Gallo Francesco - Mostre Galleria Roma Siracusa

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Gallo Francesco

GENIUS
 
                                              Antonio Sant'Elia                                   Umberto Boccioni

La caratterizzazione, gli aspetti significativi dell'arte italiana della prima metà del secolo, si devono leggere su un piano di discontinuità tra un momento e l'altro, la pittura, la scultura, l'architettura, il design, il costume, la moda, l'urbanistica, tenendo conto della condizione ambientale, del mercato, delle culture, delle ideologie, che l'hanno generata, condizionata, valorizzata.
La storia italiana di un cinquantennio non si lascia compendiare facilmente, perché è tanto ricca di elementi contraddittori da sembrare una cosa e il proprio opposto, fornendo elementi di lettura divisi tra loro e quindi diversamente interpretabili, sul piano critico e sul piano storico.
Il titolo scelto per questa nostra lettura che si avvale di un nucleo, disteso diacronicamente di opere pittoriche, individua una peculiarietà che fa la differenza, lungo un itinerario che parte dal richiamo al Rinascimento, mai interrotto come condizione profonda, fino ai nostri giorni, pur essendo misurabile in alti e bassi di notevole escursione, sia nel tempo che unisce e separa la civiltà rinascimentale della nostra attualità, sia nel procedere dei decenni che hanno visto due guerre mondiali, diversi regimi politici, una grande rivoluzione tecnica e ambientale, la nascita e l'affermarsi di una condizione di società di massa.
Genius vuole esprimere una specificità, un'affermazione che sul finire del secolo e del millennio, non solo tiene bene il giudizio storico e critico, ma lo allarga in termini di estensione di qualità nell'ambito della grande cultura occidentale. Un preciso stile italiano, appare in tutta la sua estensione, capace di comprendere in sé, tutti gli aspetti di una multiforme modernità, rivoluzionaria e reazionaria, riformatrice e immobilista. Momenti di avanguardia e ritorni all'ordine, vissuti con grande senso dello spazio, del colore, della forma, in una tensione attiva in cui si trovano linguaggi diversi tra di loro, attraversando tematiche e problematiche orientale al recupero del passato, così come all'immaginazione dell'utopia, senza mai perdere, anche nei momenti più estrosi ed originali, il fondo comune, di una grande fondazione umanistica e classica.
La genealogia delle forme artistiche italiane non ha mai potuto prescindere dal senso di pieno che caratterizza il nostro paese, nella sua densità e stratificazione di opere e di stili, in continua contraddizione, ma tenaci e volitivi nel continuo rapportarsi di dialettiche, di articolazioni e di sintesi.
Un cinquantennio ricco di personalità oppositive, trasgressive, progettuali, che hanno portato ai fasti della biennale veneziana, della triennale milanese e della quadriennale romana, alla creazione della città romana dell'Eur, magnifico tentativo di dare una modernità a Roma senza essere prigionieri di opposti tentativi mimetici o di violenza. La creazione di nuove città come Littoria, Sabaudia, Pontinia, di strutturazioni significative come Piazza San Babila a Milano, di monumenti come quello dei gruppi marmorei di Martini e Messina all'Ospedale di Niguarda sono testimonianza di un'ampiezza di intervento, ben lontana dall'essere tetra e monocorde.
La modernizzazione del primo ventennio del secolo risente della cultura ottocentesca di Bistolfì e Sartorio, ma cova in sé una alterità che si manifesterà nel secondo ventennio e ancora negli anni cinquanta, seppure scontando la tragedia e il dramma della guerra, l'abominia del razzismo nei confronti dei nostri fratelli ebrei, l'assassinio di Gentile e il salvataggio in extremis di Sironi da parte di Andrea Cascella.
E stato un cinquantennio ricco di avvenimenti che hanno sanato la ferita nei confronti dell'Europa e del mondo proponendo una nazione protagonista con le nazioni che per secoli avevano coltivato la supremazia in tutti i campi e mal sopportavano l'ingresso con forza dell'Italia nel novero dei grandi. Condizione che si è riproposta in questo secondo cinquantennio proponendo l'Italia come grande potenza industriale, nonostante la sconfitta, nonostante la profonda lacerazione interna speculare a quella internazionale, che non ci ha permesso di lavorare a ranghi pieni, mettendo ai margini più di venti anni di storia, di movimenti, di protagonisti. Per fortuna negli anni ottanta, con l'apporto di una nuova generazione di studiosi si sono tolte molte censure e molte cortine alla verità, costruendo un nuovo pluralismo che non attenua la diversità, ma riconosce valori là dove ci sono valori, riconosce umanità là dove c'è umanità, riconosce onore là dove c'è onore, tragedia là dove c'è tragedia, comprendendo torti e ragioni in una superiore unità storica del Paese. C'è uno stile italiano del primo cinquantennio, che è ancora lombardo o veneto, piemontese o romano, ma lo è nel senso di una polifonia italiana, della ricca sintesi di una civiltà comunale che è il vero fondamento della nazione. Oberdan, Sauro, Battisti, sono il sangue di un grande corpo a cui appartengono Boccioni, Sant'Elia, Sironi, D'Annunzio, Rizzo, Scirè, Nuvolari, Agnelli, Berenson, Longhi, Venturi, Fermi, Toscanini, Marconi, Croce. Dunque, una grande arte che corrisponde ad una grande umanità, ancora guelfa, ancora ghibellina, perciò capace di un nuovo senso storico. Sono stati i decenni della conquista della lingua italiana, dell'inveramento del sogno dantesco del De Vulgari Eloquentia, impastato nel sangue del .Carso e del Piave e poi lievitato dagli anni sessanta della grande migrazione interna. Sono gli anni di Piacentini, di Muzio, di Terragni, di Persico, di una irriducibile diversità a cui appartengono Michelucci e Samonà. In mezzo ci sono morti, ingiustizie, trionfi, amarezze, e di tutto quanto siamo eredi, senza consapevolezza cinica di farisei, ma con pietà civile di samaritani. Iscriviamo nel nostro pantheon i fratelli Rosselli, ma anche Tifo Minniti, eroe d'Africa, immortalato da Arturo Marini, il. martirio dei fratelli Cervi, innocenti, ma anche il martirio dei fratelli Covoni, innocenti. C'è, in proposito, un racconto di Borges che mi spunta dalla penna, quello di due teologi, fieri nemici fino alla morte, ma poi nella morte l'uno si scopre nell'altro, l'uno si identifica nell'altro. Il paradosso letterario non sana le ferite, non estingue 'gli odi, ma l'invita a considerare le tante analogie che somigliano alle tante differenze.
Giovanni Gentile e Benedetto Croce, protagonisti indiscussi del pensiero filosofico, partecipano direttamente al processo della trasformazione italiana, pongono le questioni culturali della formazione della classe dirigente di un grande paese, tengono alto il livello della ricerca etica, morale, proponendo quelle riflessioni di fondo che non possono mancare in un grande, travolgente, lavoro di trasformazione, e sono stati tanto utili, tanto necessari, quanto possono essere sembrati, per la loro posizione sulla scienza e sulla tecnica, d'impedimento e di ostacolo.
 Lo stesso discorso può valere per Pirandello, scavatore inesorabile di psicologie, di costumi, di manie, di perversioni, di identità, tipiche di una società non ancora di massa, già di grande comunicazione, ma non ancora preda di mass-media totalizzanti, di tic, manie, conformismi trasversali, più che orizzontali e verticali, come ai nostri giorni. Qualcuno pensa ancoraché la cultura e l'arte del Ventennio siano state segregate rispetto al contesto europeo, ma per smentirli basta citare un fenomeno artistico come quello comasco che genera le figure rivoluzionarie di Rho, Galli, Radice, per la sua estensione e profondità libera la cultura italiana dall'accusa di essersi fatta strumentalizzare da regi- me fascista, anche perché non è isolata nel panorama, ma si accompagna all'eresia dei cosiddetti Sei di Torino, della Scuola, Romana, di Villa Strolfern, così come a suo tempo il tradizionalismo di Spadini, Carena, Grubicy, s'era accompagnato all'eresia di Marinetti, alla ribellione di Cà Pesaro, di Barbantini, Rossi, Martini, Ravenna, Moggioli, l'aristocratica solitudine di Casorati.
Per non parlare del contributo dei fratelli de Chirico, (Giorgio de Chirico, Alberto Savinio) deflagrante quanto quello di Picasso e dei surrealisti, così come lo è quello di Mario Broglio teorico di valori plastici, vero modo moderno di impostare il rapporto tra la teoria e la prassi del classicismo. Mentre modesta mi sembra vista alla distanza la rilevanza del movimento Corrente, dove si distingue in maniera assoluta la figura di Renato Guttuso, artista che si iscrive nell'olimpo dell'arte italiana di questo secolo, mentre rimangono tutto sommato in ombra o in forte chiaroscuro le figure di Cantatore, Sassu, Migneco, per non dire dello sbiadimento di artisti come Treccani. Davvero poco per una opposizione efficace al movimento di Novecento, vera manifestazione del poliedrico genio italiano di questo secolo.
Gli anni quaranta, con la cesura della guerra, costituiscono per tutti un momento di interruzione e di nuovo inizio con il dibattito su figurazione e astrazione che vede da un lato le figure chiericali di Togliatti e Alleata, fautori di un'arte pedagogica, educativa, spalleggiati dagli artisti di Corrente e dall'altro i fautori della libertà di poetica come Turcato, Dorazio, Scialoja, Accardi, Sanfìlippo, Consagra. C'è poi tutta la questione dei rapporti con Picasso con la nuova figurazione, in consonanza con il nuovo dibattito europeo e la parentesi del Politecnico e di Elio Vittorini. Continuando, nella nuova tendenza culturale, antifascista, il dibattito modernizzante di Primato di Bottai, Politecnico, dibatte la questione della società e della cultura, dell'arte, e dell'economia, sovente con gli stessi personaggi di prima della guerra, seppure con segno cambiato e con diversa impostazione politica. Viene emarginato e fuoriesce dal dibattito culturale un protagonista come Mario Sironi, che continuerà a dipingere in solitudine, in isolamento, sovente in ' disprezzo. Tutto sommato vengono emarginati tutti quegli artisti, in specie futuristi delle diverse ondate, che non diventano critici e dissenzienti nei confronti della temperie politica che aveva favorito il loro lavoro.
Non bisogna dimenticare l'autentico ostracismo nei confronti di de Chirico, personaggio non inquadrabile in nessuno schema prestabilito, polemico, intrattabile, ma grande. Così scorrono gli anni cinquanta stretti tra provincialismo cattolico, ottusità stalinista, anni di oscurantismo e di scomuniche, forse il decennio più nero per le nostre arti figurative, così come per tutti gli intellettuali liberi e gli spiriti critici. Comunque sono gli anni del miracolo economico, del mescolamento delle radici antropologiche del popolo italiano, con spostamenti di massa dalle campagne alle città, dai monti ai piani, dal sud al nord, dell'accumularsi di nuove ricchezze. Un decennio contraddittorio che prepara la nuova società laica degli anni sessanta, la motorizzazione di massa, il consumismo, la diffusa scolarizzazione, l'estensione della cultura televisiva a tutti i ceti sociali, anche se ci vorranno ancora anni per domare i demoni del fanatismo ideologico, delle contrapposizioni da guerra civile, cosa che avverrà negli anni ottanta e in questo decennio.
Ma adesso ci toccherà di andare indietro, tornare agli inizi del secolo, di questo secolo breve ma intenso, ricco di avvenimenti, con decenni lunghi quanto secoli, con un sistema della moda che è diventato scansione di comportamento, di costume, di vita.
Il secolo si apre con un panorama artistico dominato dalla pittura accademica ottocentesca, con una dominante di pittura mitologica e paesaggistica, che ha scontato le lezioni della macchia, della divisione, All'impressione, ricomponendosi in un'aura decorativa, spesso priva di problematica reale, staccata dal ribollire filosofico ed estetico che s'accompagnano al nuovo stadio di sviluppo industriale della società italiana.
Oggi stiamo rivalutando tutto l'ottocento pittorico, che non è così amorfo, come si può pensare a prima vista, ma si tratta di una condizione di qualità che può essere riconosciuta alla distanza, ma troppo poco per essere apprezzata dai giovani di allora, sprezzanti artisti riuniti a Palazzo Pesaro o raccolti dai manifesti futuristi. Per entrambi i gruppi si tratta di rompere la cappa dei vecchi maestri ed immettere la vita nell'arte, rompere con l'arte cimiteriale della scultura, con la retorica esaltazione della storia artistica italiana, in presenza di una devastazione del patrimonio storico, di uno stato pietoso dei musei e delle città. Un'Italia impolverata e corrotta, appare insopportabile allo spirito di Gino Rossi, di Arturo Martini, di Umberto. Boccioni, Filippo Tommaso Marinetti, Antonio Sant'Elia.
