Camarina - Archeologia Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Archeologia
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Camarina

Colonie siracusane

Camarina, (Kamarina), colonia fondata da Siracusa.

Tratto da:Da Siracusa a Camarina Itinerario Turistico Archeologico di Giancarlo Germanà e Lorenzo Guzzardi

documentazione PDF


foto da Pietro Piazza "la colonizzazione siracusana"




Il complesso di edifici in cui è ubicato il Museo Archeologico Regionale di Camarina è un insieme di caseggiati rurali costruiti fra la fine del XIX e il XX secolo nel luogo più alto del promontorio in cui si insediarono i primi coloni greci e cioè presso l’area del santuario di Athena, i cui resti sono tuttora visibili e insistono nel percorso museale.
I corpi di fabbrica sono organizzati intorno ad un cortile centrale, corrispondente al baglio della masseria ottocentesca, in cui sono evidenti i resti del muro sud del tempio in corrispondenza della cella.
Il primo nucleo museale, l’antiquarium, che dipendeva dalla Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, si data agli anni Sessanta dello scorso secolo. Ma la sistemazione museografica attuale, che si deve agli architetti Franco Ceschi ed Edgardo Tonca, risale agli anni Ottanta.
L’allestimento del secondo padiglione fu completato negli anni Novanta.
Dal vano d’ingresso all’edificio del Museo corrispondente ad un ambiente di produzione agricola del vecchio palmento, ben riconoscibile per la presenza di un caratteristico torchio ancora in loco, è
temporaneamente esposta la sezione di archeologia subacquea, in attesa che venga sistemata in altri ambienti più adatti non appena si potrà disporre di questi ultimi per il Museo.
Vi sono esposti preziosi reperti di provenienza subacquea dalla baia di Camarina, che documentano le frequentazioni del litorale dal VII secolo a.C. fino al Medio Evo; dai numerosi relitti finora rinvenuti
provengono oggetti in metallo, ceramica, vetro, legno ed altro materiale organico, conservati in modo straordinario.
I materiali, raggruppati per contesti di provenienza, quali i relitti di appartenenza, sono esposti con criterio di successione cronologica.
Materiali greco-arcaici caratteristici del carico di una nave commerciale si riferiscono al cosiddetto relitto dell’elmo corinzio dai fondali di Punta Braccetto, da cui proviene anche il raro elmo a calotta sferica in lamina di bronzo degli inizi del VI secolo a.C.
L’elmo attico-etrusco, con calotta coronata e paragnatidi mobili, proviene invece da un relitto del IV secolo a.C.
Di età ellenistica è il relitto mamertino, forse pertinente ad una nave che prese parte alle operazioni dei Mamertini contro Camarina nel 278 a.C.
Una statuetta in bronzo del Dio Arpocrate, rinvenuta nell’avanporto della città presso la foce del fiume Ippari, si data al III – II secolo a.C., così come i pesi in piombo di forma quadrata trovati a mare e presumibilmente scivolati da un edificio ubicato presso l’agorà di Camarina, forsel’agoranomìa, dove svolgeva le proprie funzioni il magistrato addetto alle verifiche ponderali.
Un gruppo di lucerne, ancora impilate come al momento del ritrovamento, insieme ad altri oggetti fra cui uno stilo in bronzo, un pendente, un galletto, una coppa in argento ed un piatto in marmo bianco, faceva parte di un relitto di età romano-imperiale.
Dal relitto delle colonne (III secolo d.C.), che dal Nord Africa trasportava due colonne di marmo giallo e vari blocchi lapidei, provengono oggetti in bronzo quali il vaso portaprofumi con manico decorato a sbalzo e intarsiato con smalto, il thermos con sostegni a zampe leonine decorato con piccole figure a rilievo di ambito dionisiaco (sileno e maschere teatrali), lo scandaglio, la cassa in piombo, tre strigili e altri reperti del prezioso carico.
