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Musso Giuseppe carabiniere

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INFORMASAGGI MARZO 2021 Anno XII n.3

Le immagini sono state fornite dall’autore dell’articolo.
Dott. Mino Marino FARALLI
Storico, Ufficiale in congedo CC Paracadutisti
Coordinatore Nazionale GRUPPO Lampeggiatori Blu dell’ASI
Auto motoclub Storico Italiano.
museoterritorialecarabinieri@faralli.academy
LA SORTE DIMENTICATA DEL CARABINIERE GIUSEPPE MUSSO

Mi ha sempre incuriosita la storia dei Carabinieri durante la Resistenza e nel 2016 partecipai alla presentazione di un libro di Andrea Galli, giornalista del Corriere della sera, dal titolo “Carabinieri per la libertà”, una ricca selezione di storie che legano carabinieri, guerra partigiana e resistenza. Riguardando quel libro che ho acquistato, mi sono ricordata del monumento sul ponte sopra il torrente Banna che la città di Santena, vicino Torino, ha dedicato al carabiniere e partigiano Giuseppe Musso.
Giuseppe Musso nasce a Santena, il 15 gennaio del 1922. Sullo sfondo c’è l’ascesa del Fascismo. Nel 1935 termina le elementari e aiuta i genitori che hanno una attività commerciale. All’età di 14 anni trova lavoro a Torino, in una carpenteria meccanica. In seguito Giuseppe Musso si arruola nei Carabinieri. Il 5 ottobre del 1940 prende il tranvai e va a Torino, dove varca la soglia della Caserma Cernaia.
La Caserma è molto bella, è stata recentemente ristrutturata nella facciata e merita una visita anche solo per il museo storico realizzato nel corridoio centrale.
Alla visita medica risulta idoneo. Comincia il corso di formazione che termina il 5 dicembre: viene promosso. Il 7 gennaio del 1941 viene assegnato alla caserma di Vico Canavese. La guerra incombe. Arriva la campagna di Russia. Giuseppe Musso torna a Torino e, dopo una fase di esercitazione, viene assegnato in Croazia, con compiti di polizia militare. Un ruolo che trova monotono, così si offre volontario, per la Russia. Il 6 agosto 1942 parte per il fronte Russo. Un viaggio in treno che dura settimane. Passa la Germania, la Polonia e arriva in Russia sul bacino del Don, dove ci sono le truppe italiane schierate. In Russia patisce il freddo, la sete e la fame. Subisce gli attacchi dei partigiani russi. Ha grande spirito di osservazione, si accorge che qualcosa non va e che i tedeschi hanno avviato la deportazione degli ebrei. Nel viaggio in Germania ci arriva il 10 agosto 1942. Vede un Paese ben diverso da quello presentato dai cinegiornali dell’Istituto Luce. Si soffre la fame. In Polonia nota donne ebree con la stella cucita sui vestiti. Attraversa una Varsavia distrutta. Vede i primi campi di concentramento che erano presentati come campi con prigionieri di guerra: le persone rinchiuse erano invece deportati ebrei. In Ucraina è impegnato nella scorta dei convogli. E’ testimone oculare di eccidi, con uccisione di migliaia di ebrei, mitragliati direttamente nelle fosse. Con gli italiani ricopre i cadaveri di terra.
Sono tutte notizie che ritroviamo sui diari tenuti da Giuseppe Musso, andati in gran
parte perduti nell’alluvione del 1994.
Tornato dalla Russia, dove l’Italia lascia 90mila caduti, viene assegnato a Castelletto Ticino, zona dell’alto Piemonte dove l’attività partigiana era molto intensa.
Dopo l’8 settembre i tedeschi iniziano a deportare i carabinieri. Giuseppe Musso torna a Santena e si unisce alla formazione partigiana comandata da Vittorio Negro, capitano di fanteria che operava sulle colline del chierese con Chelino Pollone, vice comandante della formazione partigiana e Giovanni Tosco. Combattono fascisti e tedeschi nell’ottava zona del Piemonte.
Giuseppe Musso aveva due soprannomi: Tom e Lasò. Chelino Pollone gli chiede di aderire alle formazioni partigiane di Moncucco. Dalle colline i partigiani colpiscono le autocolonne dei tedeschi diretti verso Torino. I partigiani sono una spina nel fianco dei tedeschi. A Chieri ci sono le SS e una brigata nera di fascisti.
Musso è molto attivo, conosce l’uso delle armi. Ha esperienza di guerra. È un coraggioso.
Il 1° settembre 1944 diventa sottotenente; comanda un battaglione di 120 uomini. Appena può torna sempre a Santena in bicicletta, a trovare la famiglia. La mattina del 28 ottobre 1944, Giuseppe è pronto per tornare da Santena a Moncucco.