Gino Rossi, Arturo Martini, Nino Barbantini, con un gruppo di giovani volenterosi organizzano mostre di rifiutati dalla Biennale, rifiutati perché non ritenuti all'altezza della tradizione e costituiscono il nucleo di un poderoso rinnovamento artistico. E questo il nucleo di artisti che sarà più vicino ai futuristi nella loro battaglia per adeguare l'arte allo spirito del nuovo tempo.
Là dove i ribelli di Cà Pesaro si fermano ad una posizione estetica ed artistica, ingaggiando una battaglia sul piano della disciplina, battaglia condotta su un piano di pittura e di scultura, i futuristi debordano in tutte le arti, maggiori e minori, coinvolgendo aspetti dell'origine umano, prima non ritenuti degni di attenzione.
Nino Barbantini lancia la sfida all'ufficialità di un'arte in doppio petto dove i giovani non hanno spazio in quanto tali, e non hanno spazio in quanto portatori di una nuova etica dell'arte.
Il virtuosismo di maniera è visto dai giovani, come espressione di vuoto intellettuale e morale, come superficialità, e contrappongono ad esso un ritorno ed una valorizzazione di quella parte più figurativa dell'impressionismo, più confacente al loro spirito venero. Da loro viene una critica corrosiva alla pittura da cavalletto, in favore di una pittura da ambulanti, senza dimora fissa, pronti come si dimostrano d'essere a viaggiare e spostarsi in continuazione. La loro teoria e prassi dell'innovazione è basata nella continua messa in mora di risultati raggiunti, ma basandosi sempre nella lezione dei classici che non può essere mai esclusa. Anzi, nell'accezione di Arturo Martini e Gino Rossi non ci può essere vera innovazione che non si fondi sulla lezio- ne della simmetria, dell'equilibrio, del ritmo, sia che provenga da Guido Reni, sia che provenga da Antonio Canova. Con un affiorante interesse per i primitivi che si ritrovano naturalmente antenati nella linea veneta della pittura italiana del primo novecento, essi segnano una tappa importante dell'immaginario contemporaneo, seppure su un piano di sofisticata raffinatezza, si trovano, naturalmente ad essere compagni di strada degli artisti e del movimento futurista, di cui non saranno mai aderenti, per il marcato dissenso sulla politicità di quest'ultimo. Gino Rossi e Arturo Martini, riconoscono l'importanza rivoluzionaria del futurismo, della sua carica dirompente nei confronti della società italiana, anchilosata nella celebrazione del passato ed incapace di una risposta totale alla modernità. Allo stesso modo Boccioni riconosce la parzialità dei pesaresi, come fondamentale in un moto di rivolta che sia articolato e capace di dare singole risposte a singole domande. L'artista può uscire dal proprio ambito, ma non deve farlo necessariamente, è sufficiente che sia impegnato fino in fondo con la sua disciplina, e la viva con senso drammatico o gioioso, in totale partecipazione. Gli avversar! di entrambi questi due gruppi, hanno dalla loro .parte, maestri celebrati, istituzioni, quindi li trattano con paternalismo, con condiscendenza, come temporanee eterodossie, e non mancano stroncature e nette prese di posizione che credono di chiudere la questione, con una scomunica, punto e basta. Marinetti, con il suo manifesto pubblicato sul quotidiano  parigino "Le Figaro" nel 1909, pone questioni fondamentali della arti visive, dell'architettura, della musica, del teatro, della pittura, della scultura, sconvolgendo principi stilistici, di gusto, di senso comune, di etica, di estetica. In esso vengono messi in discussione tutti i capisaldi comportamentali della società, con un'opera di sistematica distruzione critica del passato, a cui si contrappone una proposta articolata di ricostruzione del mondo.
Viene criticata la pittura d'immagine fìssa e viene proposta una pittura che inglobi il movimento, che è un passo avanti rispetto alla simultaneità cubista, rispondendo ai quesiti del macchinismo dell'industrialismo, delle nuove comunicazioni. La pittura diventa simulazione del mondo moderno fatto, sempre più, di sfaldamento della natura e diffusione dell'energia, con l'invisibilità che prende il campo in luogo di una visibilità piatta, retorica, espressione di una cultura della natura e dell'arrigianato, della lentezza. Balla, Boccioni, .Severini, Depero, Prampolini, diventano profeti di un accadimento che ai nostri giorni si presenta in forme eclatanti, nel senso della virtualità e della rarefazione delle stesse forze produttive materiali. L'anatomia energetica delle forze elettromagnetiche, la scomposizione adottata come strumento conoscitivo, si traduce in opere pittoriche del tutto nuove, rivoluzionarie, che suscitano sconcerto nei benpensanti, entusiasmo nei ribelli.
La stessa concezione della durata viene criticata, tutto ciò che dura più del necessario per manifestarsi, è visto come eccesso tirannico, desiderio di dominio della morte sulla vita. E allora ben vengano le sperimentazioni più ardite, che non vanno giudicate, secondo un'estetica passitista, dai risultati, ma dal procedimento messo in moto, dalla potenza rispetto all'atto, da quanta potenza riesce a contenere ogni atto. .In ogni campo l'arte, l'agire individuale e sociale si deve conformare alla nuova tecnica, alla scienza, voltando le spalle al passato, rivolgersi alla verticalità in architettura,  all'essenzialità in urbanistica, all'elettricità in tutti i possibili campi di utilizzo, realizzando l'utopia di un uomo nuovo, meccanico, con nuovi sentimenti, voglie, volontà.
A dimostrazione della differenza nel modo di vedere l'innovazione da parte dei futuristi e il rinnovamento da parte dei pesaresi, c'è la posizione di Boccioni nei confronti di Rodin e di Martini nei confronti del Canova. Per entrambi, il tempo della scultura come monumento, è superato, ed urge una rivitalizzazione del concetto stesso di scultura, pena la sua. scomparsa dal mondo dei vivi, il suo confinamento nello spazio dei cimiteri.
Boccioni considera Rodin un artista superato da tutti i punti di vista, una riedizione illegittima del gigantismo michelangiolesco a distanza di secoli, senza la forza dell'artista fiorentino, senza la sua corrispondenza con il senso classico, filologico, costruttivo, tipico della cultura del rinascimento italiano.
Ciò che in Michelangelo è dramma in Rodin è farsa, ciò che in Michelangelo è tragedia in. Rodin è commedia, in lui resta solo un vuoto monumentalismo, tanto retorico e roboante, quanto vuoto e inespressivo. Per Boccioni quella che bisogna intraprendere è una via di discontinuità, poetica, formale, di materiali, perché niente nell'era del macchinismo può essere uguale ad epoche precedenti e deve essere netto il distacco dall'eclettismo della scultura ottocentesca. Bisogna puntare alla diffusione monumentale della città, che deve acquisire una sua totalitaria capacità significante, ricongiungendo l'anima e le forme in sintonia con i nuovi materiali, cemento, acciaio, vetro. L'opera dello scultore si deve integrare all'opera dell'architetto dell'urbanista, verso una nuova vita nella città; finita a pieno, senza falle e manchevolezze. La scultura diventa punto di vista, di forza, luogo di riconoscimento dell'intera collettività, economia, morale, ideologica.
Martini, autore di Scultura lingua morta, critica serrata alla scultura oggettuale, monumentale, pronto a parlare male di tutto e di tutti, si oppone ad ogni concezione scolastica dei classici, ad ogni imitazione riproduttiva, ma considera ineliminabile un rapporto con essi, quando in- teso nel giusto senso di scuola di libertà, di ingegno, di grandiosità, di adesione al proprio tempo. Martini distingue un rapporto ancillare col passato, pauroso di progettualità, al massimo disposto a qualche originale marginalità, da un rapporto libero intraprendente, privo di sottomissione di soggezione. Studia a fondo la scultura di Michelangelo, rilevando il suo rigoroso senso della libertà nei confronti della scultura archeologica che affiorava dagli scavi che in tutta Italia riportava alla luce tutto un mondo ritenuto perduto ed allora ritrovato. Un esempio per tutti può essere considerato quello dell'Ercole Farnese, ritrovato senza gambe e rimesso in piedi con gambe fatte apposta. In scavi successivi le gambe dell'Erede furono ritrovate, ma Michelangelo consigliò di lasciare le nuove, perché conferivano alla scultura un miglior disegno, uno slancio maggiore. Martini distingue, dunque, l'irrequieto, ribelle, spirito di Michelangelo, artefice di quella straordinaria apertura all'infinito che è la Pietà Rondanini, dallo squallido surrealismo dei suoi imitatori, capaci di rifare le sue forme esteriori, ma incapaci di vederne l'anima. Lo stesso rapporto, Martini lo intrattiene con l'ultimo grande scultore neoclassico, Antonio Canova, spirito libero, quanto pochi altri, autore di un universo di sculture del tutto autonomo sia rispetto al referente greco sia rispetto al referente rinascimentale, interprete autentico di una temperie culturale italiana, di una terra dove gli aspetti naturali, dello sbalordimento paesaggistico che fa gridare al sublime, sono considerati secondari. Certo, dice Martini, ad un artista incolto, aggressivo è più facile essere originale, perché ha poco da scartare e niente da integrare, ma si tratterà di un immaginario povero, casuale, tipico della condizione marginale e provinciale. Mentre ad un artista colto, e la cultura dell'arte è data dalla sua tangibile presenza, quotidiana frequentazione, sarà più difficile operare per astrazione, ma la sua sarà vera invenzione, consapevolezza piena del proprio agire e dei risultati conseguiti.
Fino allo scoppio della prima guerra mondiale, si procede in una grande atmosfera di entusiasmo, tutti i conflitti vengono vissuti ottimisticamente. Ognuno pensa di poter vincere e imporre il proprio punto di vista, perché nessun ostacolo sembra insuperabile in una accelerazione di progresso continuo, in un susseguirsi di scoperte e di primati. Il futurismo crede di poter interpretare la vocazione totale al movimento, incalzando ogni pavidità, ogni indecisione, sottovalutando le resistenze materiali, la sottocultura di massa, i pregiudizi delle classi medie, molto più resistenti di quelli dei grandi intellettuali, dei maestri del pensiero, quelli che diventano normativi dei livelli più alti della teoria e della conoscenza. Il futurismo si diffonderà su tutto il territorio nazionale presentando entusiasmi e illusioni, ottimismi in tanti giovani che non sopportano il peso dei vecchi conformismi, dei poteri consolidati. Il futurismo punta allo sfondamento del senso comune, della storia, del museo, del sentimentalismo, del folclore e lo fa con parole crude, dure, taglienti come lame, auspicando il gesto eroico, il disprezzo per la pavidità femminile, la guerra come igiene del mondo.
Il movimento futurista si pone il problema del sud, di questa terra ricca di intelligenza, talento, individualità, spirito ribelle, ma incapace di generare organizzazione, modernità, progetto organizzazione, rivoluzione. Viene indirizzato un manifesto ai giovani meridionali, incitandoli a prendersi la responsabilità del proprio destino, a scuotere il torpore di città e provincie incapaci di sollevarsi dal tran tran di una sonnolenta quotidianità.
La crudezza del linguaggio futurista deve essere passata al vaglio storico, filtrando al setaccio le espressioni della metafora, del paradosso, tanto che, l'eversività futurista non si è mai tradotta in violenza a persone o cose (vedi la polemica sui musei da chiudere e sul Canal Grande da trasformare in strada asfaltata, mentre i difensori dei musei li tenevano e li tengono in stato pietoso, i canali di Venezia sono rovinati dall'incuria e dall'inquinamento di, quanti si indignano per ogni critica) l'incitamento, la critica, la sferzata, ai giovani meridionali, si potrebbe sottoscrivere senza cambiare una virgola, anzi scrivendolo in maiuscolo. Testimoniano l'arditezza e la serietà delle loro proposte di indubbia rottura con la psicologia e la metodologia del passato vicino e lontano, la loro stessa vita di coerenza e di contraddizioni, di coerenza da pagare con la vita (Boccioni, Sant'Elia) di contraddizione da pagare con lo sberleffo (Balla). Giacomo Balla interpreta le virtù metamorfìche della qualità, della solidità convenzionale dell'arte, e non si lascia mitizzare da significati e forme particolari, pronta a svincolarsi, per perdersi e trovarsi nel sogno dell'irriconoscibilità. Dal Balla figurativo, calibrato, quasi accademico, al Futurballa, nel passaggio dalla sintesi pittorica prefuturista ad una grande versatilità analitica, volgendo in prova e astrazione del segno, tutta la propria matura frequenza con la figurazione tradizionale, in strumento di purezza concettuale. Balla ipotizza nei suoi quadri una visibilità autosignificante del movimento come se esso potesse esistere a prescindere da corpi e vettori.  Umberto Boccioni infonde un corposo senso, plastico alla sua visione delle cose del mondo, caricando le linee di costruzione e di raccordo tra le figure di una responsabilità dinamica nell'evoluzione delle forme. Così le linee energetiche astratte acquistano forza mediante il tessuto connettivo dell'aria, capace di fare la somma ma anche la differenza. Per Boccioni saper vedere il movimento nella sua ottica,

