Arcidiocesi Siracusa storia - Storia

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Arcidiocesi Siracusa storia

Diocesi Siracusa
I vescovi di Siracusa tra VIII e IX secolo
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CENNI SULLA STORIA DELLA CHIESA DI SIRACUSA
a cura di mons. Pasquale Magnano

vedi anche:http://www.arcidiocesi.siracusa.it/pls/siracusa/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=51
San Marziano (Marciano) primo Vescovo di Siracusa

Cripta di San Marciano


La Chiesa siracusana vanta origine apostoliche secondo un’antichissima tradizione. Il primo documento che registrò tale tradizione fu “L’encomio per il nostro Padre Marciano vescovo di Siracusa”, scritto in greco, compilato tra la fine del secolo VII e ai primi del secolo VIII e conservato in Vaticano (codice 866).
Per superare un certo anacronismo del testo è probabile che il redattore, di età bizantina, ha messo insieme la vita di due vescovi dal nome di Marciano.
Del primo (il protovescovo), che fu inviato dall’apostolo Pietro, da Antiochia, nell’anno 39/40 circa e subì il martirio ad opera dei giudei. E dell’altro, che visse nel secolo III e subì il martirio al tempo di Valeriano e Gallieno.
La tradizione della fondazione apostolica fu raccolta in una frase del breve di papa Leone X (1513-1521) che quasi alla lettera campeggia nella navata centrale della cattedrale: Cum, sicut accepimus, Syracusana Ecclesia, qua secunda post Antiochenam Cristo dicata asseritur…”.
Probabilmente, però, il messaggio evangelico a Siracusa giunse ancora prima dell’arrivo di Marciano e fu portato da evangelizzatori anonimi che, dopo la Pentecoste (cfr At 2, 1-11), si fermarono in essa per l’importanza dello scalo marittimo siracusano in epoca romana. È impensabile che la marcia del cristianesimo verso Roma abbia ignorato la Sicilia, come vorrebbero alcuni storici.
L’evangelizzazione, come osservò lo storico Francesco Lanzoni, seguì gli stessi itinerari delle rotte del commercio marittimo.
È storicamente certo che nella primavera dell’anno 61, a Siracusa, rimanendovi tre giorni, giunse l’apostolo Paolo che era condotto a Roma per essere giudicato dal tribunale di Cesare (cfr At 28,12).
Il silenzio degli Atti, poi, sulla permanenza siracusana di Paolo non esclude la presenza di una comunità cristiana; anche per la città di Mileto, dove Paolo rimase tre giorni ad attendere gli anziani di Efeso (At 20, 17-38), e per Malta, dove rimase tre mesi (At 28, 11), nulla si dice della sua attività strettamente evangelizzatrice; è impensabile immaginare l’apostolo Paolo inattivo.
S. Giovanni Crisostomo in due sue omelie ricordò la predicazione di Paolo in Sicilia, cioè a Siracusa, l’unica città siciliana e la prima città d’Italia visitata dall’Apostolo.
Altre testimonianze della presenza cristiana a Siracusa si hanno, poi, con il complesso delle catacombe, e particolarmente di quelle di S. Lucia, di S. Maria di Gesù, che nelle zone più antiche risalgono nei primi decenni del secolo III, e di S. Giovanni.
E a metà dello stesso secolo (250-251) in una lettera (redatta da Novaziano), inviata dal clero romano a S. Cipriano di Cartagine, dopo la morte di papa Fabiano (251 d. C.), sul problema de lapsi e sulla condotta da tenere verso di loro, si ha testimonianza di una comunità cristiana numerosa e strutturata, dato che in essa si dice che sulla stessa questione fu inviata altra lettera in Sicilia.
Lo storico Francesco Lanzoni scrisse: «adunque se non a Siracusa soltanto, certo principalmente a Siracusa noi dobbiamo cercare il vescovo destinatario dell’epistola dei preti e dei diaconi di Roma del 250 o 251».
Il secolo IV è ricco di testimonianze che accertano il vasto consolidamento della presenza cristiana.
Innanzitutto il martirio di S. Lucia, fissato dalla tradizione più antica al 13 dicembre, la cui personalità storica è stata indiscutibilmente e ulteriormente provata dalla epigrafe di Euskia ritrovata dall’archeologo Paolo Orsi nel 1894 nelle catacombe di S. Giovanni (sec. IV).
