porto Stentino
Porti e portualità
l'antico "porto stentino", probabilmente naturale, non essendovi evidenti tracce di strutture adatte per l'approdo. Nell'estate del 2008 la segnalazione di qualcosa di anomalo che si intravedeva nel fondale appena sotto la sorgiva, mi spinse ad effettuare una immersione di verifica. Espletate tutte le formalità e ottenuta l'autorizzazione da parte della Capitaneria di Porto, dopo un brifing alla presenza del comandande Ernesto Cataldi,effettuammo l'immersione programmata. Con grande sorpresa, mi trovai a pinneggiare lungo una struttura sommersa a circa mt. 9 di profondità, lunga circa mt. 45, larga mt. 2 e con un'al¬tezza media dal piano di posa del fondale di circa mt. 1,5. Una serie di muri e una struttura muraria a crociera attorno alla prima, mi diedero la sensazione di trovarmi di fronte ad un antico insediamento umano ormai sommerso per proba¬bili fenomeni di bradisismo (tav. 39). Stessa sensazione provarono il Prof. Tusa e il dott. Bruno della Soprintendenza del Mare ad una successiva immersione. Il manufatto principale, così almeno ci sembrò come prima impressione, è un vero e proprio molo di attracco per imbarcazioni costituito da blocchi grezzi di basalto di forma prevalentemente parallelepipeda, posti in opera con la stessa tecnica dei muri a secco: due facce viste laterali perfettamente allineate e cocciame di varia caratura all'interno. I muri attorno, anch'essi perfettamente allineati, di vario spessore, presentano alla sommità la tipica finitura a schiena d'asino. Alcuni di essi giacciono ribaltati sul fondale, verso riva, abbattuti certamente dalla furia delle mareggiate di grecale. Suggestivo l'incrocio di due muri a cro¬ciera. Tutt'intorno qualche coccio di ceramica grezza, sparse giaciture di grossi ciottoli di basalto di pezzatura simile alla zavorra utilizzata dalle navi antiche e quella che a me è sembrata essere una bitta (Tav. 39/A) per via dei caratteristici solchi provocati dallo sfregamento delle gomene. Tutto sembrava confermare di trovarci in presenza di un molo addirittura preistorico oggi sommerso per via dell'innalzamento del livello del mare. Su precisa disposizione del Prof.Tusa, informammo della scoperta il Prof. Giorgio De Guidi, docente presso la Facoltà di Geologia dell'Università di Catania. Alla visione del filmato che avevamo pro¬dotto, il geologo non ebbe dubbi a sentenziare che si tratta di ciò che rimane di una rara antica intrusione magmatica definita scientificamente "dicco". Succede quando una risalita lavica penetra a pressione dentro fratture di strati di roccia soprastanti. Nel corso dei millenni successivi, la roccia "accogliente" (lo stam¬po di formazione meno consistente), si dissolve, soggetta ad erosione e rimane quella basaltica "intrusa" che assume la forma della frattura. Mi venne subito in mente l'immagine delle formazioni basaltiche a colonna nella costa taorminese e ho dovuto prendere atto che "la natura" non finisce mai di stupire. Ma la mia impressione è che la struttura, pur se di origine vulcanica, sia stata adattata e uti¬lizzata in antico come molo di attracco per imbarcazioni, vista la vicinanza alla sorgiva e ad un insediamento preistorico sul pianoro dove, sicuramente si lavora¬vano oggetti di ossidiana. Si è ritenuto opportuno proporre una più accurata inda¬gine del sito sommerso, iniziando dal rilievo delle strutture. Ha preso corpo così il "progetto Stentino" che "stenta" (tav. 37) a decollare per via della difficoltà tecniche e burocratiche che si frappongono alla sua realizzazione. Occorre infatti che, contemporaneamente, almeno tre operatori subacquei in immersione devono lanciare dei pedagni in modo che in superficie vengano restituite le sagome delle strutture; da un gommone almeno un tecnico operatore dovrà georeferenziare le "figure", il tutto con condizioni meteomarine favorevoli e dopo che la Capitane¬ria di Porto abbia dato, per quel giorno, disposizione di sospensione delle attività di manovra alle petroliere ormeggiate al molo industriale, relativamente vicino alle operazioni di rilievo. Non v'è dubbio che lo studio del sito rivelerà sia il pe¬riodo geologico che ha visto la formazione del "dicco", sia la possibilità che la struttura sia stata veramente utilizzata in epoca preistorica, il che costituirebbe un unicum nel Mediterraneo.