significa, allargare il campo percettivo della pittura e della scultura, adeguandola al nuovo stadio culturale portato nel nuovo secolo dalle invenzioni rivoluzionarie che hanno dissolto le coordinate di spazio e tempo, già compagne millenarie dell'umanità. Parallela a quella di Boccioni è la parabola di Gino Severini, proseguita là dove, la morte bloccò Boccioni, ma prefigurata nel Ritratto della Signora Busoni, del 1916. Severini rappresenta la dimensione classica dell'artista passato attraverso l'esperienza classicista, conservando nella nuova condizione di visibilità tutti i crismi dell'armonia della composizione pittorica. Severini gioca alla scoperta del senso vero delle cose, sottoponendole ad una specularità distorcente che altro non è se non la prova di scena moltiplicata, dall'imminente, incipiente, artificialità.
L'attesa prova della guerra si dimostra come antitesi tragica della sua trasfigurazione poetica e di sogno, la guerra travolge tutto, niente è più come prima, e il dopo guerra ci consegna una crisi d'identità, una frustrazione, da cui nessuno uscirà indenne. Il futurismo risente della scomparsa di Boccioni e Sant'Elia, caduti in combattimento, ma con nuove adesioni, continuerà la sua storia, mettendo in can- tiere l'importante filone dell'aeropittura, con tanti nuovi adepti, tante trovate geniali, ma le caratteristiche dell'avanguardia sono inesorabilmente coniugate al passato. La parola d'ordine che si sente con forza è quella del ritorno all'ordine, della ricomposizione dei valori, mirabilmente raccolta dal movimento coordinato da Margherita Sarfatti e guidato da Mario Sironi, Novecento Italiano, un'arte di attualità che fa i conti con la storia, a partire da Masaccio, dalla sua visione cruda della realtà e dell'invenzione. Autentico mastodonte del gruppo artistico è Mario Sironi, passato attraverso il futurismo e approdato ad una visione drammatica ed utopistica del mondo, con una capacità inventiva da autentico genio tanto che se si dovesse circoscrivere un Olimpo degli artisti italiani del novecento, Sironi, de Chirico, Boccioni, Scipione, Morandi (con Burri, Fontana e Manzoni) sarebbero sulla cima di una ricca corte di divinità.
Sironi interpreta nella sua pittura il mondo moderno della solitudine, delle periferie urbane, del male di vivere, del gigantismo prometeico che serve per non soccombere alla società di massa, dell'anonimato, della parcellizzazione. Altro che artista di regime!
Sironi avverte le spinte endogene della società, le fa diventare affascinanti visioni della dolenza, con una descrizione maieutica della tristezza, mai vista come disperato ripiegamento nel nulla, ma come molla dinamica, sfida alle forze del male. Sironi raccoglie le componenti più forti e problematiche della nostra cultura, in quadri, in disegni, che sono autentiche pietre miliari della conoscenza, della sofferenza, della passione, in questo senso, dando corpo ad una invisibile fantasmaticità, anima ad una complicata e stratificata materialità.
Giorgio de Chirico sintetizza nella sua pittura, nell'articolazione tematica e stilistica che la distingue, la capacità di coniugare le forme del tempo con le allusioni della psicologia, della mitologia, dell'ironia, traducendo in visioni impossibili, il dramma dell'ordinaria consumazione dei miti. Tutto nella sua pittura diventa altro dall'essere originario, teatralizzazione in scene Indiche ai limiti della follia interpretativa, nella contaminazione del possibile accadi- mento con il credo dell'assurdo. Metafisica, per de Chirico vuoi dire concenttualizzazione assoluta della pittura, convenzione visiva con cui guardarsi attorno, ed- è a partire da essa che la pittura di Piero della Francesca si è rischiarata e si è oscurata quella del divino Guido. Guido è divenuto Guido Reni, mentre Piero della Francesca è divenuto Piero. Il protagonismo romano si manifesta con due gruppi diversi nel loro impianto culturale, quello della Scuola Romana, con Scipione, Pirandello, Mafai, Donghi, Trombadori, Antonietta Raphael e quello di Valori Plastici, di Mario ed Edita Broglio.
Scipione solista aristocratico della scuola romana, inventa sagome di una storia sacra che si mescola con quella profana, anima e carne di un pensiero barocco del peccato e della penitenza, volgendo in nero il senso profondo della festa. Scipione interpreta la solitudine dell'uomo moderno nella selva di ricordi ingombranti di un grande passato e nella disperazione di un presente che ha perso l'oro, l'incenso, ma anche la capacità di dannazione, di stare nel marcio e nel lercio, conservando solo il grigio. Si legge in tutta l'opera scipioniana un senso anarchico di rivolta rivolta agli inevitabili precetti autoritari del regime fascista, ma più genericamente alle regole associate della vita, della modernità, della civiltà stessa. Con lui è l'antica antropologia romana che impone i propri diritti.
A Milano, e nell'area lombardo venera si affermano le presenze di Ubaldo Oppi, Piero Marussig, Cagnaccio di San Pietro, Gigiotti Zanini, Guido Cadorin, Pio Semeghini, Virgilio Guidi, nella lunga scia del secessionismo viennese di inizio secolo e della nuova oggettività tedesca. Personalità molto diverse tra di loro, spigolose, intrattabili alcune, ma tutte di grande talento inventivo, sapienza tecnica, ricchezza poetica.
Con Scipione viene doveroso accennare ad alcune figure che pur essendo influenzate da scuole e movimenti, conservano una loro fisionomia solistica inomologabili se non marginalmente. Innanzitutto De Pisis, maestro dei levia gravia, delle danzanti virtù del pensiero, che s'innamora di se stesso e scivola di fiore in fiore, di volto in volto, di paesaggio in paesaggio, appuntandosi al colore, alla forma, come una spilla al collo di una persona amata. Amata, pensata, toccata, segnata, con l'acuto di voci bianche, soavi e gentili, con la fermezza dell'incombente tragedia. Filippo De Pisis (macchiato dalla superficiale ed errata prefazione al catalogo generale, edito dalla Electa, in cui Giuliano Briganti ha sbagliato completamente bersaglio, inventandosi .un De Pisis inesistente mentre in lui tutto gioca alla massimizzazione degli esiti visuali ed emotivi) è un ingegno assoluto, autore di un capolavoro inimitabile, quello della sua vita, che è quella di un D'Annunzio rovesciato, di un Pasolini dell'era dei telefoni bianchi. A suo tempo, lo avevano deriso anche Savinio e De Chirico, non comprendendone la-forza e' la spregiudicatezza che erano le stigmate della sua diversità omosessuale, autentico canto di Saffo, ammaliamento di Socrate. Scandalo? Si!
Se l'umanità piena, vera, lo è, speriamo che possa manifestarsi altre volte come ha fatto con Filippo Tibenelli De Pisis. Assolutamente opposta a questa la personalità grifagna di Savinio, .amato e odiato dal fratello Giorgio, emarginato fino a poco tempo fa come pittore e come scrittore, esponente italiano del surrealismo, insieme ad un grande dimenticato come Fabrizio Clerici, ora oggetto di una rivalutazione complessiva e di un successo internazionale. Alberto Savinio è un geniale trasfìguratore di immagini, per allusioni che sono simboliste e caricaturali di usi e costumi dell'ipocrisia e della simulazione. Come la sua letteratura, la sua pittura, corrisponde a una sua idea surreale del mondo, dove tutto si trasforma continuamente, dove ogni cosa sconfina con l'altra, ogni concetto si allunga e si allarga sconfinando nella morfologia onirica, dove tutto, proprio tutto, è reversibile.
Nel panorama delle personalità dell'arte italiana di questo secolo c'è l'imbarazzo della scelta, con un diffuso rischio di arbitrio e di involontaria censura, ma di alcune collocabili fuori da correnti e scuole dobbiamo fare cenno.
Felice Casorati, paragonabile ad un grande artista rinascimentale, nato qualche secolo dopo, riceve dalla sua educazione artistica un'attitudine alla misura, al distacco, all'equilibrio. Creando così un diaframma fra l'opera e lo spettatore, un rapporto contemplativo con la pittura, attività umana di riflessione mistico sentimentale, ma anche critico conoscitiva. La sua Silvana Cenni è un esempio di come la pittura possa essere interprete estetica di un mondo di forme che sono le corrispondenti stilistiche di costumi e comportamenti, di scritti e ritorni indietro, che sono i modi di procedere della storia e sarebbe veramente paradossale se non fossero anche quelli dell'arte.
Carlo Carrà, attraversatore di divisionismo, di futurismo, metafisica, novecento, sostanziale figura di intellettuale pensatore, non arriva mai primo in un movimento artistico e spesso e tra i primi a uscirne, non senza aver dato prova di una superba capacità di elaborazione e aver lasciato il segno della sua potenza pittorica. Ragionatore, per struttura mentale, considera la pittura il luogo in cui si compie un evento immaginario, astrazioni di miti e leggende, di quanto di esse è ancora vivo e operante nella nostra epoca di supremazia di scienza e tecnica.
Giorgio Morandi, è il genio solitario della pittura italiana, con una sua fase metafisica che trova sbocco nel linguaggio di una natura massimale, nella composizione di oggetti orizzontali, sullo scorcio di paesaggi immortalati su un proscenio di fascinoso tonalismo. La sua è una vera e propria anabasi della sottigliezza, della sfumatura, un gioco a ritrarsi dalla vita che non deve ingannare sulla sua neutrale osservazione di drammi e tragedie, a cui oppone un trasgressivo desiderio di silenzio.
Massimo Campigli, autore di immagini schematizzate e piatte, primitive in quanto ad espressione e movimento, stilizza in forme palesemente convenzionali, una sua visione particolare dell'antropologia e del mondo, sottraendo in naturalezza e aggiungendo in musicalità lineare, così da aggiungere i reperti di un presente, che è attualità di pensiero ma proviene dal fondo della storia. Campigli opera una ricucitura fantastica del taglio che la nuova visione del mondo, portata dalle nuove tecniche e dalle nuove scoperte semplifìche, ha aperto nello stesso sentimento della vita e della morte. Figura eccentrica è quella di Fausto Pirandello, figlio di Luigi, che il padre avrebbe voluto scultore, per approfittare dei tanti monumenti che la fine della prima guerra avrebbe sparso per l'Italia, che con testardaggine diviene pittore e rigorosamente a modo suo. Pittore della scuola romana, con una sua speciale vena intimistica ed erotica, allucinata ed onirica, autore di saporiti fogli di diario in cui annota fatti e misfatti che giornalmente gli capitano, è certamente insieme a De Pisis e Savinio, un occhio critico puntato sul mondo, ma proprio per questo bloccato dal filo spinato di mediocri e faccendieri.
Fra i protagonisti del primo novecento è necessario aggiungere alcuni nomi assenti dalla nostra selezione, dal futurista Soffici, a Funi, Tosi, Bucci, Dudreville, Malerba, Wildt, Garbari, Francalancia, Socrate, Ceracchini, che avrebbero meritato d'essere al pari d'altri.
Un posto a parte bisogna riservare alle tre grandi "M" dell'arte italiana, Martini, Marini, Manzù. Tre autentici protagonisti, eredi della grande tradizione scultorea italiana, capaci di contaminarla con le nuove temperie del secolo, rendendola disponibile di essere punto di concentrazione di una nuova scultura, oltre la dialettica tra vecchio e nuovo, dell'eredità nazionale oltre che degli affascinanti conseguimenti della scultura francese di fine ottocento e dei primi del novecento. Appaiono significativi interpreti del nostro tempo in una fase intermedia tra l'eterodossia d'avanguardia e la grande statuaria che ancora, nel primo cinquantennio, dimostra d'avere una ragion d'essere.
Una funzione di collegamento tra la prima parte del secolo e la seconda, mi sembra che sia ben assolta, per ricchezza di contenuto, per forte carica di innovazione formale, da artisti come Fontana inventore di una nuova concezione spaziale, all'intenso della simulazione pittorica, Capogrossi, moltiplicatore di segni criptici che invadono la superficie pittorica, come prototipi di una nuova progettualità, Magnelli delicato autore di una semiografìa astratta, sempre in bilico tra una robustezza ornata d'immagini e una rarefazione astratta del segno geometrico. E poi ancora Licini, inventore di storie sublimi fatte di nulla, di un segno ora Schematico e geometrico, ora materico e magmatico, autore moderno di enigmi giorgianeschi. Birolli, sapiente costruttore di immagini di vocazione scultorea, di diffusa architettónicità, con una poetica capacità di fare assorbire tutto alla pittura di un paesaggismo sommamente attrattivo. Guttuso, continuatore di una alta tradizione narrativa della pittura italiana, capace di adattare a se Stesso, l'immaginario di un mondo che è contemporaneamente leggenda e cronaca, fantasia onirica e sfida alla verità.
Non che questi artisti segnino uno stacco cronologico-formale, ma così come rappresentano un elemento d'unione, così ne rappresentano necessariamente uno di distinzione, che non è dell'avanguardia, ma proviene da essa, con tutta una mediazione delle istanze successive, in quanto oltre al futurismo permane una ricerca pittorica che va oltre il figurativo (ma nel suo alveo lo comprende) orientandosi verso il costruttivismo e l'astrattismo geometrico.
La precisazione mi sembra necessaria ai fini dell'impostazione di un discorso storico, tenendo sempre ben presente, che non esiste, nella complessa cultura dell'occidente, una dominante culturale e stilistica che annulla la dominata, facendola sparire o designificandola in modo irreversibile, mentre la costante è sempre quella di una prevalenza a più o meno forte resistenza.
Questo nucleo di artisti, con l'eccezione di Renato Guttuso, maestro di una figurazione tutta speciale nell'ambito della pittura italiana, proveniente dalla scuola romana, protagonista insieme a Birolli, di Corrente, poi titolare di un filone realista di matrice sociale, ha una duplicità poetica, come il caso di Fontana e di Capogrossi, con una decisa distinzione di tecnica e di oggetto, oppure un approdo personale difficilmente omologabile in scuole o gruppi. Tutti insieme rappresentano un'area crepuscolare dove interagisce un grande senso della decorazione e un grande .senso dell'espressione. Punto di contrasto di ogni senso olimpico con ogni senso dionisiaco. Come mi è capitato più volte di constatare (Disegno Italiano del Novecento, Electa Milano, 1990 e Disegni del Novecento Joyce & Co., Roma, 1995) si tratta di un filone figurativo di grande ampiezza, capace di comprendere modulazioni molto diverse, con un nucleo centra- le molto forte dove si possono situare i già citati Boccioni, de Chirico, Morandi, Sironi, in tutta una felice verità, caratterizzando l'arte italiana nel contesto internazionale, ma non esaurendola nel proprio ambito, in quanto l'arte italiana è essenzialmente figurativa, ma capace di esprimersi bene anche nel geometrismo, nell'astrazione, nell'informale, sebbene con una sua particolarità inconfondibile che qualcuno ha voluto leggere come debolezza, mentre ad altri sembra decisamente una forza.
Cosi si è venuta continuando una linea storica che viene da molto lontano, dai millenni, distinguendosi per l'orgogliosa identità che; ha rappresentato, non chiudendosi alle vere sollecitazioni esterne, ne accogliendole senza riserve, in sostanza non lasciandosi mai snaturare, bensì modificandole adattandole al proprio stile, in nome di una continuità che non ha mai subito fratture o interruzioni che ne compromettessero la legittimità, poi fortificata dal marcato iconografismo cristiano e cattolico, capace di essere stimolante anche per l'aniconico.
C'è una linea di modernismo geometrico, nell'arte italiana che prende una sua precisa consistenza durante gli anni trenta. In senso lato si può definire una temperie di linearità, di costruzione di forme che si sviluppano da una idea forza, come evoluzione o involuzione, come esplorazione o implorazione. Si tratta del polo italiano di una dialettica europea, di una insoddisfazione per le linee ornate del passato e del presente, nel rappresentare una essenzialità strutturale d'immagine, in termini di punto linea, piano, curvo. In quest'ambiente possiamo ricomprendere come abbiamo già visto, Fontana e Capogrossi della seconda maniera, dopo l'abbandono della figurazione, nell'orientamento duplice verso un'idea di spazio profondo o verso l'iterazione ossessiva di forme criptiche in uno spazio piatto.
Al centro di questo modo di concepire l'immagine stanno le opere di Radice, Melotti, Galli, Veronesi, Soldati, Rho, Reggiani, degli architetti Terragni e Persico. Per tutti questi artisti, una mostra a Como sul finire degli anni ottanta, e un'ampia monografia hanno reso giustizia del fatto che non reggevano la coda a nessuno, anzi leggendo le date di alcune loro significative realizzazioni, bisogna collocarle al centro del razionalismo europeo degli anni trenta, un filone che non ha mai cessato di dare un suo contributo specifico al nostro tempo, specie nel design e nelle arti decorative, finalmente sganciate da uno stantio sapore d'epoca e orientale in una continua trasformazione. La ristrettezza numerica del gruppo e di localizzazione circoscritta non deve ingannare sul significato reale e sulla portata diffusiva del fenomeno, che è assolutamente notevole dal punto di 'vista quantitativo che qualitativo.
Le opere di questi artisti sono autentiche scoperte dell'immaginario. Strutture stilisticamente rilevanti che ribaltano i concetti di interno ed esterno, prefigurando un unicum che è figlio del rapporto dei nuovi materiali industriali e tecnologici con l'ingegno di questi artisti.
Strutture visibilmente rilevanti che costituiscono un punto di rottura, un segno di rottura con una omogeneità millenaria, data da superfìci dorate, stucchi, vernici. Cosi le strutture, prima mascherate da pesanti sovrastrutture, diventano visibili, addirittura attraenti, nella loro articolazione ossea, nella loro povertà paradossalmente ricca di modulazioni, di inesauribile possibilità inventive, attingendo dalla possibilità infinita del gioco formale, schemi di composizione e scomposizione dell'immagine, che già il futurismo e il cubismo avevano esaminato dal punto di vista complementare della velocità e della simultaneità.
Astrazione e informale tengono banco nel dibattito culturale e nelle realizzazioni di fine anni quaranta e degli anni cinquanta, mentre il realismo pittorico d'influenza comunista, erede della posizione di Corrente, produce contadini, operai, sventolii di bandiere che oggi si fanno guardare solo come curiosità.
Astrattismo e gioco informale si confondono nel panorama nazionale che non ha elaborato una teoria propria al riguardo, ma ha visto sorgere una schiera di artisti sostenitori della libertà espressiva e dell'autonomia rispetto ad ogni etica, ad Ogni politica. Artisti che stanno tenendo bene alla distanza, confermandosi fra i protagonisti di questo secolo italiano.
I nomi sono quelli di Afro, Tancredi, Dorazio, Scialoja, Turcato, Vedova, Scordia, Accardi, Perilli, Pace. E poi quelli dalle caratteristiche eclettiche come Music e Vacchi, artisti di stagioni più brevi, e intensamente vissuti in questa poetica. Alberto Burri con la sua squisita componente materica, modulata nell'officina di un dio vulcanico, lontano da ogni fredda razionalità, sconvolgente autore di un diffuso poema etico, è la sigla più autentica di un epoca che si chiude, di una nuova che si apre. Il fatto che questi artisti abbiano tutti sentito il bisogno di confrontarsi con il segno autosignificante, con la macchia, dandogli una grande valenza di comunicazione, è una provocazione che svolge l'aspetto combinatorio aperto all'imprevisto e al molteplice. Una possibilità quasi infinita di varianza che non diventa mai perdita d'identità, perché in ciascuno c'è un'orma inconfondibile di personalità che fa la differenza.
L'inconfondibile differenza di un Dorazio da una Vedova, di un Afro da uno Scialoja, conferma, come nel potenziale infinito, si possa affermare la personalità, anche se ciò è più difficile rispetto ad ogni tipo di figurazione, perché non c'è nessun tema che si possa svolgere in più puntate, e ogni opera deve autocreare se stessa. La presenza di una diffusa attività militante di questi artisti, promotori di diversi gruppi organizzati, quali Forma uno ed altri, di manifesti, è stata un'elemento lievitante del dibattito sulla moralità stessa dell'arte, che deve trovare in se la forza morale, espressiva e comunicativa, per il suo stesso essere potenza del segno e del colore, ha stimolato la nascita di una letteratura critica, ricchissima, testimone di una peculiarità in re di questi artisti, partoriti dal caos della seconda guerra mondiale, ma edificatori di una massa imponente di sedimentazioni caleidoscopiche, eredi di una storia che non ha esaurito la capacità di configurazioni in un grande e avventuroso corso, di corrente impetuosa, che genera un delta dai mille sbocchi, vestendosi di un abito arlecchino che è ricchezza e magnificenza.

