Costante II - Storia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Storia araldica monete
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Costante II

Bizantini
 Costante II, tratto da Fatti e personaggi dell'alto medioevo siracusano  di Mariarosa Malesani edito da Italia Nostra Siracusa

Soggetta la siciliana provincia agl'imperatori Bizantini, non migliorò di sorta; cangiò padroni...
[S. Privitera, storia di Siracusa, voi. Il p. 572]

"La caratteristica forse più di ogni altra destinata a contraddistinguere la storia della Sicilia è quella di un suo pronunciato sincretismo grazie al quale dominazioni e dominanti vi si successero, lasciando segni evidenti del loro passaggio, modificati e adattati, tuttavia, dai siciliani ad un originale modello culturale e spirituale in grado di trasformare e plasmare concretamente la realtà bizantina come l'araba, la normanna e la sveva, l'angioina e l'aragonese in una civiltà autentica e diversa" (L. Gatto - Sicilia medievale).
Nel IV secolo l'Impero d'Oriente si accorse dell'importanza della Sicilia sia per la sua posizione strategica, base per le spedizioni militari dirette in Africa, sia perché era punto di appoggio per le navi frumentarie dirette a Roma e come fornitrice di cereali quando la situazione politica impedì di importare grano dall'Africa. In questo stesso periodo molti nobili investirono i loro capitali nelle grandi proprietà terriere che permettevano loro lunghi tranquilli soggiorni, così come avevano fatto i patrizi romani, di modo che la situazione delle campagne in Scilla ri¬mase immutata dal periodo imperiale romano praticamente fino alla riorganizzazione araba, ritornando ai grandi latifondi con i normanni. Come ribadito più volte, la scarsezza delle fonti rende difficile fare affermazioni assolute, ma negli ultimi decenni si sono aggiunte nuove scoperte dopo scavi mirati e dopo la lettura o una migliore traduzione dei documenti.
Rimangono comunque fondamentali i dati che rileviamo dalle Verrine di Cicerone che ci descrive l'isola come una grande produttrice di cereali, ma dove era pure fiorente l'allevamento. E la tecnica di rotazione avveniva lasciando un anno i terreni a pascolo e l'anno successivo utiliz-zandoli per la semina.
In sintesi la produzione di cereali, soprattutto di grano, era richiesto dai Romani sia in periodo repubblicano che imperiale e le grandi estensioni sia statali che private si servivano anche e soprattutto del lavoro degli schiavi.
Dopo la conquista della Palestina da parte di Pompeo nel 63 a. C., una parte dei prigionieri ebrei venne trasferita in Sicilia dove gli uomini furono impiegati come schiavi nei grandi latifondi romani. I patrizi romani avevano estese proprietà in Sicilia come dimostrano le ville che man mano vengono trovate con gli scavi recenti che tolgono alla Villa del Casale di Piazza Armerina l'idea dell'unicità di dimora sontuosa. La Villa del Tellaro, la Villa rinvenuta a Patti e quella di Marsala, per parlare di quelle già recuperate, dimostrano che è possibile, senza azzardo, parlare di un ottimo livello economico e sociale e di una grande organizzazione della proprietà fondiaria che durano senza dubbio fino al IV e V secolo. Dal V secolo si attua una riforma nell'organizzazione del lavoro, in rapporto col declino della schiavitù, che stabilisce tuttavia un legame del lavoratore con la terra che gli viene assegnata e che non può abbandonare per fare altre scelte: siamo agli albori della servitù della gleba. Accanto alle ville crescono le fattorie e i centri rurali che cresceranno fino al periodo bizantino. Vicino alle abitazioni rurali vanno posti i villaggi rupestri che, soprattutto nella parte sud-orientale della Sicilia, sono parte integrante della civiltà isolana che si sviluppa nel periodo delle in-vasioni vandaliche per intensificarsi durante la dominazione bizantina e proseguire sotto quella musulmana. Il fenomeno degli insediamenti rupestri non interessa solo le comunità monastiche e religiose, ma è connesso con le vicende politico-sociali delle popolazioni rurali. Nei periodi difficili per le regioni del Nord, durante le invasioni e le guerre, molti ricchi e soprattutto la Chiesa non solo Romana, ma la Ambrosiana come pure quella Ravennate avevano beni nell'isola, che conobbe un momento di accresciuta produzione, anche perché geograficamente lontana dalle regioni sconvolte dai catastrofici avvenimenti delle invasioni barbariche fino alle conquiste dei Longobardi. Notizie sui beni della Chiesa romana le abbiamo dalle duecento lettere di Gregorio Magno che si preoccupava dell'amministrazione dei beni della Chiesa romana che aveva affidati ad un rector, il quale doveva sovrintendere a quelli di Palermo, ma soprattutto il papa aveva a cuore i possedimenti ecclesiastici di Siracusa, Catania, Agrigento e Messina. Nel 592 il papa ordina al rector Pietro di nominare un amministratore per Siracusa e i beni della parte orientale ai quali manteneva una certa autonomia organizzativa. Alla morte del papa, nel VII sec., si conclude l'età romana dell'isola e il collegamento diretto con Roma che perde i beni con la confisca che fa l'impero bizantino al tempo della lotta per l'iconoclastia.
