Assedio romano fonti storiche
Romani
Siracusa Assedio romano fonti storiche a cura di Hans-Peter Drögemüller
APPENDICE II
Contributi per una comprensione oggettiva
e per l’analisi delle fonti di Livio 24, 33ss.; 25, 23ss.
Dopo che, nel 213¹, era fallito il primo assalto romano a Siracusa, gli assedianti avevano deciso di bloccare la città. Questo blocco non molto efficace si sarebbe protratto per altri otto mesi² per finire poi nell’anno successivo. La fine dell’attesa davanti alle mura del Kyklos dell’Epipole iniziato da Dionisio I era dovuta ad una felice coincidenza. Uno Spartano di nome Damippo, destinato dagli assediati a es-sere mandato da re Filippo, ma caduto nelle mani dei Romani, doveva essere riscat-tato; a tal fine furono avviate delle lunghe trattative fra i Siracusani e i Romani che avevano luogo vicino ad una torre chiamata Galeagra³. In accordo con quello che raccontano le fonti, questa torre appartiene alla parte nord del Kyklos dell’Epipole nelle vicinanze del Hexapylon. Durante la negoziazione i Romani scoprono e “mi-surano” un punto debole del sistema di difesa⁴ sconosciuto fino a quel momento; in questo modo i Romani, durante la notte dei festeggiamenti in onore di Artemide, riuscirono ad accedere al plateau proprio da questa parte delle mura.
Alla domanda se la Torre Galeagra si trovasse a est o ad ovest dell’Hexapylon, lo-calizzato approssimativamente vicino a Scala Greca⁵, si può sicuramente risponde¬re. Gli assalti romani dell’anno precedente erano indirizzati, secondo Polibio 8, 3, 2; 4, contro il muro collegato con l’Hexapylon a est. Scegliendo proprio questo punto, Appio non rese facile l’impresa per l’esercito di terra, esattamente nella stessa ma-niera in cui Marcello rese difficile per la flotta attaccare Acradina, ma dal punto di vista strategico i due punti d’attacco erano stati ben scelti. Nel caso in cui si fosse riuscito a colpire le strutture principali delle fortificazioni si sarebbe potuto sperare di conquistare rapidamente l’intera area urbana e anche quella delle fortificazioni. Con un attacco più a ovest, i Romani avrebbero dovuto temere di rimanere in-trappolati in una “tenaglia”⁶ fra il Forte Eurialo, il territorio urbano e l’Hexapylon.
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¹ Le fonti per l’intero periodo dell’assedio sono oltre a Livio 24, 33ss.; 25, 23ss.; Polibio 8, 3ss.; Plut. Marc. 15ss. (dopo 18s.: Polyain. 8, 11); Zon. 9, 4s.; Front. Strat. 3, 3, 2; Sil. It. 14, 181; 283s.; 585s.
² Secondo Polibio 8, 7, 6.
³ Citato esplicitamente soltanto da Livio 25, 23, 10 e Zon. 9, 5c; Plut. Marc. 18, 2 lo chiama πύργον τινά. Come traduzione tedesca si legge di più “caccia con la donnola” il che è in fondo possibile (cfr. Frisk, Gr. Et. Wörterb. I 284f. s. v. γαλέη).
⁴ Le indicazioni delle fonti variano leggermente per quanto riguarda il punto preciso (torre o muro), l’osservatore e la sorveglianza, ma questo non ha molta importanza in questo contesto.
⁵ Cfr. p. 101.
⁶ Ancora dopo l’impresa riuscita sull’Epipole durante la quale l’Hexapylon era caduto rapida-mente nelle mani dei Romani, Marcello espresse tali preoccupazioni, cfr. p. 143. 146.141
Se la Torre Galeagra si fosse trovata vicino alla parte orientale delle mura nord, attaccata spesso durante l’anno 213, gli attaccanti non avrebbero potuto non notare un punto debole nella fortificazione. D’altronde non potevano lasciare avvicina¬re nessuna delegazione dell’avversario a quella parte importantissima delle mura, lunga appena 300 m dall’Hexapylon fino alla costa. Non si può supporre che pro¬prio questa parte orientale, spesso minacciata, venisse sorvegliata in modo insuf¬ficiente. Esattamente in questo punto la salita è molto difficile. Ne consegue che la Torre Galeagra si trovava a ovest dell’Hexapylon, vicino alla strada che sale dalla Torre della Targetta⁷ (Fig. 23: Punto T₁). Le delegazioni s’incontrarono quindi in un luogo per così dire “più neutrale”, dal quale, del resto, poteva anche avvenire con relativa facilità la successiva salita dei conquistatori⁸.