CONCLUSIONI
Come sottotitolo di Genius ho utilizzato la scritta epigrafica Primato degli artisti italiani del Novecento e di questo voglio dare una giustificazione, che è anche una guida alla lettura della mostra. Una affermazione forte che suona dissenso e opposizione nei confronti di un pensiero provinciale che, in quasi tutto questo dopoguerra, ha giocato al ribasso nei confronti dei nostri valori, enfatizzando gli accadimenti americani, europei, amplificandone la portata. A leggere e sentire queste notazioni l'Italia non sarebbe altro che un cumulo di rovine e di errori. Posizione realista e meditata? Neanche per sogno, solo miseria intellettuale e servilismo, per paura di sembrare nazionalisti, provinciali, reazionari. La gestione cinquantennale della Galleria Nazionale d'Arte Moderna è andata in questa direziono, facendosi sfuggire capolavori di Boccioni, Carrà, de Chirico e orientando in questa direziono tutto un pensiero critico e storico. Oggi la situazione è parzialmente raddrizzata riassumendo l'arte italiana, nel concetto delle nazioni più avanzate. Con questo non si vuole certo passare da provincialismo del nulla a provincialismo del tutto. Anche se non si può non rilevare che nessuna nazione ha avuto una continuità ad alto livello come l'Italia, dal futurismo ai nostri giorni. Perché dagli anni sessanta in poi, si sono susseguiti movimenti e personalità d'indubbio valore, dalla Scuola di Piazza del Popolo, all'Arte Povera, alla Transavanguardia., all'eclettismo al minimalismo, al medialismo dei nostri giorni.
Sarebbe paradossale dire che negli altri paesi non accade nulla d'importante e non sarebbe la verità. C'è una circolarità (che collega New York, Dusseldorf, Colonia, Milano, Roma, Londra) a cui bisogna fare riferimento con animo libero, ma con senso di consapevolezza del proprio valore, che è valore di attualità e valore di storia. Quando c'è questa consapevolezza, come c'è nel campo della moda e del design allora ci si afferma per quello che sono i propri valori. Nomi italiani che corrono per il mondo come quelli di Valentino, Armani, Ferrè, Gucci, Ferragamo, Caraceni, Aulenti, Bellini, Piano, sono la punta di diamante di una cultura d'avanguardia, di un grande artigianato, di una contemporaneità che è mito come Ferrar!, come Brionvega, come Tecno, come Zegna.
Bisogna che impariamo a pensare grande su tutto ciò, riacquistando il senso di noi stessi, del nostro 'venire dadontano, della nostra mitica discendenza greca e romana, che ha fatto della nostra terra, la terra della cultura, dello stile, del gusto. È vero che la storia non vale nulla senza attualità e la nostra attualità è grande .e stratificata, al di là della nostra stessa coscienza.
Il senso del primato, è da intendere,  nel senso concorrenziale, agonistico, di qualche cosa che si può condividere con altri, ma di un sostanziale esserci da protagonisti. Possiamo essere orgogliosi della nostra arte, dei nostri artisti, senza per questo cadere in paranoie o alterazioni intellettuali, perché l'arte è ricerca, che ogni giorno deve inventare se stessa, e mentre lo fa, mettendo in crisi i modi d'essere e quindi di comunicare, deve cercare di stabilire comunicazione. Da questo punto di vista nasce sotto il nostro sguardo una nuova età dell'arte pura, caratterizzata dall'essere spia di una crisi d'identità che colpisce tutti, ma che si avverte di più nei piani alti della costruzione, che appunto per essere stratificata, intrigata, caotica, porta in sé gli elementi di un nuovo che somiglia e somiglierà sempre meno al vecchio, con linee di discontinuità, di rottura profonda, degne di Blade Runner, di Natural Born Killer, del post human, capaci di mettere in crisi tutte le estetiche provvisorie che scendono in campo, dovendosi presto ritirare e sostituire, cambiando i nomi, spostando le date, e tutte le coordinate di quell'imprevedibile terra che è il futuro. Tempo che tutti sappiamo coniugare, ma nessuno ne conosce limiti e dimensioni.
L'attrezzatura per affrontarlo deve essere leggera, adattabile, convertibile, adatta agli esercizi del virtuale, prossimi agli esercizi spirituali, in quanto utili nel mondo della intangibilità, dell'artificialità crescente.
Non sappiamo in futuro che arte farà, quali avanguardie potranno spazzare via i residui di quelle precedenti e che cosa impareremo a chiamare arte dopo che Manzoni ci ha insegnato (ed oggi ci sembra scontato, quasi classico) a chiamare tale la merda d'artista, passo ancora più azzardato dell'orinatoio di Duchamp, ma tutti su una linea imma- ginaria che parte dai Paupées electriques e da Mafarka le futuriste, di cui s'è perso, però, l'ottimismo, la spregiudicatezza, l'ardimento. Un ottimismo, una spregiudicatezza, un ardimento che va riconquistato nel segno della volontà anche se l'intelligenza deve rimanere vigile, pessimista, conoscitiva oltre i limiti dell'utilità immediata.
L'arte non può mancare di un tasso di utopia che la faccia lievitare dal presente, come quotidianità e come senso comune, lo stesso con cui Sironi, nella crepuscolarità dolente delle sue superfici urbane, ha saputo intuire il dramma di megalopoli, l'intolleranza delle città formicaio. Una capacità di dilatazione è connaturata all'arte, per rendere visibile tutto il pullulare di macchie, invisibili al comune occhio, ma visibili all'occhio visionario di un Savinio, ingannatore delle stesse macchine per inganni del nostro tempo, tutti i mass-media che accompagnano la nostra veglia e il nostro sonno.
Usciamo dal secolo, così come usciamo dal millennio scontando l'evolversi di meccanismi che stanno acquisendo capacità umane e adattando le strutture corporali mutanti dell'antropologia alla capacità combinatoria di macchine elettroniche.
Allora, tutto è stato previsto. Tutto è stato predetto? Neanche per sogno, ma dobbiamo pur dire che nella prima parte di questo secolo, cominciato a Sarajevo e finito a Ber- lino, si sono posti problemi formali che sono ancora i nostri, in minima parte superati, o risolti, in gran parte, irresistibilmente aperti.

