Necropoli Case vecchie - provincia di Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Sicilia
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Necropoli Case vecchie

Noto > Noto Paleocristiana
L’insediamento rupestre di Cugno Case Vecchie, documentazione pdf testo Santino Alessandro Cugno
Trovo molto significativo, infine, il breve ma esplicito riferimento di Salvatore Carpinteri a «i resti e la necropoli di un grosso villaggio siculo» in contrada Cugno Case Vecchie nell’ex feudo Alfano, un’area di 90 ettari circa a 2 km circa da Canicattini Bagni.
Si tratta di un acrocoro di modesta estensione e dalla posizione facilmente difendibile, occupato dall’uomo in maniera quasi ininterrotta dalla Preistoria ai giorni nostri, che è stato oggetto di una serie di ricognizioni archeologiche di superficie solo in tempi recenti:53 tutte le pareti che circondano il cozzo – come aveva avuto modo di accennare il Carpinteri anche nel rarissimo cicloscritto intitolato La Nostra Scuola, edito dalla Scuola Media di Canicattini Bagni intorno alla metà degli anni Sessanta – sono punteggiate da grotte artificiali ricavate nel tenero calcare locale, alcune delle quali ottenute attraverso l’ampliamento di preesistenti tombe a camera e a grotticella di epoca protostorica.
L’insediamento rupestre medievale era composto da poche decine di abitati, ognuno di essi articolato in uno o più vani e dotato di lucernari, banchine, pozzi, vasche di raccolta per le lavorazioni manifatturiere oppure altarini votivi a parete per il culto e la suppellettile liturgica. Carraie e scale scolpite nella roccia mettevano in comunicazione i vari ddieri (dall’arabo al-dyar, la casa) e la cima del cozzo con il fondo delle “cave” dove era possibile l’approvvigionamento idrico. Acquedotti e canali irrigui, vasche a cielo aperto, cisterne, latomie, resti di infrastrutture per uso agricolo e produttivo (frantoi, palmenti, concerie, calcare, apiari) testimoniano chiaramente le molteplici attività economiche qui esercitate nel corso dei secoli insieme all’agricoltura e, soprattutto, alla pastorizia: spremitura delle olive e dell’uva, produzione di calce, lavorazione della canapa per ricavarne funi e tessuti, concia delle pelli.
La vocazione all’allevamento e la presenza di paratori nella zona di Alfano sono attestati anche nelle fonti diplomatiche medievali, che documentano l’esistenza di una corte feudale con una famiglia a cognomen toponomastico alla fine del XII secolo e la presenza di Netini che portavano le bestie al pascolo, tagliavano la legna e raccoglievano le ghiande per i maiali intorno alla metà del Quattrocento.






 

Case Vecchie, una necropoli dimenticata
Pubblicato Martedì, 24 Novembre 2009 15:41
cugno_case_vecchie<< Vi sono aree estese nelle quali non è segnato un solo rinvenimento perché nessuno le ha finora esplorate scientificamente. Ma appena un archeologo si accinge a questo compito, una zona archeologicamente ignota si rivela all’improvviso ricchissima di resti di tutte le età >>. Questa affermazione di Luigi Bernabò Brea (La Sicilia prima dei Greci, 1958, p.15) calza perfettamente con il territorio di Canicattini Bagni il quale, pur contraddistinto da un’enorme documentazione archeologica, solo in rare occasioni è stato oggetto di indagini sistematiche. Pertanto non sorprende che una delle contrade più significative, Cugno Case Vecchie, sia rimasta quasi del tutto dimenticata nonostante la sua importanza per ricostruire il passato canicattinese.

