Svevi - Storia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Storia araldica monete
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Svevi

SICILIA LIBERA AI SICILIANI  
Stemma duchi di Svevia Hohenstaufen
     





La casa sveva degli Hohenstaufen (1194-1266)
ENRICO VI 1194- 1197
(sposato a Costanza d'Altavilla)
FEDERICO II  1197- 1250
CORRADO 1250 - 1254
CORRADINO DI SVEVIA 1254 - 1258
MANFREDI 1258- 1266

          ENRICO VI             CATTEDRALE PALERMO          FEDERICO SECONDO
      


Testo tratto da Siracusa 27 secoli di storia di Carlo Morrone Editore Maura Morrone
Enrico, figlio di Federico Barbarossa, non fu mai benvoluto dal popolo e la stessa moglie, che vedeva la sua gente tiranneggiata, gli tu ostile.
La morte comunque colse il re dopo appena tre anni dall'incoronazione.
Costanza volle restare in Sicilia, anche per sanare le malefatte del marito, per cui fece incoronare Federico che regn� sotto la sua reggenza.
Fece scarcerare i tanti baroni e conti che Enrico aveva tatto imprigionare, ridiede tranquillit� al clero, inoltre fond� parecchi monasteri e fece una generosissima donazione al monastero di Santa Maria delle Monache di Siracusa.
Costanza nel 1198 mor� improvvisamente e Federico, di appena cinque anni, fu posto sotto la tutela di papa Innocenzo III.
Tra il 1194 ed il 1220 Pisani e Genovesi crearono non pochi problemi alla citt� di Siracusa, che era stata loro promessa da Enrico VI.
I Pisani occuparono Siracusa e presero a governarla in nome della loro Repubblica; ma nel 1204 i Genovesi, con il benestare del Papa e di Federico II, riuscirono in soli sette giorni a cacciare gli "usurpatori", e cominciarono essi stessi a governare la citt� da padroni.
II genovese Alamanno Costa, al quale la citt� era stata consegnata come feudo, ristabil� un certo ordine ed in particolare richiam� entro le mura il vescovo e tutto il clero precedentemente espulsi dai Pisani.
A sedici anni Federico riprese le redini di ogni cosa: sciolse l'accordo con i Genovesi e li allontan� dall'isola.
Di ogni citt� fece un comune che fortific� senza risparmio di mezzi e di denaro; sorsero castelli a Siracusa (Maniace), a Catania (Ursino), ad Enna (Torrione Ottagonale), ad Augusta.
A Napoli fond� l'universit� perch� gareggiasse con quella di Bologna e potenzi� quella di Salerno.
Enrico, figlio di Federico Barbarossa, non fu mai benvoluto dal popolo e la stessa moglie, che vedeva la sua gente tiranneggiata, gli tu ostile.
La morte comunque colse il re dopo appena tre anni dall'incoronazione.
Costanza volle restare in Sicilia, anche per sanare le malefatte del marito, per cui fece incoronare Federico che regn� sotto la sua reggenza.
Fece scarcerare i tanti baroni e conti che Enrico aveva tatto imprigionare, ridiede tranquillit� al clero, inoltre fond� parecchi monasteri e fece una generosissima donazione al monastero di Santa Maria delle Monache di Siracusa.
Costanza nel 1198 mor� improvvisamente e Federico, di appena cinque anni, fu posto sotto la tutela di papa Innocenzo III.
Tra il 1194 ed il 1220 Pisani e Genovesi crearono non pochi problemi alla citt� di Siracusa, che era stata loro promessa da Enrico VI.
I Pisani occuparono Siracusa e presero a governarla in nome della loro Repubblica; ma nel 1204 i Genovesi, con il benestare del Papa e di Federico II, riuscirono in soli sette giorni a cacciare gli "usurpatori", e cominciarono essi stessi a governare la citt� da padroni.
II genovese Alamanno Costa, al quale la città era stata consegnata come feudo, ristabilì un certo ordine ed in particolare richiamò entro le mura il vescovo e tutto il clero precedentemente espulsi dai Pisani.
A sedici anni Federico riprese le redini di ogni cosa: sciolse l'accordo con i Genovesi e li allontanò dall'isola.
Di ogni città fece un comune che fortificò senza risparmio di mezzi e di denaro; sorsero castelli a Siracusa (Maniace), a Catania (Ursino), ad Enna (Torrione Ottagonale), ad Augusta.
A Napoli fondò l'università perchè gareggiasse con quella di Bologna e potenziò quella di Salerno.

