porto piccolo - Archeologia Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Archeologia
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porto piccolo

portualità Siracusa antica
IL PORTO PICCOLO DI SIRACUSA

Anche il porto piccolo di Siracusa ha subito l'insabbiamento del fondale per via dei sedimenti portati dalle mareggiate di grecale ma, soprattutto, dai sedimenti alluvionali del Syrako. Questo antico corso d'acqua a carattere torrentizio, raccoglieva le acque meteoriche a monte dell'antica Akradina, dividendone il sito in due settori: quello ad ovest, a carattere prevalentemente abitativo e quello ad est, a carattere artigianale. Il mio elaborato altimetrico (tav.2), scevro da superfetazioni, ne ha messo in evidenza il tracciato.
Il bacino dell'attuale porto piccolo, originariamente era molto più ampio; si è ridotto alle dimensioni attuali proprio a causa dei sedimenti scaricati nel tempo dal Syrako e, più recentemente, negli anni trenta, le grandi opere di banchinamento ne hanno cambiato l'aspetto originario. Sempre negli anni trenta la costruzione dei due moli foranei ne ha accentuato ulteriormente l'insabbiamento. Difficile quindi oggi ipotizzare la posizione delle strutture dell'antico porto guardando l'attuale stato dei luoghi. Oltre all'insabbiamento occorre tener conto che il livello del mare, per effetto dei fenomeni eustatici e bradisimici, si è innalzato, dal periodo greco in poi, di circa due metri. Una idea verosimile possiamo farcela solo ricorrendo alle descrizioni tucididee ed in particolare a Diodoro Siculo che nei libri XIV,7,13 della sua biblioteca così descrive i luoghi: "Dionisio, notando che la zona strategicamente più forte della città e che poteva essere difesa facilmente, era l'Isola, la separò dal resto della città con un muro di gran costo; costruì nel muro torri alte e numerose e, davanti all'Isola, botteghe e portici in grado di ospitare gran quantità di gente. Costruì sull'Isola, senza badare a spese, una cittadella fortificata, perché servisse da rifugio in caso di eventi improvvisi. Cinse con il muro della cittadella gli arsenali vicino al porto piccolo, chiamato Lakkio. Gli arsenali, sufficienti per sessanta triremi, erano chiusi da una porta attraverso la quale le navi attraversavano una alla volta. Da (XIV 41 sappiamo che "ordinò la costruzione di navi a quattro e a cinque ordini di remi"e da (XIV 42che "ordinò anche la costruzione di più di duecento trireme e la riparazione delle centodieci preesistenti. Costruì anche attorno al porto centosessanta costosi capannoni, la maggior parte dei quali poteva accogliere due navi e ripristinò i centocinquanta arsenali".
STRUTTURE SOMMERSE
In possesso del solo rilievo della Dott.ssa Alice Freschi (tav. 7), coadiuvata dalla cooperativa Acquarius su specifico incarico della Soprintendenza Archeologica, nel 1998 la mia caparbia volontà di andare alla ricerca delle strutture portuali dell'antica Siracusa, incurante dell'inquinamento delle acque, mi portò ad effettuare delle immersioni mirate nel sito attenzionato. Sotto lo strato superficiale della struttura quadrangolare (una superfetazione di conci irregolari) ebbi modo di intravedere una piattaforma costituita da basole regolari in perfetto assetto murario di epoca più antica. La struttura si trova circa mt. 0,90 sotto l'attuale livello del mare, ai margini della sezione di uno dei tanti dragaggi che ne hanno devastato irrimediabilmente il sito. Nel settembre del 2007, sorprendentemente, venne concessa ad una società privata l'autorizzazione ad impiantare dei moli diportistici proprio sul sito. Una sequenza di plinti in cemento armato e di catenarie vennero disposti sul fondale per ancorare i pontili galleggianti. Come supponevo, le catenarie, con il flusso e riflusso della marea, iniziarono a "segare" le antiche basole. Da una successiva verifica del fondale nel settembre del 2007, effettuata con il Dott. Bruno Nicolò, responsabile della Soprintendenza del Mare, fu fatto obbligo alla società di spostare i tiranti in modo da non danneggiare i reperti. Durante l'immersione, ad una profondità di circa mt. 3,50, scoprimmo una antica struttura muraria