I nuovi possedimenti e la loro fecondità portarono i bizantini a curare le strade, i trasporti e l'amministrazione. Furono create, oltre alle proprietà private, molte proprietà pubbliche concentrate nelle mani degli imperatori.
Le lettere di Gregorio Magno e le Variae di Cassiodoro avevano rivelato i vasti interessi fondiari in Sicilia che agli inizi del VII secolo ammontavano a 800.000 ettari, un patrimonio che, non è difficile comprendere, era indispensabile alla Chiesa di Roma.
Dopo l'occupazione di Odoacre, che dal 476 teneva l'isola in nome del potere romano, i siciliani temevano di non essere protetti da lui nei con¬fronti di Genserico e dei Vandali e così si rivolsero con maggiore fiducia a Bisanzio. Infatti quando Belisario sbarcò a Catania non ebbe bisogno di combattere e subito dopo occupò pure Siracusa e Palermo dando luogo alla provincia bizantina governata da uno stratega. Ma la delusione non tardò a venire perché i cittadini si trovarono in breve tempo in una condizione miserevole grazie alle tasse alte, alla cattiva amministrazione, alla corruzione e alle rivolte militari che peggiorarono il tenore di vita.
Più tardi, nel VII secolo, Siracusa fu scelta per pochi anni come sede imperiale da Costante II, anche se tuttavia non divenne mai la capitale dell'Impero d'Oriente, in quanto la città non ospitò mai né il senato, né gli uffici centrali della burocrazia imperiale, ma era stata scelta come base per il suo progetto di riconquista dei territori occidentali dell'impero.

Costante II
Giunto al potere, all'età di 11 anni, nel modo avventuroso e complesso che contraddistingue gli avvenimenti dell'impero bizantino, con una personalità assai logica e lungimirante salvò l'Impero dalla minaccia dei musulmani.
                                                                     
 
Nipote di Eraclio, il grande imperatore, in un primo tempo fu escluso dalla successione al trono perché ad Eraclio era succeduto il figlio Costantino III che, morto tre mesi dopo essere stato incoronato, lasciò il potere al fratello Eracleona che regnò sotto la tutela della madre, seconda moglie del vecchio Eraclio. Il Comandante dell'Esercito Orientale, Valentino, fece pressione alla reggente per far nominare Costante coimperatore con lo scopo di sostituirsi nella reggenza ed avendo ricevuto un diniego, portò l'esercito a Costantinopoli arrivando a deporre Eracleona e la madre. Ma i suoi progetti furono contrastati dalla popolazione che, fedele alla dinastia di Eraclio, fece una sommossa durante la quale uccise lo stesso Valentino. Secondo la tradizione, il passaggio di potere nell'impero di Bisanzio avvenne in modo complicato, ma pur essendo quattordicenne il nuovo imperatore dimostrò una forte personalità e un preciso disegno per la gestione degli affari di governo che dovevano garantire stabilità e possibilmente riconquistare i territori perduti in seguito alle battaglie con gli arabi. La politica di Eracleona era stata molto accondiscendente nei loro confronti ed anzi nel 641 era stato stipulato un trattato per cui i Bizantini dovevano cedere Alessandria d'Egitto entro undici mesi; così nel 642 Alessndria aprì le porte ai musulmani e diventò araba.