Solo da Livio (25, 23, 10) la torre viene inserita in una relazione spaziale con il portus Trogilorum, dietro il quale dobbiamo indubbiamente riconoscere il Tròghilo “tucidideo”, persino nel caso in cui, per motivi oggettivi o per il nome tramandato, avessimo dubbi sulla correttezza della definizione di Livio⁹. Ma il collegamento fra Tròghilos e Galeagra stessa è molto singolare:
Ad conloquium… missis medius maxime atque utrisque opportunus locus ad por¬tum Trogilorum propter turrim, quam vocant Galeagram, est visus.
Anzitutto medius maxime … locus non ha alcun senso riferito ad un luogo sul muro nord dell’Epipole (propter turrim). In effetti non ci troviamo fra i due fronti ma sul lato siracusano che dista almeno 1 km dalle posizioni dei Romani. L’even¬tuale obiezione che questa teoria sia scaturita dalla fantasia di Livio non risolve il problema. È vero che molto spesso abbiamo l’occasione di dimostrare che Livio non basa la sua topografia di Siracusa su riscontri oggettivi, ma d’altra parte non si può neanche provare che sia tutto inventato.
Del resto, non soltanto il luogo individuato da noi come Capo Tròghilo (p. 88; cfr. 128ss.), ma anche nessuno dei punti sulla costa individuati precedentemente dagli ricercatori come luogo del portus Trogilorum (cfr. fig. 23) si lasciano concilia¬re con la definizione propter turrim:
1. Nel caso in cui si segua l’approccio di Fabricius 19s.; 24¹⁰, secondo il quale sia
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⁷ P. 76s., cfr. p. 119. Fig. 15 e 18: Z₃. Tav. X in alto.
⁸ Questo presuppone naturalmente la modifica comunque necessaria della strategia portata avanti nel 213 (menzionata sopra).
⁹ In riferimento al Tròghilo “tucidideo” v. p. 86ss.; obiezioni oggettive possono essere sollevate con¬tro la definizione di portus (cfr. p. 88), per quanto riguarda il nome stesso, è curioso il termine tramandato Trogilorum, interpretato come ethnikon. Per questo motivo Ziegler, Trogilos 597, voleva correggere la tradizione in Trogiliorum.
¹⁰ Ripreso da Guido 17 (carta) e 27s. e considerato anche da Ziegler, Trogilos 598; cfr. p. 129s.142
il Tròghilo che la Torre Galeagra si trovano vicino a S. Panagia (Fig. 23: H₃, T₂), questo sarebbe, per i motivi sopraccitati, in contrasto con la localizzazione a est dell’Hexapylon. Inoltre, si deve tener conto del fatto che l’attacco notturno dei Romani è diretto, attraverso la zona della Galeagra, sul plateau dell’Epi¬pole: S. Panagia però non può essere raggiunta a piedi da un attaccante che arriva da nord e quindi una torre localizzata in quel luogo (T₂) sarebbe in con¬traddizione con l’intera tradizione. Parke, Journ. Hell. Stud. 64 (1944) 100ss., localizzando sia il Tròghilo che la Torre Galeagra vicino a Panagia, spostando, però, allo stesso tempo l’attacco romano a Stentinello, riduce tuttavia all’as¬surdo il punto di partenza indicato da Livio. Non può esistere un ulterio¬re “compromesso”: se si volesse localizzare la torre in un punto più vicino a Panagia, ma anche facilmente attaccabile (T₃), la stessa si troverebbe ad una distanza di 1 km dal presunto portus Trogilorum, vale a dire troppo distante per poter essere collegata in modo logico con esso. In questo senso anche l’in¬dicazione di Guido, secondo la quale i Romani avrebbero attaccato nell’anno 213 «the city walls in the north near Trogylos (thought to be the present Pa¬nagia)» (op. cit. 27), sarebbe alquanto insensata; la stessa cosa vale anche per la teoria basata sulla localizzazione di Fabricius della Galeagra “presso il porto Tròghilo” (op. cit. 24), secondo cui anche l’attacco della primavera 212 sarebbe avvenuto “on the north near Trogylos” (op. cit. 28).
