. AGNELLO, Una storica fotografia, in “Provincia di Siracusa”, IV/I (1985), p. 57. 30) Id., Recenti esplorazioni nelle catacombe di S. Lucia, in “RAC”, XXX (1954), PCAS, Città del Vaticano, 18, nota 24. 31) Id. , Scoperta di una piccola catacomba a Portopalo, in “RAC”, XXIX (1953), PCAS, Città del Vaticano, 167-183. 32) Id., Recenti esplorazioni nelle catacombe siracusane di S. Lucia, in “RAC”, XXX, 1954, PCAS, Città del Vaticano. 33) L. BERNABÒ- BREA, Siracusa. Ipogei pagani e cristiani nella regione adiacente alle Catacombe di S. Giovanni, in “NSA”, VIII, I, Accademia Nazionale dei Lincei, 1947, 172-193. 34) Ibidem, p. 122. 35) Monumento funerario del IV d.C. commissionato per Adelfia dal marito L. Aradio Valerio Proculo (il Balerius comes del titolo dell’iscrizione) procurator provinciae Siciliae nel 352 d. C. 36) S. L. AGNELLO, Il sarcofago di Adelfia, PCAS, Città del Vaticano 1956, VI-106. 37) Le strutture catacombali dipendono dalla PCAS in virtù dell’art. 33 del Concordato Lateranense. 38) P. ORSI – J. FUHRER, Die altchristlichen Grabstàtten Siziliens, K. Akademie, Berlin 1907, 294-5, 297-9, 301-4; G. AGNELLO, La pittura paleocristiana della Sicilia, (1952), PCAS, Città del Vaticano, 15, 53-5, 58-9, 70-4, 80-5, 135. 39) S. L. AGNELLO, Siracusa. Nuovi ipogei scoperti nel cimitero di Vigna Cassia, in “NSA”, s. VIII, IX Accademia Nazionale dei Lincei, 1955, 221 – 265. 40) Id., Paganesimo e cristianesimo nelle catacombe di Siracusa, in Actes du V Congrès ARCHEOLOGIA - II - AGORÀ n. 27-28/2006 Valentina La Via Colli, Un pioniere dell’Archeologia ... S. L. Agnello, www.editorialeagora.it - E-mail: info@editorialeagora.it International d’Archéologie Chrétienne ( Aix-enProvence, 13-19 septembre 1955), PCAS, Città del Vaticano-Paris 1957, 235-243. 41) Per ulteriori approfondimenti si rimanda a “Mem. Pont. Acc.”, I, PCAS, Città del Vaticano 1923, 113 e ss. 42) La “scheda di unità stratigrafica” racchiude tutte le informazioni tecniche relative ad uno strato: il numero progressivo dello strato, la composizione del terreno, gli oggetti rinvenuti, se ci sono delle strutture murarie, le piante e le sezioni. Queste schede, opportunamente poste in successione, aiutano nella composizione di un matrix (grafico dei numeri degli strati in sovrapposizione), ovvero nella periodizzazione cronologica di uno scavo (anche se si tratta di cronologia relativa). Per ulteriori approfondimenti, si rinvia a: E. C. Harris, The Stratigraphic Sequence: a question of time, ed. ital. Laterza, Bari 1978. 43) P. Barker, Tecniche dello scavo archeologico, Longanesi, Milano 1981, pp. 27-28. 44) G. Maetzke-T. Rysiewska-S. Tabaczynski-P. Urbanczyk, Problemi dell’analisi descrittiva nelle ricerche sui siti archeologici pluristratificati, in “Archeologia Medievale”, 4, Erma di Bretschneider, Pisa 1977, 7-47. 45) D.M. 22 maggio 1958. 46) D.M. 20 luglio 1971. 47) B. U. Ministero P.I. (parte II, suppl. n° 1), IC/ 21, 1972, p. 409. 48) Atti degli Apostoli, 28, 12. A. PINCHERLE, Sulle origini del cristianesimo in Sicilia, in “Kokalos” X-XI (1964), G. Bretschneider, 547-562. 49) Act. 28, 12 e la discussa origine del cristianesimo in Sicilia, in “SG”, X (1960), Ass. Italiana di Studi Bizantini, 265-271. 50) S. L. AGNELLO, Archeologia cristiana, in “Kokalos”, XIV-XV (1968), G. Bretschneider, pp. 157-167. 51) Id., Storia del cristianesimo, in “Kokalos”, XXXIX-XL (1993), G. Bretschneider , 653-668. 52) ID., Pitture cimiteriali inedite di Siracusa, in Akten des VII Internationalen Kongresses fur Christlische Archealogie ( Trier, 5-11 sept. 1965), PCAS, Città del Vaticano – Berlino 1969, 326- 331. 53) V. TUSA, I sarcofagi romani in Sicilia, in Accademia Selinuntina di Scienze Lett. Arti, Palermo 1953, 134. 54) S.L.AGNELLO, Sui sarcofagi romani in Sicilia, in “SG”, XIV (1961), Ass. It. Studi Bizantini, 98- 118. 