costituita da grandi blocchi squadrati (tav. 6-8) ancora in perfetto accostamento murario, che somiglia alla testata di un antico molo. Il piano di posa del manufatto si trova a mt. 3,70 sotto l'attuale livello del mare, ossia circa mt. 3,00 sotto il piano di calpestio della struttura più superficiale rilevata dalla Soprintendenza di Siracusa. Da quel momento non sono riuscito più a togliermi dalla mente il passo di Diodoro: "gli arsenali... chiusi da una porta, attraverso la quale le navi attraversavano una alla volta''. La concezione della antica struttura portuale inoltre, militare all'interno e commerciale all'esterno è il frutto della concezione strategica dionigiana, conseguenza della precedente esperienza dell'assedio ateniese. Ma come saggiamente recita il proverbio: "non tutti i mali vengono per nuocere": è successo infatti che le imbarcazioni dipor- tistiche, con il vortice provocato dalle loro eliche, hanno smosso il sedimento sottostante e liberato altre strutture murarie appena sotto 40 cm. d'acqua. Sono state così messi in evidenza allineamenti di grandi e medi blocchi squadrati di roccia; uno in particolare, in successione muraria regolare, si dirama a forma di y in due bracci orientati verso Ortigia. La struttura presenta le stesse caratteristiche dell'antico acquedotto Galermi (tav.9) ossia una sequenza regolare di basole che ne costituirebbe la copertura nei tratti dove il canale scorre a quota calpestio. Il condizionale è d'obbligo perché, per averne certezza, occorre rimuovere almeno un lastrone per avere un preciso riscontro. "Mi ritorna in mente"anche la descri¬zione del Mirabella, a pag. 35 delle sue memorie, che così riporta: ''BOTTEGHE DA CONCIAR CUOIA in Aerodina, poste a dirimpetto dell'Arsenale, ch'era nell'Isola, in quella parte del Porto minore che dentro della Città si conteneva. Delle quali, benché non si trova tra gli antichi Scrittori, memoria, tuttavolta se ne veggono si chiare vestigie, che non è punto da dubitare, giachè ed i vasi, dove s'acconciavano le cuoia, incastrati nel vivo sasso, ed incrostati di tenacis¬simo bitume, e anco gli altri vasi da ricevere l'acque, per tutto in quel luogo si veggono: oltre l'esservi un'antica tradizione, e volgata fama. In queste botteghe si conduceva l'acqua per quell'Acquidotto, del quale non piccole vestigie si veggono nel luogo dei Padri Gesuiti, vicino alla Chiesa di Santa Maria del Gesù, e anco sotto gli orti di detta Chiesa, dove per esser incavato nel vivo sasso, si trova tutto in essere, che per vedervisi il bitume intatto, insieme con la maraviglia, apporta non piccolo diletto al curioso. Quest'acqua si divideva, parte per l'effetto già detto, e parte passava nell'Isola per un Acquidoccio fabricato sotto l'acque del minor Porto, del quale in certi tempi, che l'acqua del mare han voluto far gran secca, si veggono intiere le vestigie, si come più d'una volta abbiamo veduto, e al suo luogo abbiam fatto menzione". La pre¬senza dell'acquedotto è descritta anche nel primo volume delle Antiche Siracuse di Giacomo Bonanni.
Una planimetria da me elaborata (tav. 3) riporta precise indicazioni del Prof. Santi Luigi Agnello ossia il sito e le date delle escavazioni effettuate all'imboccatura del porto piccolo per abbassare il livello del fondale e permettere ai motopescherecci il passaggio e l'ormeggio lungo i moli della darsena. Se ne evidenzia il gravissimo danno provocato col dragaggio da cui furono estratti colonne e capitelli a stampella bizantini, oltre a 1330 grandi blocchi di cui 10 che riportano delle epigrafi tombali incise in ebraico del 15° sec. d.C., oggi esposti in parte nell'androne del Museo di Palazzo Bellomo e in parte presso il viale di accesso alla sede dell'Ispettorato della Commissione Pontificia di Archeologia Sacra in via A.Von Platen. La irrimediabile distruzione delle strutture murarie, purtroppo non aiuta nemmeno verosimilmente a restituire lo stato originario dei luoghi. Rimangono molti interrogativi: il basolato era un unico strato? Poggiava su lastricati precedenti? Quanto emergeva sopra l'attuale livello del mare? Perché alcune basole riportano iscrizioni tombali del periodo ebraico?