Del III secolo d.C. sono anche: il relitto dei sei imperatori che prende il nome dalla serie di emissioni monetali qui rinvenute databili fra il 253 e il 257 d.C.: antoniniani di Cornelia Salonina, Gallieno, Vittorino, Tetrico padre, Tetrico figlio, Claudio il Gotico, Quintillo; e il relitto di Afrodite che oltre alla raffinata statuetta in bronzo della dea trasportava l’arredo di un triclinio.
Dall’ancoraggio romano e bizantino di Caucana, ad est di Camarina, e dal litorale antistante, provengono alcuni importanti reperti: una testa femminile in marmo bianco della prima età romano – imperiale, un piccolo busto femminile in bronzo di età romana, frammenti di transenne in marmo, una patena d’argento (VI secolo d.C.) che riporta l’epigrafe in greco Dio proteggi Teodosio, riferibile ad officina imperiale.
Ad età medievale e segnatamente al XIII secolo si data una galea che forse trasportava cavalli, dalla quale provengono gli oggetti esposti: un elmo, vari arnesi da lavoro, ferri di cavallo.
Il percorso di visita si inizia con la sala della preistoria sono esposti e illustrati reperti paleontologici della regione iblea, in cui ricade il territorio camarinese: si tratta di resti di vertebrati provenienti da depositi del Pleistocene (900.000-800.000 anni fa), quali l’Elephas falconeri e l’Elephas mnaidriensis, elefanti di dimensioni ridotte.
È quindi illustrato il popolamento del territorio in età preistorica, con particolare riferimento all’antica età del bronzo (XXIIXV secoloa.C.).
I rinvenimenti effettuati da Paolo Orsi e le successive ricerche hanno consentito l’individuazione di vari insediamenti lungo la fascia costiera camarinese e nell’immediato retroterra: sono esposti reperti provenienti dall’area a nord e ad ovest del tempio di Athena (asce, fuseruole, ceramica), ed inoltre materiali, quali utensili litici e ceramiche, dal grande villaggio di Branco Grande (nel quale Paolo Orsi riconobbe le tracce superstiti di quaranta capanne) e da altre stazioni preistoriche.
Dal villaggio di contrada Forche, presso il vallone della Fontana di S.Croce Camerina, provengono interessanti reperti di ceramica pertinenti a tazze, fruttiere e ciotole decorate con i caratteristici motivi geometrici di colore bruno o nero su fondo rosso o arancione.
L’interessante plastico del territorio camarinese illustra l’ubicazione degli insediamenti indigeni e greci nell’epoca della colonizzazione.
Si evidenzia come gli insediamenti indigeni fossero soprattutto nell’altopiano, mentre gli abitati greci erano nella zona di Camarina, pianura e nella fascia costiera.
La presenza dei Greci nell’entroterra, per esempio a Ragusa – Hybla, è da riferirsi ai primi contatti di Camarina con il mondo indigeno.
La seconda sala espositiva è dedicata al primo periodo di vita di Camarina.
Dagli strati arcaici rinvenuti negli scavi di Camarina (Casa dell’Altare, 1961; Casa dell’Iscrizione, 1978) provengono i vari frammenti esposti di ceramica corinzia pertinenti alla fase che si conclude nel 552 a.C., quando Camarina si ribella all’egemonia dei Siracusani e viene da questi ultimi distrutta. È di questo periodo la prima realizzazione del muro di cinta.
Gli scavi condotti da Paolo Orsi, dal 1896 al 1910, e le sistematiche ricerche coordinate da Paola Pelagatti dagli anni Sessanta agli anni Ottanta dello scorso secolo hanno riguardato la vasta area funeraria di Camarina.
Dalla più antica necropoli camarinese, ubicata ad est della città in contrada Rifriscolaro - Dieci Salme, sono state esplorate più di duemila tombe messe in luce ai lati di una strada che collegava la città e l’entroterra. Dalla metà del VI secolo a.C. si data la necropoli settentrionale di Scoglitti.
Il materiale qui esposto è relativo ai corredi di alcune tombe: importazioni corinzie, ioniche, attiche, etc., da vari tipi di sepolture ad incinerazione e ad inumazione.
I riti funerari e le acquisizioni conoscitive nel settore antropologico, oltre ad essere adeguatamente illustrati, sono richiamati da riproposizioni museali del contesto e dello scavo archeologico: un campione della necropoli con esempi di deposizioni “ad enchytrismos”, cioè inumazioni di bambini o feti dentro i vasi, per lo più anfore; un’inumazione di un rannicchiato.