The characterization, the signifìcant aspects of Italian art of the fìrst half of the century are to be read on a levei of discontinuation among different moments, painting, sculpture, architecture, design, custom, fashion, town planning considering environmental conditions, market, culture, ideology, which have generated, conditioned, improved it. Italian history of a half century does not let itself be summarized easily since it is so rich in conflicting elements that it seems one thing and its opposite, thus providing different elements of reading and, as a consequence, interpretable otherwise, both on thè criticai pian and on thè historical. Thè title given to this reading, which makes use ofa diachronic nucleus of pictorial works, characterises a peculiarity which makes thè difference, along an itinerary which begins from an uninterrupted recali to Renaissance to nowadays. This recali can be measured in a variable way, both in thè period which links and divides thè Renaissance culture from our topicality and in thè passing of decades, which have seen the two worid wars, different politicai regimes, a great technical and environmental revolution, the birth and the achievement of a mass culture. Genius wants to express the specificity, an assertion which near the end of the century and of the millennium, not oniy holds the historical and criticai and judgement well, but widens it in the great western culture. A precise Italiana style appears in ali its extension, capable of including in itself ali the aspects of a multiform modernity, which is revolutionary and reactionary, reforming and ultraconservative. Moments of avant-garde and returns to the order, lived with a great sense of space, colour and shape in an active tension in which different languages can be found, deal with themes turned to the recovery of the past, the imagination of utopia, without losing the common element of the classical style. The genealogy of artistic Italian shapes is characterized by a sense of full which may be found in a stratification of works and styles which have a complex relationship of contradictions and synthesis. A half century rich in opposite and unconventional personalities, who have led to thè pomps of thè Biennal Exhibition (of Modern Art in Venice), thè Milan Triennal and Rome Quadriennal, thè creation of thè town of Eur, which is a magnificent attempi to give Rome a modernity, avoid- ing opposing attempts at imitation or at violence. Thè creation of new towns such as Littoria, Sabaudia, Pontinia, of important structurings such as Piazza San Babila in Milan, ofmonuments like Martini's and Messina's marbie group at thè Hospital of Niguarda, are thè proof of an intervention . which is far from being gloomy and monotonous. Thè modernization of thè fìrst twenryyear period of thè century feels thè effects of thè nineteenthcentury culture of Bistolfi and Sartorio, but it possesses in itself an airerity which will show itself in thè second twentyyear period and in thè fifties, paying for thè tragedy of thè war, thè abomi-J nation of thè racism towards thè Jewish, Gentile's murder and thè rescue from Andrea Cascella. This has been a half century rich in events which have heaied thè wound towards thè Europe and ofthe worid, so proposing a nation protagonist with those nations which for centuries had dominated in every field and did not tolerate thè entry of Italy into thè group of thè great. This condition has been reproposed during this second half century, proposing Italy as a great industriai power, despite thè defeat, thè deep national laceration specular to thè international, which has not allowed us to fall back into line. However, thanks to a new generation of inrellectuais, in thè eighties censorship has beeneliminated. As a result, thè creation of a new plu- ralism does not attenuate thè difference, on thè contrary, it recognises values where there are values, humanity where there is-humanity, honour where there is honour, tragedy where there is tragedy, so taking right and wrong in a superior historical unity of thè century. There is an Italian style of thè first half century which is stili Lombard or Venetian Piedmontese or Roman, but it is in thè sense of an Italian polyphony, of a rich synthesis of a communal civilisation that thè real foundation ofthe nation takes piace. Oberdan, Sauro, Battisti are thè blood of a great body which belong Boccioni, Sant'Elia, Sironi,


Antonio Sant'Elia

D'Annunzio, Rizzo, Scirè, Nuvolari, Agnelli, Berenzo, Longhi, Venturi, Fermi, Toscanini, Marconi, Croce to. Thus, a great art which corresponds to a great humanity, which is stili Guelph and Ghibelline, so capable of a new historical sense. These have


