De Chirico Giorgio
Genius > D
Giorgio de Chirico
Monumento animato davanti a una città, con raggi spenti, 1929
Casa con sole al tramontodietro a una collina, 1929
Palafreniere con due cavalli, 1937
Sole che accende un fuoco tra le rovine di una città, 1929
Giorgio de Chirico
Giorgio de Chirico nasce a Volos (Grecia) il 10 luglio del 1888 da genitori italiani. Frequenta dal 1903 al 1906 i corsi di disegno e di pittura tenuti al Politecnico di Atene da Jacobidis, pittore greco formatosi a Monaco di Baviera. Nel 1906, in seguito alla morte del padre avvenuta nel 1905, la famiglia de Chirico composta dalla madre, da Giorgio e dal fratello Andrea (che, prenderà in seguito 11 nome di Alberto Savinio) - lascia la Grecia per fare ritorno verso l'Italia.
La prima tappa del viaggio è a Monaco di Éaviera. Qui Giorgio, mentre frequenta l'Accademia di Belle Arti, scopre la seduzione impetuosa delle opere di Bockiin, a cui si ispira apertamente nelle sue prime prove. Sente inoltre il fascino sottile delle prove di Max Klinger e conosce gli scritti filosofici di Nietzsche, che gli trasmettono il senso potente e misterioso delle cose. Il complesso mondo poetico di de Chirico viene forgiato sulla base imprescindibile di queste folgorazioni giovanili. Nel 1909 l'artista passa per Milano per poi fissare, con la famiglia, la sua residenza a Firenze. Le tele dipinte nel 1911, pur partecipando ancora di spunti bockiiniani, testimoniano l'elaborazione iniziale degli elementi che presto portano l'artista alle prove propriamente metafisiche. Nello stesso anno (passando per Torino, che esercita su di lui una forte suggestione in quanto paesaggio «metafisico» per eccellenza e luogo dove Nietzsche ha dato chiari segni di pazzia) raggiunge con la madre il fratello a Parigi. Nel 1912 espone al Salon d'Automne. Nel frattempo stringe amicizia con Apollinaire che lo spinge a esporre nel 1913 al Salon des Indépendents.
Le prime «Piazze d'Italia» vedono la luce a Parigi. La suggestione iconografica mitologica legata all'infanzia trascorsa in Grecia, il ricordo dei viaggi italiani, l'atmosfera dei misteriosi dipinti bóckiiniani e il fascino della poetica nietzschiana ne sono le componenti fondamentali. La coesistenza di diversi elementi associati secondo logiche impreviste in uno stesso spazio dalle prospettive frammentarie e continuamente contraddette, il gioco nitido e fermo della luce e dell'ombra fanno di queste tele una sorta di monumento emblematico all'enigma dell'esistenza.
Nel 1914 de Chirico firma un contratto con il mercante Paul Guillaume ed espone nuovamente al Salon des Indépendents. Il repertorio d'immagini dell'artista viene arricchito in questo periodo dalla presenza del mani- chino, elemento misterioso e inquietante di cui si rintraccia la prima apparizione negli scritti parigini di Alberto Savinio.
Ritornato in Italia allo scoppio della guerra per arruolarsi insieme al fratello viene desti- nato a compiti sedentari.
Presta servizio presso l'ospedale militare per malattie nervose Villa del Seminario, nei pressi di Ferrara, dove, nell'estate del 1916, si trova con Savinio, Carrà e de Pisis. Insieme a essi vive la stagione metafìsica. Dipinge allora quadri fondamentali quali gli Interni metafìsici. Le Muse inquietanti, Ettore e Andromaca e // Trovatore.
Nel 1918 si trasferisce a Roma. Nel 1919' tiene la sua prima mostra personale alla. Casa d'Arte di Roma diretta da Bragaglia. Sempre nel 1919 de Chirico si lega a Mario .Broglio, direttore della rivista «Valori Plastici»,, a cui incomincia a collaborare assiduamente con scritti teorici di fondamentale importanza.
De Chirico si volge adesso alla «rivisitazione del museo»: in questi anni esegue diverse copie da Raffaello, da Michelangelo, da Lorenzo Lotto e da Tiziano.
