storia monete
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INIZIO DELLA MONETAZIONE
La data in cui ebbe inizio la prima coniazione a Siracusa non è determinabile con precisione, ma è probabile che dovette essere compresa fra il 530-510 a.C. Da questa data la zecca siracusana lavorò ininterrottamente fino al 212 a.C. anno in cui subentrarono i romani, i quali continuarono a coniare fino al 44 a. C. E cosi la storia della città rimase incisa in modo indelebile a sfidare i secoli e la memoria sulle sue monete d'argento, d bronzo, e d'oro, piccole e grandi, documentando nello stesse tempo la realtà civile ed economica della Sicilia che si identificò per analogia o per contrasto con quella di Siracusa.
Esse rivelarono le ascese e le cadute, il potere di re e regine, raccontarono trionfi sportivi e politici, vittorie e sconfitti per mare e per terra, alleanze e matrimoni, rispecchiarono i vari culti assieme al gusto estetico e alla abilità di chi le fabbricò.
Siracusa, a differenza delle altre città siceliote e italiche che l'avevano di poco preceduta, basò la sua monetazione su tetradramma con il suo valore contrassegnato dalla quadriga cocchio con quattro cavalli affiancati, che apparve con due cavalli (biga) nei didrammi, e con uno nelle dramme, in stretti relazione alla moneta di Atene, che per la purezza del metallo e l'esattezza del peso era preferita negli scambi.
La monetazione siracusana esercitò un grande e costanti influsso su tutti gli altri centri monetari e non soltanto su quelli soggetti alla sua egemonia.
Il didramma e il tetradramma costituirono la moneta pii ampiamente coniata ed ebbe la più ampia circolazione ne mondo greco tra il V e IV secolo a.C. mentre il "decadramma' (10 dramme) fu coniato in occasioni speciali, di vittorie riportati in guerra o in competizioni sportive.
Il sottomultiplo della dramma più conosciuto fu l'"obolo (un sesto). L'obolo si identificò da principio con la litra avendo all'incirca uguale peso e avendo indicato i lingotti di ferro e d rame che avevano avuto funzione monetaria. L'obolo siracusano si distinse dalla litra per il disegno diverso che recava su una faccia, la ruota, invece del polpo (octopus).23
L'obolo fu sempre d'argento fino all'età post-alessandrina. Più tardi fu coniato anche in bronzo. In età romana tale voce fu usata nel senso di moneta spicciola, di poco valore.
Lo scrittore greco Luciano denominava obolo la moneta che Caronte esigeva da ciascuna ombra per attraversare il fiume Stige nel mondo dei morti. Nel Medio Evo venne detto obolo la metà del "denaro" chiamato "medaglia" e alcune monete emesse dai principati cristiani in oriente. Quando questi erano piccolissimi venivano chiamati "obolini".
IL CONIO
La tecnica del conio per ogni tipo di moneta era molto semplice. Tutto quello che serviva erano un piccolo forno a legna, un'incudine, una bilancia per pesare i dischi o tondelli di metallo da trasformare in moneta e pochi strumenti come bulini e punzoni, martelli di varia grandezza, pinze per afferrare il metallo ammorbidito dal calore. Attrezzi che possiamo ancora apprezzare nelle botteghe artigiane degli orafi-incisori, continuatori di una singolare tradizione siracusana quale la glittica.
Il metallo veniva posto sull'incudine dentro lo stampo con il disegno più importante chiamato testa o diritto. Su questo si appoggiava il punzone con l'immagine dell'altro verso e con un potente colpo di martello si schiacciava e diventava una moneta.
LE PRIME EMISSIONI
Dall'età antichissima fino al 500 a. C. furono abbondanti le emissioni di tetradrammi, didrammi, e dramme. Il tetradramma introdusse ed elaborò i due temi che misero in risalto le relazioni con la madre-patria e con Olimpia, la quadriga di Zeus (dio degli dei o dell'Olimpo) sul diritto, e l'effigie femminile sul rovescio, che verso la fine del V secolo a.C. divenne il diritto, in un quadrato incuso (fig.3),24 ovvero quadripartito, che apparve come simbolo della perfetta armonia che deve esistere tra le esigenze spirituali e temporali dell'uomo, di corretta intesa tra i popoli.
Le monete di questo periodo sono il più antico documento del nome semita Siracusa e dei siracusani. Nomi che apparvero costantemente nella leggenda di tutte le monete, anche nella forma abbreviata, fino alle prime coniazioni dei romani subentrati ai greci (Syrakosion, Syrakosai, Syrakosi).
Dal 500 al 461 a. C. la monetazione subì un'ulteriore evoluzione nei tipi, nei nominali e nel metallo. Oltre all'argento si coniò in bronzo. La testa femminile occupò tutto il campo della moneta e si identificò con Aretusa, la divinità locale connessa all'Alfeo e ad Olimpia della Grecia. E ciò continuò fino al massimo fiorire degli incisori che firmarono le monete.
Il mito di Aretusa conosciuto nell'antico come oggi, si svolge nella breve e delicata storia ricordata da due poeti latini, Publio Virgilio Marone e Publio Ovidio Nasone.
"Aretusa, ninfa cacciatrice al seguito di Artemide, viveva nei boschi del Peloponneso. Alfeo, dio fluviale del luogo, si invaghì di Aretusa che, per sfuggirgli, invocò la dea. Trasformata in fonte si gettò nel mare, e per questo venne annoverata fra le Nereidi, le belle e numerose figlie di Nereo, dio del mare, che in seguito venne sostituito da Poseidone. E così continuò a scorrere fino a giungere fra le rigogliose rive di Siracusa. Alfeo, invocato Zeus, fu trasformato in fiume potendo, in tal modo, raggiungere e congiungersi all'amata". L'incantesimo si concluse in questo scorrere perenne di acque limpide e fresche che unirono in un eterno abbraccio d'amore la Grecia alla Sicilia.
Questa età detta dei tiranni, fu caratterizzata dal governo monarchico di Gelone e del fratello Ierone 1°. Governo, che apparve come un tentativo di passaggio dalla città-stato a uno più grande e più forte che comprendesse tutta l'isola, atto a fronteggiare con più sicurezza il pericolo rappresentato dai nuovi popoli che pressavano in Sicilia come i cartaginesi, gli ateniesi, gli etruschi. Infatti fu in questo periodo che si notò una maggiore coesione fra le città siceliote sia sul campo politico che commerciale come potè rilevarsi dal numero, dall'unità dei tipi e dal valore delle monete.
La testa femminile con la varietà degli ornamenti e delle acconciature poteva adattarsi a qualsiasi città, poteva riferirsi a qualsiasi divinità della propria mitologia, similmente per la quadriga sia per la varietà artistica, sia perchè si poteva rappresentare sopra qualsiasi figura.
La sapienza semita non era andata al di là del proverbio e della parabola, ma la filosofia di cui si era fidata la Grecia, aveva generato la più ricca mitologia a fianco della più profonda metafisica. E a Siracusa dove il sole era il padre, la terra la madre, l'acqua la nutrice, nacquero nuovi miti, tanti quante le benefiche funzioni della natura, quanti la fantasia dell'uomo è capace di crearne.
BIBLIOGRAFIA
22-Consolo Langher - pag. 37-38-42
23-Boehringer - pag. 255
24-Holm - pag. 30 e seg.