Umberto Boccioni

been the decades ofthe conquest ofitalian language, ofthe realisation of Dante's dream of De Volgari Eloquentia, kneaded into thè blood of thè Carso and of thè Piave and then leavened by thè sixties of thè great internai migration. These are thè years of Piacentini, ofMuzio, of Terragni, of Persico, of an irreducible difference which belong Michelucci, Samonà to. In thè middle, there are deaths, injustices triumphs, bitterness; we are heirs pf.this, without a cynical pharisaic awareness, but with a civil and Samaritan pity. We record in our pantheon Rosselli brothers, but also Tito Minniti, the-African hero;-tfflmorta.lized by Arturo Martini, Cervi's brothers martyrdom, Govoni's brothers martyrdom. There is, on this subjects a Borges' story about two theologians, proud eriemies till; death but then in thè death thè one showed himselfin thè other, thè one identifìed himself in thè other. Thè literary paradox does not heal thè wound, does not redeem hatreds, on thè contrary, it acts to consider thè many analogies which are like thè many differences. Giovanni Gentile and Benedetto Croce undisputed protagonisfs of thè philosophical thought, participated directiy to thè process ofitalian transformation, stated thè cultural matters of a ruling class in thè making of a country, kept up thè leve! ofmoral research, so proposing those considerations which have been as necessary as they couid be seemed like an obstacle. Thè same things :are valid for Pirandello, an iriexorable observer ofsouis, customs, mania, perversions, idenrities typi- cal of a society which was not standardized yet, but aiready of great communication, even ifit was not prey ofmass media, tic, mania, transversai conformism yet, like nowadays.
Someone stili thinks that thè culture and thè art of thè twenty-year period have been segregated as regards thè European context, but in order to deny them it is enough to cite Como phenomenon, which has produced thè revolutionary fìgures of Rho, Galli, Radice. This phenomenon frees Italian culture from thè accusation of having been exploited by thè fascist regime, also because it is not isolat- ed from thè survey but it isto consider together with thè heresy of thè so calied Sei di Torino, of thè Scuola Romana, of Villa Strolfern so as some time ago Spadini's, Carena's, Grubicy's traditionalism was .to consider together with

Marinetti's heresy, Cà Pesaro's, Barbantini's, Rossi's, Martini's, Ravenna's, Maggioli's, rebellion, Casarati's aristocratic solitude. Nòt to 'mentron, De' Chirico s brottiers (Giorgio De Chirico, Alberto Savino) contribution, which was as deflagrating as Picasso's and thè surrealists', so as Mario Broglio's, who was a great theprist of plasric values; On thè other hand, thè importance of thè movement Corrente appears modest. Thè most important artist of this movernent was Renato Guttuso, while such figures as Cantatore, Sassu, Migneco, not to mention Treccani, kept in thè shape really little in order to create an effìcacious opposition to thè Novecento, whichwas'therealnianifestation.of thè versatile Italian genius of this century. Thè forties, with thè censorship of thè war, represent a moment of interruption and of a new béginning thanks to thè debate àbout representation and abstraction, which sees thè clerical figures of Togliatti and Alleata, supporters, of a pedagogical, educational ar( and backed by thè artist of Córrente on the^ene hand, and thè supporters of thè freedom of poetics such as Turcato, Doratio, Scialoja, Accardi, Sanfilippo, Consagra, on thè other. This is thè nìatter'ofthe relationship with Picasso, with thè new representation as well, in connection with the new European debate and the period of the Politecnico and Elio Vittorini. In this new'cultural trend the modernizing debate of Bottai's Primato, Politecnico, discusses the matter of society and culture, of art and economy with the same protagonists ofthe pre-war period, even though with a different politicai attitude. A protagonist lik'e Mario Sironi is emarginated from the cultural debate.
However, he continued to paint in solitude, in reclusion, even in defiance, In generai, ali the artists and, in particular, the futurists of the different waves, who do not disagree with the politicai climate which had sùppórted their wòrks, are emarginated. It is important not to forget the ostracism towards De Chirico figure who cannot be set in any fixed scheme. So, the fìfties pass between the eafhòlic pròvincial- ism and the Stalinist dullness; these are the years of obscurantism and excommunications, may be the blackest decade for our figurativearts, so asfot aSopen-minded intellectuais and the criticai minds. Therefore, these are the economie miracle of the mixing of the anthropological

roots of Italiana people, thanks to the moving ofa mass of people frorii the country-side to the towns; from the mountains to the plains, from the South to the North, ofthe creation of new wealth. A contradictory decade which prepares the new secular society ofthe sixties, the mass motorization, the widespread secularization, the expansion of the television culture to ali social classes even if the ideological fanatism and the oppositions typical ofa civil war continue to dominate the scene. This century from the very beginning is dominated by an artistic survey characterized by thè academic nineteenth century painting, and, in particular, thè mythological and landscape painting, which has paid for thè lessons ofthe rough sketch, ofthe division, ofthe impressioh. It recovers itself in a decorative aura which often lacks a real problem, far from thè philosophical and aesthetic discussions which characterize thè new phase of industriai development of Italian society. Nowadays, ali thè pictorial nineteenth century is being revalued^it is not so àmorphous as one can think but it is a question of a condi- tion ofquality which can be recognized at distance but too little to be appreciated at that time by thè young, scorn artists who met a Palazzo Pesare or gathered by thè futurist Manifesto. Por both groups it is a question of breaking with thè oid masters and of putting lite into thè art, break- ing with thè cemeterial art of scuipture, with thè rhetorical exaltation of thè artistic Italian history, in front of a devastation of thè historical property, of a pitifui state of museums and towns. A dusty and corrupted Italy appears intolerable to Gino Rossi's, Arturo Martini's, Umberto Bocconi's, Filippo Tommaso Martinetti's, Antonio Sant'Elia's great mind. Gino Rossi, Arturo Martini, Nino Barbantini, together with a group of full of good will young people organize and constitute thè nucleus of a strong artistic renewal. This is thè nucleus of artists who are nearer to thè futurists in their battle to adapt art to thè spirit of a new time. Whereas thè rebeis of Cà Pesaro stop at an aesthetic and artistic position, starting a battio on a levei of panting and scuipture, thè futurists deal with ali thè arts, thè minor and thè major, so involving aspects ofhuman origin which before were not considered worthy ofattendon. Nino Bar- bantini challenges thè officiai character of a double-breast-

ed art, where thè young do not.have space since they are young, and they do not have space, since they carry out a new ethics of art. Thè affected virtuosity is considered by thè young as an expression of intellectual and moral void as superfìciality, and they oppose to it a return and an improvement of that part of thè impressionism, more figurative, more suitable to thè Venetian spirit. From them, a caustic criticism comes tathe easel painting, in favour ota street-painting, ready, as they show clearly, to travei and to be aiways on thè move. Their theory and praxis of thè innovation is based on thè continuous delayofthe achieved results and on thè lesson of thè classics which cannot be excluded. In fact, in Arturo Martini's and Gino Rossi's acceptation real innovation cannot exist, if it does not base itself on thè lesson of symmetry, balance rhythm, both it comes from Guido Reni and Antonio Canova. Thanks to a new interest in thè primitiyes, who are naturai ancestors in thè Venetian line of Italian painting of thè early twenrieth- century, they mark an important stage in thè contemporary imaginary, even though on a levei of sophisticated refine- ment. Moreover, they are naturai Street- fellows of thè artists and thè futurist movement, which they never adhere to, because they do not accept its politicai character. Gino Rossi and Arturo Martini recognize thè revolutionary importance of thè futurism, of its incredible charge towards Italian society, which was ankilosed in thè celebration of fast and incapable of a total answer to thè modernity. In a similar way, Boccioni recognizes thè partiality of Pesaresi. Thè artist may go out from bis own sphere, but he must not do it necessarily; he shouid commit himself totally in his own discipline, and he shouid live it dramatically or joyously in a total participation. Thè adversaries of these two groups have important masters and institutions on their part, so they treat them with paternalism and indul- gence. Marinetti, in thè Manifesto published in thè Parisian daily paper "Le Figaro" in 1929 states important matters about visual arts, architecture, music, theatre, painting, scuipture, so upsetting thè principles of style, common sense, ethics, aesthetics. Thè main behavioural points of society are debated, through a systematic work of criticai destruction ofthe past, which is opposed to a pro-

posai pf reconstruction of thè worid. Thè pamring of fixed image is criticized, and is proposed a painting which takes over thè movement, which is a step fbrward in comparison with thè cubist simultaneity, so answering to thè question of mechanism, of industrialism, and of thè new communi- cations. Painting becomes simulation of thè modern worid which is made of thè crumbling of thè nature and of thè diffusion ot energy, with thè invisible which takes thè piace of a fìat and rhetorical visible, thè typical expression of a culture ofthe nature and of thè handicraft of slakness. Balla, Boccioni, Severini, Depero, Prampolini become prophets of an event which nowadays manifests itself in striking shapes, in thè sense of thè virtuality and of thè rarefaction of thè same material forces. Thè energetic anatomy of electromagnetic forces, thè decomposition accepted as a cognitive instrument are expressed in new and revolutionary pictorial works which cause bewilderment in orthodox people and enthusiasm in thè rebels. Even thè conception of duration is criticized. Ali that lasts more than thè necessary to be manifested, is considered as a tyrannical excess, as a desire of domination of death on lite. So, thè most audacious experimentations are not to be judged by a traditionalist aesthetics, on thè contrary, by thè power in comparison with thè act. In every field, art and individuai and social acting are to be adapted to thè new technique, to scienee, leaving thè past behind and looking at thè verdcal- ness in architecture, at thè essenciality in town-planning, so realizing thè utopia of anew mechanical man, with new feelings and will. As an example of thè difference between futurists and thè pesaresi, there is Bocconi's position towards Rodin and Martini's positions towards Antonio Canova. Por both of them, thè rime of scuipture as a monument is, over and it is necessary to revitalize even thè con- cept of scuipture, on pain of its disappearance from thè worid ofthe living and its confìnement in thè worid ofthe dead. Boccioni considers Rodin as an outdated artist from ali points of views, an illegitimate reissue of Michelange- lesque gigantism at distance of centuries, without thè Ho- rentine artist's force, without his correspondence with thè classical philological and constructive sense, typical of thè culture of Italian Renaissance. What in Michelangelo's is

drama, in Rodin's is farce, what in Michelangelo's is tragedy in Rodin's is commedy. In Rodin's remains just an empty monumentalism, as rethorical and pompous, as empty and inexpressive. Boccioni wants to start a way of poetical and formal discontinity since nothing in thè age of mechanicism can be identical to previous epochs and detachment from thè eclecticism of thè nineteenth century scuipture as to be clear. We need to thè direct to thè monumentai diffusion ofthe town which has to acquire its totalitarian significant capacity so rejoing thè soul and thè shapes turned in new materiais such as cement, steel, and glass. Scuiptures work has tobe integrated with thè town planning architect's work, towards a new lite in thè town completely fin- ished. Scuipture becomes point of view, of force, piace of recognition of thè entire collecfivity. Martini, thè author of scultura lingua morta, opposes himself to every bookish conception of thè classics, to every reproductive imitation, but he considers inevitable a relationship with them, as long as they are interpreted in thè sense of school of freedom, of talent, of grandiosity, of adhesion to its own time. Martini distinguishes a maid relationship with thè past; He studies deeply Michelangelo's scuipture, noticing his rigor- ous sense of freedom towards archaeological scuipture discovered thahks tò thè excavations which brought to light a worid considered as last. An example can be considered Èrcole Farnese, which was found without legs and put back on his feet through special legs. Thè eventual excavations brought to light thè originai Ercole's legs. However, Michelangelo advised not to change thè new ones, since they gave to thè scuipture a better design. So Martini distinguishes Michelangelo's restless and rebel mind, author of thè extraordinary Pietà Rondanini from thè squalid surrealism of his imitato rs'capablepf rebuilding thè exte,rrial shapes but incapable of seeing a soul into them. Martini has thè same relationship with thè last great neoclassical scuiptor, Antonio Canova author ofsGuIptures indepen- dent from both thè Greek influence and Renaissance. On thè contrary. Canova was an authentic interpreter of a cultural Italian climate, ofa land where thè naturai aspects are regarded as a question ofminor interest. Ofcourse, according to Martini, it is easier for an uneducated artist to be

