Bonsignore Antonio capitano - a-carabinierieroi

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Carabinieri Eroi
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Bonsignore Antonio capitano

B

CAPITANO ANTONIO BONSIGNORE


Medaglia  d'oro al valor Militare alla Memoria
  a Lui sono intitolate le sezioni di Agrigento Licata e Patti

 

Con la seguente motivazione:
Per due volte, con la pistola in pugno, al grido di « Savoia », si slanciava, primo fra tutti, all'assalto di fortissimi trinceramenti, infliggendo notevoli perdite al nemico e costringendolo a ripiegare. Ferito gravemente ad un fianco, raccoglieva tutte le sue forze per sostenersi, trascinarsi e non cadere e, rifiutando ogni soccorso, continuava a guidare e ad incitare i suoi carabinieri finché, colpito in fronte, rimaneva fulminato mentre la sua centuria invadeva le posizioni nemiche. Primo nell'assalto e primo nella morte, esponendosi volontariamente all'estremo sacrificio, dette col suo mirabile esempio, eroico impulso a tutti i carabinieri della banda, determinando in essi una gara di eroismi individuali. Raro e mirabile esempio di alte virtù militari. Gunu Gadu . 24 aprile 1936.


LAPIDE COMMEMORATIVA ALL'INTERNO DELLA CASERMA CARABINIERI DI CAMERINO




Cosa accadde 73 anni fa a Gunu GaduI

articolo di Eno Santecchia



Fino al giugno 2000, durante l’annuale festa dell’Arma che si svolgeva nella piazza d’armi della caserma dei Carabinieri di Camerino, qualche invitato avrà notato un’epigrafe affissa sulla facciata orientale del palazzo, facente parte di un complesso monastico risalente al XIII secolo.
n quelle cerimonie, volute dal maggiore Gino Briganti, veniva deposta una corona in onore del capitano Antonio Bonsignore, medaglia d’oro al valor militare, al quale è intitolata la caserma.
A 73 anni dalla scomparsa è bene ricordare quest’ufficiale nato ad Agrigento il 3 febbraio 1896.
Iniziò la carriera militare a venti anni come allievo ufficiale di complemento alla Scuola Militare di Modena (ora Accademia).
Fu poi destinato al 10° Reggimento Bersaglieri di Palermo.
Nel corso della I Guerra Mondiale, dal novembre 1916  al novembre 1918, partecipò alla campagna d’Albania, guadagnando due decorazioni al valor militare: la croce di guerra per l’episodio del ponte di Kuci e la medaglia di bronzo per il fatto d’arme di Biesciova.
Nell’anno 1920 transitò nell’Arma dei Carabinieri con il grado di tenente e fu destinato ai reparti mobili in Sicilia.
A Cianciana e Campobello di Licata (entrambi in Provincia di Agrigento), dal febbraio all’agosto del 1927, nell’ambito della lotta al brigantaggio, contribuì a sgominare due bande.
Concorrendo all’arresto di 121 malviventi, ricevette due encomi solenni dal Comando Generale.
Promosso capitano nel 1933, fu inviato al comando della Compagnia di Ozieri (SS) e nel dicembre 1935 giunse a Camerino. In quegli anni Bonsignore collaborava con la III Sezione - Controspionaggio - del SIM (Servizio Informazioni Militari) servizio diretto dal gen. Mario Roatta. Nel 1939 gli uffici romani del Servizio di via Crispi 10 furono, per la prima volta, intitolati alle medaglie d'oro: il Controspionaggio prese il suo nome.
Dopo meno di tre mesi di permanenza nella città dei Da Varano, il 25 febbraio successivo, Bonsignore partì volontario per la Somalia con i reparti autocarrati mobilitati dell’Arma per partecipare alla campagna d’Etiopia
La motivazione incisa sulla fredda pietra, al di lá dell’atto eroico, non chiarisce le circostanze dell’accaduto. Andiamo quindi a vedere cosa accadde il 23 e il 24 aprile 1936 a Gunu Gadu, dove ebbe luogo lo scontro chiave della seconda battaglia dell’Ogaden.
È questa una regione dell’Etiopia al centro del corno d’Africa, abitata prevalentemente da somali.
Le operazioni militari contro l’imperatore  d’Etiopia, il negus Hailè Selassiè, erano iniziate il 2 ottobre 1935.
Le “Bande autocarrate” erano quattro reparti speciali dell’Arma composti ciascuno da due compagnie e un plotone comando per un totale di mille uomini ognuna.