Federico II rappresentato alla maniera degli imperatori romani
(Barletta, Museo Civico)


Federico, uomo colto, intelligente e deciso, educato secondo il costume siciliano, coltiv� il sogno di un impero universale ed ebbe una concezione moderna dello stato.
Per la realizzazione dell' Impero universale us� ogni arma possibile: la religione, la diplomazia, le armi.
Nella Costituzione di Melfi, nella quale sintetizz� la sua concezione di Stato, si legge, tra l'altro, che "tutti, signori feudali e borghesi, laici ed ecclesiastici, razze e religioni, sono uguali di fronte alla legge dell'imperatore, che � la legge vivente".
Costantemente proteso a rafforzare e ad ampliare i propri domini, fu ostacolato dai pontefici: tradito da Innocenzo III, scomunicato da Gregorio IX e dichiarato decaduto da Innoccenzo IV.
La morte lo colse, comunque, quando la sua opera era gi� incrinata e prossima alla rovina; il figlio Manfredi, suo successore, regn� per poco tempo: l'impresa di unificare l'Italia, partendo dal sud, non riusc� neanche a lui e, quando papa Urbano IV offr� la corona d� Sicilia a Carlo d'Angi�, lo scontro fra i due divenne inevitabile.
A Benevento, Manfredi perse il regno e la vita.

il castello di Federico
(castello Maniace)

 


LA SCUOLA SICILIANA
Mentre in Francia la lingua d'Oil (S�. in francese antico) e in Provenza la lingua d'Oc, sin dall'XI secolo erano usate con intenti d'arte, in Italia la lingua del S� volgare veniva usala esclusivamente per la produzione di opere religiose: S. Francesco componeva in volgare il Cantico di frate Sole, Jacopone da Todi Il pianto della Madonna.
Per il resto, vi era una chiara influenza francese e provenzale con vivo disappunto di Dante, che defin� il trovatore italiano "un pusillanimo che sempre le sue cose crede valer poco e l'altre assai".
Nacque a Palermo, alla corte di Federico II, la grande poesia italiana; in essa confluirono le correnti tradizionali e le correnti nuove con ampio campo di interessi: filosofici, letterati, giuridici e scientifici, al punto che nel XII secolo la corte sveva risult� il centro culturale pi� importante di tutta la penisola.
In Sicilia nacque la prima lingua d'arte in volgare consistente in un siciliano illustre, depurato dagli elementi strettamente dialettali e modellato nel lessico e nella sintassi.
Alla corte siciliana fiorirono Giullo D'Alcamo (rosa fresca aulentissima), Jacopo da Lentini notaio di Federico (amar � un desio che vien da core), Odo delle Colonne da Messina (Lamento di una donna abbandonata), Guido delle Colonne da Messina (Ancor che l'aigua per lo foco lassi), Stefano Protonotaro da Messina (Pir meu cori alligrari), senza ovviamente tralasciare lo stesso re Federico e i due suoi f�gli Enzo e Manfredi.
La morte dell'imperatore (1250), di Enzo (1272 in stato di prigionia a Bologna dal 1249) e di Manfredi ( 1266), tolse alla Sicilia questo privilegio; centro di propulsione del volgare divenne la Toscana e "la lingua fu detta toscana e toscani furono detti i poeti italiani" (De Sanct�s).


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