2. Neanche il luogo sulla costa di Stentino (H₁)¹¹, citato spesso come portus Tro-gilorum, può essere collegato con la definizione propter turrim: si trova ge-neralmente a una distanza di 300-500 m dalle mura dell’Epipole, dal punto Galeagra (T₁) proposto precedentemente persino 750 m; per il resto cfr. p. 129.
3. Anche la (rara) localizzazione vicino a Stentinello (H₂) non porta da nessuna parte. È vero che inizialmente sembra conciliabile con la comprensione del testo, dato che la costa di Stentinello e le mura dell’Epipole praticamente si toccano. Tuttavia avevamo già prima, e a ragione, escluso la localizzazione della Torre Galeagra su questo lato orientale, perché anche il visitatore mo¬derno si renderebbe immediatamente conto delle difficoltà della salita. A ciò si aggiungerebbe l’immagine molto curiosa delle trattative fra le due parti che con una tale localizzazione, avrebbero avuto luogo fra le rovine di un paese di pescatori distrutto dagli assalti romani (o qualunque sia stato il significato di portus Trogilorum in questo passo) e il pendio ripido del plateau calcareo.
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¹¹ A partire da Swinburne; prima di Serradifalco anche sulla carta di Marmont, Voyage en Sicile (1838), Tav. VIII (riprodotto Gymnasium 72 [1965] 46 cfr. 62); e da allora su quasi tutte le carte o in descrizioni analoghe.143
È evidente che anche con le precedenti localizzazioni del Tròghilo a nord non può essere creato alcun collegamento fra esso e la Torre Galeagra poiché le due posizioni geografiche indicate da Livio si escludono l’un l’altra. Quindi la localizzazione citata da Livio ad portum Trogilorum oggettivmente non può essere collocata in questo contesto dato che tutte le fonti indicano la Torre Galeagra come punto d’incontro delle dele¬gazioni e successivo luogo di risalita dei Romani. Il tentativo di Piganiol di cercare i due luoghi sulla costa orientale è inadeguato, come si era già dimostrato a p. 85s.
Prima di procedere con le indagini bisogna prendere nota del fatto che la defini-zione del portus Trogilorum adottata erroneamente dal testo di Livio non risulta da un problema di tradizione e neanche dal fatto che Livio avrebbe potuto aggiungere arbitrariamente una localizzazione topografica. Inoltre, è molto improbabile che Li¬vio o la sua fonte fossero stati, per così dire, i primi ad interpretare male la topografia di Tucidide. Non c’è alcuna ragione per supporre ciò; infatti sia la rappresentazione di Livio sia le altre fonti antiche si basano sull’immagine di una città il cui plateau calcareo non è abitato e i cui quartieri edificati invece si trovano sotto i suoi pendii meridionali. Evidentemente si tratta di un problema di fonti, tanto è vero che un cenno al motivo per cui l’indicazione del portus Trogilorum sia entrato in questo passo, è dato dall’altrettanto sbagliata definizione di Livio medius maxime … locus.
L’intero passo: medius maxime atque utrisque opportunus locus ad portum Tro-gilorum, deve essere appartenuto, in base alla sua formulazione, ad un simile conlo-quium delle due parti, ma si deve essere trattato di trattative che realmente si sono svolte al centro fra i due fronti e per le quali il luogo “centrale” era favorevole, forse persino indispensabile; il luogo delle trattative stesso deve naturalmente trovarsi sulla costa. Nel racconto di Livio si trova una sola situazione in linea con le diverse condizioni: dopo che Marcello ha conquistato il plateau dell’Epipole e si trova con le sue truppe sui pendii meridionali dello stesso e quindi sopra la zona abitata vera e propria¹² non ancora conquistata, egli cerca di indurre la città alla resa utilizzando come mediatori anche dei fuoriusciti siracusani appartenenti al partito aristocratico che si trovavono all’interno del suo accampamento: priusquam signa Achradinam admoveret, praemittit Syracusanos, qui intra praesidia Romana, ut ante dictum est, fuerant, ut adloquio leni inpellerent hostis ad dedendam urbem (25, 24, 15).
