Casmene
Colonie siracusane
Casmene, (Kasmenai), colonia fondata da Siracusa.
Tratto da:Da Siracusa a Camarina Itinerario Turistico Archeologico di Giancarlo Germanà e Lorenzo Guzzardi
Circa la localizzazione di Casmene, si sono chiamati in causa vari siti della Sicilia sudorientale, fra i quali Ispica, Scicli e Comiso.
Oggi è generalmente accettata l’idea di Di Vita, secondo cui l’antica Casmene si troverebbe presso Monte Casale, sito indagato da Orsi tra il 1922 ed il 1931.
Anteriori alla presenza greca sulla cima di Monte Casale, sono da segnalare, nel settore di sud – ovest del pianoro, due gruppi di capanne della prima età del bronzo. Alla medesima età, appartengono altri quattro stanziamenti dislocati fra Buccheri e Buscemi, sulle pendici dell’altopiano.
Lungo la strada di accesso a tali abitati sono ben visibili le relative necropoli con tombe a grotticella artificiale.
Nel settore a nord ed a nord – ovest della città vi erano le necropoli, anche queste esplorate da Orsi, che hanno restituito materiali databili fra la prima metà del VI e il IV secolo a.C.
La città era dotata di un impianto di fortificazioni che seguono strettamente i margini del pianoro montano che risulta così tutto compreso nell’area urbana.
La cinta muraria che si distingue soprattutto sui lati settentrionale ed orientale, è costruita in tecnica megalitica, con l’uso esclusivo di pietra lavica.
I massi, sovente enormi, danno luogo a poderose cortine murarie, da cui aggettavano, come si può osservare meglio sul lato nord, delle torri quadrangolari.
Per quanto riguarda la cronologia della cinta muraria, tutto lascia intendere che sia coeva con l’impianto della sub – colonia.
I punti indiziati per le porte urbiche sembrano essere due: uno a metà circa dello sviluppo del lato ovest delle fortificazioni e uno sul lato sud di esse, pressappoco nei punti in cui la trazzera ancora esistente intercetta le fortificazioni. Una linea di fortificazione è stata individuata lungo il margine orientale della terrazza della cosiddetta acropoli. Si tratta di strutture relative ad un muro a doppia
cortina che si attesta sulla fortificazione urbica nei pressi della prima torre, da ovest, del lato nord di essa, ed ha un percorso in senso nord/sud che arriva fino all’altezza del tempio.
Tre torri quadrangolari aggettano dal muro che si sovrappone agli isolati dell’impianto arcaico e fa riconoscere con il suo sviluppo l’intento di recintare e fortificare il sito più elevato dell’area urbana. L’opera sembra potersi inquadrare in quella sistematica opera di fortificazione del territorio siracusano avvenuta nella prima metà del IV secolo a.C. in rapporto al pericolo cartaginese, documentato anche nei siti di Eloro, Akrai e Pantalica.
L’impianto urbanistico è costituito da una fitta serie di circa 40 strade parallele, con direzione nord - nord/ovest, le quali delimitano degli lunghi isolati coperti dalle strutture abitative poco conservate in elevato. Esse, in genere, erano costruite in tecnica poligonale con l’uso quasi esclusivo della pietra lavica. In qualche caso è anche adoperata la pietra calcarea bianca. Il fondo roccioso su cui poggiano le strutture murarie è per sua natura incoerente, magma vulcanico elastico, come lo definì l’Orsi, per cui sono spesso verificabili slittamenti dei muri.
Sulla parte più elevata della città, ad ovest, ritenuta l’acropoli, si trovano le fondazioni di un tempio aptero cella allungata (m. 27 × 7,50), per il quale Orsi aveva già supposto una duplice fase di costruzione: una prima corrispondente alla realizzazione della cella ed una seconda, che colloca verso la fine del VI secolo a.C., quando fu aggiunta la peristasi.
Il tempio, come ha osservato Di Vita, seguiva l’orientamento dell’impianto urbano. A sud del tempio si trovava l’area del temenos, da dove provengono le terrecotte architettoniche ed i numerosi ex – voto consistenti in centinaia di punte di giavellotto, di lance, pugnali, cuspidi di freccia, coltelli, lamine di bronzo, modellini di elmi, scudi e corazze.
Dallo studio delle fotografie aeree, inoltre, appare chiaro che a Monte Casale non vi erano strade continue in senso trasversale agli isolati. Anche se in qualche punto della zona centrale dell’abitato è stato individuato qualche incrocio, si doveva trattare del collegamento fra settori limitati del suolo urbano.
In base a quanto, finora, è emerso dagli scavi archeologici, è stato possibile appurare che ogni isolato era diviso longitudinalmente in due parti uguali per mezzo di un ambitus, nella maggior parte dei casi sostituito da una struttura muraria rettilinea. Ogni isolato, inoltre, era coperto in senso trasversale da blocchi di case di forma quadrata. Ogni blocco era costituito da quattro complessi
abitativi di forma quadrata. Ad ogni abitazione, in linea generale, si accedeva da est o da ovest sugli stenopoi. L’ingresso dava su un corridoio che portava ad un cortile, collocato nella parte est od
ovest, in cui erano sistemati gli ambienti di servizio o di lavoro. La posizione degli ambienti lavorativi era costante e, generalmente, in numero di tre, allineati in senso est – ovest.
Ad un primo esame di questo tessuto urbanistico appare chiara l’applicazione modulare, ancora più accentuata dal fatto che non si conoscono spazi urbani, come l’agorà ed altre aree sacre.
Se si tiene conto che i materiali raccolti all’interno delle case permettono una datazione che per la maggior parte si riferisce al VI secolo a.C. e meno numerosi sono i materiali più tardi, che non vanno oltre la metà del IV secolo a.C., si comprende com una migliore conoscenza dell’impianto urbano e delle sue varie fasi storiche porterebbe tantissime altre informazioni su questa subcolonia siracusana.
Testo a cura di Pietro Piazza
Κασμεναι occupa il pianoro del Monte Casale presso Buscemi e gli scavi condotti da Paolo Orsi e poi negli anni ’70 dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di hanno messo in luce una possente cinta muraria megalitica che circonda il pianoro, con un unico accesso costituito da una stretta portella posta a SW
L’abitato, scavato parzialmente, ma ancora ben leggibile dalle foto satellitari e dall’affioramento delle strutture murarie dal piano di campagna, era costituito da un impianto per strigas databile al VII – VI sec.a.C..
Lo scavo della terrazza orientale ha messo in luce tre isolati: ogni isolato, di notevole lunghezza e largo 25 m, era diviso longitudinalmente in due parti uguali da un ambitus di 0,50 m, talora interrotto o sostituito da una struttura muraria rettilinea. Ogni isolato è coperto in senso trasversale da blocchi di case comprendenti ciascuno quattro complessi abitativi a pianta quadrata (156 m2 con 12,50 m di lato). Ogni casa ha l'accesso da E o da O sugli stenopòi, un corridoio conduce a un cortile sul quale da E e da O si affacciano gli ambienti di servizio. Gli ambienti abitativi veri e propri si allineano a tre a tre sul lato ΝE si aprono a S24(fig. 22).
Anche il temenos del tempio (l’unico rinvenuto sul pianoro e da cui proviene la ricca stipe votiva costituita da armi) si inserisce armonicamente all’interno della griglia urbana(fig. 23).
Secondo Voza25, lo schema costante delle strutture abitative dà l'impressione di una forte regolarità modulare, estesa a tutto il tessuto urbano
Si ipotizza che all’apice della sua crescita la città abbia ospitato 7.000 – 8.000 abitanti