Basilica San Focà - provincia di Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Sicilia
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Basilica San Focà

Priolo Gargallo

https://www.antoniorandazzo.it/sicilia/files/IL_PATRIMONIO_CULTURALE_DI_PRIOLO_GARGAL.pdf


Tratto da:
http://siciliaisoladaamare.wordpress.com/la-basilica-paleocristiana-di-san-foca-di-maria-catalano/
LA BASILICA PALEOCRISTIANA DI SAN FOCÀ di Maria Catalano
Lions Club Priolo Gargallo Melilli Monti Climiti Presidente: Salvatore Sullo
Le nostre radici, storiche e culturali, possono talvolta idealmente intersecarsi con quelle degli alberi di tiglio con il cui legno vengono riprodotte figure di presepi e figure di santi. È il caso di San Focà la cui statua, realizzata dallo scultore Gerard Ploner che vive ed opera in Alto Adige, troneggia finalmente di nuovo nella Basilica Paleocristiana di Priolo Gargallo, dove è stata riportata, dopo moltissimi anni, ad opera del Lions Club Priolo Gargallo Melilli Monti Climiti. (G. Catanzaro e Z. Navarra)

La basilica paleocristiana di San Focà è uno dei più importanti siti di interesse artistico-culturale di Priolo Gargallo, amena cittadina posta alle falde dei monti Climiti, a metà strada tra Augusta e Siracusa. Comune giovane, costituitosi il 12 luglio 1979 distaccandosi da Siracusa e comprendendo anche la ex frazione melillese di San Focà, Priolo Gargallo deriva il suo nome nella sua prima parte dal greco Priolos che significa priore, e nella seconda dai marchesi Gargallo che la governarono nel XIX secolo.
Il suo territorio presenta notevoli testimonianze archeologiche risalenti agli albori del Cristianesimo ed una di queste è la chiesa di San Focà, il cui impianto originario sembra risalire al IV secolo d.C., voluto dal vescovo di Siracusa Germano che nel 343 fondò in quella città anche le basiliche di S. Paolo e di S. Pietro apostoli.
Si tratta di una delle più antiche basiliche della diocesi siracusana, sita nella periferia sud di Priolo, poco fuori dall’abitato, e dedicata ad un santo orientale, Focà, “l’ortolano martire” che lavorava come giardiniere a Sinope, una cittadina portuale situata sul Mar Nero nel punto più settentrionale dell’Anatolia. Lì egli visse tra il I ed il II secolo, molto stimato per il suo senso di ospitalità e per la sua generosità. Denunciato come cristiano e quindi ricercato per essere messo a morte, ospitò e nutrì coloro che, senza conoscerlo, lo sta- vano cercando e provvide ad organizzare la sua sepoltura scavandosi la fossa; quindi si rivelò ai suoi ospiti che lo martirizzarono.

Invocato contro il morso dei serpenti e patrono dei marinai, la sua festa si celebra il 22 settembre. La basilica, la cui scoperta si deve all’intuito dell’archeologo Paolo Orsi che, a cominciare dal 1892 effettuò nell’allora cadente costruzione una serie di sopralluoghi, si presentava originariamente con tre navate divise da muri molto spessi, ciascuno attraversato da cinque archi a tutto sesto. Le navate erano coperte da volte a botte, anch’esse di notevole spessore e quella centrale era chiusa ad est da un’abside. Si trattava dunque di un edificio di culto, molto robusto, ma reso armonioso dalla grande semplicità delle sue linee.
Questa conformazione architettonica è rimasta pressocchè invariata fino ai nostri giorni, tranne che per la navata nord e le volte a botte, crollate a seguito di terremoti, in particolare di quello avvenuto nel gennaio del 1693 che sconvolse la Sicilia orientale. La chiesa, la cui navata centrale si presenta chiusa a nord da un tompagnamento piuttosto precario, è oggi coperta da un tetto in legno. Nell’anno sociale 2006-2007, il Lions Club Priolo Gargallo Melilli Monti Climiti, presidente Francesco Copani, interpretando un’esigenza dell’intera comunità locale, ha fatto realizzare, in legno di tiglio, dallo scultore altoatesino Gerard Ploner, una statua di San Focà che oggi, dopo moltissimo tempo, troneggia di nuovo nella Basilica.







