archeologia via Maestranza - Archeologia Siracusa

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Archeologia
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archeologia via Maestranza

Archeologia Maestranza

Archeologia via della Maestranza

scavi archeologici via delle Maestranze testi e foto dalla documentazione di Luca Savarino pagine 490 e seguenti.

vedi documentazione PDF

https://www.antoniorandazzo.it/ortigia/maestranza.html

Nel gennaio 1910, durante i lavori di consolidamento dell'allora Palazzo Pizzuti sito in Ortigia fra via Maestranza e via Roma, furono scoperti i resti di un grande edificio giacenti fra il centro ed il limite orientale dello stabile (figg. la-b).

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I resti, intercettati alla profondità di 3 m dal p.d.c., erano disposti in senso ovest-nord-ovest/est-sud- est lungo la fronte meridionale di via Maestranza per 21 m di lunghezza. La struttura conservava quattro assise di blocchi squadrati, lunghi da 1,07 a 1,52 m. Il primo filare, che poggiava sul banco roccioso, mostrava i conci alti 0,57 m e larghi 1,24 m sfalsati lungo la fronte. Il secondo filare presentava i blocchi, alti 0,81 me larghi 0,78 m, allineati lungo la fronte e rientrati rispetto ai sottostanti. Inoltre, al centro fra due elementi lapidei compariva un concio di dimensioni minori, con una canaletta di 10 cm incisa sulla sommità. Infine le restanti assise, che erano allineate fra di loro ma arretrate rispetto al filare sottostante, erano composte rispettivamente da conci di 0,67 e 0,72 m di altezza per 0,60 e 0,55 m di spessore (fig. 2).



Fra il 1977 ed il 1980 i lavori di demolizione di alcune strutture fatiscenti eseguiti per l'ampliamento della Prefettura ad est di Palazzo Vermexio, nell'area compresa fra via Roma, il convento di S. Maria e via del Labirinto, portarono alla luce un insieme di resti che dall'epoca moderna risaliva fino all'età proto-storica300.
Successivamente, fra il 1996 ed il 1998, il restauro del palazzo della Provincia, sito a fianco della Prefettura, ha consentito l'esplorazione di un'area contigua a quella saggiata. Così, il nuovo scavo ha permesso di verificare l'ipotesi di ricostruzione della maglia urbana antica già formulata. Inoltre, le indagini hanno confermato quanto già notato dalle ricerche precedenti circa lo stato della stratificazione. Infatti, anche qui è stato rivelato che i livelli archeologici più recenti erano stati sconvolti profondamente dagli interventi medioevali e moderni, mentre gli strati più profondi avevano mantenuto un maggior stato di conservazione (figg. 1-2).

Nel 1978, durante i lavori condotti nella zona della Prefettura, sono stati portati alla luce una serie di pozzi concentrati nella metà settentrionale del saggio. Qui poi, a nord dello stenopós n. 13 ed in prossimità dell'angolo nord-orientale dell'area di scavo, è stato scoperto il pozzo n. 11. La cavità misurava 0,70 m di diametro e conservava l'orlo realizzato con pietrame di piccole dimensioni. Inoltre, all'interno, l'apprestamento era stato riempito con terra e materiali diversi (fig. 3).

La giacitura dei frammenti fittili rinvenuti nella colmata del pozzo ha suggerito a F. Fouilland di riconoscere nell'apprestamento un deposito secondario, obliterato intorno alla metà del VI sec. a.C. Inoltre, il carattere votivo delle classi ceramiche rappresentate, unito alla produzione locale oltre che etnisca, fenicia, corinzia, argiva e greco-orientale hanno spinto lo studioso ad ipotizzare la provenienza dei pezzi da uno hierón in uso almeno dal 700 a.C., ma di incerta collocazione301. L'assenza di luoghi di culto nella parte messa in luce a sud del pozzo n. 11, poi, ha portato il Fouilland a congetturare l'esistenza di un santuario nel tratto a nord dell'area indagata, al disotto del Palazzo della Prefettura302. Però, la mancanza di dati provenienti da questo punto non permette di confermare o di confutare la proposta. Tuttavia, qualora venisse accertata la provenienza dei materiali da uno spazio rituale, la consacrazione dei pezzi richiederebbe la loro deposizione all'interno di un témenos, il cui limite meridionale a quel punto potrebbe essere riconosciuto nel coevo muro in pietrame allineato lungo il margine settentrionale dello stenopós n. 13303 (fig. 4).

