Euphemios - Storia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Storia araldica monete
Vai ai contenuti

Euphemios

Bizantini
Euphemios, Turmarca ribelle, traditore, usurpatore o... donnaiolo?
testo a cura di Susanna Valpreda
anello di Euphemios


sigillo di Euphemios

edicola icona Madonna

Nell’826 si era insediato il nuovo stratego dell'isola, di nome Costantino. Fra lui e un ufficiale delle forze navali, il turmarca Euphemios, sorse un dissidio per ragioni poco chiare, forse di carattere assolutamente personale. Una storia di donne, come qualche fonte riferisce. Eufemio era un abile comandante e le unità al suo comando lo sostennero nella lotta contro lo stratego. Siracusa venne occupata dagli insorti e lo Costantino fu ucciso. Secondo un copione ormai sperimentato, Eufemio si autoproclamò imperatore e distribuì cariche ai suoi fedeli in varie parti dell'isola.
Le fonti storiche sono contrastanti su questo personaggio, infatti abbiamo quattro diverse versioni. La prima versione è riportata da Giovanni Diacono nella seconda metà del IX secolo, narra che gli abitanti di Siracusa spinti da un tale Euphemios, si ribellarono uccidendo il patrizio Gregorion probabile stratega del thema. La cosa venne a conoscenza dell’imperatore che mandò un corpo di spedizione e costrinse Euphemios e la sua famiglia a rifugiarsi in Africa .
La seconda versione è proposta dall’Anonimo Salernitano vissuto verso la fine del X secolo, narra che Euphemios, ricco siciliano, fosse ingiuriato dal prefetto dell’Isola che, corrotto per denaro, gli aveva sottratto la fidanzata Omozisa, per concederla a un suo rivale. Euphemios, cercando la vendetta, si alleò con gli Arabi e uccise il prefetto a Catania.
La terza versione prende spunto dalla seconda e si colloca nel X secolo nell’Orthografias del grammatico bizantino Theognoston . Questa versione narra la storia del turmarca di Sicilia, Euphemios, che rapì una monaca e la costrinse a sposarlo. I familiari della monaca si appellarono all’Imperatore che decise di punire Euphemios mozzandogli il naso, ma Euphemios sfuggì e si rifugiò alla corte degli Aghlabiti, promettendogli in cambio la Sicilia se questi lo avessero aiutato a diventare imperatore.
La quarta versione, quella musulmana ma riportata da scrittori del XII e XIII secolo, narra di Euphemios, turmarca dell’Isola, uomo valoroso e conoscitore delle coste africane per avervi combattuto. Egli fu accusato di una colpa non sua e tolto il comando dall’Imperatore si ribellò, assaltò Siracusa e sconfisse il patrizio Konstantinos. Fu proclamato imperatore dai suoi e mise a capo della parte occidentale dell’Isola, un suo parente. Costui si ribellò con molti uomini ad Euphemios, che fu costretto a fuggire in Africa a trattare con gli Aghlabiti , cui chiese aiuti per realizzare uno sbarco in Sicilia e cacciare gli odiati bizantini.
Dalle apparenti contraddizioni di ognuna delle versioni si può comunque trarne una più convincente. È molto probabile che le truppe di stanza in Sicilia, composte da stratiotai ma anche da mercenari, si fossero ribellate al potere centrale non accettando il nuovo imperatore ovvero tentando di approfittare per proprio vantaggio personale dello stato di confusione e di successivo assestamento che seguì all’avvento al potere di Michele il Balbo. È possibile che all’atto di ribellione dei siciliani abbia contribuito in quel momento anche la politica fiscale dell’impero, specie in un momento in cui Costantinopoli cercava di ricomporre un esercito da contrapporre ai Bulgari e agli Arabi. È più che probabile che durante la rivolta venisse ucciso lo stratego dell’isola Kostantinos e che per un certo periodo Euphemios, capo dei rivoltosi, comandasse in Sicilia e che si montasse la testa. Ed è quindi possibile che abbia compiuto degli atti di forza come quello di strappare una conversa dal monastero. È infine probabile che intorno all’825 l’imperatore abbia fatto arrivare in Sicilia un corpo di spedizione fidato, capitanato dal curopalata Photeinos. Euphemios a quel punto, tradito dai suoi compagni, era fuggito in Africa, lasciando però amici fidati che l’avrebbero aiutato quando fosse tornato. L’Africa fu una scelta obbligata perché non c’erano per lui molte altre vie di fuga oltre quella di rifugiarsi presso i nemici dell’impero che in quel momento erano solo i Longobardi e gli Arabi e forse questi ultimi erano più facilmente raggiungibili.
Giunto in Tunisia, sembra che Eufemio chiedesse l'invio di truppe che potessero soccorrere i suoi partigiani in Sicilia e rovesciare la situazione militare. Domandò inoltre il riconoscimento del suo titolo imperiale e il governo della Sicilia. In cambio, il turmarca ribelle si impegnava a versare un tributo all'emiro aghlabita e quindi a riconoscerne la sovranità. La sua offerta suscitò non poche perplessità alla corte di Ziyadat Allah. Con i Rum di Sicilia vigeva una tregua e l'emiro volle quindi essere rassicurato sulla legalità di un'eventuale spedizione militare. Furono interpellati i due maggiori giuristi di Qayrawan ed uno di essi, Asad ibn al-Furat, si espresse decisamente nel senso del jihād, la guerra santa. Le giustificazioni legali vennero ritenute valide ed il parere del giureconsulto prevalse sulla quasi unanime opposizione iniziale dei maggiorenti all'impresa siciliana.
I musulmani, che forse avevano già progettato un'invasione della Sicilia, prepararono una flotta di settanta navi, chiamando al jihād marittimo il maggior numero di volontari, ufficialmente per assolvere a un obbligo morale ma di fatto per allontanare il maggior numero possibile di sudditi facinorosi, tanto nelle file della componente araba quanto all'interno dei ranghi berberi...
Bibliografia:
L. Santagati, Storia dei Bizantini di Sicilia
M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, v. 1
U. Rizzitano, Gli Arabi di Sicilia
F. Maurici, Breve storia degli arabi in Sicilia
V. Prigent, Pour en finir avec Euphèmios, basileus des Romains
Torna ai contenuti