fuoco greco - Storia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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fuoco greco

Bizantini

Fuoco greco l’atomica del tempo

Tratto dal quotidiano La Sicilia del 4 Marzo 2017 a cura di Laura Valvo
Allora si chiamavano "Neoria" ed erano gli arsenali navali.
I lun¬ghi capannoni con tetti di legno ospitavano due dromoni per volta, le potenti navi da guerra bizantine, che venivano adagiate in vasche di pietra ripiene di sabbia per accogliervi la chiglia e per far scivolare le navi in mare dopo la fabbricazione. A Siracusa sorgevano nei pressi delle Terme di Dafne, lungo l'attuale via Arsenale, dove ancor oggi è possibile ammirarne i resti. Questo luogo della città, ancora una volta abbandonato ed ignorato dai si¬racusani. al pari delle vicine Terme di Dafne o della Basilica di San Pietro ad Bajas, fecero probabilmente da scenario ad uno di quegli eventi destinati a determinare le sorti della Storia: la fabbricazione del cosiddetto "Fuoco greco". una sorta di "atomica" del medioevo. una micidiale arma segreta che consentì ai bizantini di respingere gli arabi e di dominare il Mediterraneo per 7 secoli, fino a quando Bisanzio nel 1453 cadde nelle mani di Turchi di Maometto II.
La geniale invenzione dello scienziato Callinico
Ma cos'era il fuoco greco. chi lo inventò e, soprattutto, perché la sua nascita è legata con ogni probabilità a Siracusa e ai sui antichi arsenali? «Lo storico bizantino Teofane - spiega Io storico Anselmo Madeddu - racconta che l'inventore di quest'arma fu uno scienziato siriano di origine ebrea, un tal Callinico. un architetto di Heliopolis (l'odierna Baalbek in Libano), che per via della conquisra araba della Siria fuggì a Costantinopoli e, grazie al suo ingegno, mise nelle mani dei bizantini un'arma che a lungo gli stessi arabi avevano tentato invano di possedere, il "fuoco liquido", come fu allora definito. Si trattava di una miscela esplosiva che, dalle prue delle navi bizantine, veniva lanciata con dei sifoni contro le navi nemiche, incendiandole. La vera stregoneria consisteva nel fatto che a contatto con l'acqua il fuoco anziché spegnersi divampava ancor di più senza lasciar scampo a nessuno. Una vera arma di distruzione di massa che consentì ai bizantini di prevalere sugli arabi per molti secoli, e la cui formula chimica, gelosamente custodita dagli imperatori di Bisanzio, é rimasta per sempre un mistero. Pare che si fosse trattato di una miscela incendiaria a base di zolfo, salnitro, calce viva, pece e nafta. Il primo a fornirci la formula di un "fuoco automatico" fu Sesto Giulio Africano nel III secolo. Ma l'arma fu messa a punto solo da Callinico. 4 secoli dopo, e non fu mai divulgata. Si ritiene che la formula contenuta nel "Uber ignium ad comburendos hostes" di Marcus Graechus nel IX secolo sia quella che più si sia avvicinata al vero».
Secondo Teofane, la prima volta che quest'arma fu usata nella storia di Bisanzio risale al 672. quando Costantino IV, ad appena 4 anni dalla morte di suo padre Costante II, respinse la flotta navale araba venuta ad assediare Costantinopoli. È probabile, però, che Teofane, ancora una volta, non abbia detto per intero la verità. La sua ostilità nei confronn di Costante, reo di aver trasferito la capitale dell'impero da Bisanzio a Siracusa, é ormai ben nota ed è ragionevole ritenere che il patriottico cronista bizantino avrsse voluto tacere i menti di Costante, attribuendoli al figlio. È più corretto. invecr fa notare Madeddu. anticipare l'invenzione del Fuoco greco al periodo d» Costante. «Il motivo é semplice. Lo stesso Teofane, infatti, afferma che Callinico fuggì dalla Siria dopo la sua occupazione da parte degli arabi. Ma la Siria non fu conquistata durante il regno di Costantino IV (che ebbe inizio dal 669), ma molto prima, nel 637 e cioè ben 35 anni prima di quell'anno 672 in cui lo stesso Teofane colloca infondatamente il primo utilizzo del l'arma. È un lasso di tempo troppo lungo per apparire credibile. Certamente gli esperimenti di Callinico dovettero iniziare prima, e cioè durante il regno di Costante, che governo nei 27 anni dal 641 (4 anni dopo la perdita del la Siria) fino al 663. Del resto la commissione di quest'arma allo scienziato siriano ebbe sin dall'inizio una chiara connotazione anti-araba e va contestualizzata all'interno della cornice storica del tempo, ovvero il titanico scontro tra i bizantini di Costante II e gli arabi di Muawiya.
