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Savinio Alberto

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Alberto Savinio

Ritratto, 1926-1927


Nella foresta, 1928


Madre e figlia 1930 ca


Adam et Eve 1931 ca

Alberto Savinio

Andrea de Chirico nasce ad Atene il 25 agosto del 1891. Qui compie i suoi studi musicali al Conservatorio e ottiene il diploma, di pianoforte e di composizione nel 1903. In seguito alla morte del padre, avvenuta nel. 1905 e da lui celebrata con la scrittura di un Requiem, si trasferisce nel 1906 con la madre e il fratello Giorgio a Monaco di Baviera. Qui prosegue la sua educazione musicale studiando armonia e contrappunto con Max Reger. Compone la musica e scrive il libretto di Carmela, un'opera di soggetto romantico, che lo porta a Milano nel 1908 per tentarne senza fortuna l'edizione presso Casa Ricordi. Nel 1909 la famiglia si trasferisce a Firenze. Nel 1910 Savinio si reca nuovamente a Monaco per un concerto e di qui a Parigi dove si stabilisce e viene raggiunto dal fratello l'anno successivo. Assume allora lo pseudonimo di Alberto Savinio, mentre continua a occuparsi di musica - componendo, tenendo concerti e scrivendo saggi storico-critici e incomincia la sua attività letteraria a contatto con l'ambiente artistico d'avanguardia raccoltosi intorno alla figura di Apollinaire. Collabora in questi anni a numerose testate. Di particolare interesse è il poema drammatico Chants de la Mi Mort, pubblicato nell'agosto del 1914 su «Les Soirées de Paris», la rivista diretta da Apollinaire.
Nell'andamento della vicenda come nei bozzetti compaiono personaggi essenziali e disumanizzati (l'Uomo calvo, l'Uomo giallo e l'Uomo bersaglio) in cui sono riconoscibili le prime premonizioni metafisiche.
All'entrata in guerra dell'Italia i due fratelli de Chirico si arruolano come volontari e vengono assegnati a compiti sedentari alla Villa del Seminario, ospedale per malattie nervose vicino a Ferrara.
Qui, nell'estate del 1916, si incontrano con Carrà e de Pisis, insieme ai quali danno vita alla stagione metafisica. Nel 1917 Savinio viene inviato come interprete al fronte di Salonicco. Durante gli anni del conflitto si dedica soprattutto all'attività letteraria. Nel 1916 collabora a «La voce» di De Roberris, dove pubblica i primi capitoli di Hermaphrodito, che uscirà in volume nel 1918 presso la Libreria della Voce. Collabora inoltre ad «Avanscoperta» di Prampolini e Folgore. Nel 1917 mentre instaura un rapporto continuativo con il Dada zurighese attestato dai suoi numerosi interventi sulla rivista «Dada» e dalla fitta corrispondenza con Tzara, pubblica alcuni scritti su «Nord-Sud» di Pierre Reverdy. Collabora a diversi fogli italiani: «Noi» di Prampolini e Sanminiatelli «La Raccolta» di Raimondi a Bologna, «La Brigata» di Bologna, «Antologia della Diana» di Napoli e «Riviera Ligure» di Genova.
Al termine del conflitto bellico si stabilisce a Milano e inizia la collaborazione alla rivista «Valori Plastici» diretta a Roma da Mario Broglio. Durante tutto il periodo di pubblicazione (dal 1918 al 1922) Savinio contribuisce con saggi teorici di grande lucidità.
Tra il 1919 e il 1920 scrive il romanzo Tragedia dell'infanzia, che, conformemente alla sua concezione dell'arte, è innanzi tutto basato sull'azione della memoria mettendo in scena fatti autobiografici trasfigurati dal- l'immaginazione. Nel 1920 pubblica a puntate su «II Convegno», il romanzo La casa ispirata, una rievocazione fantastica dell'ambiente parigino. Tiene la rubrica «Osservatorio» sulla rivista «II primato artistico italiano» e collabora a «La Ronda» fino al 1923 (anno di chiusura) dove pubblica alcuni scritti sulla tradizione letteraria italiana e sul ruolo dell'intellettuale.
Nel 1924 scrive per il Teatro dell'Arte di Roma Capitavi Ulisse, pubblicato nel 1934 e ' rappresentato nel 1938, mentre viene allestito a New York il balletto Persée scritto a Pari- gi nel 1913.