55) Id., Ancora sull’iscrizione messinese di Ulpio Niceforo, in “Cronache Arch. St. Art.”, II, Istituto Nazionale di Storia dell’Arte, 1963, 79-83. 56) Id., Cippo con iscrizioni funeraria da Stafenna, in “Arch. St. siracusano”, II (1972), Società Siracusana di Storia Patria. 57) Dei suoi studi epigrafici Agnello riferì puntualmente in una “summa”: Scoperte e studi di epigrafia cristiana in Sicilia, in Atti del VI Congresso Internazionale di Archeol. Crist. (Ravenna, 23-30 settembre 1962), PCAS,Città del Vaticano 1965, 215-222. 58) Id., Bibliografia archeologica della Sicilia paleocristiana e bizantina (1947-1964), I, in “Arch. St. siracusano”, III, ivi, VII (1957), Società Siracusana di Storia Patria, 162-185; II, ivi, V-VI (1959 –1960), 203-218; III, ivi (1961), 143-150; IV, ivi, IX (1963), 143-157; V, ivi, I (1964), 173- 178; VI, ivi, XIII-XIV (1967-68), 215-229. 59) Id., Il Castello Maniace sarà restituito a Siracusa, in “Il Cittadino”, 13 nov. 1965. Castello Maniace sorge all’estremità dell’isola di Ortigia, sullo sperone roccioso che chiude ad Est il porto grande. Prende il nome dal generale bizantino Giorgio Maniace, che nel 1038 riconquistò per breve tempo Siracusa, ma la sua costruzione attuale si deve a Federico II di Svevia (1238ca.) 60) Id., Il Palazzo Montalto crolla (e tutti stanno a guardare), in “La Sicilia”, 18 ago. 1973; Id., Palazzo Montalto: perché rivolgersi al Capo dello Stato?, in “Siracusa Nuova”, 16 gen. 1971 61) La realizzazione della Neapolis è da attribuire a Gelone nel 404 a.C, il quale, come ricorda Erodoto (VII 156), spopolò alcune città per incrementare la popolazione di Siracusa. Tale identificazione della Neapolis si accorda con l’informazione di Cicerone (Verrine, II 4, 119), che vi localizza il teatro, il santuario di Demetra e Kore e la statua di Apollo Temenite. Il settore monumentale comprende anche un gruppo di edifici pubblici e le Latomie. Questa zona, posta all’estremo limite della città antica, rimase in seguito al di fuori dell’abitato, che si restrinse già a partire dall’età romana. 62) Probabilmente il sito dell’agorà. Intorno alla piazza sorgevano vari ed importanti monumenti: i portici, il pritaneo, il bouleuterion, il tempio di Giove Olimpico (da non confondersi col santuario omonimo), l’altare della Concordia (Cicerone, op. cit., II 4, 119); inoltre un orologio solare fatto costruire da Dionigi (Plutarco, Vita di Dione, 29) ed il famoso Timoleonteion (Diodoro, XIX 6, 4). 63) Zona posta ad ovest del teatro. Gli scavi del 1953 hanno rivelato la presenza di un santuario arcaico, nel quale si deve riconoscere il santuario di Apollo Temenite. Le tracce più antiche di occupazione risalgono alla fine del VII a.C.. Quest’area rimase per molto tempo esterna alla città. Essa fu inclusa nelle mura solo al momento della spedizione ateniese (Tucidide, VI 75). Il nome era dovuto all’esistenza del tèmenos di Apollo, nel quale era conservata una statua gigantesca della divinità (Cicerone, op.cit. II 4, in seguito trasportata a Roma da Tiberio per ornare la biblioteca del tempio di Augusto (Svetonio, Vita di Tiberio, 74). Nelle vicinanze si apriva nelle mura una porta (Livio, XXV 9, 9) che assunse lo stesso nome del colle (Cfr. Coarelli – Torelli, Sicilia, Laterza, Bari 1984, 254). 64) Da identificare con l’antico ingresso della città detto Hexapylon, dove convergevano le strade provenienti dal Nord dell’isola. Qui ci sono molte grotte: due di esse ospitavano un santuario rupestre di Artemide, scavato nel 1900, che ha restituito una ricca serie di terrecotte votive. 65) Per le problematiche legate all’attività sociale di S. L. Agnello si rimanda a S. L. AGNELLO-C. V. GIULIANO, I guasti di Siracusa. Conversazioni sulle vicende dell’urbanistica siracusana,, Fondazione “Giuseppe e Santi Luigi Agnello”, Siracusa 2001, con relativa bibliografia. 