porto grande - Archeologia Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Archeologia
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porto grande

Porti e portualità
Siracusa il porto Grande
Il porto grande di Siracusa
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Storia memoria e curiosità.
L’intera città è “abbracciata” da oriente ad occidente dal meraviglioso mare Ionio, sin dall’antichità gioia e dolore per tanti naviganti.
Il porto Grande, formatosi sull’esteso Graben dell’Anapo, è un ampio bacino naturale all’interno di una baia estesa circa 700 ettari, delimitata a nord, dalla costa di Ponente dell’isola di Ortigia e a sud dalla costa della penisola Maddalena-Plemmrio e ad ovest, dalle malsane paludi Lisimelie, oggi Pantanelli, bonificate alla fine dell’800.
Il profondo fondale, formatosi anche a causa della particolare geologia storica del territorio sin dalla Preistoria, è costituito da uno strato di roccia calcarea miocenica sulla quale si sono deposte argille azzurre attraversate da numerose Falde Acquifere alimentate dai fiumi Anapo e Ciane.
Il fondale, nel corso dei secoli, è stato “plasmato” con i determinanti depositi alluvionali dei monti Iblei, dalle piene dei fiumi Anapo e Ciane, dalle correnti marine e dei marosi di grecale, da nord, attraverso il basso fondale che separava Ortigia dalla terraferma e a sud, dall’ingresso delimitato dalle estreme propaggini di Punta Castelluccio-Plemmirio e da Punta Maniace-castello medievale.
Sin dall’antichità, meta e sicuro rifugio per i naviganti, i quali, decantavano le naturali qualità del porto, le splendide condizioni idrografiche e abbondanza di fresca acqua dolce, tra le quali, una sorgiva ancora attiva nel golfetto tra punta del Pero e punta Calderina, dove, secondo la leggenda, nel 734/35, sbarcò Archia Bacchiadi, fondatore di Siracusa.
Fu scenario e teatro di avvenimenti legati alle vicende storiche della città e di violente battaglie navali, definito dagli storici “cimitero di antichi naufragi”, come risulta dai ritrovamenti di relitti, ceramiche di diverse epoche, frammenti e parti di anfore, senza considerare le numerose armi e oggetti prelevati e razziati.
Nel golfo tra punta del Pero e punta Calderini, ricordato da Tucidide con l’antico appellativo di Daskon, nel 415/413 sbarcò e si insediò la flotta ateniese che assediò Siracusa.
Su uno degli adiacenti scogli, pare che venne eretto un cippo a ricordo di una vittoriosa battaglia navale contro i difensori siracusani.
Le antiche fortificazioni greche, gli attrezzati e operosi cantieri navali e Arsenali, oltre ad una “Tarfana”, sicuro riparo, difeso da una munita e fitta palificazione, si trovavano sull’antica costa meridionale, oggi Montedoro, tra le vie Somalia-Bengasi e Rodi e in Ortigia, nel tratto tra le vie XX Settembre e dei Mille, fino all’attuale molo Zanagora.
Dionisio I, fece edificare sul Montedoro il suo palazzo fortificato e fece scavare il basso fondale per realizzare un canale di collegamento tra i due porti che separò Ortigia dalla terraferma.
212/213 d.C., Siracusa fu conquistata dai romani, dopo un assedio di circa 3 anni, aiutati dal tradimento del siculo-spagnolo Merico, comandante dei mercenari incaricati di difendere le fortificazioni di ponente e la porta Aretusa.
Con lo sfaldamento dell’impero romano, Siracusa decadde, e fu preda di invasori Barbari e sfruttata da colonia Bizantina, Araba e Sveva.
Nel 1300, Federico II d’Aragona e Martino I, decretarono il privilegio istituendo il porto franco che assicurò alla città il monopolio di tutto ciò che veniva imbarcato o sbarcato sull’intera costa della Sicilia orientale.
Nel 1553, gli spagnoli di Carlo V, modificarono l’assetto dei due antichi porti e utilizzando i conci degli antichi monumenti archeologici, trasformarono Ortigia in cittadella fortificata, impoverendo la città con enormi spese e tasse che ridussero la funzione mercantile con conseguente emigrazione di imprenditori e nobili.
