Monete Siracusa - Storia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Storia araldica monete
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Monete Siracusa

Monetario Siracusano
Le belle MONETE di Siracusa
Tratto da: mitica Aretusa anno I n. 3 del 18 Aprile 2002


Ciane, 275/215 a.C.


Da tempo ed a ragione le monete di Siracusa furono proclamate siccome le più belle della Sicilia antica, e tra le più belle della Grecia intera. Siracusa, fondata ufficialmente, secondo la tradizione canonica, verso il 734, ma forse un po' prima, non conobbe però nei primi due secoli l'uso della moneta, nel senso effettivo e moderno della parola. Per due secoli essa dovette dibattersi fra mille difficoltà politiche ed economiche. Al nucleo principale dei suoi fondatori, di Corinto, si aggiunsero bande di avventurieri, in cerca di pane e di terre; la ricerca archeologica degli ultimi lustri ci ha dimostrato come anche l'elemento rodio abbia avuto una parte non indifferente nella fondazione della nuova città. La quale prima che greca fu sicula. Gli strati profondi di Ortygia ci rivelano ancora tracce, per quanto deboli, di questa gente e di questa civiltà remota, ed una corona di borghi siculi: al Plemmirio, al Cozzo del Pantano, a Scala Greca ed altrove, si adagiava attorno al più bel porto del Mediterraneo, al quale da secoli affluivano quelle audaci flottiglie commerciali di genti egeo- micenee che apportarono alla Sicilia orientale la grande luce di quella fulgida civiltà, e che col tempo doveva trasformare l'Isola in una gemma del mondo greco. Espulsi dalle coste gli originari siculi con le armi, ma forse più con l'inganno, occupata la ricca piana di Floridia, era vitale per Siracusa mantenere quotidiani contatti con i Siculi delle montagne, dai quali traeva prodotti della terra per sostentare la città, che non sempre era in grado di alimentarsi dal mare.
Siracusa non conosceva né il bronzo, né l'argento e quanto meno l'oro per battere moneta; la moneta del resto appare tarda anche In Grecia (Fidone d'Argo?). Quindi commerci di scambio mediante baratto di oggetti o di metallo informe (aes rude) che otteneva, in barre e formelle, d'oltre mare. E questa fu la moneta primitiva, l'aes rude che come in tutto il resto d'Italia precedé l'aes signatura od aes grave.


Cora [conio di Eveneto], 4CDO/3BO a.C.


Artemide (conio di Kimon), 410/400 a.C.


Ma appena Siracusa fu in grado di adottare II tondino d'argento, nel quale si afferma subito il genio artistico della stirpe, essa espresse i segni della propria nobiltà, effigiandovi la testa della divinità pollade Artemide Are- tusa ed una plumbea e pesante quadriga; sono emissioni ri¬strettissime di pezzi da quattro e due dramme con le quali la città inizia la sequela delle emissioni tipiche ad essa ed a tante altre città dell'Isola, con la testa della patrona e la quadriga agonistica o anche di guerra. Siamo naturalmente agli incunaboli dell'arte monetale, che riflettono lo stato della plastica, in Sicilia sopratutto plastica cretacea. Le città achee del Bruzio e della Lucania avevano adottato un altro piede monetale, (...) un altro tipo sottile Incuso; Messana l'egineta con le sue prime emissioni rappresenta ¡1 tratto di unione fra le due regioni, e col sistema eubico-attico. Arricchendosi, ampliando la sua signoria, Siracusa accresce la sua monetazione, segno di più ampio respiro commerciale, pur mantenendo intatto il tipo fondamentale. Ma solo il trionfo d'Imera del 480 ed il colossale bottino raccoltovi, le permette di lanciare sul mercato migliaia di pezzi da 4-2-1 dramma, esponenti di ricchezza e di potenza, ed a confermare il ricordo dello storico trionfo sul barbari, conia il medaglione arcaico detto Damarateo colla dea cinta del lauro della Vittoria e colla Nike che sorvola la quadriga di guerra. Pezzo prezioso e di straordinaria rarità che pochi musei possiedono, perché parve più prudente devolvere i 100 talenti d'oro offerti dai vinti a Damarata a tappare le falle dell'erario pubblico esausto, ed emettendo Invece in quantità i tagli minori di più utile circolazione. Oggi è divenuta di moda la passione per i primitivi sia essa pittura o scultura medievale, come scultura o monetazione greca; nulla, infatti, esercita fascino maggiore delie belle fanciulle dell'Acropoli, siano esse sacerdotesse o dedicanti, vestite dei loro smaglianti e policromi costumi ionici, soffuso il viso di languide colorazioni, coi loro occhi a mandorla, col loro sorriso quasi infantile; coi loro volti ingenui esse ci tramandano i tipi della bella e sana gioventù ateniese, anteriore alle grandi guerre nazionali per l'indipendenza. Un riflesso di questa arte della grande madre patria noi ravvisiamo nelle monete siracusane; ebbe è vero anche la Sicilia statue grandi al vero o quasi, che si direbbero copiate dalle ateniesi, ma furono in creta, e dipinte esse pure: ma il materiale fragile ce ne ha tramandato soltanto miseri ed informi avanzi.


