Fontana Lucio
GENIUS
Lucio Fontana
Concetto Spaziale, 1960
Lucio Fontana
Concetto Spaziale, 1960
Lucio Fontana
Concetto Spaziale, 1964
Lucio Fontana
Lucio Fontana nasce il 19 febbraio del 1899 a Rosario di Santa Fé (Argentina). Figlio dello scultore milanese Luigi Fontana, passa la sua prima infanzia in Argentina per poi recarsi nel 1905 insieme al padre a Milano, dove prende il diploma di perito presso l'Istituto tecnico Cattaneo. Nel 1922 fa ritorno al paese natale dove inizialmente lavora accanto al padre per poi aprire nel 1924 un proprio studio. Nel 1926 partecipa al Salone Nexus a Rosario di Santa Fé con un Ritratto che ottiene il premio d'incoraggiamento per la scultura. Nel 1927 vince un concorso per eseguire il monumento a J.E. Bianco nel cimitero della città che realizza con chiaro influsso maillolliano. Nel 1928 torna a Milano dove si iscrive al corso di scultura tenuto a Brera dallo scultore simbolista Adolfo Wildt. Nello stesso anno esegue la tomba Berardi al cimitero Monumentale.
Nel 1930, diplomatosi, partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia con la Vittoria, scultura di clima ancora maillolliano come lo è la tomba Berardi. Ma già il bozzetto presentato nello stesso anno al concorso milanese per la fontana commemorativa dello scultore G. Grandi prevede una grande struttura astratta ai cui piedi è presente una piccola scultura figurativa.
Fontana giunge a risultati completamente astratti nel 1931 con i rilievi in terracotta estremamente sintetici nella resa dei volumi nello spazio, che risentono dell'esempio cubista di Archipenko, e con le tavolette in cemento, incise da un segno graffito molto libero che, seguendo la lezione dell'esuberanza martiniana si avventura in impreviste scritture automatiche. Del 1931 è la sua prima personale alla Galleria del Milione mentre prosegue la sua ricerca con prove sia figurative che astratte. Nel 1932 collabora come scultore con l'architetto Terragni alla realizzazione della decorazione del Monumento ai Morti a Erba, per cui esegue la Vittoria. Nel 1933 partecipa al progetto «Villa-atelier per un artista» proposto da Figini e Pollini alla V Triennale di Milano. Nelle due sculture realizzate per l'occasione {Amanti e Bagnante) il valore organico e dinamico deliaTmateria prevale sulla resa formale delle figure. Nel gennaio del 1935 espone alla Galleria del Milione le sue prime sculture astratte, composte da piani bidimen-sionali di cemento e di gesso colorato sostenuti da scheletriche e precarie armature in ferro, e le tavolette graffite incise con punte di ferro da un gesto che inventa improvvisi tracciati fitomorfici. Sempre nel 1935 aderisce al movimento parigino Abstraction-Création e partecipa alla «I Mostra dell'arte astratta italiana» tenuta a Torino nello studio di Casorati e di Paulucci. Incomincia a dedicarsi alla ceramica lavorando ad Albisola nella Manifattura di Tullio Mazzotti. Le nature morte in gres presentano soluzioni anticipatrici dell'informale. È importante notare come la ceramica venga usata da Fontana non come una tecnica relegabile alla realizzazione di oggetti d'uso o di decorazione, ma come nuovo medium per la scultura. Nel 1936 collabora per la parte plastica (eseguendo la Vittoria dell'aria, scultura figurativa di spiccato accento neobarocco ed espressionista) con il pittore Nizzoli, l'architetto Palanti e il critico Persico al progetto del «Salone della Vittoria» che vince il concorso indetto dalla VI Triennale di Milano. Nel 1937 esegue delle ceramiche a gran fuoco presso le manifatture di Sèvres con cui si presenta alla III Quadriennale romana nel 1939. La spiccata vocazione espressionista della sua opera lo porta ad avvicinarsi al gruppo di Corrente e a esporre nel 1939 alla «II Mostra di Corrente» a Milano.
Durante il 1939 torna in Argentina lavorando soprattutto a Buenos Aires. Espone alla VII Triennale di Milano del 1940 una grande testa di Medusa, scultura eseguita a mosaico, che testimonia ulteriormente la curiosità di Fontana per la sperimentazione tecnica.
Negli anni fra il 1940 e il 1946 la sua scultura affronta nuovamente soggetti figurativi, con una mobilità straordinaria: le sue prove a volte presentano violente impennate espressioniste, altre tentano effetti neoimpressionisti, altre ancora risentono di suggestioni dell'arcaismo martiniano. Nel 1946 a Buenos Aires coopera all'organizzazione dell'Accademia privata d'Altamira, che diviene un importante centro di promozione culturale nel cui clima prende forma il «Manifesto Bianco», primo precedente diretto dello spa-zialismo.
