Tempio greco San Lorenzo - provincia di Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Sicilia
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Tempio greco San Lorenzo

Pachino


La conversione di edifici di culto pagano in chiese cristiane interessa anche il tempio greco sito nella odierna contrada San Lorenzo Lo Vecchio, nei pressi di Pachino in provincia di Siracusa.
La riscoperta del tempio si deve, nel secolo scorso, allo studioso Giuseppe Agnello il quale, seguendo le indicazioni del Fazello261, riconobbe «il celeberrimo e vetusto tempio dedicato al divo Lorenzo»262.
Prima di allora, infatti, l'edificio classico inglobato nella chiesa cristiana era sfuggito alle descrizioni dei viaggiatori del XVIII e XIX secolo.

I resti del tempio greco, successivamente accorpati nelle strutture di un'ampia masseria settecentesca non vengono menzionati neanche dal principe di Biscari263, nel Plano sullo stato dei "Monumenti di antichità " del Val di Noto.
I resti della parte di masseria, crollata nella seconda metà del XX secolo, non consentono ancor oggi di risalire con certezza alla tipologia del tempio. Il primo studioso ad interessarsi con rigore scientifico dell'edificio classico è Giuseppe Agnello il quale, intorno agli anni cinquanta del secolo scorso, sulla base di uno studio comparato con altri templi, ipotizzò che in origine il tempio doveva essere in antis. Tuttavia, lo studioso non manca di precisare che «per una sicura determinazione delle sue forme strutturali occorrerebbe una valida opera di controllo, che (...) non è possibile tentare, senza prima demolire tutta la massa degli edifizi annessi e senza aver chiesto l'ultima parola al terreno circostante mediante scavi esplorativi»264.
A suo giudizio, infatti, è possibile che il primitivo edificio classico sia stato trasformato in una chiesa a tre navate come il tempio della Concordia di Agrigento e XAthenaion di Siracusa. In particolare, lo studioso fonda tale ipotesi sulla base del rinvenimento di alcune tombe in adiacenza al muro settentrionale della cella265 nonché della presenza, nella parte superiore esterna del muro settentrionale, «di una lunga teoria di buchi quadrati che tagliano, con spiovenza da ovest ad est, le assise superiori del muro greco indubbiamente destinate a sostenere le testate delle travature di un tettuccio spiovente».

