Extempore
mostre 2014
Sabato 22 novembre alle ore 18,00 Salvo Sequenzia presenta la bipersonale di Luciano Paone e Giacomo Perticone
EXTEMPORE
la mostra resterà aperta fino al 2 dicembre con il sequente orario dal martedì alla domenica 17,00 - 20,30
DITTICO SIRACUSANO
Le opere di Luciano Paone e Giacomo Perticone
tra intimismo, natura e mito
L’esposizione di opere che Luciano Paone e Giacomo Perticone propongono in un allestimento sobrio ed elegante nella Galleria d’arte contemporanea “Roma” di Ortigia, nella sua naturale complementarità e nella comune pratica, anche, di una pittura di paesaggio en plein air - pratica quasi completamente relegata oggi a una dimensione amatoriale - va letta come un “dittico”.
Nella fresca immediatezza di una pittura sensitiva e sincera, che non ci tiene ad essere incasellata in una qualsiasi “tendenza”, le opere di Paone e Perticone emanano una essenza reale e fantastica insieme, un poco incantata come quella che si percepisce in certe musiche di Grieg: balsamica e pacificata come un profumo resinoso.
Le opere esposte costituiscono brani magnifici di un creato felicissimo, in cui mito e storia sprofondano nella natura e riemergono luminose e vive: marine scoperte in tagli di coste morbide che sembrano abbracciare il mare, torri, templi, casolari remoti, piazze ed eremi, poesia di montagne, di vulcani, di fiumi e di acque limpidissime, di tempeste impetuose; di riflessi della natura nella storia e della storia nella natura, in una simbiosi antica e sempre “ritrovata”, colta dallo sguardo sincero e profondo dei due pittori.
In Luciano Paone la fluida stesura dei colori, a un tempo contenuta ed eccitata, dà la possibilità alla materia cromatica di inserirsi, fluire, cadere rapida ad abbracciare le forme, per poi svanire o ritornare a macchiare, fondendosi in giochi di colore, creando brillii, trasparenze, palpiti coloristici di un vero incantato.
Forme e colori esprimono il temperamento equilibrato dell’artista, fondato su un felice connubio tra la riflessione intellettuale e la componente emotiva, che trova massima espressione nell’intensità del colore e nella ricerca di una spazialità vasta e diffusa, che accoglie in sè la “narrazione” dei luoghi del mito e della classicità siracusana in cui si rispecchia l’anima dell’autore, che si ricompone nell’assetto strutturale del dipinto e nella solidità del “lineamentum” che allude a vere e proprie architetture cromatiche.
Giacomo Perticone crea una pittura che è, nel suo “fundamentum”, esperienza.
Con una sapiente tecnica compositiva che combina l’ampiezza panoramica dell’affresco con la “messa a fuoco” del paesaggio – una strategia visiva, quindi, di grande suggestione percettiva – Perticone “mette in scena” pittoricamente tanta parte di un repertorio che, per molti decenni, ha costituito l’inconfondibile filigrana del paesaggio siciliano, e che il nostro pittore individua significativamente, non tanto nell’elenco delle colture della tradizionale “fondo” (l’ulivo, la vite, il sommacco, ma anche l’agave e il fico d’india) quanto, piuttosto, nel nodo che stringe quella vegetazione alla terra argillosa, al mare, al corso di un fiume, agli eremi sperduti e alle tonnare, al succedersi a perdita d’occhio dei profili ondulati delle colline e dei monti, alla scura densità di un cielo in tempesta.
La “tavolozza” cromatica, che nella produzione di Perticone è laccata da una luce che staglia nitidissima l’evidenza delle cose, in Paone, invece, si smorza in una “texture” di toni ribassati, morbidi; la materia pittorica, che Perticone guida in direzione di una verità visiva e tattile, anche quando confini e superfici assumono una valenza più mossa, in Paone si sfrangia, irregolare, talvolta sfumando e diluendosi indipendentemente da qualsiasi fedeltà ottica.
Il paesaggio che Paone e Perticone “raccontano” nella loro pittura contiene in sé, nella sua memoria, quelli che sono stati i primordi della nostra terra. Le vedute urbane sono un paesaggio arricchito dalle opere dell’uomo; il “landscape” contiene in sé la dolcezza ed il calore delle cose fragili, lontane, destinate a dileguare. La figura umana, infine, nei ritratti, costituisce uno dei temi più introspettivi e psicologici della pittura di Paone.
Non mi soffermo sulla complessa e suggestiva rete di “rimandi” e di “citazioni” che impreziosiscono la ricerca visiva dei due pittori - ché meriterebbe approfondimenti non praticabili in questa sede – come la declinazione dei tagli, delle inquadrature e della iconografia, riconducibili all’”itinerario pittorico” reso canonico dal “Grand Tour” e dai viaggiatori ottocenteschi, a conferma della “persistenza” di quella iconografia che gli “ateliers” fotografici hanno contribuito, del resto, a perpetuare sino ai giorni nostri: e che si sedimenta, nelle opere dei nostri, ad esempio, nel punto di osservazione “ribassato” e “radente” che Perticone adotta ne Il fiume a memoria di quello “classico” sull’Anapo, in prossimità di un’ansa del fiume; o, in una serie di varianti, quello che si ritrova in Paone nella ricostruzione dell’Olympieion, che rinvia a inquadrature adottate in alcuni disegni di autori di inizio secolo, con, sullo sfondo, lo skyline di Siracusa, cristallizzato dalla luce in un impasto bianco come una città orientale. Ciò a conferma di come la storia e la tradizione – anche visiva e iconografia – sia alimento vivo e vivificante della poetica dei due artisti, e non mero rimando a una cornice temporale esteriore.
Ho trovato le opere di Perticone e Paone interessanti, significative; vi ho colto dentro una poesia gentile, serena, brividata tuttavia da un’ansia latente, diffusa.
Questi dipinti, per il loro realismo, per la loro intensità lirica, per la loro semplicità elegante e non invasiva si oppongono ad una dominante “autre-gard” caratterizzata, oggi, dall’ostinata e disamorata ricerca di una astrazione formale senza anima e senza progetto – senza storia - e ritornano ad un antico, nobile concetto di pittura.
Come mi è capitato di affermare in diverse occasioni, un artista può essere "antico" , pur essendo contemporaneo.
Perticone e Paone raccontano un mondo quotidiano e intimo di ritratti, di paesaggi, di “vedute” accarezzati dal pennello proprio in virtù della loro "morandiana" semplicità.
Ritratti paesaggi e vedute in cui si ritrova la tradizione realistica della scuola pittorica italiana, filtrata da un occhio sensibile al dato naturale che rievoca memorie e miti vittoriniani e quasimodei, sullo sfondo di una natura mediterranea incessantemente agitata dal demone del “pensiero meridiano”.
Salvo Sequenzia