Nel 700, il porto Grande, fu sede e base navale delle flotte Olandese e Inglese e nel 1798 vi sostò per rifornirsi di acqua e viveri, prima della battaglia di Abukir, la squadra navale dell’Ammiraglio Nelson.
4 Agosto 1837, il Borbone, maresciallo di Campo Marchese Del Carretto, per aver partecipato ai moti rivoluzionari per l'unità d'Italia, punisce e declassa la città da Capo Valle a favore di Noto.
Ai Borboni si deve il banchinamento della Marina e la costruzione della Casina Sanitaria adiacente alla Villetta Aretusa, oggi sede della Capitaneria di Porto.
Tra il 1862 e i11868, con l’istituzione del regno d’Italia, la Marina assume l’aspetto attuale; nel 1875 fu realizzato il banchinamento della riva occidentale e il molo Zanagora; nel 1877, sulla Darsena, venne installata una gru mobile e nel 1892 venne allargata la banchina del piazzale IV Novembre.
Fu realizzata la stazione marittima, solo per merci, collegando i binari con quelli della stazione centrale con l’aumento del traffico merci, frumento, carbone, legname, asfalto, pece, agrumi e carrubi per oltre 100 mila tonnellate e con il movimento passeggeri fino a 8000 unità annue.
Dal molo Zanagora venivano imbarcate e spedite in Germania, Inghilterra e Stati Uniti, dove si usavano per fare le marmellate, le botti con bucce di arancia in salamoia.
Una proficua e intensa attività portuale fu inaugurata con l’istituzione di linee postali dirette, per Napoli e viceversa, per Palermo, Tripoli e Malta, con l’istituzione di una linea diretta nel 1895, con la nave Star Off Malta.
Nel 1891/93, abbattute le fortificazioni vennero riempiti i canali, anche se ciò provocò l’ulteriore insabbiamento del porto, salvo l’attuale Darsena che venne ristrutturata e la città si estese sulla terraferma con i nuovi quartieri Sant’Antonio e Santa Lucia, e con l’approvazione del piano regolatore nel 1904, del quartiere Umbertino e, in Ortigia, l’intera zona nord dall’attuale costa Talete e via Savoia-porta Marina.
Nel 1909 venne varato un piano regolatore per il porto mai completamente attuato per le operazioni della guerra italo-turca.
Nel 1935/36, guerra d’Africa, fu porto di imbarco per l’invio delle le truppe coloniali e rifornimenti e capo scalo per i collegamenti da e per la Libia.
Negli anni 30/40 facevano scalo le navi Argentina e Esperia in rotta diretta da e per il sud America.
Nel corso della seconda guerra mondiale subì frequenti incursioni aeree e bombardamenti.
Il 24 Maggio 1941, a 10 miglia dalla costa di Capo Murro di Porco, il sommergibile inglese Upholder silurò e affondò la nave Conte Rosso, la quale, in rotta per l’Africa, trasportava 2729 tra soldati ed equipaggio.
Nella notte tra il 10 e l’11 Agosto 1941, la nave ospedale California, alla fonda nel porto Grande venne colpita da un aerosilurante britannico, e rimase semi affondata sulla secca Galera.
Fu proprio uno dei due siluri rimasto inesploso nei fangosi fondali del porto che il 12 marzo 1952, recuperato dall’equipaggio del peschereccio “Nova Margherita”, durante l’impudente trasporto nel fondo sabbioso dell’insenatura di Massolivieri, esplose improvvisamente causando la morte di 9 persone. Sebastiano Bordato, Francesco Bandiera, Egidio Cappuccio, Angelo Cappuccio, Francesco Mincella, Angelo Mincella, Angelo Romeo, Salvatore Lentinello, Corrado Caldarella. Unico sopravvissuto Sebastiano Veneziano.
Sul porto grande e sullo sfondo dei monti Iblei si rimane estasiati ammirando uno dei più bei tramonti al mondo.

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