Nel 1978, fra i resti portati alla luce nell'area settentrionale del saggio è comparso un asse viario di larghezza compresa fra 2,50 e 2,80 m, disposto in senso ovest-nord-ovest/est-sud-est. La strada, delimitata sui lati nord e sud da muri in pietrame, constava di una serie di dieci livelli pavimentali sovrapposti, di cui solo uno dei più recenti in acciottolato. Invece i restanti battuti erano stati realizzati con frammenti ceramici misti a pietrisco e terra. Inoltre, sulla superfìcie di ciascun calpestio si conservavano ancora le tracce delle carreggiate (fig. 5).


A sud dell'asse viario e al di sotto dei livelli di epoca classica lo scavo ha messo in luce alcuni lacerti murari pertinenti a tre strutture quadrangolari, orientate nord-nord-est/sud-sud-ovest. Gli ambienti monovani, di 2,50 per 4 m, conservavano i pavimenti in terra battuta mescolata con tritume di calcare giallo e all'esterno erano circondati da superfìci libere (fìg. 6).

I resti, portati alla luce nell'angolo sud-occidentale dell'area di scavo, constavano dell'angolo nord¬ovest di un ambiente quadrangolare, disposto in senso ovest-nord-ovest/est-sud-est. I muri, di 0,40 m di larghezza, erano stati realizzati in conci con fronte spianata. Tn particolare, il lato settentrionale, conservato per 2,75 m ca., presentava una lacuna al centro, mentre quello occidentale era integro per la lunghezza di 2,50 m. Poi, all'interno del vano, era presente un lacerto di pavimentazione, realizzato con tritume di calcare giallo. All'esterno, invece, è stata scoperta un'area in battuto, forse pertinente ad un cortile, delimitata 3 m a nord dal muro meridionale della casa "B".Fig.7

I resti, portati alla luce nell'estremità meridionale dell'area di scavo, constavano dell'angolo nord¬ovest di un ambiente quadrangolare, disposto in senso ovest-nord-ovest/est-sud-est. I muri, di 0,30 m di larghezza, erano stati realizzati in pietrame. In particolare, il lato settentrionale era conservato per 1,30 m ca. di lunghezza, mentre quello occidentale era integro per 1 m ca. (fig. 8).

I resti, portati alla luce al centro del settore orientale dell'area di scavo, constavano dell'angolo sud¬est e del lato ovest di un ambiente rettangolare, largo 2 m e disposto in senso ovest-nord-ovest/est- sud-est. I muri in pietrame, spessi 0,50 m, si conservavano ad ovest per 4 m ca. di lunghezza, a sud per 1 m ca. e ad est per 2,30 m ca. Addossata al lato occidentale della stanza, pavimentata in tritume di pietra gialla, compariva una banchina alta 0,30 m e lunga 2 m., caratterizzata a nord da uno scasso semicircolare (E) di 0,50 m di diametro. Inoltre, lungo il lato meridionale del vano, una porta di 1 m di luce dava accesso ad uno spazio esterno, livellato con un battuto biancastro e dotato di un focolare. Infine, ad ovest della struttura compariva un edificio quadrangolare (D), di cui rimanevano i fianchi orientale e meridionale per 3 m ca. di lunghezza e rispettivamente per 0,90 m e per 0,50 di larghezza (fig. 9)-(fig. 10)

Al centro dello scavo e a partire dal limite meridionale è stato portato alla luce un lungo tratto di muro, orientato in senso nord/sud. La cortina, realizzata con blocchi isodomi di 0,60 m di spessore messi in opera a secco, è stata scoperta per 7,50 m ca. e mancava del secondo concio a contare da nord (fìg. 11 ).

