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Vedova Emilio

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Emilio Vedova

A gressività, 1946-1951


Emilio Vedova
Emerging,1974
Emilio Vedova

Emilio Vedova nasce a Venezia il 9 agosto del 1919. Dal 1930 lavora come garzone presso una fabbrica. Si accosta alla pittura come autodidatta meditando soprattutto sui forti contrasti di luce e ombra di Tintoretto. Nel 1935 frequenta per un breve periodo la scuola serale di decorazione ai Carmini. Nel 1936-1937 è a Roma dove disegna paesaggi di rovine, prospettive e molti autoritratti. I tracciati concitati e drammatici dei disegni e delle tele della fine degli anni Trenta (per lo più raffiguranti architetture barocche) rivelano già la cifra più segreta della pittura di Vedova: l'articolazione estroversa del segno nello spazio. Nel 1938 ritorna a Venezia per spostarsi poi a Firenze e a Bolzano.
Nel 1942 Vedova partecipa con tre tele al Premio Bergamo, dove entra in contatto col gruppo di Corrente a cui si unisce più per l'affinità di istanze etiche e politiche che per consonanze stilistiche.
L'operaio, Caffeuccio veneziano e Natura morta con teschio manifestano le proprie radici nelle linee-forza del futurismo boccioniano e nelle ascendenze barocche-tintoret-tesche, tradotte dall'artista in segni avventati di un nero profondo e di un blu intenso, in tracce violente dell'immediata urgenza del sentimento.
Vedova si trasferisce a Milano dove continua la propria attività accanto al gruppo di Corrente. Nel 1943 tiene una personale alla Galleria della Spiga. L'esposizione viene interrotta prima del tempo per la chiusura dello spazio espositivo da parte dell'Ovra. Nello stesso anno espone a una mostra collettiva alla Galleria della Zodiaco di Roma. Vedova (che per temperamento somiglia molto ai futuristi - ha la loro stessa dedizione al dinamismo le loro stesse urgenze esistenziali e politiche -) partecipa attivamente alla Resistenza.
Nel 1946 è tra i firmatari del manifesto «Oltre Guernica» e figura tra i fondatori della Nuova Secessione e del Fronte Nuovo delle Arti, con cui partecipa alla XXIV Biennale di Venezia del 1948. Le sue composizioni risentono dell'impostazione spaziale cubista risolta attraverso l'uso esclusivo del bianco e del nero. Si stacca dal gruppo del Fronte Nuovo in occasione della reprimenda del Partito Comunista suscitata dalla mostra alla Alleanza della Cultura di Bologna nel 1948. Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1950. Nel 1951 tiene una personale alla Viviano Gallery di New York.
In questi anni matura una crisi rispetto alle proprie soluzioni pittoriche che gli sembrano troppo rigide e geometriche, quasi meccaniche. Recupera quindi l'uso dei colori e sente l'esigenza di una maggiore spontaneità esecutiva che lo spinge alla sperimentazione di certo automatismo del gesto. Nell'autunno del 1951 compie un viaggio a Parigi.
Nel 1952 fa parte del Gruppo degli Otto con cui espone alla XXVI Biennale di Venezia sotto l'egida di L. Venturi.
Questa esperienza, che si rivela per tutti i componenti come un momento di passaggio, per Vedova si conclude nell'ottobre del 1954. Il gruppo infatti non pretende di rintracciare posizioni estetiche comuni, anzi si propone una libertà estrema in fatto di soluzioni pittoriche proponendo un superamento dell'inutile e fìttizia contrapposizione tra astrattismo e realismo. Le tele esposte da Vedova alla XXIV Biennale, dove gli viene assegnato il Premio Dufy, risentono ancora in certo modo dello schema postcubista. Solo nel 1953 si verifica un ulteriore allentamento della tensione geometrica attuato attraverso una personale rimeditazione delle linee-forza futuriste alla luce dell'automatismo surrealista. Per eccesso di energia le strutture si spezzano e i segni si avvicinano fra loro in uno spazio aggredito dalla gestua-lità vivace dell'artista. Nasce in quest'anno il «Ciclo della protesta», vero e proprio esempio di pittura d'azione strutturante. Il titolo richiama immediatamente alla ribellione sociale che è l'impulso fondamentale allo scatenarsi violento del gesto che scardina le strutture della visione in segni dalle tensioni scomposte. Testimonianza bruciante del presente, gesto profondamente etico e sociale, la pittura si brucia in un istante carico di tutto il portato esistenziale e comunicativo del suo autore.
Nel 1954 fa un viaggio in Brasile, a cui dedica un ciclo di pitture. Nel 1955 si reca a Kassel dove espone un gruppo di opere a «Dokumenta». Nel 1956 partecipa con una sala alla XXVII Biennale di Venezia. Nello stesso anno con il quadro Ciclo di protesta '56, n. 3 ottiene il Solomon Guggenheim Foundation Award for Italy. Dal 1958 inizia un intenso lavoro litografico e vince il I Premio Lissone. Nel 1959 in occasione della mostra «Vitalità nell'arte» a Palazzo Grassi a Venezia realizza, con la collaborazione dell'architetto C. Scarpa, Scontro di situazioni che rappresenta il diretto antecedente dei «Plurimi». Nello spazio nero si articolano ad angolo grandi tele su cui viene fatta agire la luce con diverse incidenze.
Nel I960 gli viene assegnato il Grande Premio per la Pittura alla XXX Biennale di Venezia. Sempre nel 1960 realizza le scenografie per l'opera Intolleranza I960 di Luigi Nono, messa in scena nell'aprile dello stesso anno nell'ambito del «Festival Internazionale del Teatro Contemporaneo alla Biennale di Venezia» presso il Teatro La Fenice. Il piglio vitalistico e l'energia traboccante della pittura di Vedova durante i primi anni Sessanta si spingono oltre la dimensione consueta della tela per invadere lo spazio in una trama intricata di segni-gesti data dalla serie dei «Plurimi», grandi tele incernierate fra loro appoggiate a terra in un ambiente in modo da creare un percorso coinvolgente e drammatico diversamente agibile dallo spettatore. I «Plurimi» vengono presentati per la prima volta nel 1963 a una personale alla Galleria Marlborough di Roma. A volte in seguito Vedova si vale anche dell'intervento sonoro oltre che della luce di proiettori. Nel 1964 è a Berlino dove si trattiene un certo periodo per lavorare. Nel 1965 fa un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti. Il 1968 lo vede solidale con il Movimento Studentesco. Nello stesso anno inizia a lavorare all'acquaforte. Durante gli anni Settanta compie numerosi viaggi in Europa e in America.
Dal 1975 è docente di pittura all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 1982 partecipa a «Dokumenta VII» a Kassel. Le superfìci delle opere più recenti, spesso di grande formato, sono attraversate da scariche nere e profonde di energia che lotta contro il vuoto tentando di imporsi al fondo bianco della tela.
Gli altri colori sono quasi banditi: poche tracce di rosso cupo e violento e qualche cenno di un giallo aspro. In questi contrasti essenziali e drammatici è riconoscibile un'eco lontana ed estremamente attuale di Tintoretto e di Piranesi.
Vedova vive e lavora a Venezia.
(EL)
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