Espone per la prima volta le nuove opere (accanto alle tele del periodo metafisico) a una mostra personale tenuta alla Galleria Arte di Milano nel 1921. La reazione decisamente sfavorevole della critica non incrina neppure per un attimo la volontà «citazionista» ante litteram dell'artista: da questo momento egli frequenterà la tecnica di ogni grande del passato senza limitazioni di stile o di epoca purché rappresenti un interesse alla luce della sua concezione dell'arte che va sempre più precisandosi intorno al dato della materia della pasta cromatica. In questo modo egli compone opere ispirate a Courbet, a Giorgione, a Delacroix, a Rubens, a Goya, a Van Gogh, a Poussin... Molte sono le tele d'accento neobarocco. Altrettante sono quelle che sembrano anticipare l'estetica del kitsch per la loro prevaricante componente teatrale e oleografica o per il loro eccessivo e minuzioso realismo. In ogni tela di de Chirico abita un sottile senso di straniamente che rivela il nocciolo meta- fisico di tutta la sua pittura.
Tra il 1920 e il 1924 alterna soggiorni fiorentini a periodi romani, mentre il suo interesse per la pittura classica la traduce nello studio della tecnica dei maestri rinascimentali. I segreti del procedimento della tempera grassa gli sono svelati dal pittore russo Nicola Locoff.
Durante la prima meta. degli, anni Venti de Chirico dipinge prevalentemente con questa tecnica, mentre intorno al 1925 torna all'uso dell'olio. Nel 1921 partecipa alla mostra di «Valori Plastici» alla Galleria Nazionale di Berlino.
Nel 1922 incominciano le prime polemiche con i surrealisti in occasione della personale alla Galerie Paul Guillaume che presenta un corpus di opere metafisiche accompagnato da quattro opere recenti. Nel 1923 partecipa alla Biennale romana con alcuni autoritratti e «ville romane» (in cui compare il motivo della statua posta sopra i tetti degli edifici). Nel 1924 partecipa alla XIV Biennale di Venezia. Durante l'autunno del 1924 si reca brevemente a Parigi per la messinscena del balletto La Giara (da Pirandello, musiche di A. Casella) per cui realizza scene e costumi.
Nel 1925 si stabilisce nuovamente nella capitale francese, dove tiene una personale in maggio presso la Galerie Léonce Rosenberg. In questa occasione si verifica la rottura definitiva con l'ambiente surrealista coagulatesi intorno a Breton che dapprima, per le opere metafisiche, aveva eletto l'artista al ruolo di maestro indiscusso, mentre ora vede con sospetto, come reazionaria e involutiva, la sua recente pittura di «ritorno al museo».
Nel 1926 espone alla «I mostra del Nove- cento» organizzata da Margherita Sarfatti al Palazzo della Permanente di Milano, e incomincia a partecipare a tutte le mostre del gruppo, sia in Italia che all'estero.
De Chirico negli anni parigini affronta nuovi soggetti che diventano costanti attraverso diverse «ripetizioni differite»: Mobili nella valle. Paesaggi nella stanza. Cavalli sulla spiaggia, Cavalli e rovine in riva al mare, . Archeologi, Gladiatori e Trofei. Inoltre in questi anni l'artista, proseguendo l'incursione nella storia dell'arte, incomincia a rivisitare se stesso, rifacendo in un infinito numero di redazioni di poco variate alcune delle sue tele metafisiche. L'operazione partecipa anche del gusto provocatorio per la falsificazione: spesso tali dipinti vengono retrodatati dall'artista. Questa operazione è una nuova invenzione di de Chirico per attuare un ulteriore spiazzamento dello spettatore.
Nel 1928 la polemica con i surrealisti si fa accesissima: «La revolution surrealiste» pubblica una fotografia dell'artista di immediato rimando funebre e un epitaffio firmato da Aragon e Breton. Nello stesso anno Cocteau pubblica Le Mystère Laic analisi profonda e poetica dell'opera di de Chirico.