Quei contingenti furono inquadrati a Roma, il Re in persona si recò a salutarli alla Scuola Allievi, poi s’imbarcarono a Napoli sul piroscafo Sannio. Il 10 marzo giunsero a Obbia sull’oceano Indiano.
Per portare a termine la conquista del paese fu deciso di attaccare l’Ogaden da tre direzioni partendo dalla Somalia italiana. Quando il 16 aprile cominciò l’avanzata, il cap. Bonsignore faceva parte della colonna Agostini, composta anche da una coorte d’artiglieria della milizia forestale e da dubat coloniali.
La prima resistenza etiope fu incontrata a Gunu Gadu, un baluardo avanzato posto nei pressi della città di Sassabeneh.
Questa zona rocciosa e ricca di boschi secolari era stata fortificata in un anno con l’aiuto dei consiglieri militari belgi e di Wehib Pascià.
Gli etiopi ne andavano orgogliosi tanto da chiamarla “linea Hindemburg”.
I trentamila etiopici erano trincerati in caverne e buche profonde tre metri scavate nel terreno tra gli alberi secolari. Esse lasciavano la possibilità di sparare in tutte le direzioni
Il bombardamento aereo preliminare delle ore 8,00 del 23 aprile non danneggiò le fortificazioni.
Il tentativo del luogoten. gen. Augusto Agostini di travolgere la resistenza etiope con una manovra a tenaglia non riuscì.  Per l’intera giornata i reparti italo - somali restarono inchiodati sulla riva destra del torrente Giarer e dovettero subire due contrattacchi.
Non rimase che espugnare una a una quelle ridotte
I Carabinieri Reali attaccarono quelle posizioni allo scoperto con gli autocarri, il durissimo scontro a fuoco durò dalle ore 7,00 fino alle 16,00 e fu ricco di episodi individuali di rilevante valore.
Il cap. Bonsignore si lanciò più volte contro i trinceramenti nemici e, benché ferito, non accettò i soccorsi e continuò a guidare i suoi uomini finché non cadde colpito mortalmente.
Nello scontro perirono valorosamente anche altri 21 Carabinieri, tra cui il barese Vittoriano Cimarrusti e il bergamasco Mario Ghisleni. Ai tre fu concessa la medaglia d’oro al valor militare.
L’esercito etiope, demoralizzato, rinunciò a difendere le altre fortificazioni. Il 5 maggio 1936 le truppe italiane entrarono nella capitale Addis Abeba; entro la fine del mese, le operazioni militari si conclusero.
Eno Santecchia

STORIA





GUNU GADU
Località dell'Ogaden (provincia dell'Etiopia), teatro di un violento combattimento tra le truppe italiane e quelle etiopiche avvenuto nell'aprile del 1936. Dopo la costituzione del "Comando Raggruppamento Bande", di cui facevano parte le "Bande autocarrate" dei Carabinieri, nel Sud del teatro operativo venne deciso l'attacco al baluardo di Gunu Gadu, presidiato da circa 30.000 etiopici trincerati in un sistema di caverne scavate tra giganteschi alberi secolari, profonde alcuni metri e tali da consentire una micidiale azione di fuoco incrociato.
I Carabinieri attaccarono quelle posizioni con i loro autocarri allo scoperto, ingaggiando un durissimo scontro a fuoco durato dalle ore 7 alle ore 16 del 24 aprile e costellato da episodi individuali di valore. Sembra giusto citarne i più salienti, come quello del capitano dei Carabinieri Antonio Bonsignore, che si lanciò più volte sui trinceramenti nemici e, nonostante rimanesse ferito ad un fianco, rifiutò i soccorsi e continuò a guidare i suoi uomini sinché non cadde colpito a morte; quello del carabiniere Vittoriano Cimmarrusti, che, già ferito ad un braccio e medicato sommariamente, tornò sulla linea di fuoco attaccando gruppi di etiopi che tentavano di sorprendere di fianco la propria Compagnia; nuovamente ferito proseguì l'azione con il lancio di bombe a mano finché venne sopraffatto dal numero dei nemici; infine l'episodio del carabiniere Mario Ghisieni, che, ferito gravemente alla gamba sinistra mentre attaccava le posizioni nemiche, continuò a combattere fin quando dovette essere soccorso per l'aggravarsi della ferita di cui poco dopo morì.
Alla memoria dell'ufficiale e dei due militari fu concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla Memoria.

