Capogrossi Giuseppe
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Giuseppe Capogrossi
Superficie 60 (città 10011), 1951
Giuseppe Capogrossi
Superficie 150, 1956
Giuseppe Capogrossi
Superficie 681, 1963
Giuseppe Capogrossi
Giuseppe Capogrossi nasce a Roma il 7 marzo del 1900. Dal 1926, dopo aver frequentato il liceo classico ed essersi laureato in Giurisprudenza, si dedica alla pittura sotto la guida di Felice Carena. Nel 1932 partecipa alla XVII Biennale di Venezia e alla «III Mostra del Sindacato Fascista Belle Arti». In questo periodo si lega a Cagli e ai giovani della Scuola Romana con cui espone a Roma nel dicembre del 1932 e alla Galleria del Milione di Milano nel febbraio del 1933.
La pittura di Capogrossi sembra respingere la componente apocalittico-espressionista di Scipione per privilegiare una pacata presenza delle forme che ricorda Morandi. Dipinge in questo periodo adoperando una tavolozza sensibilmente attenta ai valori tonali e svolge un'intensa attività grafica ricca di sperimentazioni tecniche. Nei dipinti eseguiti tra il 1933 e il 1938 le forme delle figure sono inglobate alla materia pittorica che lascia in evidenza il ricordo della propria attuazione sull'impasto ricco dalla cromia accesa. I colpi ripetuti del pennello e i tratti larghi della spatola sono presenze incontrovertibili. Della stessa materia delle figure è lo spazio, non luogo vuoto ma consistenza. Queste tele lasciano presagire le soluzioni a tessitura continua-discontinua delle opere squisitamente astratte. Nel 193,5 nel 1939 e nel 1943 Capogrossi è presente alla Quadriennale romana. Nel 1934 e nel 1936 partecipa alla Biennale di Venezia. Nel 1939, nel 1940 e nel 1942 espone al Premio Bergamo. Progressivamente la sua pittura omologa il peso specifico delle diverse forme fino a restituire gli oggetti come segni, come segnali di spazio. Nel 1946 tiene una personale a Roma alla Galleria San Marco. Nel 1948 espone alla XXIV Biennale di Venezia.
Nel 1949 si reca temporaneamente in Austria, dove guarda attentamente alle prove di Klimt che lo attrae soprattutto per il simbolismo sintetico delle forme quasi ritagliate in una tarsia. Dipinge adesso quadri che documentano la riflessione su Klimt e Schiele, dove libera sempre più il tratto e il colore dalla verosimiglianza e dove tutto è ridotto a segno cromatico. I colori si compongono mutevoli sulla superfìcie: mutevole è il loro valore cromatico a seconda dello spessore e della forma delle diverse stesure e soprattutto in base alla loro interazione nello spazio. La tavolozza osa dei verdi e dei rossi precedentemente sconosciuti. Nel gennaio del 1950 presenta le prime opere astratte alla Galleria del Secolo a Roma quindi alla Galleria del Milione a Milano e al Cavallino di Venezia. Nello stesso anno partecipa alla XXV Biennale di Venezia.
Intanto i colori divengono cifre, segni seriali dalla struttura costante, che attivano lo spazio in una continuità ritmica non preordinata e variabile all'infinito. La caratteristica forma a pettine è un sintagma in base al quale reinventare di continuo la superfìcie che diviene campo di relazioni. Nel 1951 fonda a Roma con Balocco, Burri e Colla il Gruppo Origine e partecipa alla IX Triennale di Milano.
Nel 1952 si unisce agli spazialisti milanesi e con loro incomincia a esporre regolarmente. Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1952 e nel 1954. Nel 1955 partecipa alla mostra «Documenta I» a Kassel ed è presente alla VII Quadriennale. Nel 1958 tiene una personale a New York. Nel 1962 ha una sala personale alla XXXI Biennale di Venezia.
Partecipa nuovamente alla Biennale nel 1964 e nel 1968. Nel 1971 il Ministero della Pubblica Istruzione gli conferisce la medaglia d'oro per meriti culturali.
Capogrossi muore a Roma il 9 ottobre 1972.
(EL)