Tre anni dopo Costante, per nulla rassegnato a perdere una regione ricca che riforniva grande quantità di grano all'impero, formato un esercito, andò alla riconquista della città e con una azione di sorpresa occupò tutto il delta del Nilo.
Ma un anno dopo il territorio ritornò al nemico che fece una feroce rappresaglia sulla popolazione e abbatté le mura della città per evitare che si potesse organizzare un assedio.
Nell'arco di due anni le lotte interne in tutti e due i campi portarono molti cambiamenti tanto che nel 648 Bisanzio riconquistò parte del Nord-Africa.
Nello stesso periodo ci furono problemi con l'esarca di Ravenna che aspirava all'autonomia e con il papa Martino I che avversava le teorie religiose dell'Imperatore che voleva imporre il Monotelismo pensando di ottenere una pacificazione religiosa interna. Alla fine l'esarca di Ravenna, su ordine del governo centrale prese prigioniero il Papa e lo portò a Costantinopoli dove Martino I, poiché si rifiutava di abbracciare il credo di Costante, fu condannato all'esilio in Crimea e abbandonato da tutti. Morì in breve tempo. La resistenza agli ordini imperiali era sempre più accesa in Italia, tanto che Costante decise di dare inizio alla Campagna d'Occidente per salvare i territori di confine, ma prima di pensare alla guerra in Italia si vide costretto ad arginare la minaccia araba. Ci furono molte battaglie che si protrassero con esiti alterni ma alla fine la vittoria fu degli arabi che continuarono a minacciare l'impero su più fronti, fino ad ottenere la supremazia navale sui Bizantini.
Due anni di guerre interne tra gli stati arabi giovarono a Costante che ne approfittò per riordinare la struttura militare (659-661) ed attuare un sistema assai efficace per mantenere la fedeltà dei soldati ed aumentare il loro valore.
Il grosso dell'esercito era stato salvato nonostante le infinite guerre contro gli arabi, ma le ridotte finanze dello stato rendevano difficile mantenerlo, così l'imperatore pensò di pagare i soldati con delle terre che provenivano da proprietà imperiali e di spostare le spese dallo Stato agli stessi soldati per armi, uniformi, foraggio e cavalli, riducendo così di 2/3 le spese militari. In questo modo, non solo i soldati erano equipaggiati meglio, ma avevano tutto l'interesse di difendere un territorio che era anche di loro proprietà.
La spedizione in Occidente
Nel 660 Costante organizzò una grande spedizione militare per rinforzare l'impero che era minacciato sia da spinte autonomiste locali negli esarcati in Italia e in Africa, sia dai Longobardi a nord come pure dagli Arabi a sud.
Il richiamo dell'Occidente era forte per la dinastia di Eraclio e in un primo tempo Costante pensò di portare la capitale a Cartagine per riconquistare e conservare l'Africa e riprendere nello stesso tempo la vicina Italia meridionale, ma la forte resistenza araba fece cambiare idea all'imperatore che decise di passare direttamente in Italia. Ad avvalorare la scelta c'erano certamente altre ragioni oltre alla posizione geografica, per esempio, era fondamentale la presenza di una popolazione già largamente ellenizzata con una notevole prosperità economica. Nell'epoca romana le città principali erano concentrate nella Sicilia orientale e tra esse aveva un ruolo di capitale Siracusa che costituiva con il suo porto una base di primaria importanza. La sua supremazia continuerà fino all'arrivo degli arabi che porranno la loro capitale a Palermo, scelta che verrà condivisa anche dai normanni. Lasciato a Bisanzio il figlio maggiore Costantino come co-imperatore, con buona parte delle truppe partì per l'Italia e dopo alcune soste sbarcò a Taranto che scelse come base per la spedizione. Partendo da quella città, dopo varie incursioni in Nord Africa dove dovette cedere alle forze superiori degli arabi, si rivolse contro i Longobardi che si dimostrarono più organizzati di quanto ipotizzava tanto che essendo stato più volte sconfitto rinunciò ad assalire il Ducato di Benevento e si ritirò a Napoli.