I resti della struttura, rinvenuti nell'estremità sud-orientale del saggio A, giacevano al disotto dei livelli greci, immersi in uno strato di terra marrone. Qui la costruzione, tagliata da edifìci di epoca posteriore, conservava parte del muro perimetrale ovest in pietrame, per 1,50 m di lunghezza e 0,60 m di larghezza (figg. 12-13).


Fra il 1996 ed il 1998 i lavori di restauro del palazzo della Provincia, sito a fianco della Prefettura, hanno consentito l'esplorazione di un'area contigua a quella saggiata alla fine degli anni '70 del IX sec. a.C. .


Nell'estremità settentrionale del nuovo settore d'indagine, sono state portate alla luce alcune fossette concentrate in un'area (g) della quale, purtroppo, non sono stati chiariti i limiti. Le cavità, che erano scavate nel terreno ed in qualche caso presentavano copertura in conglomerato di arenaria, contenevano esigui frammenti ceramici di dimensioni ridotte, resti di contenitori da trasporto e da dispensa come anfore e pithoi, tegole, resti malacologici ed ossei relativi a piccoli animali. Inoltre, a sud delle buche è stato scoperto un blocco in calcare (d) di 1 m di lunghezza per 0,50 di larghezza, impostato su una fondazione in pietrame, lunga 3 m e larga 1 m, orientata est- nord-est/ovest-nord-ovest (fig. 15).

Lungo il lato occidentale dello scavo eseguito fra il 1996 ed il 1998 è stato scoperto un tratto di muro (a) orientato in senso nord/sud. A settentrione la struttura era stata tagliata da un pozzo moderno (4), mentre ad ovest all'altezza del terzo blocco era stata intaccata da una cavità (c), invece a sud dopo una lacuna di 4 m presentava un ultimo elemento costruttivo. La cortina, emersa a 2,55 m dal p.d.c., conservava un'unica assisa in blocchi squadrati di arenaria lunghi 1,25 m, larghi 0,40 m e alti 0,55 m. Inoltre, il setto insisteva su una fondazione in pietrame, alta 0,90 m ed impostata sul banco roccioso. In particolare poi i conci, lungo il lato occidentale, presentavano la risega dello spiccato segnata a 0,25 m dalla base (fig. 16).


Al centro dello scavo eseguito fra i 1996 ed il 1998 è stato portato alla luce un lacerto di muro (b) orientato in senso nord/sud, parallelamente alla cortina (a) da cui distava 0,40 m. Il setto, superstite per 1,70 m di lunghezza, conservava un solo blocco squadrato di arenaria, largo 0,40 m ed alto 0,55 m e, come il precedente, insisteva su una fondazione in pietrame, alta 0,90 m e piantata sul banco roccioso (fig. 17).


C. Ciurcina, analizzando i resti, ha riconosciuto nella cortina (b) un'opera di consolidamento oppure un elemento strutturale dell'edificio di cui farebbe parte anche il muro (a)319. Tuttavia, la disposizione parallela dei setti, impiantati su fondazioni differenti, farebbe sospettare l'appartenenza dei resti a strutture diverse, separate da un ambilus mediano di 0,40 m di larghezza (fig. 19).

Lungo il limite occidentale dell'area indagata fra il 1996 ed il 1998 ed a ridosso del muro (a) è stata scoperta una fossa (c), orientata in senso est/ovest. La cavità, di forma ellittica, misurava in superficie 1,40 m di lunghezza per 1 m di larghezza, mentre nel banco roccioso era stata scavata per 1,80 m di lunghezza e per 1 m di profondità. Inoltre le pareti, che lungo il margine orientale tagliavano il blocco della cortina (a), conservavano sui lati lunghi una ghiera in pietrame alta 25 cm a partire dalla roccia (fig. 20).