Nel 1929 l'artista pubblica il Piccolo trattato di tecnica pittorica e il romanzo Hebdomeros, le peintre e son genie chez l'écrivan. Durante lo stesso anno realizza scene e costumi per .il balletto Le Bai rappresentato dai Balletti Russi di Diaghilev a Montecarlo, a Parigi e a Londra.
Sempre nel 1929 esegue sessantasei litogra- fie per Calligrammes di Apollinaire, che esce l'anno successivo per le edizioni Gallimard. Alla Galleria Milano di Milano nel 1931 viene allestita una personale che presenta opere che attestano la sua nuova maniera «renoiriana» dai colori screziati e opalescenti.
Nel 1932 rientra in Italia e si stabilisce a Firenze. Partecipa alla Biennale di Venezia dello stesso anno nel contesto della Mostra degli Italiani a Parigi. Nel 1933 in occasione -della V Triennale di Milano, che inaugura la sua nuova sede nel palazzo del parco costruito da Muzio de Chirico esegue per il salone 'delle cerimonie, usando la tecnica della tempera all'uovo, la monumentale pittura murale Cultura italiana (oggi distrutta).
Nel 1936 si reca a New York, dove si trattiene per più di un anno. Viene allestita una personale alla Pierre Matisse Gallery di New York. Nelle tele dipinte durante e dopo il soggiorno americano compare il motivo dei grattacieli, che acuisce i presagi pop-artistici già presenti nelle tele parigine realizzate alla fine degli anni Venti e al principio degli anni Trenta. Nella seconda metà degli anni Trenta comincia a realizzare sculture in terracotta che riproducono alcuni dei suoi soggetti preferiti: Archeologi, Ettore e Andromaca, Cavalli. In seguito si dedica anche alla loro fusione in bronzo.
Nel 1938 fa rientro in Italia e si stabilisce a Milano. Nel 1939 è a Parigi e nel 1940 nuovamente nel capoluogo lombardo.
A livello internazionale si continuano a organizzare mostre che presentano, esclusivamente opere metafisiche.
Durante gli anni Quaranta, più che in passato, egli esegue parecchi autoritratti, di cui alcuni dipinti «alla maniera di...» e altri che invece lo raffigurano «in veste di...». In ogni caso sono frutto della medesima operazione che ha la sua cifra nella sostituzione: nei primi il pittore de Chirico si sostituisce a un artista e ne contraffa lo stile, negli ultimi il soggetto de Chirico si traveste con i panni di un toreador o di un antico romano. Il gioco .dello spiazzamento prosegue esuberante e inesorabile.
È invitato alla edizione della Biennale di Venezia del 1942. Nel 1944 si trasferisce a Roma. Nel 1946 l'artista dichiara false tutte le opere datate anni 1910-1920 esposte nel mese di luglio a Parigi alla Galerie Allard. Incominciano le polemiche sull'autenticità delle sue opere, destinate a continuare ad aggravarsi nel corso del tempo.
Nel 1947 pubblica Memorie della mia vita.
Nel 1948 partecipa alla XXIV Biennale di Venezia nel contesto della mostra di pittura metafisica che espone, insieme ad alcune sue opere eseguite tra il 1910 e il 1920, tele coeve di Morandi e di Carrà. Con la sua segnalazione pubblica della presenza all'esposizione di un de Chirico falso si accende una violenta e annosa polemica che tiene l'artista lontano dalla Biennale fino al 1956.
Durante gli anni Cinquanta de Chirico affronta prevalentemente il soggetto della natura morta spesso posta all'interno di un paesaggio (Natura silente).
La sua pittura si volge durante gli anni Sessanta a un minuzioso realismo che partecipa di una componente kitsch. Verso la fine del decennio le tele presentano limpide soluzioni di forme Indiche e fantastiche che ricordano, anche se in modo meno enigmatico e in tono, più .scanzonato, le prove del periodo metafisico.
Bisogna aspettare la mostra a Palazzo Reale di Milano del 1970, che presenta l'intera opera dell'artista, per vedere riconosciuto pienamente in Italia il valore di tutto il suo lavoro.
Il problema dei falsi d'autore e dei falsifalsi complica la vicenda mercantile turbando l'ultima fase della sua vita.
De Chirico muore a Roma il 20 novembre 1978.
(EL).