Il 1925 segna il suo ritorno alla musica con le rappresentazioni di La morte di Niobe (con scene di Giorgio de Chirico al Teatro Odescalchi di Roma) e del balletto la Ballata delle stagioni (al Teatro La Fenice di Venezia e al Filodrammatico di Trieste), in veste anche di direttore d'orchestra.
Nel 1926 si reca nuovamente a Parigi, raggiungendo il fratello che vi risiede già da un anno, dove incomincia a dedicarsi continuativamente alla pittura.
Uno dei primi quadri eseguiti in questo periodo è un Autoritratto monocromo dipinto riprendendo una vecchia fotografia dell'infanzia. Disegna moltissimo e realizza alcuni collages. Nel 1927 tiene la sua prima mostra personale presentata da uno scritto di Jean Cocteau alla Galerie Berheim. Nonostante le polemiche in atto fra i surrealisti e de Chirico e le personali distanze dalla poetica del gruppo egli mantiene vivi i contatti.
Collabora saltuariamente alla rivista surrealista «Les Feuilles libres» e a «La Revue Nouvelle». Nel contempo è il corrispondente da Parigi del quotidiano «L'Ambrosiano». La memoria di Savinio parla essenzialmente di miti ritrovati e di viaggi meravigliosi. Nella sua opera sono presenti diverse componenti riconducibili a possibili influssi: le figure inventate, sproporzionate e composite sono altrettanto assimilabili al repertorio meccanicistico futurista e picabiano quanto a quello animistico surrealista; il clima sospeso e stupefatto delle immagini è riferibile tanto al primitivismo straniato del doganiere Rousseau quanto al silente mistero della visione metafisica. Decisamente metafisica è la sintassi ad associazioni incongrue con cui egli assembla gli oggetti e le figure.
La definizione disegnativa e la stesura cromatica evitano ogni suggestione naturalistica a favore di una scrittura «mentale», parafrasando con ironico distacco le tecniche e gli stili più diversi.
Il profondo sigillo umanistico della poetica di Alberto Savinio traspare dalla grande versatilità della sua personalità artistica che in certo modo lo rende simile ai grandi geni del Rinascimento.
La traduzione in un linguaggio specificò è solo un prezioso dettaglio.
Sempre nel 1927 esce a Milano il romanzo Angelica o la notte di maggio. Nel testo, come spesso accade per Savinio, si trovano moltissimi riferimenti alla sua attività figurativa, di cui il più evidente consiste nell'aspetto metamorfico dei personaggi.
Tra il 1927 e il 1928 dipinge una serie di quadri misteriosi e arcani che raffigurano giocattoli accatastati a formare costruzioni colorate e bislacche in uno spazio naturale {Objets abandonnés dans la foret)
.Tra il 1928 e il 1930 Savinio esegue una grande decorazione parietale nell'appartamento del mercante Léonce Rosenberg, che ha commissionato a ogni artista che avesse rapporti con la sua galleria un intervento nella sua abitazione.
In questi anni la sua pittura: accentua i valori cromatici e rassoda le forme in senso quasi monumentale mentre si esalta il dinamismo della composizione.
Nel contempo egli dipinge una serie di ritratti femminili di un realismo talmente minuzioso che sfiora l'iperrealismo.
Nel 1930 Savinio espone alla Biennale di Venezia e a una collettiva di pittori italiani operanti a Parigi alla Galleria Milano di Milano.
Sono di questi anni le opere che affrontano il tema surrealista della metamorfosi, da lui declinato soprattutto in figurazioni ambigue fra l'umano e l'animale.
Nel 1931 torna brevemente in Italia e tiene una personale con una cinquantina di opere (fra tele e disegni) alla Galleria Barbaroux di Milano. ...
Rientrato a Parigi, nel 1933 espone con il gruppo dei Peintres italiens de Paris alla Galerie Charpentier. Sembra che in quest'anno Savinio si sia recato in Algeria per eseguire alcuni pannelli decorativi per il municipio di Philippeville.