Sulla base dei dati oggettivi, la definizione portus Trogilorum si accorderebbe con le trattative ipotizzate in questa situazione: a uguale distanza, cioè 1 km, sia dalle postazioni dei Romani sul plateau che anche dal muro nord di Acradina, al riparo e quindi adatto a trattative segrete e per di più sulla costa, si trova il Tròghilo¹³ “tucidideo” citato sopra, più precisamente il “piccolo seno” sull’estremi¬
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¹³ In riferimento a Fig. 23 cfr. Fig. 17 p. 87 e anche Tav. XI in basso; XIII, XIV.
¹² Liv. 25, 24, 11ss. Cfr. Plut. Marc. 19, 1.144
tà nord del Capo Tròghilo¹⁴, in un certo senso τῶν Τρωγίλων (ἄκρων) ἀπόβασις. Questo doveva solo essere un tentativo di spiegare approssimativmente l’espressio¬ne di Livio portus Trogilorum.
Tuttavia nel successivo racconto di Livio non leggiamo niente di simili trat¬tative segrete in un luogo nascosto sulla costa, al contrario: tenebant Achradinae portas murosque maxume transfugae, quibus nulla erat per condiciones veniae spes; ei nec adire muros nec adloqui quemquam passi (25, 25, 1). L’azione diplo¬matica del generale romano che versava lacrime guardando la città gloriosa, mi¬nacciata ormai dalla rovina della guerra, fallisce davanti alle porte chiuse a causa dei disertori; il destino segue il suo corso: Neapolis e Tiche, consegnate dai loro abitanti, vengono saccheggiate (25, 25, 6s.; 9) e infine anche Acradina (25, 31, 8ss.). Significativamente le devastazioni ad opera della soldatesca sono sempre precedute da una giustificazione del generale, arrivato addirittura come salvato¬re dal dominio dei transfugae (25, 31, 5). Tutto questo sembra essere stato dipinto con i colori di un Fabio Pittore e quindi non può essere successo realmente. Per lo meno i transfugae, citati troppo spesso anche in altri passi, non possono aver evitato le trattative di resa davanti alle porte della città. Oppure: nel caso in cui il generale romano avesse veramente voluto trattare per la resa, non avrebbe sicu¬ramente mandato i suoi negoziatori davanti alle porte chiuse della città – tanto più che la sua stessa situazione non poteva essere considerata sicura a causa della minaccia costituita dal Forte Eurialo alle sue spalle, dei contrattacchi, delle ope¬razioni di sblocco da parte dei punici e delle epidemie.
Se, in questa situazione, si fosse trattato di negoziati di resa, questi sarebbe¬ro stati sicuramente molto diversi, forse Marcello avrebbe incitato i fuoriusciti conloquiis suae partis temptare hominum animos … et fidem dare, si traditae fo¬rent Syracusae, liberos eos ac suis legibus victuros esse. Contatti di questo genere devono esser certamente gestiti con delicatezza. Serus unus exulum pro tansfuga intromissus in urbem conventis paucis initium conloquendi de tali re fecit. Una tale impresa può avere un seguito veramente inaspettato: membri del partito aristo¬cratico della città passano in segreto dalla parte dei Romani, piscatoria … nave retibus operti circumvectique ita ad castra Romana conlocutique cum transfugis, et iidem saepius eodem modo et alii atque alii. Tutto questo viene effettivamente descritto da Livio, solo che noi lo leggiamo in un altro passo, oggettivamente falso, che rivela esso stesso la sua “scorrettezza” (25, 23, 4ss.)¹⁵.
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¹⁴ La definizione di “piccolo seno” è di Serradifalco, p. 88 e nota 42.