66) Id., Documenti su Saverio Landolina e sulla lavorazione del papiro, in Arch. Stor. Siracusano, I (1971), Società Siracusana di Storia Patria, 65- 82. D. SCINÀ, Prospetto della storia letteraria in Sicilia nel secolo XVIII, Palermo 1827, 246-253, rist. anastatica Edizioni della Regione Siciliana. Oggi, studi più approfonditi si hanno a cura di C. Basile. Si confrontino per esempio: C. BASILE, Memorie intorno all’antica carta del papiro siracusano rinnovata dal Cav. S. Lanolina, Ist. Int. del papiro, Siracusa 1994; Per una salvaguardia e la tutela dei papiri del fiume Ciane, Siracusa 1994; Il Museo del papiro di Siracusa, Ist. Int. del papiro, Siracusa 1994. 67) Id., Lo scoglio di Ortigia, in “Sicilia”, II, Firenze-Novara 1962, 480-486. 68) Id., Il tempio di Atena, in “Sicilia”, II, Firenze-Novara 1962, 471-477. 69) Id., Siracusa. Caratteristiche e sviluppo urbano, in Museo Italia, 10, Sicilia-Sardegna, Roma 1987, 174-179; Osservazioni sul primo impianto urbano di Siracusa, in Insediamenti greci in Sicilia, Catania 1980, 152-158. 70) Id., Nuova mura greche in Ortigia (Siracusa), in “Arch. St. siracusano”, III, I (1983), Società Siracusana di Storia Patria, 37. 71) P. ORSI, Taccuini di scavo, n. 149, sub die 16.1.1932. Gli studi di Orsi citati da Agnello, sono utilizzati in un testo di E. SINATRA, Topografia di Siracusa (Dissertazione di laurea discussa presso l’Università di Catania nell’A.A. 1967-68), anch’esso utilizzato da Agnello come bibliografia del suo articolo. 72) Lezioni tenute presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Catania negli A.A. 1981-82 (27 e 28.4.1982) / 1983-84 (19.1.84) e presso la Scuola di Perfezionamento in Archeologia Classica della stessa Università il 10.5.1984. 73) G. CULTRERA, L’Apollonion-Artemision di Ortigia in Siracusa, in “Mon. Ant. Lincei”, XLI (1951), Accademia dei Lincei, 759. 74) Giunta Comunale di Siracusa, Proposta di deliberazione del 5 lug. 1996, n. 1283. 75) S. L. AGNELLO, Artisti siciliani dei sec.XVII e XVIII: D. Monteleoni, E. Martorana, I. Marabitti, in “Archivi”, s. II, X (1943), Biblioteca d’Arte Editrice, 60-65; Id., Michelangelo Bonamici, ignorato architetto del sec. XVII, in “Archivi”, s. II, XI-XVI(1949), Biblioteca d’Arte Editrice, 186- 199; Id., Un ignoto ceroplasta del ‘600: Matteo Durante, in “L’Illustrazione siciliana”, II/* (1949), 4-5; Id., Architetti, capimastri e scalpellini a Siracusa nei sec. XVII e XVIII, in “Archivi”, s. II, XIX (1952), Biblioteca d’Arte Editrice, 102-120; Id., Un ignorato architetto del sec. XVIII: Luciano Alì, in Atti dell’VIII Conv. Naz. Di storia dell’architettura (Caserta 1953), Roma 1956, 213- 220; Id., Alminara Giambattista, in “DBI”, II, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1960, 513; Id., Alvino Giuseppe, in “DBI”, II, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1960, 592-593; Id., M. Minniti e A. Maddiona nelle “Vite” di Francesco Susinno, in “Arch. Stor. Siracusano”, X (1964), Società Siracusana di Storia Patria, 75-95; Michelangelo Bonamici, architetto del sec.XVII, in Atti del XV Cong. Di st. dell’architettura (Malta 1967), Roma 1970, 465- 466; Id., Argenterie di Siracusa, in “Arch. stor. Siracusano”, n.s., II(1972), Società Siracusana di Storia Patria, 225-228; Id., Catera Vincenzo, in “DBI”, XXII, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1979, 332-333. 76) Inizialmente, i congressi dovevano aver luogo ogni due anni, ma dopo il primo tacquero per ben 19 anni, fino al II Congresso, tenutosi in Puglia e Basilicata nel 1969. L’ultimo Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana ha avuto luogo nel Novembre 2004 ad Agrigento, con la direzione della prof.ssa R.M. Bonacasa Carra, Università di Palermo. 