Burocchi Giovanni carabiniere
Carabiniere Burocchi Giovanni 16 aprile 1881 Penna San Giovanni (Macerata), Marche deceduto il 03 ottobre 1919 a bordo del piroscafo 'Beker' Fiume
a Lui è intestata la sezione di Scicli
Medaglia d'oro al valor Militare alla Memoria R.D. 11 ottobre 1919
con la seguente motivazione
Fulgido esempio di incomparabile fermezza e del più elevato sentimento del dovere, di scorta con un solo compagno ad una nave mercantile che in seguito ad audace colpo di mano era stata costretta a cambiar rotta, replicatamente fatto segno, quale capo servizio, a intimidazioni e minacce anche armata mano da parte dei ribelli, con contegno calmo, deciso ed eroico si dichiarò disposto ad affrontare come affrontò difatti, anche la morte piuttosto che venire meno alla ricevuta consegna.
STORIA DEL FATTO
A Fiume si viveva l'atmosfera eccitante ed esaltata delle grandi avventure. L'occupazione si era compiuta senza colpo ferire: dopo che era corsa l'ipotesi di una repubblica del Quarnaro, fu istituita una reggenza. L'ultimo reparto di carabinieri, che rappresentava la legalità nazionale ed internazionale, fu ritirato tra salve di moschetteria.
Vi era, è vero, un cordone sanitario sulla terraferma ed un blocco navale per impedire i rifornimenti, ma, come molti blocchi, era una finzione. Quando occorrevano rifornimenti, erano sufficienti un paio di arditi, gente audace e lesta di pugnale e pistola, per "prendere in prestito" un bastimento.
Per scoraggiare questa piratesca piaga dei dirottamenti marittimi, le navi in rotta sull'Adriatico imbarcavano le scorte dei carabinieri: un palliativo perché gli uomini assegnati erano sempre troppo pochi per controllare le navi e perché la potente Federazione Marinara era di fatto complice dei legionari fiumani.
Il 1° ottobre 1919 il piroscafo Presidente Becker salpò da Ancona per Sebenico con un carico di derrate alimentari. A bordo vi era una coppia di militi. Doppiato capo Conero, all'una alcuni ufficiali dell'intendenza militare di Ancona, imbarcatisi con documenti falsi, irruppero sul ponte comando con le pistole in pugno e costrinsero il comandante a far rotta su Fiume. Il dirottamento si svolse come da copione: i due carabinieri si trovarono molte armi puntate addosso. Ma il carabiniere Giovanni Burocchi, un tranquillo quarantenne, rifiutò di adeguarsi. Ordinò al collega di non lasciare il moschetto, e restò al suo posto.
Il momento della verità scoccò il 3 ottobre, all'arrivo a Fiume. Due arditi salirono a bordo e ordinarono ai due di farsi da parte e non intralciare le operazione di scarico. Burocchi non senti ragioni. Una vigliacca moschettata a bruciapelo ammazzò quest'uomo semplice e generoso.
Valgono come monito le magniloquenti parole di un articolo del Corriere della Sera (15 ottobre 1919) a commento di una triste medaglia d'oro alla memoria "Quale morte! ... fredda, solitaria, prevista come un supplizio, brutta di furore fraticida ... egli sentiva che chi corrompe la disciplina provoca le dittature, gallonate o sanculotte che siano. ... Volendo, come ogni altro italiano, che Fiume fosse dell'Italia, ha voluto che venisse veramente all'Italia, non ad una Balcania o ad un Messico di cui Fiume stessa dovrebbe poi vergognarsi". Forse l'autore stesso del pezzo non immaginava lontanamente quanto profetiche sarebbero state le sue alate parole.Fedeli a una patria e a una legge non degnamente rappresentate, i carabinieri resteranno al loro posto anche quando le orde fasciste prenderanno il potere.