¹⁵ Livio stesso accenna a questo passo: Syracusanos, qui intra praesidia Romana, ut ante dictum est, fuerant 2, 24, 15 ≈ transfugas Syracusanos – erant autem apud Romanos aliqui nobilissimi viri inter defectionem ab Romanis, quia ab novis consiliis abhorrebant, pulsi 25, 23, 4. 145
Livio riferisce su questi avvenimenti immediatamente prima delle trattative ufficiali a Galeagra. Di conseguenza si suppone che medius maxime atque utri¬sque opportunus locus ad portum Trogilorum, errato nel contesto della Galea¬gra, appartenesse originariamente al racconto sui contatti segreti con gli aristo¬cratici, avvenuti successivamente, più precisamente in riferimento a 25, 24, 15. Oggettivamente sarebbero anche comprensibili i tragitti in barca dei cospirato¬ri, a tutt’oggi inspiegabili, la cui destinazione altrimenti sarebbe dovuta essere l’accampamento di Marcello a nord dell’Epipole¹⁶, il che avrebbe presupposto un viaggio di almeno 9 km, faticoso specialmente di notte, dato che di giorno lo spostamento non sarebbe stato possibile a causa delle guardie collocate sul¬le mura della costa orientale. Nel caso in cui le trattative segrete facessero par¬te del contesto rappresentato in 25, 24, 15, gli avvenimenti raccontati sarebbe¬ro alquanto plausibili: il “porto” del Tròghilo, distante via mare soltanto 3 km dalla città, si trova in certo qual modo in un angolo morto; non è visibile dalle mura di Acradina, può essere raggiunto persino di giorno senza dare all’occhio.
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¹⁶ Cfr. Weissenborn (Müller) in riferimento a Livio 25, 23, 6.
Attacco romano
all’Epipole
2a postazione
principale romana
Forte
Eurialo
1a postazione
principale romana
zona attorno
all’accampamento
romano
tragitto per il
Piccolo Seno
Torre Galeagra
posizioni erroneamente ipotizzate della Torre Galeagra
Porto Piccolo
localizzazioni erronee del “portus Trogilorum”
Porto Grande
Fig. 23. L’attacco romano a Siracusa nell’anno 212146
e oltre a ciò si trova vicino ai nuovi castra Romana¹⁷.
È significativo che i due rapporti sulle trattative segrete e sui colloqui a Galeagra, che riguardano evidentemente spazi di tempo diversi e che sono stati assemblati in modo approssimativo, si trovino in un “punto di congiunzione”, più precisamente nel passo in cui viene ripresa la descrizione dell’impresa Siracusa-Sicilia, interrotta in 24, 39, 13 dopo 32 capitoli del 24° e 25° libro¹⁸. Sono del parere che a quel punto Livio avesse davanti a sé più fonti, dalle quali se ne possono in ogni caso isolare due molto interessanti per il nostro contesto. La contaminazione diventa evidente già nella prima frase di “collegamento”:
Cum maxume Capua circumvallaretur, Syracusarum oppugnatio ad finem venit, praeterquam vi ac virtute ducis exercitusque, intestina etiam proditione adiuta (25, 23, 1).
Si deve dunque riflettere sul fatto che con la successiva conquista dell’Epipole (25, 23, 15ss.) non è arrivata la fine dell’assedio¹⁹, e che neanche la risalita presso la Torre Galeagra abbia qualcosa a che fare con un tradimento interno²⁰. Per questo l’insieme delle azioni è da specificare piuttosto con vi ac virtute ducis exercitusque. Il tradimento invece definisce le successive trattative segrete degli aristocratici, solo che queste, contra¬riamente all’indicazione di Livio oppugnatio ad finem venit … intestina etiam proditione adiuta non contribuiscono alla conquista dell’Epipole perché i congiurati vengono de¬nunciati e giustiziati: haec (spes) vana evaserat (25, 23, 8). Quest’azione senza esito posi¬tivo può essere considerata come “aiuto attraverso il tradimento” soltanto nel momento in cui viene inserita nel contesto degli avvenimenti successivi di 25, 24, 15. Mentre in un primo momento – cioè prima della conquista dell’Epipole, in una situazione senza speranza per i Romani²¹, ma favorevole per i Siracusani, il tempo per un eventuale tra¬dimento ancora non sarebbe stato maturo – in un secondo momento si susseguono i tradimenti “a catena” – fino a quello, in ultima analisi riuscito, dello Spagnolo Moericus (25, 30, 3ss.) che, insieme agli aristocratici siracusani nell’accampamento romano, viene logicamente lodato da Marcello come “exemplum” di atteggiamento corretto (25, 31, 6).
