Turcato Giulio
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Giulio Turcato
Testa di Negro, 1960
Giulio Turcato
Senza titolo,1960
Giulio Turcato
Giulio Turcato nasce a Mantova il 16 marzo del 1912. Nel 1925 si trasferisce a Venezia. Qui frequenta il ginnasio, la scuola d'arte, il liceo artistico e la Scuola libera del nudo presso l'Accademia di Belle Arti. Nel 1926 inizia a dipingere i primi paesaggi e nature morte dalla cromia tonale luminosissima. Nel 1937 sì trasferisce a Milano dove lavora come disegnatore nello studio dell'architetto Muzio. Partecipa a una collettiva alla Galleria Grande di Milano nel 1940.
Nel 1942 torna a Venezia dove insegna disegno. Nel settembre del 1943 si stabilisce definitivamente a Roma. Qui espone nello stesso anno a una mostra collettiva alla Galleria dello Zodiaco. Partecipa alla Resistenza.
Nel 1945 Turcato entra a far parte del gruppo dell'Art Club, fondato da Prampolini e da Jarema.
Nel 1946 sottoscrive il «Manifesto della Nuova Secessione Artistica Italiana», nel 1947 partecipa alla mostra del Fronte Nuovo delle Arti alla Galleria della Spiga a Milano. Nello stesso anno si reca a Parigi dove ammira la potenza e la libertà cromatica di Matisse e dei Fauves. Al suo ritorno partecipa alla fondazione del gruppo Forma 1 che rivendica la totale autonomia del linguaggio artistico. Espone alla Biennale di Venezia del 1948 con il Fronte Nuovo delle Arti, ma nell'ottobre, in occasione della mostra alla Alleanza della Cultura di Bologna, si verifica la spaccatura insanabile fra il versante innovativo della cultura figurativa italiana e i pittori dediti con fedeltà alle soluzioni realiste. Turcato si allontana quindi dalle secche ideologiche nelle quali si dibatte il problema artistico, per dedicarsi esclusivamente a fatti intimamente linguistici. Nonostante buona parte delle tele conservino fino alla metà degli anni Cinquanta titoli socio-politici, le immagini si risolvono tutte in superfìcie attraverso un ritmo cromatico astratto (nato dalla coscienza strutturalista dello spazio cubista) e libero da ogni costrizione sia realistica che geometrica. Il colore si muove acceso e vitale conservando un'intima e intensa luminosità riconducibile al tonalismo veneto. L'artista giunge alla gioia del colore attraverso l'esempio di Matisse che ammira nei numerosi soggiorni parigini dell'immediato dopoguerra. Nel 1950 partecipa alla Biennale di Venezia, mentre costituisce con Afro, Birolli, Corpora, Morlotti, Moreni, Santomaso e Vedova, il Gruppo degli Otto, presentato alla rassegna veneziana del 1952 dal critico Lionello Venturi.
Partecipa alla Biennale di Venezia del 1954. Nel 1955 espone alla Quadriennale romana. Nel 1956 è nuovamente presente alla Biennale di Venezia.
Durante la seconda metà degli anni Cinquanta Turcato mette ulteriormente a fuoco il nocciolo segreto della propria pittura: il colore, un colore attivo, non pigramente riconducibile a fatti naturalistici. Focalizzando progressivamente il rapporto segreto del colore con lo spazio egli giunge a prove che solo tramite una fenomenologia del colore sognato e imprevisto sanno suggerire una crescita dello spazio aerea e fastosa, imprendibile e infinita, assolutamente dimentica dei limiti oggettivi delle tele. Non attraverso una pittura d'azione ma cimentandosi in un'alchimia condotta tutta sul corpo del colore, Turcato macera e muove le campiture (prediligendo colori magri e secchi spesso «attivati» con l'uso di sabbia o di polveri fluorescenti) attraversate dall'irregolarità sinuosa dei segni, dando vita a un'inquieta e sensuale mobilità del punto di vista. Nel 1957 partecipa alla mostra «Painting in.Post-War Italy 1945-1957» alla Columbia University di New York. È presente alla Biennale di Venezia del 1958.
Le opere della fine degli anni Cinquanta si presentano disponibili anche all'inserimento oggettuale: II lenzuolo di San Rocco (1958) si vale di un fondo di cartone catramato e sabbiato su cui sono applicate alcune banconote, motivo già presente in pittura al principio degli anni Cinquanta (// lenzuolo delle indulgenze, esposto alla Biennale di Venezia del 1952). Intorno al I960 realizza una serie di «Composizioni con tranquillanti» (esposte per la prima volta a una personale alla Galleria il Canale di Venezia nel 1961) in cui l'interpunzione spaziale è costituita dall'inserto sulla superficie dipinta, per lo più monocroma, di un certo numero di pastiglie tranquillanti tutte uguali. Queste opere, che potrebbero porsi come esempi di un momento di possibile tangenza con i New dada, parlano invece di pittura tout court. Gli inserti oggettuali interessano Turcato esclusivamente come intensificazioni del potenziale espressivo pittorico. Nel 1959 espone a «Documenta II» a Kassel. Dal I960 al 1962 partecipa all'attività del gruppo Continuità, che si propone il superamento dell'informale. Nelle prove del principio degli anni Sessanta, spesso tendenti al monocromo, Turcato raggiunge un'intensa e distillata nuova natura del colore forzando le abitudini visive oltre la soglia dello spettro solare. Ben presto l'artista si serve dell'intervento di nuovi materiali estranei alla pittura (quale la gommapiuma) che possano in qualche modo scatenare inedite reazioni cromatiche. Presenta le prime gommepiume alla XXXIII Biennale di Venezia nel 1966. Partecipa nuovamente alla rassegna internazionale veneziana nel 1968, nel 1972, nel 1982, nel 1984, nel 1986, nel 1988. L'artista ha sempre frequentato assiduamente anche il lavoro su carta: tempere, collages e acquarelli danno vita, parallelamente alla pittura su tela, a una straordinaria avventura del colore.
Nel gennaio del 1989 è presente alla mostra collettiva «Italian Art in thè Twentieth Cen-tury» alla Royal Academy of Arts di Londra.
Turcato è morto a Roma nel 1996.
(EL)