Nel 1934 si stabilisce definitivamente in Italia e fìssa la sua dimora temporaneamente a Torino, dove incomincia una regolare collaborazione con «La Stampa» pubblicando scritti sull'arte e sulla musica. Espone alla Biennale di Venezia. Si trasferisce quindi a Milano dove dirige per un anno la, rivista «Colonna».
Giunge infine a Roma dove decide di vivere. Qui tiene nel 1934 una personale alla Galleria Sabatello. Nel 1935 espone alla Quadriennale. L'anno successivo partecipa alla Biennale di Venezia. Il suo immaginario continua a conservare quella stupefacente componente onirica nutrita di metafìsica e di surrealismo.
Sempre nel 1936 dipinge insieme al pittore Valinotti la decorazione che ha per soggetto l'esaltazione del lavoro (oggi distrutta) di quattro sale dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni.
Dal 1937 al 1939 collabora. attivamente alla rivista «Omnibus».
Nel 1939 pubblica Dico a te, Clio per le Edizioni della Cometa ed espone alla Quadriennale romana.
Nel 1940 pubblica in «Prospettive» un articolo in cui analizza i rapporti tra il proprio lavoro e il surrealismo ed esegue numerose illustrazioni per «Domus». Sempre nel 1940, tiene una mostra personale alla Galleria del Milione a Milano. Il catalogo dell'esposizione presenta uno scritto di de Chirico e uno di Savinio.
Nel 1941 pubblica Infanzia di Nivasio Dolce-more; nel 1942 Narrate, uomini, la vostra storice, nel 1943 Casa «la vita» e Ascolto il tuo cuore, città; nel 1944 La nostra anima; nel 1945 la raccolta di racconti Tutta la vita, i volumi Sorte dell'Europa e Souvenirs. Nel contempo svolge attività di critico musicale per i periodici romani e tiene, dal 1941 su «Domus» la rubrica «Nuova Enciclopedia», preziosa testimonianza dalla propria concezione estetica. Nella prima metà degli anni Quaranta dipinge pochissimo e si dedica soprattutto all'illustrazione grafica. In questi anni compie anche riflessioni, progetti e studi sul mezzo cinematografico.
Nel dopoguerra torna alla pittura con rinnovato vigore. Nel 1946 partecipa alla Quadriennale di Roma e nel 1947 tiene una personale alla Galleria Borromini di Milano. In questi dipinti le forme si semplificano, la pasta cromatica si inspessisce e le immagini sono soffocate dall'esasperata tendenza a chiudere lo spazio, già prepotentemente in atto in .alcune tele della fine degli anni Venti.
Tutti i vuoti vengono riempiti da greche, serpentine e segni intrecciati a canestro, Sulle tele di questo periodo riappaiono le figure di uomini dal volto illeggibile. Mentre nelle opere degli anni Venti i volti sono come cancellati, nei dipinti di oggi i visi sono deturpati dalla crescita di strane protesi che inghiottono i lineamenti.
Dal 1946 collabora regolarmente al «Corriere della Sera» e al «Corriere d'Informazione» con recensioni teatrali e letterarie e racconti. Soprattutto dal 1948 intensifica la sua attività teatrale, sia come autore che. come regista, scenografo e costumista. Il teatro rappresenta lo spazio totale dove ricomporre in unità la sua complessa personalità artistica incline alle immagini quanto alle parole e ai suoni. In questi anni collabora molto spesso con il Teatro alla Scala di Milano, dove nel 1948 cura la messinscena di Oedipus Rex di Stravinskij e Cocteau, di cui è autore della regia, delle scene e dei costumi.
Nel 1949 pubblica La mia pittura, scrive per il teatro il monologo Emma B Vedova Giocasta e la tragedia Alcesti di Samuele.
Nel 1950 pubblica il racconto fantastico L'Angiolino e realizza le scene e i costumi per il suo Alcesti di Samuele che va in scena al Piccolo Teatro di Milano con la regia di G. Strehier, mentre al Teatro Eliseo di Roma viene allestita l'opera in un solo atto Orfeo vedovo, con parole, musica e scene dell'artista. Nel 1952 mette in scena per il «Maggio musicale fiorentino» Armida di Rossini, per cui disegna anche scene e costumi.
Savinio muore a Roma il 5 maggio del 1952.

(EL)
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