Le due fonti, interessanti per noi, sono evidentemente contaminate da tendenze divergenti. Di seguito cercheremo di individuare queste tendenze, tuttavia si pos¬sono soltanto mostrare alcune linee importanti per il nostro contesto; non possia¬mo trattare i dettagli dei capitoli 26-31, sicuramente interessanti dal punto di vista delle analisi delle fonti e ricchi di indizi.
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¹⁷ Non fa alcuna differenza separare o no gli accampamenti citati in 25, 25 5ss. e 25, 26, 2, cfr. p. 146 nota 23.
¹⁸ Questi capitoli contengono per lo più gli avvenimenti degli anni 214-212 in Grecia, Spagna, Africa e Italia.
¹⁹ In questo modo viene rappresentato anche da Plut. Marc. 19.
²⁰ La notizia della festa di Artemide, riferita dal transfuga (25, 23, 14), non può essere considerata proditio; si tratta piuttosto di una fortunata coincidenza (occasio § 13).
²¹ Liv. 25, 23, 2s; cfr. 24, 34, 16 ~ Polibio 8, 7.147
Descrizione della prima fonte (Polibio):
Dopo l’interruzione dell’assalto vero e proprio e i mesi di attesa (Livio 24, 34, 16 – Polibio 8, 7), nella primavera del 212, grazie al coraggio e all’abilitಲ degli asse¬dianti romani e ad una fortunata coincidenza, arriva il primo successo importante: durante le frequenti trattative presso la Torre Galeagra si scopre un punto debole nelle mura dell’Epipole, ed è proprio da questo punto che durante la festa notturna in onore di Artemide si riesce a dare l’assalto all’Epipole (Livio 25, 23, 8-24, 8 – Po¬libio 8, 37). In seguito i Romani occuparono la loro postazione principale davanti ad Acradina²³ e una seconda postazione nei pressi del Forte Eurialo, i cui occu¬panti si erano infine arresi, dopo che era stato loro garantito di poter lasciare la fortezza indenni. L’assedio della città vera e propria si protraeva per un periodo più lungo e, a causa dell’arrivo delle forze punico-siciliane in difesa della città, i Ro¬mani correvano anche il rischio di essere accerchiati a loro volta (Livio 25, 26, 3).
Descrizione della seconda fonte
(L. Coelius Antipater secondo Sileno?²⁴):
La fine di Siracusa (della città vera e propria) arrivò a causa di un tradimento. Poiché Marcello (anche dopo la conquista dell’Epipole) doveva prevedere che ci sarebbero an¬cora state numerose difficoltà, cercò in un primo tempo di vincere Siracusa facendosi aiutare dai fuoriusciti aristocratici e dai loro amici di partito che si trovavano in città. La prima congiurà fallì. Si erano, però, creati dei contatti segreti: i negoziatori, con i loro pescherecci, erano passati all’altra sponda, cioé alla baia vicino agli scogli del Tròghilo, un luogo favorevole in mezzo ai due fronti, dal quale si poteva salire facil¬mente sul plateau e sulle mura (Livio 25, 23, 1-7 [; 10] [+25, 24, 15]. In seguito prima Tiche e poi la Neapolis vennero consegnate ai Romani e saccheggiate pesantemente²⁵ dai soldati dell’accampamento romano che si trovava proprio lì. Persino il Forte Euria¬lo si arrese senza necessità (25, 25, 10; cfr. 25, 25, 3), sebbene i rinforzi fossero in arrivo.
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²² In riferimento alla caratterizzazione di Livio vi ac virtute cfr. anche Polibio 8, 7, 6 τῶν ἄλλων στρατηγημάτων ἢ τολμημάτων οὐδενὸς ἀπέστησαν.
²³ Questa è, secondo me, identica all’accampamento Neapolis-Tiche; i trina castra davanti ad Acra¬dina (25, 26, 2) sono un po’ sospetti; cfr. p. 145 con nota 17.
