Ateniesi - Storia

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Storia araldica monete
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Ateniesi


ASSEDIO ATENIESE
 


ipotesi di Vincenzo Bongiovanni


da punta del pero in alto a sin.verso dx . La palizzata , i varchi per il passaggio delle trireme presidiati da navi munite di "delfini" Così ho interpretato una delle fasi delle battaglie tra trireme ateniesi e siracusane : in questa fase , appunto , le trireme siracusane avevano ottenuto una vittoria in uno scontro al centro del porto ; alcune trireme ateniesi ( in rosso ) stanno per ritirarsi inseguite da quelle siracusane ma queste ultime si spingono troppo in fondo e vengono catturate da altre trireme che escono in aiuto delle compagne in fuga


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Testo tratto da Siracusa 27 secoli di storia di Carlo Morrone Editore Maura Morrone
Ormai ricca e potente, Siracusa si ritenne pronta alla realizzazione di un aulico sogno: il dominio su tutta la Sicilia.
Leontini senti per prima il pericolo delle mire espansionistiche della potente vicina e pensò di chiedere aiuto ad Atene che, dal canto suo, accarezzava l'idea di prendere il controllo dell'isola.
La pace di Gela (424 a.C.), concordata tra tulle le città della Sicilia, evitò che l'esercito ateniese mettesse piede sull'isola.
In quell'occasione il siracusano Ermocrate così arringò i delegati convenuti: "lo, non nato in città piccola o da guerra appressa, ma cittadino di Siracusa, vengo a manifestare liberamente quanto io penso per il comune vantaggio di tutta la Sicilia: conseguenze funestissime derivano sempre ai popoli vincitori e vinti. Pace e libertà non si avranno mai sperando negli aiuti stranieri. Non crediate che gli Ateniesi or chiamati in soccorso, siano venuti per il solo bene di quelli che l'ebbero richiesti. Essere cotesto un inganno. Non guardano quelli né Dori né Ioni: ma ad istruirsi dei siciliani errori, a fomentare discordie: abbiate quindi carità della patria comune, cessino gli odi ed i privati rancori. Esser la patria di tutti non la breve cerchia di vallo o di mura recinta, ma la Sicilia intera... "
La pace di Gela durò appena otto anni; gli animi si infiammarono di nuovo e, proprio come aveva ammonito Ermocrate, tentò di approfittarne Atene. "Invitata" dalla città elima Egesta (in epoca romana diverrà Segesta), perché disturbata dalla dorica Selinunte, Atene intervenne in Sicilia. I Ingenerali, Nicia. Lamaco e Alcibiade non dovettero faticare molto per capire che gli Egestiani non avrebbero rispettato i patti e che, sopra tutto, non avrebbero corrisposto l'oro ed il denaro promesso: li abbandonarono al loro destino e rivolsero l'attenzione verso il loro vero obiettivo: Siracusa.
Si impossessarono di Catana che divenne il loro quartier generale e, conquistate nel 414 a. C le città di Inessa, Ibla e Centuripe, ormeggiarono l' intera (flotta nel porto grande di Siracusa e accamparono la fanteria nella piana dell'Olimpeion.
L'assedio ateniese si protrasse per quasi due anni, durante i quali or l'uno or l'altro esercito passò dalla vittoria alla sconfitta. Ai Siracusani, guidati da Ermocrate, e appoggiati dai Siculi, da Gela, da Selinunle e da Camarilla, giunsero navi da Sparta, con Gilippo. Quasi contemporaneamente gli Ateniesi si rafforzarono con una flotta guidala da Demostene,
Durante l'assedio, una delle operazioni più interessanti condotte dagli Ateniesi fu la costruzione di un imponente muro che, nelle intenzioni, avrebbe cinto la città dal porto grande lino al Trogilos (nei pressi di S. Panagia). L'opera non fu mai portata a termine anche perché disturbata dai contromuri eretti dai Siracusani, che ne interrompevano la continuità.
Nel 413 a.C. alcune azioni militari andate male, portarono sconforto in campo ateniese e, quando scoppiò anche la peste nell' accampamento. Nicia e Demostene (Lamaco era morto in una precedente operazione militare sulle rive dell' Anapo) decisero di abbandonare l'operazione e di riportare in patria il resto dell'esercito. Fu commesso a questo punto però il più clamoroso degli errori che costò ad Atene la disfatta: la notte tra il 27 ed il 28 agosto di quell'anno 413 a.C., mentre l'esercito si apprestava al ritiro, il cielo si oscurò per una inattesa eclissi di luna ed il fenomeno fu subito interpretato come presagio di sventura.
Fu deciso di rinviare la parlenza fino all'arrivo della prossima luna. Questo bastò ai Siracusani per organizzare una micidiale controffensiva: sbarrarono il porto grande con imbarcazioni ed ostacoli di ogni genere, incatenati tra loro; poi con piccole e veloci imbarcazioni munite di rostri e passerelle, assalirono la flotta che... attendeva la luna nuova.
I soldati tentarono la via della salvezza raggiungendo la riva e dandosi a precipitosa fuga verso le montagne, dove trovarono schierato l'esercito siracusano. Fatto un inutile dietro-front, furono raggiunti e circondati sulle sponde del fiume Assinaros (oggi Asinaro o Fiumara di Noto); fu una strage, e ben settemila soldati ateniesi furono trascinati in città e rinchiusi nelle latomie.
Ammassati sotto il sole e sotto la pioggia, con poco cibo e poca acqua, tra sporcizia, escrementi e cadaveri, parecchi di essi perirono, gli altri, marchiati sulla fronte con un ferro rovente, furono venduti come schiavi.
Si racconta che solo chi riusciva a recitare versi di Euripide poteva sperare di riavere la libertà.
I due generali Nicia e Demostene furono costretti al suicidio; la spedizone in Sicilia era costata agli Ateniesi 40.000 uomini e 160 navi: un disastro dal quale Atene non si riavrà mai più.
A Siracusa, per ricordare questa vittoria, si istituì la festa Assinaria che aveva luogo tra i I 15 ed il 22 settembre di ogni anno.



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