   
Conflitto italo-etiopico: 1935-1936
E’molto lontana, nel tempo e nello spazio, GUNU GADU, una località dell’Ogaden (provincia dell’Etiopia), luogo di epiche gesta nel conflitto italo etiopico, un’avventura militare e coloniale dell’Italia, considerata dagli storici come «parte essenziale del progetto di consolidamento interno ed internazionale del regime di Mussolini». Si dice ancora che da parte sua l’Italia cercò gli sbocchi territoriali verso l’Africa, ritenuti indispensabili per neutralizzare i danni conseguenti ai gravi limiti imposti dai paesi d’oltremare alla pressante emigrazione italiana. Non entriamo nel merito delle valutazioni politiche di quegli anni lontani, che, col senno di poi, suscitano marcate perplessità sull’eticità di quel conflitto. Ribadiamo il nostro intento di fare ricorso ad una rigorosa sintesi dei fatti, a 72 anni di distanza, solo per commemorare assieme alle nuove generazioni, il comportamento eroico dei Carabinieri che, fedeli allo Stato e alle sue leggi, combatterono e caddero anche durante quel conflitto, Eroi silenziosi chiamati dal legittimo Governo di allora che affidò a Forze Armate e Carabinieri l’affermazione con il loro sacrificio, dei diritti dell’Italia. Il conflitto ebbe inizio il 3 ottobre 1935 quando le truppe italiane varcarono il fiume Mareb, confine fra Eritrea(allora colonia italiana) ed Etiopia, con tre colonne avanzanti verso gli obiettivi di Adigrat (ad est), Entisciò (al centro) e Adua (ad ovest), mentre operava sul confine somalo un Corpo misto comandato dal Gen. Graziani. Ragioni di spazio non ci consentono di rievocare più estesamente l’intera campagna abissina alla quale l’Arma offrì un ragguardevole contributo costituendo il «Comando Superiore Carabinieri Reali» presso il Comando Superiore dell’Africa Orientale, n° 55 Sezioni Carabinieri da montagna, 6 a cavallo, 6 miste, 3 Sezioni Zaptié e 23 Nuclei, oltre a 3100 Zaptié e 2500 Dubat somali, inquadrati in reparti diversi. Nel corso delle operazioni furono anche costituite alcune «bande autocarrate» e 4 reparti speciali organizzati dal Maggiore Giuseppe Contadini in bande di irregolari indigeni da impiegare come ausiliari di polizia e per la vigilanza della frontiera (due di queste bande erano al comando di sottufficiali dell’Arma). Dopo soli tre giorni dallo scoppio delle ostilità, piccoli reparti dei Carabinieri per primi entrarono in Adua e Macallé. Tutta la campagna d’Abissinia è cosparsa di episodi di particolare eroismo. Nel mese di febbraio, nella zona di Neghelli (Malca Guba), nel corso di un aspro combattimento, il Brig. Salvatore Pietrocola, benché gravemente ferito, visto cadere il proprio comandante, condusse all’assalto i superstiti finché non cadde colpito a morte. Testimone oculare dell’eroica morte del sottufficiale fu il Generale Bergonzoli, Comandante del settore Giuba, che promosse la concessione di una Medaglia d’oro al V.M.. La proposta fu inoltrata dal Col. Azzolino Hazon, allora Comandante Superiore dei Carabinieri con sede in Addis Abeba. Negli anni successivi il Col Hazon diventerà Comandante Generale dell’Arma e troverà eroica morte nel bombardamento di Roma S. Lorenzo del 1943.
Nel mese di aprile balzò agli onori della cronaca GUNU GADU, una piccola e sconosciuta località dell’Ogaden in posizione avanzata organizzata a campo trincerato, presidiata da oltre 30.000 abissini, ben dotati di armi e di mezzi. Contro di essi vennero lanciate le bande che, in combattimenti di violenza inaudita, ancorché di breve durata, conquistarono le località di Bollale e Dagabur.