I materiali restituiti dalla buca e costituiti da ceramica, parte di un loutérion in marmo, due pesi da telaio, pochi frammenti di coroplastica, scorie e oggetti di ferro, nonché resti ossei e malacologici hanno spinto C. Ciurcina a riconoscere nell'apprestamento un bóthros in uso fra il VII ed il IV-III sec. a. C. . Tuttavia, come ricordava la studiosa, il riempimento della fossa presentava segni di rimaneggiamento antico non soltanto nella parte superiore, dove comparivano frammenti di invetriata, ma anche nel restante deposito. Inoltre, la fascia in pietrame impostata sul banco roccioso intorno al cavo e la colmata costituita da tegole, resti di pisé, distanziatori di fornace e scorie metalliche suggeriscono di riconsiderare tanto la datazione, quanto la destinazione d'uso della buca . Questa, infatti, sembrerebbe il risultato di alcune alterazioni praticate su un originario apprestamento funzionale, forse un sirós costituito da uno scasso lungo 1,80 m aperto nella roccia e delimitato lungo il bordo da una ghiera in pietrame. Successivamente, con la crescita delle quote pavimentali, l'apertura sarebbe stata colmata e quindi, non dopo il VI sec. a.C., obliterata dalla fondazione del muro (a), che in parte ne ingloba la vera. Una buca più stretta, poi, sarebbe stata scavata ad un livello meno profondo, forse con funzione di butto, tagliando la facciavista ovest del muro (a) ed intaccando il deposito sottostante. Infine, un'ultima manomissione della sequenza stratigrafica potrebbe essere stata causata dalla fondazione o dall'ampliamento del complesso monastico di S. Maria che, con l'impianto delle fondamenta sul banco di fondo, ha distrutto il limite occidentale di entrambe le cavità. Concludendo con la cronologia, la quota di rinvenimento dei primi resti spingerebbe ad assegnare l'apprestamento in epoca molto antica, forse proto-storica . Invece, l'apertura dello scasso più superficiale potrebbe datarsi dopo l'inizio del XIII sec., sulla base dei frammenti ceramici invetriati rinvenuti all'interno della colmata  (fig. 21).

Fra il 1996 ed il 1998 i lavori condotti nel cortile meridionale della Prefettura, hanno portato alla luce una sovrapposizione di livelli identificati con un tratto stradale. Il percorso viario, disposto in senso ovest-nord-ovest/est-sud-est, è stato scoperto nell'angolo sud-occidentale dello scavo, dove le fondazioni del palazzo moderno ne avevano risparmiato un segmento largo 0,90 m. L'asse, a dire della scavatrice, constava di una serie di battuti pavimentali di esiguo spessore e sovrapposti, realizzati con terra, ciottoli e conglomerato di calcare. Inoltre, la strada era fondata su una massicciata in pietrame spessa 0,90 m e stesa direttamente sul banco roccioso (fig. 22).

La planimetria degli ambienti messi in luce alla fine degli anni '70, unita ai materiali ceramici rinvenuti nei livelli di occupazione spinsero P. Pelagatti a riconoscere nelle strutture i lembi di un quartiere abitativo della fine dell'VIII sec. a.C., costituito da isolati larghi 25 m. Tuttavia, l'organizzazione planimetrica complessa di alcuni oikoi denoterebbe più fasi edilizie ed un utilizzo continuato per almeno un secolo. Inoltre le abitazioni tardo-geometriche, sebbene disposte lungo l'allineamento dell'asse stradale messo in luce a nord, sarebbero state realizzate seguendo una primitiva divisione dello spazio, poi rimarcata dallo stenopós la cui datazione al 700/650 a.C. verrebbe confermata dai frammenti fittili inglobati nel più antico battuto. Successivamente, il percorso viario avrebbe subito diversi rifacimenti in epoca classica, ellenistica e romana imperiale per venire obliterato infine da alcuni edifìci religiosi in età medioevale   (fig. 23).

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