BASILICA PALEOCRISTIANA SAN FOCA' DEL IV° secolo dopo Cristo


La piccola basilica paleocristiana priolese, sorge nell'omonima contrada che la popolazione, con accento errato, chiama di San Focà. E' ubicata in zona solitaria quasi pianeggiante (m. 23.50 s.l.m), compresa fra la parte finale di via Reno, in prossimità dell'Asilo Nido in costruzione, e l'imbocco di via Napoli, in posizione lievemente arretrata rispetto alla ex strada statale 114 Siracusa-Catania che si trova immediatamente ad est. La Basilica fu edificata intorno al IV° secolo d.C. e strettamente collegata alle testimonianze paleocristiane delle catacombe Manomozza, della Porcheria e di Riuzzo I e II, il cristianesimo non era più perseguitato e il vescovo di Siracusa Germano ne ordinò la costruzione, e fu consacrata ad un santo orientale, Fòca, un ortolano martire di Sinòpe, una cittadina portuale situata sul Mar Nero nel punto più settentrionale dell' Anatolia. La sua festa si celebra il 22 settembre. Dobbiamo all'intuito dell'archeologo Paolo Orsi la scoperta di questa Basilica: egli, sulle tracce del cristianesimo primitivo nel suburbio di Priolo, era stato ammaliato, sin dal 1892, dalla strana conformazione architettonica della cadente chiesetta. Dopo vari sopralluoghi notò ciò che prima era sfuggito a tutti: la povera chiesa e l'attiguo romitorio erano stati costruiti dopo il terremoto del 1693 sulle rovine di una basilica paleocristiana. Pertanto originariamente essa si presentava come un edificio rettangolare diviso, secondo la lunghezza, in tre parti (o tre navate), da quattro file di robustissime mura (dallo spessore di oltre un metro) attraversate, ognuna, da cinque archi a tutto sesto di uguali dimensioni e sullo stesso asse dei corrispondenti. Le tre navate erano coperte da massicce volte a botte, indizio di molta antichità, mentre la larghezza delle due navate laterali era la metà esatta di quella centrale, che era chiusa ad est da un'abside. Un edificio di culto imponente, austero e robustissimo, reso armonioso dalla grande semplicità di linee e dalla estrema sobrietà decorativa: niente pitture nelle volte o nelle pareti, ma soltanto nella calotta dell'unica abside. Questa conformazione architettonica è rimasta pressoché invariata fino ai giorni nostri tranne che per la navata nord e le volte a botte, crollate a seguito di terremoti. Infatti il muro che chiudeva la navata laterale nord (nella pianta di Rosario Carta esso è tratteggiato), oggi è inesistente e mediante scavi, eseguiti dall'Orsi nel giardino della basilica, vennero rintracciate le fondamenta. Molto probabilmente lo sconquasso maggiore di buona parte delle primitive strutture murarie di questo antichissimo tempio in onore di S. Fòca martire avvenne a seguito del catastrofico terremoto dell'11 gennaio 1693 che sconvolse la Sicilia orientale. Quella tragedia che scombussolò anche la nostra basilica è riportata dallo storico Vito Maria Amico con quattro parole, rapide come un fulmine: giacque da un tremuoto. Dopo i rovinosi crolli la navata nord non venne più ricostruita e si preferì occludere, con pietrisco, le quattro arcate superstiti che attraversano l'attuale muro nord della navata centrale, che delimita la chiesa; un tamponamento provvisorio, sicuramente molto raffazzonato, evidenziato dal disegno di Rosario Carta, artista melillese al seguito di Paolo Orsi, eseguito alla fine dell'Ottocento. Poiché in Italia molto spesso non vi è nulla di più definitivo del provvisorio, da allora la struttura basilicale è rimasta tale e quale anche se in tempi recenti, tramite alcuni lavori di consolidamento, in verità molto economici, venne eliminato il pietrisco e gli archi furono rafforzati da quattro pilastri in mattoni.
(testo Antonio Macchetti)





galleria foto Roberto Capozio
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