Monete Siracusa
Ciane, 275/215 a.C.
Artemide (conio di Kimon), 410/400 a.C.
Ma appena Siracusa fu in grado di adottare II tondino d'argento, nel quale si afferma subito il genio artistico della stirpe, essa espresse i segni della propria nobiltà, effigiandovi la testa della divinità pollade Artemide Are- tusa ed una plumbea e pesante quadriga; sono emissioni ri¬strettissime di pezzi da quattro e due dramme con le quali la città inizia la sequela delle emissioni tipiche ad essa ed a tante altre città dell'Isola, con la testa della patrona e la quadriga agonistica o anche di guerra. Siamo naturalmente agli incunaboli dell'arte monetale, che riflettono lo stato della plastica, in Sicilia sopratutto plastica cretacea. Le città achee del Bruzio e della Lucania avevano adottato un altro piede monetale, (...) un altro tipo sottile Incuso; Messana l'egineta con le sue prime emissioni rappresenta ¡1 tratto di unione fra le due regioni, e col sistema eubico-attico. Arricchendosi, ampliando la sua signoria, Siracusa accresce la sua monetazione, segno di più ampio respiro commerciale, pur mantenendo intatto il tipo fondamentale. Ma solo il trionfo d'Imera del 480 ed il colossale bottino raccoltovi, le permette di lanciare sul mercato migliaia di pezzi da 4-2-1 dramma, esponenti di ricchezza e di potenza, ed a confermare il ricordo dello storico trionfo sul barbari, conia il medaglione arcaico detto Damarateo colla dea cinta del lauro della Vittoria e colla Nike che sorvola la quadriga di guerra. Pezzo prezioso e di straordinaria rarità che pochi musei possiedono, perché parve più prudente devolvere i 100 talenti d'oro offerti dai vinti a Damarata a tappare le falle dell'erario pubblico esausto, ed emettendo Invece in quantità i tagli minori di più utile circolazione. Oggi è divenuta di moda la passione per i primitivi sia essa pittura o scultura medievale, come scultura o monetazione greca; nulla, infatti, esercita fascino maggiore delie belle fanciulle dell'Acropoli, siano esse sacerdotesse o dedicanti, vestite dei loro smaglianti e policromi costumi ionici, soffuso il viso di languide colorazioni, coi loro occhi a mandorla, col loro sorriso quasi infantile; coi loro volti ingenui esse ci tramandano i tipi della bella e sana gioventù ateniese, anteriore alle grandi guerre nazionali per l'indipendenza. Un riflesso di questa arte della grande madre patria noi ravvisiamo nelle monete siracusane; ebbe è vero anche la Sicilia statue grandi al vero o quasi, che si direbbero copiate dalle ateniesi, ma furono in creta, e dipinte esse pure: ma il materiale fragile ce ne ha tramandato soltanto miseri ed informi avanzi.
Aretusa (conio di Kimon). 410/400 a.C.
Athena(conio di Eucleida, 410/400 a.C.
Artemide-Aretusa (conio di Eucleida, 410/400 a.C.
Artemide-Aretusa, 420/410 a.C.