Aretusa (conio di Kimon). 410/400 a.C.


Athena(conio di Eucleida, 410/400 a.C.


Non un solo nome conosciamo degli artisti che penosamente, ma con fermezza di mano portentosa, incisero i durissimi punzoni; greci di Grecia; o molto probabilmente, almeno in parte, greci di Sicilia, essi affermarono solennemente la nobiltà della loro stirpe, né furono da, meno dei grandi maestri monetali sicelloti che nell'ultimo quarto del secolo V impressero i loro nomi sulle opere loro. Greci In ogni modo, e non siculi; o tutto al più sicelloti. Il trionfo d'Imera era completato a breve distanza con la vittoria navale di Cuma (474) sugli Etruschi, alleati con Cartagine; e le monete recano il simbolo del ketos, mostro marino, a ricordo dell'evento che liberava i mari siciliani di un pericoloso rivale. Il sec. V è il secolo d'oro della potenza e della monetazione siciliana; un saggio governo democratico, nonostante le fatali gelosie e lotte intestine, assicura a Siracusa una specie di supremazia politica sull'Isola. I tipi monetali si evolvono; la quadriga perde in bellezza ma altrettanto guadagna la testa del dritto, simbolo idealizzato di Siracusa. Simbolo idealizzato ma al tempo stesso realistico; nel periodo dell'arcaismo raffinato, in quello di transizione, infine nella grande arte della metà del sec. V, le teste si umanizzano sempre più, per quanto soffuse di una nota di suprema ideale bellezza; le mode dell'acconciatura via via si modificano ed in essa perveniamo a veder riflesse le teste del fregio del Partenone, ma nel volti noi ravvisiamo la bella gioventù femminile di Siracusa quale interveniva alle feste religiose od alle gare pubbliche. SI direbbe che Siracusa cammina sulle orme dell'arte della rivale Atene, divenuta ormai regina spirituale ed artistica di tutta l'Eliade.


Artemide-Aretusa (conio di Eucleida, 410/400 a.C.


Artemide-Aretusa, 420/410 a.C.