²⁴ Quest’ipotesi viene formulata principalmente per precisare particolari tendenze: da una parte si riconosce, logicamente, una componente favorevole ai Cartaginesi e nemica dei Romani negli scritti degli “storici di Annibale” (“Siracusa è caduta a causa di un tradimento” – saccheggia¬menti ad opera dei Romani), dall’altra parte si contrappone a ciò la caratterizzazione della figura e della presunta diplomazia del colto generale-liberatore Marcello.
²⁵ La poca chiarezza del passo 25, 25, 5-10 (5+8, 6+9s.) è probabilmente dovuta ad una contamina¬zione pre-liviana. 148
Dopo ulteriori trattative per la resa, i quartieri principali caddero infine per il tradimento di Moericus; i saccheggiamenti e il terrore inflitti dalla soldatesca ro¬mana furono considerevoli.
2
Nella stessa maniera in cui si poteva interpretare il portus Trogilorum “antepo¬nendo” un contesto simile, derivato da fonte diversa e cronologicamente poste¬riore, anche una seconda incongruenza topografica risulta in un certo senso “ag¬giunta” da una fonte diversa. Dato che la genesi di tale associazione errata è stata principalmente spiegata attraverso i precedenti commenti, in questo secondo caso posso essere più conciso. È indicativo che anche qui l’incongruenza si trovi in un punto di giuntura, più precisamente alla fine del “primo blocco” della rappresenta¬zione degli avvenimenti in Sicilia (24, 33, 1-39, 13).
Nel tardo autunno del 213 Appio lasciò il teatro di guerra di Siracusa per recarsi a Roma dove avrebbe dovuto concorrere per il consolato; il comando della flotta e dell’accampamento presso l’Olympieion passò a T. Quinzio Crispino, mentre Mar¬cello, dopo l’arrivo di Livio hibernacula quinque milia passum [ab] Hexapylo – Le¬onta vocant locum – communiit aedificavitque (24, 39, 13). Non importa se a questo punto si voglia leggere la congettura [ab] adottata nella ed. Frob. (1535) e sostenuta anche da Cluver o se si ritenga plausibile il testo tramandato – il senso rimane lo stesso: Marcello si trincerò in un proprio accampamento invernale «a cinque miglia dall’Hexapylon – il luogo è chiamato Leone». Quest’aggiunta è per altro di tipo livia¬no e non si dovrebbe supporre che questo glossema sia estraneo al testo perché è pro¬babile che la forma Leonta derivi direttamente o indirettamente da una fonte greca²⁶.
Oggettivamente, l’indicazione di Livio è sbagliata poiché il Leone²⁷, localizzato in modo inequivocabile, si trova ad appena 1,5 km dall’Hexapylon²⁸, anch’esso de¬terminato con sicurezza. Si tratta quindi soltanto di un miglio e questo fatto ci im¬pedisce di contestare la tradizione e di congetturare per i quinque milia passuum un’indicazione di misura che definisca la distanza corretta.
Per un breve momento si potrebbe essere tentati di prendere in considerazione la teoria secondo la quale, a causa della menzione del Leone insieme all’accampa¬mento presso l’Olympieion, ci sia un collegamento fra i due luoghi. Questo potrebbe
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²⁶ Ma probabilmente non “mantenuto dal testo di Polibio” come indicato da Weissenborn (-Müller), CFR. P. 148.
²⁷ P. 76. 119. Influenzato dalla topografia tradizionale secondo la quale lo sbarco degli Ateniesi dell’anno 414 sarebbe avvenuto troppo vicino ad una fittizia “città settentrionale”, Letronne 63s. (seguito da Serradifalco IV 78) suppone che non ci sia alcun errore da parte di Livio riguardo al Leone, bensì un errore della tradizione di Tucidide. In Tucidide 6, 97, 1, invece dell’indicazione di misura ς´ ἢ ζ´ ci sarebbe stato originariamente λς´ ἢ λζ´(=36-37 stadi).149
essere costituito dal fatto che a cinque miglia da quel luogo sarebbe stato allestito il nuovo accampamento invernale presso l’Hexapylon. In questo caso, però, l’in¬dicazione di misura sarebbe quasi corretta. Intanto rimarrebbe, comunque, una strana coesistenza di Hexapylo e Leonta vocant locum, e infine anche il fatto che vengano messi in rapporto fra loro due luoghi fra i quali si trova il grande plateau dell’Epipole, con l’opera fortificata, contrasta con questa teoria.