Nel 1896 Paolo Orsi rinvenne fra la città e il Rifriscolaro una notevole quantità di statuette votive di terracotta entro un ambiente a pianta rettangolare, riconosciuto come il deposito di un santuario di Persefone o delle divinità ctonie.
Lo studio sistematico delle terrecotte ha consentito di riconoscere tipi databili a varie fasi di vita della città, dalla rifondazione del 491 a.C. dovuta ad Ippocrate di Gela (tipi delle c.d. “Athena Lindia”, figure stanti con porcellino al petto) alla rifondazione democratica del 461 a.C. (tipi con porcellino al ventre, con porcellino su un fianco, con porcellino obliquo) e alla fine del V secolo, quando la produzione di statuette stanti con porcellino si uniforma ai tipi di Gela, Agrigento, Siracusa e Selinunte.
Un’arula rettangolare in terracotta, raffigurante una Gorgone, per i confronti con reperti da Gela, ripropone la probabile influenza nei culti da parte dei tiranni della vicina colonia rodio – cretese.
Camarina, vaso attico a figure nere con la raffigurazione della fuga di Enea da Troia (a sin.), arula fittile con la rappresentazione del Gorgoneion (a des.).
Vari frammenti architettonici in pietra o in terracotta, provengono da edifici di VI e V secolo a.C. dell’area sacra del tempio di Athena: si segnalano un kalipter hegemon, tegola di colmo del tetto del tempio di VI secolo a.C., due palmette in pietra dai lati lunghi del tempio di V secolo a.C., un doccione a testa leonina di V – IV secolo a.C.
L’ultima sala del padiglione est del Museo ha per oggetto il Tempio di Athena: qui sono visibili i resti dell’edificio di età greca rinvenuti nel corso degli scavi effettuati una ventina di anni fa. Da un soppalco e da una passerella, sono ben visibili in loco i blocchi in arenaria di fondazione (teichobate) dell’angolo nord – est del tempio di V secolo a.C.; parte della fondazione del pronaos, anch’essa di età greco – classica; un terrapieno del IV secolo a.C. realizzato dinanzi alla zona di accesso al tempio.
Lungo le pareti a fianco della passerella sono esposti reperti provenienti dal tempio (un doccione in arenaria a testa leonina, frammenti di terrecotte architettoniche pertinenti ad elementi di coronamento, etc), illustrati attraverso una ricca documentazione grafica e fotografica, che comprende un’importante immagine settecentesca del pittore francese Houel, la quale ha per oggetto i resti del tempio, allora utilizzati per la Chiesa della Madonna di Cammarana.
Alla fine del percorso lungo la passerella, è possibile soffermarsi dinanzi ad un modellino ricostruttivo del tempio, utile per la comprensione dei resti già descritti e di quelli visibili sia nel cortile del Museo (tratto del muro sud del naos) sia nella sottostante terrazza ad est (tagli e filari di fondazione nella zona dell’opistodomos).
Nel padiglione ovest vengono illustrate la storia e l’urbanistica di Camarina nel V e IV secolo a.C., con un particolare spazio dedicato all’agorà: qui sono esposte in una ricostruzione della giacitura originaria alcune anfore greco – italiche (fra il IV inizi III secolo a.C.) provenienti da un ricco deposito rinvenuto nella zona sud dello stoà ovest, ubicata fra l’agorà di levante, che assolveva alle funzioni civili e religiose e l’agorà di ponente, presumibilmente destinata alle attività commerciali.
Nelle sale trova illustrazione attraverso rilievi planimetrici ed un plastico l’impianto ortogonale della città in età greco – classica con isolati delimitati da strade principali larghe circa dieci metri (plateiai) e strade secondarie larghe circa cinque metri (stenopoi).
Ogni isolato conteneva fino a venti abitazioni.