Per non abbandonare il suo piano nel controllo dell'Italia il 5 luglio 663 entrò in Roma; primo Imperatore romano che metteva piede nella vecchia capitale dopo la caduta dell'Impero d'Occidente. Vi rimase dodici giorni, ma più che ammirare gli antichi monumenti pensò di usarli per togliere tutto il materiale prezioso che era rimasto dopo le invasioni barbariche e riempite le navi le mandò in Sicilia. Le cronache dicono che tolse anche le tegole in rame della copertura del Pantheon.
Costante II a Siracusa
Il 17 luglio 663 Costante partì da Roma e per mare raggiunse Siracusa dove aveva deciso di porre la Capitale considerando la sua posizione strategica che permetteva di tenere sotto controllo gli Arabi che avevano ricominciato a minacciare Costantinopoli.
Era anche facile controllare l'Italia meridionale e i movimenti dei Longobardi che però erano stati lasciati senza guida dal re Grimoaldo che era tornato al nord per riprendere il Ducato del Friuli, allontanando per il momento il pericolo da quella parte.
Da Siracusa iniziò la distribuzione delle terre ai soldati come aveva fatto in Oriente e la riforma toccò l'Italia peninsulare, l'Africa, la Sicilia e la Sardegna; furono creati depositi militari con risorse tratte dalle tassazioni e dalle proprietà della Chiesa Romana come si evince dalle fonti. Ma cominciarono i problemi con gli eserciti che avevano capito che l'imperatore voleva spostare il centro nuovamente in Occidente e te-mevano di non fare più ritorno in patria.
Nel '68 Costante associò al trono anche gli altri due figli, Eraclio e Tiberio, e li chiamò in Siracusa insieme alla moglie Fausta, forse per concordare la spartizione dell'Impero, ma essi non fecero in tempo a raggiungerlo. Ci racconta l'Amari: "Perchè la rapacità di Costante aiutava a maraviglia il clero siciliano, pieno di profondissimo odio contro di lui, per essere l'isola devota al Pontefice di Roma, e molto accesa contro i Monoteliti. Costante, in sei anni che soggiornò a Siracusa, fé'sentir la vicinanza dell'augusta persona, con le strabocchevoli gravezze poste su l'isola, e su le vicine terre di Calabria, Sardegna e Affrica: tasse su la proprietà, tasse su la industria, tasse per l'armamento del navilio, che a memoria d'uomo non se n'era sofferto mai tanto cumulo; e confiscati con ciò i vasi sacri, e separati, dice la cronaca, i mariti dalle mogli, i padri dai figliuoli, con che può intendersi l'imprigionamento dei debitori del fisco, o qualche partaggio dei coloni addetti ai poderi del patrimonio imperiale che fosse stato venduto e distratto. I popoli d'Affrica, per minor male, chiamaron di nuovo i Musulmani. Quei delle isole e di Calabria si credeano condotti a inevitabil morte, come troviamo ne'ricordi ecclesiastici; e coloro che scrissero tali parole, al certo ripeteanle a viva voce, e con lunghi commenti, ai disperati sudditi di Costante. E un dì, entrato il tiranno nel bagno di Dafne, un gentiluomo della sua corte, per nome Andrea figliuolo di Troilo, che il serviva e ungeagli il corpo con sapone, gli verso addosso un'urna d'acqua bollente, e lo finì dandogli dell'urna in sul capo (15 luglio 668). Trovato morto Costante nel bagno, nessuno cercò il come; i soldati altra cura non ebbero che di gridare imperatore un no- bil giovane Armeno di nascita, per nome Mizize e tutta l'isola applaudì. Il clero partecipò o esultò tanto nel regicidio, che mezzo secolo appresso, Gregorio Secondo, minacciandolo Leone Isaurico della medesima sorte di papa Martino, rimbeccavagli si ricordasse egli di Costante e del cortigiano, che, accertandolo i vescovi di Sicilia della eresia dell'imperatore, immantinente lo avea trucidato" (Amari - Storia dei Musulmani... voi. I, pag. 146 -150).
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