Situata a circa 3 km a nord del moderno centro abitato di Canicattini, su un altopiano a cuneo fiancheggiato da una serie di cave all’interno dell’ex feudo S. Alfano (Noto), questa vasta area archeologica è stata frequentata dall’uomo in maniera quasi ininterrotta dalla Preistoria ai giorni nostri per via della posizione facilmente difendibile e dell’abbondante presenza di selvaggina, materie prime e corsi d’acqua (significativo al riguardo il toponimo Cava dell’acqua). Tra i resti più interessanti vi sono una piccola necropoli della fine del Bronzo Antico, una seconda necropoli databile al Tardo Bronzo (tombe della tipologia Pantalica I con camere funerarie a pianta circolare o ellittica, sezione tronco-conica e a deposizione generalmente singola) e un grande insediamento cristiano-bizantino, molto frequentato anche in epoca postmedievale (un imponente rudere che domina il pianoro centrale, decine di abitazioni rupestri, luoghi di culto, apiari, cisterne, tombe a fossa e ad arcosolio, carraie e scale scavate nella roccia, latomie, vasche e canali per frantoi, calcare e concerie). In assenza di testimonianze scritte, quali documenti d’archivio e fonti letterarie, ulteriori informazioni sono ricavabili dai tanti reperti e manufatti rinvenibili in superficie: selce e altro materiale litico, frammenti di ceramica di tutte le epoche, monete tardoromane e bizantine, macine.
La fase più antica è rappresentata da diverse tombe a forno della prima fase dell’Età del Bronzo, cioè grotticelle artificiali scavate nella roccia calcarea e caratterizzate da una forma non dissimile da quella del forno tradizionale dei contadini siciliani. Nella sua Tesi di Laurea intitolata “Canicattini Cristiana” del 1955-56 lo studioso Salvatore Carpinteri fa il primo esplicito riferimento a questo << grosso villaggio siculo >> (p.155) e, in un altro suo rarissimo scritto (La Nostra Scuola, s.d. ma del 1966 circa), allude ad un ipotetico collegamento con la famosa collezione di selci del Paleolitico Superiore rinvenuta da Paolo Orsi in una zona non precisata di Canicattini e oggi conservata presso il celebre Museo Archeologico di Siracusa. In seguito E.G. Picone segnalò due tombe a forno a nord-ovest di Case Vecchie (Contributi per la topografia archeologica del siracusano in Archivio Storico Siracusano, 1972-73, pp.72-74), evidenziando la peculiarità del prospetto architettonico monumentale di una di esse decorato da sei finti pilastri e tipico dei secoli XXII-XV a.C. Recenti esplorazioni (ottobre 2008) hanno permesso l’individuazione di altre due tombe a lesene (una terza è dubbia per via della quasi totale erosione della facciata) e in posizione isolata, la più interessante delle quali si trova nella zona nord-orientale. Essa mostra un prospetto a sviluppo leggermente concavo decorato da otto finti pilastri ormai quasi completamente scomparsi: un bordino in rilievo e in pendenza fa pensare ad un gocciolatoio artificiale per il deflusso delle acque meteoriche mentre il portello d’ingresso, dalla forma rettangolare, è incorniciato da una serie di modanature decrescenti e ha il doppio stipite per il sistema di chiusura.
La cella funeraria, preceduta da una anticella, ha pianta circolare e una nicchia laterale destinata alle sepolture e alle offerte. Ai piedi dell’entrata un gradino interno facilita l’accesso alla camera sepolcrale e sulla sommità del tetto è stato scalpellato un foro, in parte rovinato e annerito da fuliggine, forse un riadattamento medievale per agganciarvi una lucerna o torcia. A circa 1 km di distanza più a sud, su una parete coperta da folta vegetazione nei pressi di un piccolo torrente, si trova una quarta tomba monumentale avente però prospetto ad otto pilastrini liberi, di cui solo due sono rimasti intatti ed uno verosimilmente lasciato incompiuto, realizzati risparmiando il calcare nel processo di escavazione. Accanto alla porta di accesso si trova una lastra di pietra trapezoidale, forse parte dell’originario chiusino della tomba, mentre all’interno la cella ha pianta ellittica e mostra a sinistra dell’ingresso un letto funebre risparmiato.
Tutte queste tombe, nelle quali venivano sepolti in posizione rannicchiata parecchi inumati sia contemporaneamente sia in momenti successivi, sono state violate già in antico e rimandano ai villaggi castellucciani della Sicilia sud-orientale della fine del Bronzo Antico: a Case Vecchie sono visibili infatti tracce dei tipici gruppi di capanne ovoidali con i buchi per i pali in legno e strutture varie che potrebbero essere interpretate come elementi di culto (altare) o di difesa (fortificazioni). Era una società ad economia agro-pastorale che viveva in piccoli agglomerati sui tanti cozzi qui presenti al fine di esercitare il controllo delle cave, cioè le vie di collegamento ibleo tra l’entroterra e la costa, ed aveva contatti commerciali e culturali con i coevi popoli egei e maltesi. La presenza di qualche tomba con corridoio esterno (dromos), pianta e sezione rettangolare attesta una frequentazione umana anche nell’Età del Ferro ma non è possibile, allo stato attuale, fare ipotesi più approfondite sulle vicende insediative che si sono susseguite fino alla Tarda Antichità (al periodo greco-romano potrebbero risalire gruppi di tombe a fossa subdiali e resti di vari canali e acquedotti: cfr. Cugno S.A., "Il paesaggio rurale siracusano nella tarda età romana: il territorio di Canicattini Bagni" in Forma Urbis, Roma, Ottobre 2009).

Oltre un secolo fa il canonico Sebastiano Ajello così scriveva a proposito di queste terre: << I due vicini feudi Cardinali e Alfano, specie quest’ultimo, sono una preziosità di fabbriche dirute e di sepolcri antichissimi. Forse in questi luoghi abitarono i popoli achetini, ricordati da Cicerone, detti così dal nome Acheto […] Attenderemo con pazienza che anche qui, finalmente, si facciano degli scavi, e l’ultima parola la dirà l’archeologo >> (monografia Canicattini Bagni, 1907, pp.44-47).

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