Diddino - Siracusa territorio

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Diddino

D
DIDDINO
In vernacolo Didclinu; località pianeggiante circostante l'attuale ponte del Diddino. Era un tempo un grande feudo confinante con i feudi del Monteclimato, Solarino, Cassaro, Belfronte ed altri limiti.
Le prime notizie di cui siamo in possesso si rilevano dal ruolo dei feudatari nell'anno 1296. Le terre allora risultavano appartenere (issi a Nicolò Manfrino e Jacopino de Cassaro.
Ulteriori notizie si hanno un secolo dopo (1397) quando alla morte di Pietro de Cassaro succedette legittimamente Anselmo Spatafora da Messina.
Nell'anno 1408 troviamo possessore Corrado de Castella e nel 1453 Vassallo Speciali, marito di Cesarea de Castella che si investì dei
(152) M liscia. Sicilia Nobile . Da un documento del 1397: "Fendimi et Castrimi Cassati et Fendimi Didini".
due feudi di Monteclimato e Didino (i53>.
Sull'orgine del toponimo dobbiamo dire che esso probabilmente deriva dal greco Dieides o Dieiclon che vogliono dire rispettivamente Limpido e Vedo attraverso, non so se in riferimento all'acqua o al paesaggio. 11 toponimo potrebbe derivare pure dal greco dinos o dinodes, che in riferimento al fiume significa vorticoso, pieno di gorghi. Supponendo una derivazione araba, dobbiamo rifarci ai vocaboli Du e 'Ahi (154) per dire "limpida fonte", forse in riferimento alle fonti Diddino I e II <i55>; oppure a wach osò) per indicare il fiume che in quei luoghi veniva precedentemente chiamato Dinos.
(153) Le ulteriori investiture del feudo Didino sono associate a quelle di Monteclimato. Seguono le investiture per successione alla famiglia Speciale, fino a quando, nel 1507. Antonio Platamone non prese investitura del Monteclimato e metà del feudo Didino in quanto avo e tutore di Catarinella Speciale, la quale sposò un figlio del barone di Militello. Antonio Perio Barresi. Il feudo poi passò ai discendenti di Eleonora Ibarra e Barresi ( 1580) ed al primogenito di costei, don Francesco Ibarra e Barresi.
Don Carlo de Ibarra da Madrid s'investi. l'8 novembre 1626 per la morte senza figli del fratel¬lo Francesco.
Seguono le successioni a donna Bianca de Cardona. marchesa di Terracena. vedova di Don Carlo de Ibarra. quindi a EleoAora Ibarra e Cardona e nel 1647 a don Antonio de Ibarra Pimentai da Madrid, marchese di Terracena che prese l'investitura per il feudo di Monteclima¬to e per tutto il feudo di Didino (non si sa in base a quale titolo pervenne a detta investitura completa). Don Antonio de Ibarra lasciò le terre alla figlia Maria Antonia che morì senza ave¬re figli e discendenti.
Don Vincenzo Beneventano, barone del Bosco, prese i due feudi, assieme a quelli di Fresuccia e Belfronte in concessione enfiteutica. con patto di riscatto, il 14/12/1734. Donna Eulalia Beneventano da Buccheri si investì il 30/12/1752 della Baronia per i feudi di Monteclimato e Didino. come erede universale del marito Vincenzo Beneventano, morto in Palermo il 31 gen¬naio 1752. Don (iugliemo Maria Beneventano da Siracusa s'investì il 30/7/1772 dopo la mor¬te della madre Eulalia. A Guglielmo succedette il figlio Francesco Maria quale erede universa¬le. Alla morte di Francesco Maria Beneventano, avvenuta in Siracusa il 30 aprile 1798 non se¬guirono altre investiture. Il titolo non si trova iscritto nell"'elenco ufficiale definitivo delle fa¬miglie nobili e titolate della Sicilia" del 1902.
( 154) 'Ain sicilianizzato. poi il Dàini e Donna. A tal proposito vedasi il toponimo Cavadonna.
(155) Diddino I a 2 gradi 41 primi 44 secondi di long, e 37 gradi 6primi 6 secondi di lat. con portata di 2.60 It./sec.: Diddino II a 2 gradi 41 primi 47 secondi di long, e stessa latitudine della precedente, con portata d'acqua di 0.60 It./sec.
(156) In Sicilia troviamo i fiumi Difillo (wadi 'krilu). Dittamo. Tellaro. in sic. Tiddaru (wadi 'alimi, fiume di Eloro)
Che in quella zona esistessero come dei piccoli laghetti (in verna¬colo 'urghi dal sic. urvu a sua volta derivante dal basso latino golfo ) è una cosa nota, soprattutto a Floridiani e Solarinesi che ricordano ancora tristemente vicende di annegamenti avvenuti in quegli insidiosi specchi d'acqua. Come pure dobbiamo ammettere l'esistenza di grosse peritone, dove l'acqua del fiume, quando scorreva, si incanalava e si disperdeva come risucchiata vorticosamente.
Della bellezza del paesaggio circostante l'Anapo in quel feudo possiamo avere soltanto un'idea. Qualche dato indiretto ci proviene dalle citazioni negli atti pubblici come lo stralcio che qui riporto da una gabella per procura effettuata presso il notaio Di Giovanni in data 11 aprile 1638, fra don Carlo Ibarra, generale della flotta di Spagna e Mario Parisi, gabelloto per quattro anni dei feudi Monteclimato, Didino e Belfronte" con uso di masseria e di erbaggi a scelta del gabelloto ... per 570 onze", "detto Mario gabelloto e i suoi inquilini e borgesi nell'ultimo anno della gabella sono tenuti a lasciare la metà di detti feudi e di ogni loco vacante lutti in ogni parte conziata, perchè i nuovi gabelloti possano entrare in quelle per fare i inaisi. Detto gabelloto non può tagliare in detti feudi loro boschi alcuna specie di legni e nessuno farne uscire eccetto quelli che saranno necessari a uso dell'arbitriante e dei borgesi e inquilini dei feudi e con la condizione che si debbano consumare in detti feudi e nè fuori".

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