Ed è appunto alla fine del sec. V che Siracusa, debellati Cartaginesi ed Etruschi, riporta un nuovo strepitoso trionfo su Atene che troppo si era voluta immischiare nelle cose di Sicilia; la battaglia dell'Assinaro (settembre 413) segna una grande data, gloriosa ma insieme nefasta, nella lottafratricida che a lungo andare segnerà pure la dissoluzione politica dell'ellenismo occidentale. Siracusa trionfa ed Insuperbisce; ed emette le più belle monete che mal II mondo antico vide, né mai le videro i posteri. Le schiere dei medaglioni di Clmone ed Eveneto, l'Aretusa di faccia di Clmone, l'Atena di faccia di Eu- cleida, raggiungono il sublime, e solo nei decadrammi agrigentini, trovano degne rivali. Attorno a questi fulgidi astri di prima grandezza altri maestri - Parmenide, Eumeno, Frigillo, Soslon, Eutimo - cingono Siracusa di un serto immortale; Siracusa che pur non ebbe una scuola di scultori ha creato le più belle monete del mondo; i medaglioni che cantano la gloria dellAssinaro, con le teste trionfali di Demetra (con lo stelo di grano) e di Aretusa, od il pezzo d'oro da cento litre, che commemora il trionfo di Dionigi a Siracusa, ancora una volta su Cartagine (406), e che allegoricamente parla nella composizione del rovescio, come forse mai artista espresse con tanta eccellenza di arte e potenza anatomica in minuscola superficie, lo spasimo della lotta fra i corpi avvinghiati di Eracle (Grecia) con il leone (l'Africa). L'imperialismo della democrazia e quello di Dionigi trovano la loro espressione in codeste mirabili monete, che rispondono all'apogeo politico della grande metropoli, e che sono Improntate, giova ripeterlo, all'arte attica. Esse hanno destato vivi entusiasmi di numismatici- poeti, che qualche volta nella loro ipersensibilità artistica furono traviati, volendo intuire nelle teste dei decadrammi tipi policletici e tipi prassitellci. Ma ciò poco conta, che intatta resta la immortale bellezza, sopratutto Ideale di essi, comunque la si interpreti.
Artemide-Aretusa, 450/440 a.C.
Artemide-Aretusa, 475/465 a.C.
Col IV secolo si declina; declina la grande politica di Siracusa, malgrado Timoleonte abbia sorretto per quasi mezzo secolo (357-317) H e più le sorti dell'Isola rivendicandola in libertà contro le piccole tirannidi locali. Prende ora larghissima diffusione il bronzo, nel quale si coniano pezzi di grande bellezza artistica (teste di Ares, di Giove Eleuterio, di Giove Ellanlo). Ma con Aga- tocle (317-289) si riprende la violenta politica imperiale condotta con mano ferrea contro i nemici interni ed esterni (Cartagine) e durante il suo governo rifulgono anche nelle monete lampi di luce superbi; il da quattro dramme con la testa di Cora, coronata da uno stelo, e colla Nike che orna un trofeo, è gioiello di gliptica, richiamante i rilievi della Nike Apteros. Perfino un intruso nella politica siciliana, Pirro, che col suo Intervento segnerà la fine della indipendenza slcellota, col pezzo d'oro della Nike volante, e col medaglioncino dalla testa fidiaca di Zeus, contesi fra Epiro, Locri e Siracusa ci richiamano alle migliori tradizioni dell'arte. Grande ed avveduto sovrano fu Jerone II che dal 274 al 216 seppe mantenere nell'Isola, già in parte divenuta romana, un rispettabile regno per sè, perduto subito dopo dai suoi stolidi figli. Siamo ormai all'epoca dei Diadochi, ed in tutto il mondo greco appare finalmente il ritratto; così siamo in grado di conoscere la vera effigie di Jerone II, il principe illuminato e fastoso e della di lui moglie Fillstide, che ebbero contatti fre¬quenti con la corte del Tolomel d'Egitto, e scambi di grani e di cortesie; ma le quadrighe dei rovesci non sono più quelle dei decadrammi e tutto accenna a decadenza, a sciatteria. Con la caduta di Siracusa (212) tutto è finito; è una lunga morte che durerà secoli e secoli, dalla quale appena oggi Siracusa e la Sicilia, riuniti alla Gran Madre, vengono lentamente rimettendosi.
L'inno che io ho sciolto in queste brevi righe alla gloria di Siracusa ed all'insuperata bellezza della sua arte monetale è assolutamente Impari alla grandezza dell'argomento. Valga esso come devoto omaggio alla terra ospitale che mi ha accolto come figlio, ed alla quale ho dato qua¬ranta anni di appassionato lavoro, i migliori della mia vita.