I dubbi di Agnello in merito alla tipologia del tempio persistono a tutt'oggi e, assai probabilmente, sarebbero chiariti con un'attenta campagna di scavo. In effetti, analizzando lo stato di fatto dei resti del tempio e della masseria, attraveso la documentazione fornita dallo studioso nel 1948 e quella reperita presso Archivio Fotografico della Soprintandenza ai BB.CC.AA. di Siracusa, è possibile constatare che il tutto versa oggi in stato di ulteriore abbandono e degrado (figg. 9-17). In particolare si registra il crollo, avvenuto nella seconda metà del secolo scorso, dei locali edificati in corrispondenza della cella nonché dell'edificio padronale soprastante la piccola "Cuba" bizantina, (figg. 4,12,13,14).
A distanza di circa trent'anni dal ritrovamento dei resti del tempio e dagli studi condotti da Giuseppe Agnello, nel 1983 viene apposto il vincolo di tutela al «complesso monumentale di San Lorenzo Lo Vecchio, sito all'incrocio tra la provinciale Siracusa-Pachino e la Cittadella dei Maccari, costituito da un tempio in antis di età greca e da una chiesetta bizantina, a pianta centrica ad esso giustapposta verso ovest, corrispondente alla trasformazione del tempio in chiesa cristiana in età bizantina»266, da parte dell'Assesorato dei Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione, il vincolo di tutela ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge 1/6/1939 n. 1089.
Contestualmente viene istituita una zona di rispetto ai sensi dell'art. 21 della medesima legge. Dell'edificio classico purtroppo rimane in piedi, ad oggi, esclusivamente il muro settentrionale della cella ricoperto sia all'esterno che all'interno, per più di due metri di altezza, da una folta vegetazione che ne impedisce la completa percezione. Lo spazio in origine appartenente alla cella del tempio è, inoltre, ricoperto dal materiale lapideo riversatosi in seguito al crollo dell'edificio padronale adiacente e dei locali sulla stessa edificati (fig. 15).
La cella del tempio misura circa mt. 23 di lunghezza e mt. 10 di larghezza. Non è certo che il tempio facesse parte di un centro abitato o se, piuttosto, venne eretto in onore di qualche divinità autoctona267.
Analogamente ai più ben noti templi di Atena a Siracusa e della Concordia ad Agrigento, anche il tempio greco presso Pachino, tra il VI ed il VII sec. d.C., fu probabilmente trasformato in basilica cristiana a tre navate. Ciò è suggerito dalla presenza di tre archi a tutto sesto nel muro della cella rimasto in piedi, che costituiscono un ulteriore esempio di maestria dei lapicidi bizantini di Sicilia nell'esecuzione di intagli nei consistenti muri di fabbriche classiche (figg. 1-5, 9-11, 15-17). Tuttavia, non si ritiene, invece, che siano identificativi della suddetta trasformazione cristiana del tempio i fori rettangolari presenti nella parte superiore esterna del muro settentrionale della cella. Essi, piuttosto, sono da ricondursi, a nostro avviso, all'incastro di travi di copertura del solaio di un edificio costruito in aderenza al muro del tempio in epoca successiva e, quindi, non necessariamente connessi alla costruzione di navate minori laterali.
In effetti, i fori presenti nella parte esterna del muro nord della cella hanno un'nclinazione in direzione ovest-est. Ciò comporterebbe che la copertura della navata laterale della chiesa doveva avere una marcata pendenza verso oriente, in contrasto con la pendenza della falda settentrionale della navata centarle. In vero, tale soluzione costruttiva crea non poche perplessità sulla possibilità di una simile realizzazione, soprattutto per il discutibile risultato estetico che ne conseguirebbe di cui si poteva non tenere conto nell'edificazione di corpi aggiunti destinati ad usi privati e non certo di una chiesa. Inoltre, occorre evidenziare che il tempio e l'annesso edificio cristiano furono inglobati nella complesso architettonico della masseria solamente nel XVIII secolo e che pertanto, prima di allora, l'edificio sacro non necessariamente dovette essere in adiacenza ad altri edifici. Per converso risulta assai più probabile ritenere che in un periodo di mezzo tra la realizzazione della chiesetta bizantina e della masseria, l'edificio sia stato adibito a casale con la conseguente edificazione di corpi in adiacenza, i cui segni sono ancor oggi riscontrabili soprattutto nei fori di cui trattasi, in analogia con quanto avvenuto, ad esempio, nel tempio di Esculapio di Agrigento. Sulla base di queste considerazioni risulta assai probabile che, come ipotizzato da Agnello, il tempio greco di San Lorenzo sia stato un tempio in antis, a nostro avviso, molto probabilmente dotato di adyton, al quale siano state aggiunte nel lato settentrionale - e per analogia nel lato meridionale - due navate minori laterali comunicanti con la più ampia navata centrale attraverso gli archi a tutto sesto ancor oggi visibili.
Altra ipotesi da non escludere, anche se meno convincente, è l'adattamento della cella del tempio a sagrato della piccola "Cuba" bizantina realizzata nella parte occidentale del tempio. In effetti, in presenza dell'accesso al sagrato dal lato orientale, attraverso il vano arcuato rilevato da Agnello (fig. 2), non si comprende l'utilità, eventualmente ravvisata dai cristiani, di realizzare ulteriori apeture sui lati maggiori, atteso che una simile realizzazione non trova riscontro in altri edifici religiosi in Sicilia.
A ben vedere, infatti, l'unico caso in cui la cella di un tempio - per di più di tipo periptero - servì da sagrato ad una chiesa si ritrova nel tempio della Concordia di Agrigento, allorquando la piccola chiesa di San Gregorio occupava (fino alla seconda metà del XVIII secolo) una piccola parte della cella, ed in particolare di quella orientale. Lo spazio antistante, dunque, veniva a costituire un ampio sagrato al quale, oltre che dall'ingresso posto in corrispondenza dell'originario opistodomo, sul lato occidentale, si poteva accedere dalle aperture ad arco a tutto sesto presenti nei lati settentrionale e meridionale. Occorre, però, evidenziare che tale situazione derivava dalla presenza della piccola chiesa nella parte orientale della; chiesa la cui consistenza venne ridotta nei secoli in funzione del numero dei fedeli che la frequentavano, essendo divenuta in quel tempo un edificio cristiano di tipo rurale268.