Tra gli innumerevoli atti di eroismo meritano una menzione particolare:
- l’episodio che vide protagonista il Capitano Antonio Bonsignore La motivazione della Medaglia d’O al V.M.. concessagli sintetizza mirabilmente la vicenda:
«Per due volte, con la pistola in pugno, al grido di “Savoia”, si slanciava, primo fra tutti, all’assalto di fortissimi trinceramenti, infliggendo notevoli perdite al nemico e costringendolo a ripiegare. Ferito gravemente ad un fianco, raccoglieva tutte le sue forze per sostenersi, trascinarsi e non cadere e, rifiutando ogni soccorso, continuava a guidare e ad incitare i suoi carabinieri finché, colpito in fronte, rimaneva fulminato mentre la sua centuria invadeva le posizioni nemiche. Primo nell’assalto e primo nella morte, esponendosi volontariamente all’estremo sacrificio, dette col suo mirabile esempio eroico impulso a tutti i carabinieri della banda, determinando in essi una gara di eroismi individuali. Raro e mirabile esempio di alte virtù militari “Gunu Gadu - A.O.I., 24 aprile 1936”». - il comportamento non meno eroico del C.re Vittoriano Cimarrusti. Il 24 aprile 1936, nel corso dei combattimenti a Gunu Gadu, rimase gravemente ferito ad un braccio da una pallottola esplosiva (le famose «Dum Dum»). Dopo una sommaria medicazione continuò a combattere anche da solo, fronteggiando un gruppo di nemici con il lancio di bombe a mano finché fu sopraffatto dalle preponderanti forze abissine. Alla sua memoria fu concessa la Medaglia d’O. al V.M., meritando infine la copertina della «Tribuna illustrata » del 24 maggio 1936.
I tre edifici che costituiscono il complesso della Scuola Allievi Carabinieri di Roma portano i nomi dei tre eroici Caduti.
- una quarta Med. d’O. V.M. concessa alla memoria del C.re Mario Ghisleni (anch’egli combattente intrepido, ferito gravemente e deceduto subito dopo) con la seguente motivazione: «Durante un violento combattimento precedeva i compagni all’attacco di munite postazioni nemiche dando prova di sereno coraggio, sprezzo del pericolo e di slancio non comune. Ferito gravemente alla gamba sinistra continuava a sparare contro l’avversario fino a che le aggravate condizioni della ferita lo costringevano ad allontanarsi. Nonostante le cure mediche apprestategli, sentendosi prossimo alla fine, in pieno possesso delle sue facoltà mentali, dichiarava di essere orgoglioso di immolare la sua vita per la Patria, per la Maestà del Re e per il Duce. Rivolgeva il suo pensiero alla famiglia esprimendo la speranza che i suoi figli fossero sempre degni di lui». Al suo nome è intitolata la caserma della stazione di Bergamo.
Abbiamo ricordato soltanto pochi nominativi, ma gli episodi di eroismo furono tanti in tutto l’Ogaden. I Carabinieri caduti furono 208, i feriti 800. Le medaglie d’O V.M. furono 4, quelle d’Argento 49, 108 le medaglie di bronzo e 435 le Croci di Guerra. La Bandiera dell’Arma fu insignita della Croce di Cavaliere dell’Ordine militare d’Italia con una motivazione esaltante: «Durante tutta la campagna, diede innumerevoli prove di fedeltà, abnegazione, eroismo; offrì olocausto di sangue generoso; riaffermò anche in terra d’Africa le sue gloriose tradizioni; diede valido contributo alla vittoria». Le operazioni si conclusero il 5 maggio 1936 con la conquista della capitale, Addis Abeba.
A quei Caduti ed ai superstiti, a tutti i Carabinieri che in quelle terre lontane compirono il loro dovere di Soldati, vada il nostro omaggio e l’accorato ricordo.

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