Ed è appunto alla fine del sec. V che Siracusa, debellati Cartaginesi ed Etruschi, riporta un nuovo strepitoso trionfo su Atene che troppo si era voluta immischiare nelle cose di Sicilia; la battaglia dell'Assinaro (settembre 413) segna una grande data, gloriosa ma insieme nefasta, nella lottafratricida che a lungo andare segnerà pure la dissoluzione politica dell'ellenismo occidentale. Siracusa trionfa ed Insuperbisce; ed emette le più belle monete che mal II mondo antico vide, né mai le videro i posteri. Le schiere dei medaglioni di Clmone ed Eveneto, l'Aretusa di faccia di Clmone, l'Atena di faccia di Eu- cleida, raggiungono il sublime, e solo nei decadrammi agrigentini, trovano degne rivali. Attorno a questi fulgidi astri di prima grandezza altri maestri - Parmenide, Eumeno, Frigillo, Soslon, Eutimo - cingono Siracusa di un serto immortale; Siracusa che pur non ebbe una scuola di scultori ha creato le più belle monete del mondo; i medaglioni che cantano la gloria dellAssinaro, con le teste trionfali di Demetra (con lo stelo di grano) e di Aretusa, od il pezzo d'oro da cento litre, che commemora il trionfo di Dionigi a Siracusa, ancora una volta su Cartagine (406), e che allegoricamente parla nella composizione del rovescio, come forse mai artista espresse con tanta eccellenza di arte e potenza anatomica in minuscola superficie, lo spasimo della lotta fra i corpi avvinghiati di Eracle (Grecia) con il leone (l'Africa). L'imperialismo della democrazia e quello di Dionigi trovano la loro espressione in codeste mirabili monete, che rispondono all'apogeo politico della grande metropoli, e che sono Improntate, giova ripeterlo, all'arte attica. Esse hanno destato vivi entusiasmi di numismatici- poeti, che qualche volta nella loro ipersensibilità artistica furono traviati, volendo intuire nelle teste dei decadrammi tipi policletici e tipi prassitellci. Ma ciò poco conta, che intatta resta la immortale bellezza, sopratutto Ideale di essi, comunque la si interpreti.


Artemide-Aretusa, 450/440 a.C.


Artemide-Aretusa, 475/465 a.C.

Col IV secolo si declina; declina la grande politica di Siracusa, malgrado Timoleonte abbia sorretto per quasi mezzo secolo (357-317) H e più le sorti dell'Isola rivendicandola in libertà contro le piccole tirannidi locali. Prende ora larghissima diffusione il bronzo, nel quale si coniano pezzi di grande bellezza artistica (teste di Ares, di Giove Eleuterio, di Giove Ellanlo). Ma con Aga- tocle (317-289) si riprende la violenta politica imperiale condotta con mano ferrea contro i nemici interni ed esterni (Cartagine) e durante il suo governo rifulgono anche nelle monete lampi di luce superbi; il da quattro dramme con la testa di Cora, coronata da uno stelo, e colla Nike che orna un trofeo, è gioiello di gliptica, richiamante i rilievi della Nike Apteros. Perfino un intruso nella politica siciliana, Pirro, che col suo Intervento segnerà la fine della indipendenza slcellota, col pezzo d'oro della Nike volante, e col medaglioncino dalla testa fidiaca di Zeus, contesi fra Epiro, Locri e Siracusa ci richiamano alle migliori tradizioni dell'arte. Grande ed avveduto sovrano fu Jerone II che dal 274 al 216 seppe mantenere nell'Isola, già in parte divenuta romana, un rispettabile regno per sè, perduto subito dopo dai suoi stolidi figli. Siamo ormai all'epoca dei Diadochi, ed in tutto il mondo greco appare finalmente il ritratto; così siamo in grado di conoscere la vera effigie di Jerone II, il principe illuminato e fastoso e della di lui moglie Fillstide, che ebbero contatti fre¬quenti con la corte del Tolomel d'Egitto, e scambi di grani e di cortesie; ma le quadrighe dei rovesci non sono più quelle dei decadrammi e tutto accenna a decadenza, a sciatteria. Con la caduta di Siracusa (212) tutto è finito; è una lunga morte che durerà secoli e secoli, dalla quale appena oggi Siracusa e la Sicilia, riuniti alla Gran Madre, vengono lentamente rimettendosi.
L'inno che io ho sciolto in queste brevi righe alla gloria di Siracusa ed all'insuperata bellezza della sua arte monetale è assolutamente Impari alla grandezza dell'argomento. Valga esso come devoto omaggio alla terra ospitale che mi ha accolto come figlio, ed alla quale ho dato qua¬ranta anni di appassionato lavoro, i migliori della mia vita.

Artemide-Aretusa, 485/480 a.C.



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