archeologia palazzo Prefettura
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scavi archeologici palazzo della Provincia
Palazzo della Provincia – Prefettura
Nell'anno 1996 un progetto di restauro e ristrutturazione del palazzo della Provincia Regionale in via Roma ha determinato la ripresa di ricerche archeologiche preventive nell'ambito del cortile comune con la contigua sede della Prefettura26 (fig. 8).
Le vicende subite dall'area, a partire dall'età ellenistica probabilmente sino all'edificazione del secentesco convento benedettino di S. Maria della Concezione, tra i più importanti della città, hanno intercettato e sconvolto le sequenze stratigrafiche per cui la lettura di livelli di età tardo-antica, bizantina e alto- medievale, non è agevole, come osservato già da Paola Pelagatti e ribadito da Beatrice Basile, che nel 2000-01 ha ripreso i sondaggi negli spazi ad Est e Ovest del saggio in questione .
Documenti utili sono costituiti da materiali rinvenuti in cisterne, pozzi, buche e livelli non omogenei, non essendo state individuate strutture attribuibili con certezza, allo stato dello studio, all'arco storico in esame.
Dalla cisterna 2 (US 57 e US 58) che supera i sette metri di profondità, esplorata nella zona N-O del saggio, sigillata dalla pavimentazione in cocciopesto, US 43, di un ambiente che si attesta ad un muro in pietrame US 37, risalente al XV secolo, come proverebbe una moneta della zecca di Messina di Giovanni d'Aragona, provengono vari materiali utili ad integrare i rinvenimenti di età bizantina ed alto-medievale, già editi da Basile ed Ancona28.
Fra essi si distingue un frammento di vetrina pesante, bordo di scaldavivande o chafing dish, decorato a petali applicati, con orlo distinto bifido, dal profilo arrotondato, databile tra fine VIII e IX secolo e considerato uno degli indicatori archeologici per l'alto medioevo in Sicilia29. Con questo frammento si porta un ulteriore contributo alla distribuzione di questa tipologia in Sicilia orientale, secondo le ricerche avviate da tempo30, a cominciare dal rinvenimento dell'esemplare completo, in gran parte ricomposto, che lo scavo condotto da Giuseppe Voza a Patti nel 1973 ha restituito e che in questa sede si presenta per la prima volta con documentazione grafica e fotografica31
(fig. 9),
(fig. 13).
La stessa cisterna 2 ha restituito pure due lucerne frammentarie acrome, del tipo a piattello con cupoletta superiore, databili fra la fine del IX e la metà del X secolo, e un certo numero di monete, non tutte leggibili per lo stato di conservazione, ma utili per le indicazioni cronologiche che forniscono, tra cui una di Teofilo (829-842), quattro di Michele III (842-867) ed una di probabile zecca vandalica di fine V sec. d.C. di pessima conservazione, come un'altra simile dal pozzo 1 US 49 (fig. 12)32, da cui provengono anche una lucerna ricoperta da vetrina grigia ed un boccale acromo con solcature. Degni di nota inoltre una coppia di orecchini di bronzo, del tipo a cerchio, decorato nella parte inferiore all'esterno con anelli alternati ad elementi triangolari, all'interno con cerchio tra due triangoli; rotti entrambi e lacunosi, con forti incrostazioni (fig. 13)33.
Va precisato che i materiali esemplificati provengono da contesti che, per la loro stessa natura, riempimenti di pozzi, contengono discrete quantità di altro cocciame acromo, coevo, così come frammenti di sigillata A e D che rimandano ai secoli precedenti, dal IV al VI secolo, e attestano comunque, la continuità di vita nell'area
A conclusione di questo, certamente non esaustivo, resoconto della documentazione dei secoli in esame, si segnala un bacino (fig. 14), che rientra nella produzione del XI secolo pieno, e proviene da indagini condotte nel 1999 in una tipica corte di Ortigia, quella dei Bottai o Bottari, in previsione di lavori di riqualificazione urbana, che hanno strappata l'area al degrado ed ampiamente restituita alla fruizione della città.