L’onomastica e la caratteristica suddivisione di fratrie dei cittadini di Camarina nel V secolo a.C. vengono richiamate dagli straordinari reperti epigrafici in lamine di piombo, provenienti dal tempio. Si tratta di tessere di riconoscimento con iscrizioni su entrambi i lati, per lo più riportanti il nome del cittadino e in genitivo il patronimico, oltre al riferimento al gruppo civico di appartenenza.
Le necropoli di età classica di Passo Marinaro, Randello, Cozzo Campisi e Piombo sono illustrate attraverso importanti corredi, nei quali sono compresi vasi di produzione attica a figure rosse e, vasi di produzione locale, fra cui quelli miniaturistici da sepolture di bambini. Anche qui è riproposto un settore dello scavo con tombe “a cappuccina”, con tegole di copertura.
Sempre dalle necropoli provengono importanti reperti, quali cippi funerari e un’iscrizione riportante un distico elegiaco in memoria della giovane Hippò.
Nella sala sono anche esposti sarcofagi fittili di vario tipo, mentre altri di notevole dimensione sono collocati e fruibili dal visitatore nel cortile, dove sono anche conservati resti lapidei, provenienti dal
tempio di Athena e da altri siti (macine, altari, iscrizione e cippo funerario della necropoli del Piombo, sarcofagi).
La storia della città comprende una fase di età ellenistico – romana, durante la quale Camarina viene prima saccheggiata dai  Mamertini (prima del 264 a.C.) e poi distrutta dai Romani nel 258 a.C. Dopo la distruzione, la città fu ricostruita.
La principale strada di età romano – repubblicana (III – I secolo a.C.), che subì una lieve deviazione rispetto al percorso di epoca precedente e che trova illustrazione nella planimetria esposta è ben
riconoscibile nel tratto di scavo che dal Museo si può seguire attraverso un percorso a passerella fino all’agorà.
Le case di età romana, attestate in particolare nel quartiere ad ovest del tempio, erano caratterizzate da ingresso ad est e da peristilio centrale. Ceramiche e reperti metallici provenienti da tali case sono esposte nella vetrine.
Nel percorso di visita del sito si segnala in particolare la casa dell’altare, dove numerosi ambienti conservano ricchi pavimenti di cocciopesto con tessere di marmo.
Nella seconda sala del padiglione sono esposti anche reperti provenienti dal territorio.
Di quest’ultimo si conoscono alcune fattorie antiche, i cui resti sono stati in più riprese indagati. Una di esse è presentata con un modellino ricostruttivo. Dal plastico della città e dell’immediato retroterra si evince chiaramente la distribuzione dei lotti agrari pertinenti a tali fattorie.
Ritornando verso l’uscita, con accesso, è importante visitare la collezione della anfore distribuite su due diversi piani, dove sono anche collocati altri reperti ceramici.
Nel piano terra sono esposte le anfore di età arcaica (VI secolo a.C.). Si tratta di contenitori, dapprima utilizzati per il trasporto di olio, vino e derrate alimentari, poi riutilizzati quali tombe di bambini nella necropoli di contrada Rifriscolaro, dove sono state rinvenute. Esse sono provenienti da varie fabbriche del Mediterraneo: Atene, Sparta, Corinto, isole dell’Egeo ed Asia Minore, Etruria meridionale, Africa punica.
Nel piano superiore sono esposte le anfore di età greco – classica ed ellenistica (V – III secolo a.C.) provenienti dalla necropoli di Passo Marinaro. Anche qui si riconoscono anfore di varia produzione: greco – orientali, puniche, massaliote, greco – italiche ed occidentali.
Sempre nel piano superiore un gruppo di anfore di età tardo-romana a corpo cilindrico, provenienti da un relitto presso Randello richiama l’importanza dei rinvenimenti subacquei della zona, ai quali si devono anche le importanti acquisizioni esposte nel cortile, di ancore litiche, ceppi in piombo e contromarre.

Camarina, elmo corinzio.

Camarina, statuetta in bronzo di Arpocrate (a sin.) e di Afrodite (a des.).
 

ceramica dell’età del bronzo.

Camarina, kalipter hegemon.

Camarina, ricostruzione di una tomba a cappuccina.


Camarina, cratere attico a figure rosse
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