originai, since he has few things fo discard and nothing io integrate. He will make use of a poor and accidental imaginary, typical ofthe marginai and provincial conditions. On thè contrary, due is tangible presence ofthe artistic culture, an educated artist will find it more difficult to work in abstraction. As a result, he will invent really since he is aware of his own acting and of thè results he achieves. Till thè outbreak of thè fìrst worid war, there is a great atmosphere of enthusiasm, thè conflicts are lived with optimism. Everyone thinks of being able to win and imposing their own point ofview, since every obstacle seems to be easy to overcome in a worid where thè progress is continuous through discoveries and primacies. Thè futurism is convinced to be able to integrate thè total vocation to movement so urging every fearfulness, every irresolution, and undervaluing material resistance, mass subcultural, middle classes prejudices, which are more resistant than those of great intellectuais, and of thè philosophers. Thè futurism will spread ali over thè national territory, showing enthusi- asm, illusions and optimism to a lot of young people who do not tolerate conformisms. Thè futurism wants to destruct common sense, history, museums, sentimen- talisms, folklore and it makes this through crude and hard words, so hoping thè heroic act, thè scorn for thè temale fearfulness, thè war as hygiene of thè worid. Thè futurist movement puts thè problem of thè South, of this land rich in intelligence, talent, personality, rebel mind, but inca- pable ofcreating organization, modernity, project and revolution. A manifesto is addressed to thè southern young, in order to incite them to take thè responsibility for their own destiny, to shake thè town and thè province out of torpor, incapable, as they were, of getting rid of thè monotonous everyday lite. Thè crudeness offuturistic speech has to be considered from thè historical point of view, analysing metaphors and paradoxes since thè futuristic subversion has never become violence towards people or things. To this purpose, it is worthy to remember thè controversy about thè closing of thè museums and thè transformarion of thè Canai Grande into an asphalt road, while thè supporrers of thè museums kept and keep them in a pitifui state, Venice cànais are ruined by thè carelessness and thè pollution of

those who complain about every criticism. To sum tip, incitement to thè southern young couid be signed without changing a comma. Even their own lives, let's think ofBoccioni's, Sant'Elia's and Balla's lives, testify thè audacity and thè seriousness of their proposai, undoubted fracture with thè psychology and thè methodology and of thè near and distant past.
Giacomo Balla interprets thè metaphorical virtues of quality, of conventional solidity of art and he does not let himself mythicize by particular meanings and shapes. From Balla figurative, measured, academic to Futurballa., in thè passage from thè pictorial prefuturistic synthesis to a great analytic versatility, turning into abstraction of sign ali his attendance to traditional figuration. In his pictures, Balla supposes a specific visibilty of movement as if it couid exist without bodies and vectors.
Umberto Boccioni infuses a dense and plastic sense into his vision of thè things of thè worid, charging thè lines of construction and connection among fìgures óf a dynamic responsibility in thè evolution of shapes. So, energetic abstract lines acquire torce through thè connective time of air, capable of doing an addition and a difference, as well. According to Boccioni, being able to see thè point ofview of movement means to widen thè perceptive fìeid of painting and scuipture, so adapting this point ofview to thè new cultural stage which has been brought into thè new century by thè revolutionary inventions which bave dissolved thè well-established space-time coordinates. Gino Severini follows a course which is parallel to Boccioni's. In Ritratto della Signora Busoni, Severini represents thè classical dimension of thè artist who has experienced classicism reserving thè harmony of thè pictorial composition in this new condition of visibility. Severini wants to discover thè real meaning of things, subjecting them to a twisting specular image which is thè proofofthe incipient art fullness. Thè war shows to be a tragic antithesis of its poetic trans- Hguration. Thè war sweeps away everything, nothing is as before and the post war period gives us a crisis of identity, a frustration from which nobody will come out of unscathed futurism feels thè effects of Boccioni's and Sant'Elia's death, who dead in battle. However, thanks to thè new adhesions,

thè movement will go on its history, so creating thè other important current of air painting, despite thè fact that thè . avant-garde characteristics are linked to thè past.
The password is a return to the order, to the recomposition of values, which is gathered by the movement coordinated by Margherita Sarfatti and  led by Mario Sironi, Novecento Italiano. Their art is one oftopical and historical interest which looks at Masaccio and at his crude vision ofreàlity and invention. Mario Sironi is thè authentic mastodon ofthe artistic group. Passed through thè futurism and come to a dramatic and utopistic vision of thè worid, Sironi shows a great inventive capacity, so that if one wanted to circumscribe an Olympus of twentieth-century Italian artists, Sironi, De Chirico, Boc- cioni, Scipione, Morandi,with Burri, Fontana and Manzoni wouid be on the top ofa rich court of gods.
In his painting, Sironi interprets thè modern worid of solitude, of urban suburbs, of thè evil, of living, of thè Promethean gigantism which is usefui in order not to succumb to the society of anonymity of apportion. Anything but an artist of regime !
Sironi feels thè endogenous incentives of society, he makes them become fascinating visions of ache, through a maieutic description ofsadness, which is n'ever considered as a desperate falling back on nothing, but as a dynamic incentive, as a challenge to thè forces of evil. Sironi gathers the stronger elements and problems of our culture in pictures, in drawings which are authentic milestones of knowledge, of suffering, of passion, so creating an invisible imaginary, soul of a complicated and stratifìed materiality. In his painting and in thè style and themes which characterize it, Giorgio De Chirico summarizes thè ability to combine thè shapes of rime with thè allùsions of psychology, of mythology, of irony, so putting thè drama of thè ordinary consumption of myths into impossible visions. Ali in his painting becomes other from thè originai being,a theatricality in playfui scenes to thè limits of thè interpretative madness, in thè contamination of thè possible event with the belief of absurd.
According to De Chirico, Metaphysics means absolute conceptualism of painting, visual convention through which to

look around. Through De Chirico's work, Piero della Francesca's painting had brightened, while Guido's has faded away. Guido has become Guido Reni, while Piero della Francesca has become Piero.
Roman protagonism shows itselfwith two different groups, thè former is constituted by thè Roman school, with Scipione, Pirandello, Mafai, Donghi, Trombadori, Antonietta Raphael and Valori Plastici, by Mario and Edita Broglio. Scipione, aristocraric soloist of thè Roman School, invents shapes of a holy history which mix with the profane one. His painting interprets thè baroque thought of sin and penance, so turning imo black the deep sense of party. Scipione interprets the solitude of thè modern man in thè mass ofmemories ofa great past and in thè despair ofapre- sent which has last golden and incenso, but also thè ability to stay imo thè rotteness and thè dirt. In Scipione's work one reads an anarchie sense of rebellion adressed to thè precepts ofthe fascist regime, and more generically to thèassociated rules of lite of modernity and even of civilization. Thè oid Roman anthropology imposes its rights thanks to Scipione's work..
At Milan, and in thè Lombard-Venetian area Ubaldo Oppi, Piero Mamssig, Cagnaccio di San Pietro, Gigioni Zanini, Guido Càdorin, Pio Semeghini, Virgilio Guidi impose their presences, they follow in thè wake ofthe Viennese secession- ism of early century and of thè new German objectivity. Very different personality, but ali of them possés great inventive talent, technical wisdom, and poetic richness.
Together with Scipione it is right and proper to mention some fìgures who, even though influenced by schoois and movemems, have their own character. First of ali, De Pisis, thè master ofievia gravia,ofthe dancing virtues of thought. He falls in love with himselfand slides from a nower to another, from a face to another, from a landscape to another, pinning to the colour, and the shape, like a pin on thè loved person's neck. A person who is loyed, thought, touched and marked with piercing sound of trebie voices, with the fìrmness of thè impending tragedy. Filippo De Pisis ( who was stained by the superfìcial and wrong prefation to thè generai catalogue, edited by Electa, where Giuliano Briganti has not hit the target, inventing an inexistent

De Pisis) is an real genius, author of.an inimitable masterpiece, that ishis own life, which is thè life ofan overtumed D'Annunzio and of a Pasolini of thè era of thè white telephones. De Pisis had been mocked by Savinio and De Chirico as well, because they had not understand his, force and his open-mindedness, which were the symbois of his homosexual diversity, there is Savinio's fierce personality. He was loved and hated by his brother Giorgio, and he:wàs emarginated as a painter and a writer. Moreover, he was a great Italian figure of Surrealism, together with Fabrizio Clerici, another great forgotten artist. Alberto Savinio is a genial artist, capable of transfiguring images, which are rich in symbolist and caricaturai illusions to thè uses and customs of hypocrisy and of simulation.
Like his literature, his painting corresponds to a surrealistic idea of thè worid, where ali is transformed in a continuous way, where anything strays to thè other, every concept lenghthens and widens straying tò thè oneiric morphology where everything is reversible.
In the survey ofthe personalities of Italian àrt ofthis century there is thè embarrass of choice and, at thè same time, a widespread risk ofwill and involuntary censorship. However some artists, who do not make part of cufrenfs and schoois, deserve a few words.
Felice Casorati, who in spite of being born some centuries after thè Renaissance, is similar to a Renaissance artist. From his artistic education, he receives an attitude to'measure, detachment and balance. As a consequence, he creates a diaphragm between thè work and the.spectator, a.contern- plative relationship with painting, human activity ofmystie- sentimental meditation, but critical-cognitive as well.
Silvana Genni exemplifìes as painting may bean aesthetic interpreter of a worid of shapes which correspond to customs and behaviours.
Carlo Carrà, who passed through divisionism, futurisni, metaphysics, twentieth-century, is a kind of intellectual philosopher who does never arrive fìrst a movement and he is often among to the fìrst artists to.go out fmm it, after leaving thè mark ofhis pictorial power. He considers painting as the piace where an imaginary event takes piace. Giorgio Morandi is thè solitary genius of Italian painting. He

passes through a metaphysical phase which leads to thè language of a maximum nature, to thè composition of horizontal objects in thè foreshortening ofiandscapes which are immortalized on a proscenium of fascinating stress on tonality. His painring is a real anabasys ofthinness, oftone, a play to withdraw from life which musPinpt deceive on is naturai observation of dramas and tragedies, which he opposes to an unconveniental desire of silence.
Massimo Campigli, author of schemaiafcand flat images, which are primitive for their expression and movement, stylises his particular vision of anthropology and of thè worid in convenrional shapes.
By subtracting naturalness and by adding linear musicality, he adds the find of a present which is topicality of thought and, at the same rime, comes from the deep of history. Campigli performs a fantasric resewing ofthe cut which thè new vision ofthe worid has open in the feeling ofiife and death. An eecentric character is Fausto Pirandello, Luigi's son. Although his father wouid want him to become a scuiptor, (to take advantage of thè many movements which the end ofthe war wouid have scattered ali over Italy), he becomes a painter. He belongs to thè Roman School but he possesses an intimistic and ero tic vein. Author ofwitty pages ofdiary where he writes notes on deed. and misdeed which happen to him every day, he is, together with De Pisis and Savino, a criticai eye pointed to thè worid, but unfortunately paralyzed by shady business men.
Among the protagonists of the early twentieth-century it is necessary to add some names, such as thè futurists Soffici, Funi, Tosi, Bucci, Dudreville, Malerba, Wildt, Garbari, Francalancia, Socrate, Ceracchini, who wouid have deserved to be on thè same levei ofothers.
A particular place is to reserve to the three great "M" ofitalian art, that is Martini Marini, Manza. Three authentic protagonists, heir of the great scuiptural Italian tradition, capable of contaminating it with the new climate of the century, so making it willing to be point of concentration of a new scuipture. They appear significative interpreters of our rime in a phase which is in the middle between thè àvant-garde heterodoxy and thè great statuary which, stili in the first half century, shows to have a reason for existence.