L’epigrafe è «il più antico ricordo – scrisse S. L. Agnello – del culto prestato a S. Lucia», costituendo «con ciò il più sicuro documento della storicità della tradizione».
Sulle vicende del corpo di S. Lucia la opinione più attendibile ne indica la traslazione da Siracusa a Costantinopoli nel 1039 ad opera del generale bizantino Maniace e da Costantinopoli a Venezia nel 1204 ad opera del doge Enrico Dandalo.
Il venerato corpo della Santa, dopo ben 965, dal 15 al 20 dicembre del 2004, è ritornato in Siracusa accolto da una incalcolabile folla di fedeli commossi ed oranti. Per una settimana si è realizzata l’accorata preghiera della Chiesa siracusana, recitata lungo i secoli alle “Lodi” dell’antico Breviario e trascritta dall’arcivescovo Luigi Bignami sul sepolcro della Santa: «Lucia sponsa Christi, omnis plebs te expectat».
Altra preziosa testimonianza di una antica e importante presenza di cristiani a Siracusa ci proviene dalla lettera, conservataci nella “Storia Ecclesiastica” di Eusebio di Cesarea, che l’imperatore Costantino il Grande, dopo l’editto di Milano del 313, inviò al vescovo della città Cresto, convocato assieme ad altri prelati al concilio di Arles del 314 per mettere fine allo scisma donatista.
È da ritenersi che non si tratta del primo documento dell’esistenza della sede vescovile, che era molto più antica, quanto piuttosto del primo nome di un vescovo della città, riportato in un documento storicamente certo.
Tanti nomi di vescovi sono rimasti ignoti. Paolo Orsi rivendicò la scoperta dei nomi dei vescovi Cerapione e Siracusio, vissuti nello stesso IV secolo, seppelliti nelle catacombe di s. Giovanni e non elencati nella cronotassi dei vescovi siracusani fino al secolo XIX.
Un altro vescovo siracusano partecipò certamente nel 343-344 al concilio di Sardica (attuale Sofia, capitale della Bulgaria) ma il suo nome è rimasto ignoto. È assai probabile che si tratti del vescovo Germano che, secondo lo storico Cristoforo Scobar, «edificò la chiesa di S. Paolo e di S. Pietro e la chiesa di S. Foca».
La cronotassi dei vescovi siracusani, purtroppo, ha vuoti vistosi soprattutto nel primo millennio; tuttora, ad esempio, non sono elencati i vescovi Ilario, vissuto nei primi decenni del secolo V, che scrisse nel 414 a S. Agostino, dati i frequenti rapporti tra Siracusa e l’Africa cristiana, a proposito della eresia pelagiana, divulgata in città dallo stesso Pelagio e dal discepolo Celestio che si erano fermati in essa fuggendo da Roma minacciata da Alarico, e Pietro, immediato santo predecessore del vescovo S. Zosimo (sec. VII), come si legge nella “Vita” di questo.
Ulteriore prova della presenza cristiana è data dalle ben note testimonianze epigrafiche, archeologiche e pittoriche delle catacombe. Siracusa, infatti, vanta, dopo Roma, il maggior numero di titoli tra le città dell’intera Europa occidentale.
Una comunità cristiana organizzata come quella siracusana, quindi, non poteva non avere origini lontane per avere così vasti cimiteri cristiani. Il passaggio dal paganesimo al cristianesimo presuppongono tempi lunghissimi.    
Il vescovo siracusano Eulalio, agli inizi del secolo VI, accolse a Siracusa il monaco Fulgenzio di Telepte in Africa, il futuro vescovo di Ruspe (ulteriore dimostrazione dei rapporti con la sponda africana), e partecipò ai sinodi romani del 501 e 503 firmando gli atti dopo papa Simmaco e i vescovi di Milano e Ravenna.
Alla fine del VI secolo, con l’avvento di papa Gregorio Magno (590-604), la sede siracusana ebbe rapporti particolari con Roma.
Il grande Pontefice scrisse numerose lettere ai vescovi siracusani Massimiano, che da abate accolse nel monastero di S. Andrea al Celio in Roma il futuro Gregorio Magno e, poi, fu costituito dallo stesso papa suo vicario per tutta la Sicilia, e Giovanni, al quale concesse anche l’uso del pallio.