Un drammatico scontro di civiltà ancor oggi di estrema attualità per via di recenti fatti di cronaca, che trova, dunque, le sue più antiche radici proprio nell'epico scontro tra questi due condottieri». L'epico scontro tra i Cristiani di Costante II e i Musulmani di Muawiya. Quando nel 663 Costante mise piede in Sicilia il suo impero era sull'orlo del baratro. Ad Oriente ormai le controversie teologiche avevano dilaniato la coesione dello Stato, gli arabi gli avevano tolto laSiria, l'Armenia, l'Egitto e buona parte dell'Africa. Bisanzio aveva perso tutti i più grandi centri di produzione del grano, la sua fiotta era stata annientata dalla navi arabe a Phoenix, i costi per mantenere gli eserciti di frontiera erano diventati insostenibili e niente e nessuno sembrava ormai poter arrestare la valanga dell'avanzata islamica nel Mondo. Davanti ai disastri d'Oriente, l'Occidente apparve a Costante come un miraggio di salvezza. «Fu allora - osserva Anselmo Madeddu - che escogitò quel piano grandioso e visionario. Ad onta del miope campanilismo dei senatori di Bisanzio, decise di trasferire la capitale nell'altra sponda del Mediterraneo e di riorganizzare lo Stato. l'Esercito e la Marina sfruttando le enormi ricchezze dell'Occidente. E la terra che meglio di ogni altra sembrò prestarsi allora al suo progetto non fu Roma, né Ravenna, entrambe soffocate dalla morsa dei longobardi, ma la Sicilia, su cui anche gli arabi da tempo avevano messo gli occhi addosso. Si trovava al centro del Mediterraneo, era diventata la prima produttrice di grano dell'Impero ed era profondamente ellenizzata nelle istituzioni, nella cultura e nel sentimento popolare. Siracusa gli apparve da subito la sede ideale della nuova capitale. Era da lì che sarebbe ripartito. Ed era da lì che avrebbe preso a ricostruire l'Impero di Bisanzio, salvando il mondo cristiano dalla ondata islamica. Da allora Costante non ebbe che un chiodo fisso: trasferirsi in Sicilia e fermare l'avanzata dei figli di Ismaele e del loro invincibile capo, il sultano MuawiyaI. E per fare tutto Questo, Costante sapeva perfettamente di avere un asso nella manica, » scienziato Callinico e i suoi esperimenti per la fabbricazione di quella che venne allora percepita come l'arma "atomica" del tempo, l'arma il cui possesso avrebbe determinato i destini del mondo: il Fuoco greco».
La fabbricazione dell'arma di Callimeo negli arsenali di Siracusa.
Callinico era giunto a Bisanzio subito la caduta della Sirla nel 637 e da allora visse alla corte di Costante. Ma nel 655 la sua arma non era stata ancora realizzata. In quell'anno, infatti, la flotta navale bizantina fu interamente distrutta nelle acque di Poenix di fronte alla Lidia, dalla potenza navale di Muawiya. Se il Fuoco greco fosse stato a disposizione di Costante le sorti della battaglia sarebbero state ben altre. La fabbricazione dell’arma dunque risale a qualche anno dopo. Ma fu proprio in quella circostanza che Costante scampato per miracolo alla morte maturò il proposito di spostare la capitale la capitale in Sicilia e di commissionare la costruzione di quell'arma letale con la quale avrebbe potuto distruggere la flotta di Muawiya. Quando nel 663 si trasferì a Siracusa insieme alla sua corte, dunque, dovette portarsi dietro pure Callinico, col fine di condurre a termine la fabbricazione dell'arma, che fu messa a punto con ogni probabilità proprio in Sicilia. «Un chiaro indizio, in tal senso, ci viene dalle stesse fonti bizantine. Nel 665, infatti, la nuova flotta navale di Costante, allestita proprio negli arsenali di Siracusa e salpata dal porto siciliano, distrusse la flotta navale araba di Muawiya davanti alle acque di Alessandria, respingendo la rivolta del governatore Gennadio. Fu la prima volta - ricorda Madeddu - che le navi di Costante prevalsero su quelle di Muawiya dopo il disastro di Phoenix. E da allora fu sempre così. Teofane nelle sue cronache omette i dettagli. Ma è davvero mollo probabile che l'Inversione di tendenza cominciata con lo scontro navale del 665 abbia segnato l'inizio dell'uso dell'arma segreta di Callinico che gli Ingegneri navali di Costante, attraverso appositi sifoni, allestivano sulla prua delle navi costruite nell'arsenale greco della città aretusea. Oggi è emozionante recarsi In via Arsenale e immaginare come tutta questa straordinaria storia abbia potuto prendere inizio dai ruderi di questo antico Arsenale, silenzioso custode di un segreto che ha segnato le sorti della storia per ben sette secoli, consegnando ai bizantini il dominio dei mari. Un segreto, quale quello della formula del Fuoco greco, tramandatosi nei secoli da un imperatore all'altro e rimasto per sempre un mistero. E tutto questo grazie all'intuito di un imperatore, come Costante II, che ebbe il merito di capire quali enormi vantaggi gli avrebbe potuto procurare il genio dello scienziato Callinico».
Non accadde invece la stessa cosa quando, quasi 8 secoli dopo, un fonditore ungherese di fede cristiana. Urban, tentò di vendere a Costantino XI Pateologo, ultimo imperatore di Bisanzio. un'altra straordinaria invenzione della storia militare: il cannone che Costantino XI rifiutò l'invito e così Urban tradì la causa cristiana e si vendette al miglior offerente, il sultano turco Mehmet II. Dopo due mesi di assedio, il 29 maggio del 1453, Costantinopoli cadde nelle mani dei Musulmani e la civiltà bizantina, dopo oltre Il secoli, scomparve per sempre dalla faccia della terra. In quell'occasione il fattore che più di ogni altro decise le sorti di Bisanzio furono i cannoni di Urban.

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