È inconcepibile anche presumere che i quinque milia passuum siano nati dall’immaginazione di Livio, considerando che le altre indicazioni di misura ri¬ferite all’assedio di Siracusa sono state adottate correttamente dalle fonti²⁹. Se ipo¬tizziamo lo stesso per il nostro passo, cioè per l’indicazione vera e propria della distanza quinque milia passuum [ab] Hexapylo e localizziamo il luogo dell’accam¬pamento in corrispondenza, ne risulterebbe che esso si trovasse nella zona strate¬gicamente molto vantaggiosa vicino alla penisola di Thapsos (oggi Magnisi). Og¬gettivamente questo sarebbe stato un posto molto più adatto per l’accampamento invernale rispetto alla zona del Leone, molto a rischio dal punto di vista strategico.
Quindi il nuovo accampamento di Marcello, il campo invernale del 213/12, si tro¬vava evidentemente vicino a Thapsos. Esiste anche un accampamento vicino al Leo¬ne, ma è molto più antico rispetto a quello di Thapsos. È molto facile stabilire a quale periodo all’interno del susseguirsi degli avvenimenti esso appartiene. Gli avvveni¬menti attorno a Siracusa nell’anno 213³⁰ cominciarono con la costruzione dell’ac¬campamento romano presso l’Olympieion e le trattative condotte proprio da lì (Liv. 24, 33, 1-8); poi comincia l’assalto, per terra presso l’Hexapylon, per mare vicino alla costa dell’Acradina: l’intera descrizione di questi attacchi violenti ma inutili in Livio (24, 33, 9-34) si basa su Polibio (8, 3-7). L’accampamento del Leone, situato nell’area dell’Hexapylon, è stato indubbiamente coinvolto nell’attacco. Livio omise di menzio¬nare quest’accampamento nel relativo passo, apparentemente perché mancava anche nella sua fonte. Questa supposizione si basa sul testo dell’estratto 8, 3, 2 (sintetizza¬to da Polibio): Οὗτοι (Marcello e Appio) μὲν δὴ τὴν στρατοπεδίαν ἔβαλλον μικρὸν ἀποσχόντες τῆς πόλεως (più precisamente vicino all’Olympieion), τὰς δὲ προσβολὰς ἔκριναν ποιεῖσθαι τῇ μὲν πεζῇ δυνάμει κατὰ τοὺς ἀπὸ τῶν ῾Εξαπύλων τόπους, τῇ δὲ ναυτικῇ…. Da un’altra fonte, però, Livio sapeva che esisteva un accampamento del Leone di Marcello a nord, nelle vicinanze dell’Hexapylon, e lo identificava – per così dire “in appendice” – con il nuovo accampamento invernale del 213/12 (sicuramente ripreso da Polibio) la cui distanza era anche stata calcolata a partire dall’Hexapylon.
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²⁹ La distanza fra l’Olympieion e la città è indicata molto precisamente con mille et quingentos passus (24, 33, 3); anche la precisazione secondo la quale l’accampamento punico provvisorio del 213 si fosse trovato sull’Anapo a 8 miglia davanti alla città (24, 36, 2), quindi vicino a Floridia, è assolu¬tamente credibile.
³⁰ Come è noto, Livio ricollega questi erroneamente all’anno 214.150
Infine bisogna precisare brevemente che queste correzioni oggettive non dove¬vano essere comprese come critica a Livio e neanche come critica del metodo con
cui Livio usava le fonti per la sua descrizione. Effettivamente gli “errori” rilevati qui non sono assolutamente paragonabili alla critica che si potrebbe fare a ragione a Livio, quando gli si rinfaccia di aver voluto coprire gli errori dei quali era consa¬pevole con una finta scientificità. Errori come questi sono da considerare sicura¬mente “normali” per Livio e di conseguenza ogni precisazione oggettiva basata su quest’autore dovrebbe principalmente essere di grande flessibilità.