A fùnction of connection between the fìrst pari of the century and the second has been accomplished well by artists such has Fontana, inventor of a new special conception; Capogrossi, multiplier of cryptic signs which invade the pictorial surface; Magenelli delicate author of an abstract symbolic notation; Licini, inventor of sublime stories created by nothing, of a mark both schematic and geometrie, of matter and magmatic modern author of enigmas; Biralli, able builder of images of scuiptoric vocation, of diffuse architectures, endowed with a poetic ability to make absorb everything to thè painting of a charming landscape art; Guttuso who follows a high narrative tradition of Italian painting, capable of adapting to himself the imaginary of a worid which is at thè same time, legend and àccount, oneiric fantasy and challenge to the truth.
These artists do not mark a chronological-formal detach- ment, but so as they represent an element of union, so represent another of destruction, which is not in the van, but comes from it, through a meditation of the eventual needs. In fact, it is worthy to the point out that, besides the futurism, there is a pictorial research which overcomes the figurative, even if it is tending towards thè constructivism and thè geometrie abstractism.
. This clarifìcation is necessary in order to start a historical debate, considering that, in the complex western culture, a stylistic and cultural dominant, capable of annulling thè dominated, does not exist. So the Constant is aiways given by a prevalence more or less resistant.
This nucleus of artists (with thè exception of Renato Guttuso, a master of a special figuration in Italian painting circles, coming from the Roman School, protagonist together with Birolli of Corrente, and eventually principal of a realistic current of social tendency), as a poetic duplicity, like the case of Fontana and Capogrossi, with a net distinction of technique and object, or with personal landing piace which is very difficult to homologate into schoois or groups. Ali together represent a crepuscolare area where a great sense of decoration and a great sense ofexpression interact.
Point of contrast of every olympic sense with every dyonisiac sense. As one may constate easily (Disegno Italiano del Novecento, Electa Milan, 1990 and Disegni del Novecento

Joyce & CO., -Rome, 1995), it is question of a figurative current of great wideness, capable of including very different modulations, with a Constant and very strong nucleus where Doccioni, De Chirico, Morandi, Sironi can take piace. So Italian art is characterized into an international contest, but at thè same time, it is not exhausted in its own circle, because Italian art is essentially figurative, but capa- ble of expressing itself well in geometrism, in abstraction, and in thè informai as well, even if with a unmistakable particularity which someone has wanted to read as a weakness, while it seems a torce to others.
So, a very distant line has been continued, distinguishing itself for the proud identity which has represented, neither closing to extemal solicitations nor accepting them without reserve, on thè contrary modifying them by adapting them to its own style.
Ali this, in thè name of a continuity which has not had fractures or interruptions which wouid compromise the legitimacy.
There is a line of geometrical modernism in Italian art which becomes consolidated in the thirties. In generai, one can define a climate of linearity, of the construcdon.of shapes which develop from a leading idea, as evolution or involution, as exploration or imploration. It is a question of the Italian pole ofan European dialectics, of a dissatisfaction with the ornate lines of the past and of the present. In this circle can be included Fontana and Capogrossi of thè second manner, afterwards he abandons thè figuration and tends both towards the deep space and the obsessive iteration of cryptic shapes in a flat space.
In thè middle of this way of conceiving thè image, there are Radice, Melotti, Galli, Veronesi, Soldati, Rho, Reggiani, Terregni e Persico.
. An exhibition at Como in thè late eighties and a ridi monograph have revalued ali these artists. Some of their works are to be placed into European rationalism of thè thirties. This current has never given up contributing in thè field of design and of decorative arts, oriented to a continuos transformation.
The little number ofthe group and the circumscribed location have not mislead about the real meaning and the great

importance of the phenomenon, which is remarkable both from a quantitative and qualitative point of view.
Thè works of these artists are real discoveries of imaginary. From a stylistic point ofview, they are remarkable structures which reverse thè concepts of interior an exterior, so prefiguring a unicum which is son of thè reladonship of new industriai and technological materiais with thè genius of these artists. These structures constitute a point of rupture with an ancient homogeneity given by golden surfaces, stucco and paint. So structure, once hidden by heavy superstructures, becomes visible event attractive in its osseous articulation, in its poverty paradoxically rich in modulations, in endless inventive possibilities, since they sponge on thè innumerable possibilities of formai play, which futurism and cubism had aiready considered from thè complementary point ofview ofspeed and simultaneity.
.Abstraction and informal lead the cultural discussion of the forties and the fifties, while the pictorial realism of communist influence, heir of Corrente's position, produces peasants, workers and flutterings of flags which nowadays are oniy objects of curiosity.
Abstractism and informai play get into a muddle of a national survey which has not elaborated a specifìc theory, but which has seen to arise a group of artists, supporters of expressive freedom against every ethics and politics.
Among them there are Afro, Tancredi, Dorazio, Scialoja, Turcato, Vedova, Scordia, Accardi, Perilli, Pace. There are and eclectic artists as well, such as Music and Vacchi, Alberto, Murri, with his materie component, modulated in the workshop of a volcanic god, far from every cold rationality, author of an ethical poem, is thè more authentic symboi of an epoch which is finishing and of a new which is opening. Thè fact that these artists bave feit thè need to compare themselves with rough sketch is a provocation which carries out the combinatorial aspect open to .the unforeseen and the multiple. An almost endless possibility of variance which does never become loss ofidentity, because every one possesses a unmistakable mark of character which makes thè difference. Thè unmistakable difference between Dorazio and Vedova, Afro and Scialoja confìrms that in the endless potential the personality may assert itself, even if

this is more difficult than every type of fìguradon, since there is a theme which cannot be developed in instalments, and every work has to create by itself.. Thè presence of a widespread and militant activity of these ardsts, supporters ofdifferent organized groups such as Forma uno and others manifestos, has been a lively element of the debate about thè ethics of art, which has to find itself the moral, expressive and communicative torce. This kind of art, power of signs and of colours, has stimulated thè birth of a criticai literature, which testifìes a peculiarity in rè of these artists, born from the chaos ofthe Second Worid War, but builders of an impressive man of Kaleidoscopic sedimentations, heirs of a history which has not exhausted thè capacity for configurations of a rushing stream which produces a delta with thousand outiets.

CONCLUSIONS

As a subtitle of Genius has been used thè epigraph Primato degli artisti italiani del Novecento. This is an assertion which causes dissent and opposition towards a provincial thought which, during thè post war period, has beared towards our valiies and has emphasised thè American and European events. According to this observations, Italy is nothing but a heap of ruins and errors. Is a realistie or con- sidered position? Not at ali. It is oniy intellectual meanness and servility, for fear of appearing nationalists provinciais and reactionaries. Thè fifty-year management of National Gallery of Modern Art has followed this way, so letting Boccioni's, Carrà's and De Chirico's masterpieces slip and steer into this direction an entire criticai and historical thought. Nowadays, thè situation is partially corrected, so reassuming Italian art into thè conception of the most advanced nation. This does not mean, of course, to pàss from thè provincialism of the nothing to thè provincialism of the whole. On the other hand, in cannot be forgotten that Italy has had an important continuity from futurism to at present time. As a matter of fact, from thè sixties onwards, movements and personalities of great value have followed one another from the Scuola di Piazza del Popolo, to Arte Povera, to Transavanguardia, to eclecticism, to minmalism, to medialism of present time.

It wouid be a paradox to asserì that in the other countries nothing ofimportant happens. There is a circularity( which links New York, Dusseldorf, Colonia, Milan, Rome, London) which we have to referred to, with a sense of aware- ness of its value, which is a value of topical interest and of history. When there is this awareness, as it is in the field of fashion and of design, thus nacional values are imposed. Itàlian names like Valentino, Armani, Ferrè, Gucci, Ferragamo,. Caraceni, Aulenti, Bellino, Piano, are the point of diamant ofan avantgarde culture, ofa great handicraft ofa contemporaneity which is myth like Ferrari, Brionvega, Tecno, Zegna. We need to learn to think in a big way abouf ali this, acquiring again thè sense of ourselves and of our mythical Greek an Roman descent, which made our land, a land of culture, style and taste. It is true that history is worth little without topicality and our topicality is great and stratified besides our consciousness.
The sense ofprimacy is to understand in thè competitive and agonistic sense, it is to interpret as something which can be shared with others, but with thè awareness of being protagonists. We may be proud ofart, ofour artists, without falling into paranoias or intellectual alteradons, since art is research which everyday has to invent itself trying to establish com- munication. From this point ofview a new age ofpure art is born. It is a spy of a crisis of identity, which hits ali of us, even ifitisfelf in thè high planes of construction. It takes with itself thè elements of a new, which is like and will be like less and less to thè oid, with lines of discontinuity, .of deep fracture, worthy of Biade Runner, of Naturai Born Killer, of post-human capable of coming to a crisis every temporary aesthetics. These aesthetics have to withdraw and to change their names, dates and every coordinate of that unforeseen land which is thè future. Ali of us is capable of conjugating this time, but nobody knows limits and dimensions ofit. Thè equipment to face it has to be light, adaptable, convertible, suitable to the exercises of virtual, near to spiritual exercises, because they are usefui in thè worid of intangibility, of thè growing artifìciality. We do not know what is the art like the future, what kind of avant-garde will be able to sweep away thè rests ofthe previous ones and what we learn to cali art since Manzoni has taueht to us to call art

the artist's shit: This is a much more hazardous word than Duchamp's public convenience. However, ali these words are on an imaginary line which begins with Pompées elecrique and with Mafarka le futuriste, even if these words have lost optimism, unscrupulousness, boidness. An optimism, a unscrupulousness, a baidness which are to be conquered again in thè name of will, even if thè intelligence has to be vigilant, pessimist and cognitive besides thè limits of thè immediate utility. Art cannot lack a rate of utopia which makes leaven in thè present, as a everyday reality and a common sense, trough which Sironi, in thè grieved crepuscolarità of his urban surfaces, has been able to intuii thè drama of megalopolis thè intolerance ofant heap-cities.
A capacity of dilation is deeply rooted into art, in order to make visible ali thè blobs which sprung up. These blobs are invisible to thè common eye, but visible Savinio's visionary eye, deceiver of thè same machines for deceits of our time, that is to say ali thè mass-media, which accompany our sleeping and our waking.
We are going out from the century, so as we are going out from the millennium, atoning for evolved meccanicisms which are acquiring human capacities and are adapting the changing corporal structures ofanthropology to the combinatorial capacity of electronic machines. Thus, everything has been foreseen. Has everything been foretold?
Not on your lite! However, we have to say that in thè first part ofthis century, begun at Sarajevo and fìnished at Berlin, a lot of formai problems have been stated. They belong stili to us and, although a very small part ofthem have been overcome or solved, largely they are irresistibly open,.


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