77) S. L. AGNELLO, Il Castello Maniace sarà S. Giovanni restituito a Siracusa, in “Il Cittadino”, 13 nov. 1965; Non parliamo di sventramento, in “La Domenica”, 18 mag.1969; Per rivitalizzare Ortigia occorre caratterizzarla, in “Siracusa nuova”, 18 ott. 1969; I mezzi per salvare Ortigia esistono, in “Siracusa nuova”, 25 ott. 1969; Siracusa: la più suggestiva città antica dell’Isola sta per essere travolta dalla speculazione, in “La Sicilia”, 5 mar. 1970; Palazzo Montalto: perchè rivolgersi al Capo dello Stato?, in “Siracusa nuova”, 16 gen. 1971; Il Palazzo Montalto crolla, in “La Sicilia”, 18 ago. 1973; Le ceneri di Ortigia, in “Siracusa nuova”, 8 sett. 1973;Un atto di accusa contro il sistema che ostacola il riscatto di Ortigia, in “La Sicilia”, 12 dic. 1973;Ortigia: confusioni ed omissioni, in “Siracusa nuova”, 9 mar. 1974; Per uno strumento più idoneo, in “Siracusa nuova”, 1 feb. 1975; Vicende urbanistiche di Ortigia, in S.NICITA, Relazione illustrativa e testo integrale della legge speciale sul centro storico di Ortigia, Palermo 1976, pp. 21-25; I monumenti di Ortigia, in “Il Corriere della sera”, 1 dic. 1979;Un grido di allarme per il castello Maniace, in “La Sicilia”, 9 dic. 1979; Cinque grotte sotto Ortigia, in “La Sicilia”, 8 dic.1980; Sta sprofondando un’isola dalla storia antichissima, in “La Sicilia”, 17 dic.1980; Via gli sciacalli da Ortigia, in “L’Ora”, 2 gen. 1981; Gravi irregolarità edilizie nel centro storico di Ortigia, in “La Domenica”, 8 nov.1981; Vale o non vale il parere della Commissione Ortigia, in “La Sicilia”, 10 nov. 1981; Molte vie di Ortigia ricalcano ancora l’antico tracciato stabilito dai greci, in “Il Corriere di Siracusa”, 12 dic. 1981; Maniere corrette e metodi corrotti, in “La Sicilia”, 12 dic. 1981; Motivi per non distruggere la caserma Abela, in “L’Isola”, 23 lug. 1983;Un titolo per Ortigia, in “L’Isola”, 4-17 mag. 1984; Interventi, in “Il piano particolareggiato di Ortigia. Relazione della tavola rotonda”, Siracusa 1987, 1-2, 4, 11, 14-15, 19-23. 78) S. L. AGNELLO, L’insegnamento della storia dell’arte nei licei, in “Itinerario della cultura e della scuola siciliana”, I/* (1950), pp. 12-18. 79) Riferimenti bibliografici per dedurre informazioni critiche su Giuseppe e Santi Luigi Agnello, per lo più riguardanti interventi pubblicati come Atti di Congressi Commemorativi, sono stati dati nel corso di questa nota. Ricordo qui volentieri le sempre garbate e rispettose citazioni dei due protagonisti da parte del corpo docenti del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, nelle persone del Ch. Mo Prof. Danilo Mazzoleni, attuale Rettore dell’Istituto, nel corso delle lezioni di Epigrafia Cristiana; del Ch.mo Prof. Philippe Pergola, nel corso delle lezioni di Topografia dell’Orbis Christianus Antiquus;del Ch.mo Prof. Fabrizio Bisconti durante le lezioni di Iconografia Cristiana, del Ch. Mo Prof. Vincenzo Fiocchi Nicolai, nelle lezioni di Cimiteri Cristiani di Roma. Nonché qui si ricordano la Prof.ssa Maria Rita Sgarlata, sua “alunna” ed attuale Ispettore per le catacombe della Sicilia Occidentale, la Prof.ssa Anna Maria Marchese che lo ha sostituito nella docenza a Catania, la Prof.ssa Rosa Maria Bonacasa Carra, che ho avuto l’onore di incontrare soprattutto in virtù dei miei studi su Santi Agnello. Sui due archeologi troppo recentemente scomparsi, non esistono pubblicazioni precipuamente monografiche, ad eccezione, se è lecito all’Autore di autocitarsi in V. LA VIA COLLI, La personalità scientifica di Santi Luigi Agnello, tesi di laurea in Archeologia della Magna Grecia e della Sicilia, discussa presso l’Università degli Studi della Tuscia nell’A.A. 2000/2001, che ebbe per relatore la Ch.ma Prof.ssa Maria Trojani (legata agli Agnello da decennale e affettuosa amicizia), correlatore il Ch.mo Prof. Giuseppe Agnello, figlio di Santi Luigi Agnello, che colgo qui l’occasione di ringraziare per la disponibilità offertami ed il prezioso materiale di studio concessomi. 80) S. L. Agnello-C. Giuliano, op. cit., p. 170.