Ma il caso agrigentino, sebbene a prima impressione possa presentare delle analogie con quello di San Lorenzo a Pachino, non può essere posto certamente a paragone con quest'ultimo. In realtà, infatti, nella chiesa agrigentina il sagrato, come già detto, fu originato dalla edificazione della chiesa nella parte orientale della cella e risultava delimitato a sud ed a ovest dai muri che recavano i chiari segni della trasformazione cristiana di età bizantina: gli archi.
Nel caso della chiesa di San Lorenzo lo Vecchio, invece, si dovrebbe accettare l'ipotesi che la cella del tempio sia stata adattata alla funzione di sagrato della piccola "Cuba" bizantina e che essa sia stata forata nei lati settentrionale e meridionale con apeture ad arco a tutto sesto, anch'esse di accesso al sagrato. A tal proposito ci si limita ad osservare che una simile soluzione non trova riscontro nell'architettonica ecclesiale della Sicilia cristiana di età bizantina.
Ancor meno probabile, sebbene meritevole di menzione, risulta poi l'ipotesi che il tempio di San Lorenzo lo Vecchio possa essere stato un tempio periptero e che quindi possa avere avuto un peristilio. La presenza di tre soli archi nel lato settentrionale della cella e di un unico arco in quella orientale inducono a non escludere del tutto l'ipotesi che inizialmente il progetto costruttivo prevedeva di trasformare l'edificio greco in basilica a tre navate. Successivamente questo progetto sarebbe stato abbandonato optando per la soluzione di una più modesta chiesetta a pianta centrica edificata sul lato occidentale del tempio.
La costruzione dell'edifico cristiano - sia esso anche con funzione di abside - nel versante ovest del tempio costituisce, invero, un unicum nel panorama dell'architettura bizantina in Sicilia. E' noto, infatti, che gli edifici sacri cristiani che sfruttavano gli impianti architettonici dei preesistenti templi greci generalmente mantenevano l'orientamento dei medesimi templi in direzione orientale. Fino al VI secolo, in genere, gli edifici costuiti ex novo, invece, osservavano un orientamento, pressocchè canonico, verso occidente. E' questo il caso, ad esempio, - per rimanere nell'ambito del territorio in cui ricadono gli edifici oggetto della nostra indagine - della basilichetta paleocristiana sita nel vallone di San Biagio in Agrigento269.
Sulla base di queste considerazioni l'orientamento occidentale della nostra chiesa di San Lorenzo Lo Vecchio costituisce certamente un'anomalia rispetto ai criteri canonici perchè, pur essendo costruita su un impianto greco preesistente ne ha sovvertito l'orientamento da est ad ovest. Non rimane che supporre che una simile scelta progettuale sia stata condizionata da mere ragioni di opportunità. Non è da escludere, infatti, che al tempo della edificazione della costruzione bizantina il tempio si presentasse meglio conservato nella sua parte occidentale e che i cristiani, in deroga alla prassi comune, decisero di realizzare la costruzione a completamento dell'edificio religioso proprio in quella parte di tempio con notevole risparmio di energie e di mezzi.
Il problema dell'anomalia dell'orientamento è solo uno dei tanti che richiedono ancor oggi delle risposte le quali, tuttavia, non possono essere fornite se non si procederà ad approfondite indagini conoscitive mirate, ad esempio, ad accertare l'esistenza e la consistenza della «chiesa sotterranea con volta sostenuta da colonne»270 sita sotto il tempio che il Fazello narra di aver visitato. Potrebbe fare un po' di chiarezza anche un serio scavo per portare alla luce «i resti ben chiari [attaccati al tempio] di una città distrutta dalle fondamenta, su cui oggi si ara senza lasciare spazi»271 menzionati dallo stesso Fazello.
E tuttavia, pur sorretti dall'opportuno sussidio di sufficienti reperti archeologici, con questo lavoro si è tentato di ricostruire graficamente la consistenza del tempio nelle due distinte tipologie (figg. 8,9,10).
L'edicifio bizantino realizzato a ridosso del lato ovest della cella, secondo Agnello e Bonacasa Carra con funzione di abside272, è un esempio di piccola "Cuba" trichora273 con evidenti analogie con la Cuba di Malvagna274 sita presso la valle dell'Alcantara in provincia di Messina. Il piccolo oratorio bizantino, con carattere prettamente rurale, consiste in un vano cubico sormontato da una copertura voltata con pennacchi agli angoli che si sviluppano su archi a pieno centro sorrette da mensole grossolanemente lavorate che si ripetono ritmicamente. All'interno non vi è traccia di pregevoli decorazioni (figg. 6,7).
Diversamente da altri riadattamenti cristiani di edifici di culto pagano avvenuti in Sicilia nella seconda metà del primo millennio, il tempio di San Lorenzo Lo Vecchio mancò di divenire una chiesa edificata interamente sull'originaria fabbrica classica poiché di essa venne sfruttato solamente il lato minore rivolto ad ovest che servì, dunque, da appoggio per la più modesta e poco illuminata cappella che traeva luce da una piccola finestra posta sul versante settentrionale della cupola.
Nel XVIII secolo i resti del tempio greco e l'oratorietto bizantino vennero inclusi nella masseria edificata nel versante occidentale, impiegando molto probabilmente il materiale diruto dell'edificio classico. In seguito all'edificazione del casale la costruzione bizantina fu ridotta a stalla, deposito di fieno e cantina275.
Come già osservato, il tutto versa oggi in stato di rudere. Secondo quanto narrato da Fazello sotto la chiesa di San Lorenzo Lo Vecchio vi era una cripta della quale egli doveva aver contezza o per visione diretta o per mezzo di notizie pervenutegli da altre fonti ad oggi non conosciute276. Nel secolo scorso, Giuseppe Agnello recatosi sui luoghi riconobbe i segni di un'escavazione con buona probabilità praticata in prossimità dell'ingresso della cripta.
L'esistenza di un ambiente sottostante il tempio è avvalorata dalle testimonianze raccolte sul posto dallo stesso Agnello fornitegli da alcuni contadini i quali gli riferirono della presenza nel terreno a sud del tempio di un ipogeo culminante in un ampio ambiente quadrato. La chiesa rientra nella serie di luoghi di culto edificati nel versante sudorientale della Sicilia e rimase luogo di culto certamente sino alla metà del XVIII secolo. Ciò è testimoniato dalla messa che nel 1768 Monsignor Requirensi, vescovo di Siracusa (1755-1772), celebrò nel piccolo oratorio.








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