Stando alle mie osservazioni e al resto dei conci sconnessi rimasti ai margini dello scavo, ritengo che il piano superficiale di calpestio del basolato, danneggiato al momento del dragaggio, doveva trovarsi a circa 70 cm. sotto l'attuale livello marino ma che nel 1400 doveva essere fuor d'acqua, il che complica ulteriormente qualsiasi ipotesi. È auspicabile che tutte le strutture danneggiate dai dragaggi e comparse in seguito alla eliminazione dei sedimenti, vengano identificate e datate cronologicamente. Occorre quindi che sul sito siano effettuate le dovute sorbonature per individuare gli elementi strutturali, diversi parametralmente, per dimensioni e spessori. Le basole che riportano incisioni funerarie sembrano appartenere al sito del cimitero ebraico che le cronache ubicano tra il predio S. Lucia e Ortigia. Ciò conferma che il piano di calpestio dell'antico cimitero si troverebbe oggi sotto circa 70 cm. d'acqua. Altre immersioni da me effettuate sul fronte opposto del dragaggio, lato Ortigia, in allineamento con la testata lato attracco diportistico, non hanno dato alcun esito di continuità, tranne qualche sporadico blocco e una sagoma di rilevato di materiale conglomeratico di difficile interpretazione. Alla luce di quanto da me ulteriormente accertato, rimane ancora arduo venire a capo della evoluzione morfologica e cronologica dei luoghi. Le ulteriori testimonianze venute alla luce, impongono una accurata campagna di ricerca cui auspico di poterne essere testimone.Una planimetria da me elaborata (tav. 3) riporta precise indicazioni del Prof. Santi Luigi Agnello ossia il sito e le date delle escavazioni effettuate all'imboccatura del porto piccolo per abbassare il livello del fondale e permettere ai motopescherecci il passaggio e l'ormeggio lungo i moli della darsena. Se ne evidenzia il gra¬vissimo danno provocato col dragaggio da cui furono estratti colonne e capitelli a stampella bizantini, oltre a 1330 grandi blocchi di cui 10 che riportano delle epigrafi tombali incise in ebraico del 15° sec. d.C., oggi esposti in parte nell'an¬drone del Museo di Palazzo Bellomo e in parte presso il viale di accesso alla sede dell'Ispettorato della Commissione Pontificia di Archeologia Sacra in via A.Von Platen. La irrimediabile distruzione delle strutture murarie, purtroppo non aiuta nemmeno verosimilmente a restituire lo stato originario dei luoghi. Rimangono molti interrogativi: il basolato era un unico strato? Poggiava su lastricati prece¬denti? Quanto emergeva sopra l'attuale livello del mare? Perché alcune basole riportano iscrizioni tombali del periodo ebraico?