Papa Gregorio si interessò degli antichi monasteri siracusani di S. Nicolò, S. Pietro ad Bajas e S. Lucia (questo eretto, a suo tempo, per la custodia del venerato sepolcro della santa vergine e martire siracusana), e di un altro sorto sotto il suo pontificato, detto della “Capitulana”, (che ebbe breve vita), rafforzandone la disciplina.
Siracusa ebbe anche legami con Costantinopoli, allora capitale dell’impero d’Oriente. Dal 535 Siracusa entrò nell’orbita bizantina e dal 663 al 668 fu sede dell’imperatore Costante II.
Nel 680 a conclusione di un sinodo convocato da papa Agatone (679-681), siciliano, la prima firma dei vescovi siciliani è quella di Teodosio, che si qualifica “exiguus episcopus sanctae ecclesiae syracusanae”.
Tra la fine del secolo VIII e gli inizi del secolo IX il patriarcato di Costantinopoli concesse alle sede siracusana, in modo permanente, la dignità di metropolita di Sicilia.
Nell’860, papa Nicolo I (858-867) rivendicò la consacrazione dell’arcivescovo siracusano in una lettera all’imperatore d’Oriente Michele III, richiamandosi alla tradizione apostolica: “volumus ut consecratio syracusani archiepiscopi nostra a Sede impendatur ut traditio ab Apostolis instituta nullatenus nostris temporibus violetur”.
Ma il 21 maggio dell’878, dopo un lungo assedio di nove mesi, Siracusa fu espugnata dai musulmani, che la dominarono per ben oltre due secoli, fino al 1086.
L’assedio e la caduta della città furono narrate dal monaco Teodosio, che fu deportato assieme all’arcivescovo siracusano, di cui si ignora il nome (probabilmente Teodoro), a Palermo. Quando in questa giunse la carovana dei prigionieri, i cristiani, costernati, e i musulmani, curiosi, si domandavano “chi mai fosse quel famosissimo arcivescovo dei siciliani”.
Con la conquista araba, Siracusa divenne una diocesi in partibus infidelium ed ebbe anche i suoi martiri tra i quali, ancora noti nella chiesa d’Oriente e ricordati un tempo anche dalla chiesa siracusana, Giovanni ed Andrea con i figli Pietro ed Antonio, che furono deportati in Africa e poi uccisi con crudeltà dall’emiro Ibrahim.
Con la liberazione normanna, nel 1093 fu ricostituita la diocesi che si estendeva in tutto il territorio sud-orientale dell’isola (che nel 1188 divenne suffraganea di Monreale), da cui successivamente furono smembrate le diocesi di Caltagirone (1816), di Piazza Armerina (1818), di Noto (1844), e di Ragusa (1950/1955).
Il 20 maggio 1844 papa Gregorio XVI (1831-1846) restituì a Siracusa la dignità di sede matropolitana assegnando come suffraganee le diocesi di Caltagirone, Piazza Armerina, Noto, costituite dal territorio della vasta diocesi siracusana; e, successivamente, nel 1955, papa Pio XII (1939-1958), assegnò come suffraganea anche la diocesi Ragusa.
Con bolla papale del 2 dicembre del 2000, però, la diocesi di Caltagirone, già suffraganea di Siracusa, fu assegnata all’arcidiocesi di Catania, divenuta nella stessa data metropolitana e la diocesi di Piazza Armerima, già suffraganea di Siracusa, a quella di Agrigento, eretta a sede arcivescovile e metropolitana.
All’antica provincia ecclesiastica siracusana rimasero come suffraganee soltanto le diocesi di Ragusa e di Noto.
Dal 29 agosto al 1º settembre 1953, tra il commosso stupore del mondo, a Siracusa si verificò la lacrimazione di una statuetta del Cuore Immacolato di Maria.
Il 12 dicembre successivo, l’Episcopato siciliano emanò un comunicato ufficiale approvando la veredicità dell’evento ed auspicando la costruzione di un santuario che ne perpetuasse il ricordo. Il 17 ottobre 1954 Pio XII nel suo radiomessaggio ai siciliani, “Tra i memorandi fasti”, si soffermò a lungo sulle lacrime della Madonna a Siracusa.
In prossimità del luogo dove pianse la Madonna è stato innalzato il grandioso santuario “Madonna delle Lacrime”, su progetto degli architetti Michel Andrault e Pierre Parat, che papa Giovanni Paolo II (1978-2005) consacrò il 6 novembre 1994.


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