Tardano la partenza per salutare zia Pina. Partono verso le 8,30. Sono in bici, sono diretti a Poirino, Riva presso Chieri e Castelnuovo per arrivare a Moncucco. Nella notte c’è stato un rastrellamento dei tedeschi alla caccia di partigiani e di armi.
Quella mattina, per la strada Giuseppe Musso si accorge che un mezzo dei tedeschi è rimasto indietro. Con il compagno Bruno lo attacca e cattura quattro tedeschi. Con il mezzo e i prigionieri arrivano fino a Moncucco.
Lì, improvvisamente, vengono circondati da un presidio di milizia fascista. Bruno scappa. Giuseppe viene catturato. I fascisti lo portano a Chieri e lo torturano.
Giuseppe non parla. I fascisti lo consegnato alla SS che lo portano a San Raffaele Cimena. Pollone e Negro trattano e propongono uno scambio con un graduato tedesco prigioniero. I tedeschi dicono che Musso è agonizzante.
In realtà Musso, dopo le torture, viene legato a un mezzo militare e trascinato per il paese e finito con una raffica di mitra. Il suo corpo viene consegnato ai partigiani che lo portano all’asilo. E’ sfigurato e irriconoscibile. Si risale al nome grazie a una foto che ha in tasca.
Giuseppe Musso, Tom, Beppe, carabiniere, partigiano, è stato ucciso a 22 anni. Pietro Varvello, commerciante di vini santenese viene a casa Musso e dice al padre che il figlio non sta bene e ha chiesto di andare a prenderlo. Il padre con Varvello va a Moncucco. Suor Serafina fa vedere al padre il corpo di Beppe, che viene tumulato nel cimitero di Moncucco.
Tanti partigiani sono stati sepolti così, senza funzione per non insospettire fascisti, tedeschi e spie. Il padre torna a casa e riferisce la triste notizia alla famiglia. La madre non si riprenderà più dalla notizia del figlio martirizzato. Gli resterà la giubba lacerata dai proiettili e macchiata di sangue, che vorrà accanto al suo corpo, nella bara».
Il corpo di Beppe Musso rimane a Moncucco fino al giugno del 1945 quando il capitano Negro, diventato sindaco di Santena, porta nel cimitero di Santena il corpo di Giuseppe Musso e quello di Giovanni Tosco, ucciso a Riva presso Chieri, appena 12 giorni prima della Liberazione. Giuseppe Musso, il 4 aprile 1946, la presidenza della commissione regionale piemontese gli riconosce la qualifica di partigiano caduto.
Il 15 marzo 1971 gli viene assegnata la medaglia al valore, alla memoria. Il 5 novembre il ministero comunica alla famiglia Musso la notizia della medaglia per il figlio. Nel maggio 1962, a Torino si svolge la cerimonia solenne. Quel giorno l’amministrazione comunale santenese non si presentò. Un segno di come la memoria si stava perdendo.
Questa la motivazione della medaglia:
“Già carabiniere in servizio, entrava all’armistizio nella Resistenza e partecipava a numerose e ardite azioni, sempre distinguendosi per il suo valoroso comportamento.
Nel corso di un duro rastrellamento avversario, attaccava, con altro commilitone, una autocorriera nemica, catturando il mezzo e i quattro uomini a bordo. Circondato improvvisamente da soverchianti forze nemiche, catturato, veniva sottoposto a torture, ma nulla svelava che potesse nuocere alla causa partigiana. Per cui il 28 ottobre 1944 venne barbaramente trucidato a Gassino Torinese”.
Ricordo che anche il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, fu partigiano in Albania e poi nelle Marche.
E’ importante far arrivare la storia di Giuseppe Musso nella aule
degli studenti perchè il futuro è nelle mani dei giovani. Sarebbe importante riuscire a divulgare questa storia ai nostri giovani.
Documenti di archivio, ricordi di persone anziane, testimonianza di persone. Tante piccole cose che hanno consentito di riportare alla luce la storia di Giuseppe Musso.
Purtroppo negli anni perdiamo i preziosi pezzi di memoria. Gli anziani muoiono e si portano via i ricordi che custodiscono. Ecco perché è importante riuscire a recuperare tutto il possibile prima che scenda l’oblio.
Richiamare l’attenzione su questi sacrifici compiuti da persone quali Giuseppe Musso che hanno combattuto e hanno dato testimonianza e sacrificato la loro vita per consegnarci la libertà che oggi abbiamo tutti quanti.
Non bisogna mai abbassare la guardia. La libertà va difesa tutti i giorni.
Cristina Argiolas


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