Stando alle mie osservazioni e al resto dei conci sconnessi rimasti ai margini del¬lo scavo, ritengo che il piano superficiale di calpestio del basolato, danneggiato al momento del dragaggio, doveva trovarsi a circa 70 cm. sotto l'attuale livello marino ma che nel 1400 doveva essere fuor d'acqua, il che complica ulteriormen¬te qualsiasi ipotesi. È auspicabile che tutte le strutture danneggiate dai dragaggi e comparse in seguito alla eliminazione dei sedimenti, vengano identificate e datate cronologicamente. Occorre quindi che sul sito siano effettuate le dovute sorbonature per individuare gli elementi strutturali, diversi parametralmente, per dimensioni e spessori. Le basole che riportano incisioni funerarie sembrano ap¬partenere al sito del cimitero ebraico che le cronache ubicano tra il predio S.Lucia e Ortigia. Ciò conferma che il piano di calpestio dell'antico cimitero si trovereb¬be oggi sotto circa 70 cm. d'acqua. Altre immersioni da me effettuate sul fronte opposto del dragaggio, lato Ortigia, in allineamento con la testata lato attracco diportistico, non hanno dato alcun esito di continuità, tranne qualche sporadico blocco e una sagoma di rilevato di materiale conglomeratico di difficile interpre¬tazione. Alla luce di quanto da me ulteriormente accertato, rimane ancora arduo venire a capo della evoluzione morfologica e cronologica dei luoghi. Le ulteriori testimonianze venute alla luce, impongono una accurata campagna di ricerca cui auspico di poterne essere testimone.
LA DUE DORSALI SOMMERSE
All'incirca fuori dai due attuali pennelli del porto piccolo, come riportato nelle mie planimetrie verosimili (tav. 10), si snoda la depressione sottomarina che ho battezzato "l'antica valle del Syrako', contenuta dalle due dorsali sommerse: quella a nord-est è il prolungamento degli scogli lunghi altrimenti denominati "Pietralonga"; quella a sud-est, lato Ortigia, è oggi sormontata dal molo frangiflutti "Talete". La presenza di ingrottamenti con formazioni stalattitiche (tav. 11 - 13), da me individuate a circa 20 mt. di profondità nella scarpata interna della dorsale di "Pietralonga", è la testimonianza concreta che, probabilmente prima della risalita olocenica, le due dorsali fossero emerse. All'epoca dovevano apparire come un piccolo fiordo, diventato laguna quando una duna marina, formatasi per il flusso e riflusso ondoso, ne ha ostruito l'imboccatura a nord-est, per poi essere definitivamente superata dall'innalzamento del livello marino. La batimetria da me elaborata, lungo il percorso a forma di "S", con andamento iniziale appena fuori dai pennelli del porto, verso nord est, inizia con una quota di circa mt. 4 sotto il livello marino per poi raggiungere i circa mt. 29 al centro; da qui inizia a risalire fino ad attestarsi a circa mt. 15 sotto il livello.marino. Proprio qui, alla fine, dove le due dorsali si fronteggiano, ho ipotizzato la formazione della duna marina. Numerosi sono i reperti archeologici sapientemente censiti e pubblicati dal compianto "pioniere". Rimando alla consultazione del suo contributo in merito, pubblicato nell'annuario 1967/1968 (XIII-XIV) dell'archivio storico della "Società Siracusana di Storia Patria". Numerose sono state la mie immersioni negli stessi luoghi. Purtroppo ho potuto constatare che i ceppi di piombo da lui censiti, sono spariti, vox populi, asportati da ignoti in tempi non sospetti. Ad avvalorare la mia convinzione che il bacino compreso tra le due dorsali, tra la costa settentrionale di Ortigia e la costa lungo riviera Dionisio il Grande, sia stato nel tempo utilizzato come rada per la sosta alla fonda delle imbarcazioni, in attesa che si liberasse lo scalo commerciale, ne è testimonianza tutta la tipologia delle ancore e i reperti ceramici di tutte le epoche che ancora è possibile individuare nel fondale. Mi auguro che la Soprintendenza del Mare emetta una ordinanza che decreti tutto il contesto "Museo storico archeologico sommerso " Tutto ciò che è in vista costituisce, a parer mio, una piccola parte di tutto quello che si potrà ancora scoprire (tav. 14-15-16-17-18). Ritengo che il fondale sabbioso-fangoso nasconda ancora grosse sorprese e che una preventiva campagna di ricerca con le attrezzature, divenute sempre più sofisticate, metterà gli archeologi subacquei in grado di intervenire con sorbonature mirate sui target ancora sepolti. Questo mio nuovo contributo ha la pretesa di arricchire con ulteriori dati le peculiarità del sito e vuole essere da stimolo per le nuove generazioni di archeologi e di studenti universitari che volessero sceglierlo come campo di ricerca.


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