Nell'aprile del 1947 Fontana fa ritorno a Milano dove in maggio lancia il «I Manifesto Spaziale». Nel 1948 partecipa alla Biennale di Venezia con due sculture in ceramica dall'accento barocchetto e una Scultura spaziale in gesso del 1947 che è una sorta di anello di piccoli ammassi di materia. Le sue soluzioni plastiche dalla prorompente esuberanza materica si inseriscono nell'incipiente clima informale. Nello stesso anno riprende l'attività di ceramista ad Albisola, studia ambienti spaziali e lancia il «II Manifesto Spaziale», a cui ne seguono altri cinque negli anni immediatamente successivi. Il movimento, a cui sono in molti ad aderire, si propone di rinnovare il linguaggio della pittura attraverso l'apporto di mezzi e soluzioni desunti e suggeriti dalle innovazioni tecnologiche, ma Fontana è il solo artista che si applica affinchè questi presupposti vedano un'applicazione reale. La sua mostra personale alla Galleria del Naviglio nel febbraio del 1949 consiste nella creazione di un Ambiente spaziale con forme spaziali e illuminazione a luce nera: nell'ambiente illuminato con la luce di Wood forme informali e fosforescenti appese al soffitto danno un effetto di fluttuazione dello spazio.
La sua partecipazione alla IX Triennale del 1951 lo vede realizzare una grande spirale al neon per decorare il soffitto dell'atrio del Palazzo.
Nel 1950 realizza i primi buchi, perforando carte telate o tele bianche, che hanno funzione di schermo spaziale. Nella superfìcie pura essenza della pittura, Fontana introduce un'ulteriorità infinita. La bidimensionalità è superata. I buchi vengono presto applicati anche alla scultura e agli ambienti. Sempre nel 1951 partecipa al concorso perla quinta porta del Duomo di Milano in cui ottiene nel 1952, il primo premio ex aequo con Minguzzi. Sempre nel 1952 esce il «Manifesto Spaziale per la televisione» e Fontana partecipa con alcuni buchi e immagini luminose in movimento alle emissioni sperimentali della RAI/TV di Milano. Durante quest'anno inoltre presenta per la prima volta i buchi a una collettiva alla Galleria del Naviglio di Milano. Nel 1953 si intensificano le collaborazioni in campo architettonico tra cui ricordiamo la realizzazione di un ambiente spaziale di una sala cinematografica (con segmenti rettilinei di tubi al neon su un soffitto a buchi) costruita da Baldessarri alla XXXI Fiera di Milano. L'artista in questo periodo incomincia a intervenire gestualmente con segni vorticosi e dinamici o a inserire altri materiali (pietre, sabbia, frammenti di vetro di Murano e lustrini) sulle tele dei buchi. La Biennale di Venezia del 1954 gli dedica una piccola retrospettiva. Nel 1957 realizza una serie di sculture a gambo dalle forme dall'andamento quasi a farfalla che ricordano apertamente le prime prove plastiche astratte. Con una scelta di sculture del 1957 e una serie di buchi su tele trattate all'anilina si presenta alla Biennale di Venezia del 1958.
Negli ultimi mesi del 1958 realizza i primi tagli su superfìci di tela trattata ad anilina. Fontana approda quindi ai «Concetti spaziali», presenze fìsiche e tangibili di concetti nuovi di spazio sulla superfìcie tradizionale del dipinto. Passando attraverso lunghe e appassionate vicende di consuetudine con la materia, consuetudine che a tratti diviene piena immedesimazione, Fontana giunge a compiere quel gesto semplice e intenso, ad alta temperatura sensuale e mentale che, creando una fessura nella tela, spalanca il senso del concetto stesso di arte.
Durante l'estate del 1959 ad Albisola incomincia a produrre le sculture in terracotta chiamate Nature, dalla forma primaria e organica e dalla pelle sensualissimamente barocca. Sempre nel 1959 da vita alla serie dei «Quanta», costellazioni mobili di piccoli dipinti monocromi triangolari, trapezioidali e circolari contenenti tagli (o raramente buchi) che si possono articolare e disporre in diverse modalità sulle pareti secondo il desiderio dell'osservatore.
Nel 1960, esegue i primi monumentali tagli su superfici di tela monocrome dipinte a olio, nuove visioni assolute quasi metafìsiche. Più del buco il taglio (spesso intitolato da Fontana Attesa) infatti incarna il gesto in un'assolutezza quasi concettuale. Nel taglio si attua la totale coincidenza fra valore attivistico esistenziale e valore formale. Nel tempo l'artista, come per i buchi, varia la fenomenologia dei tagli dall'unicum all'iterazione molteplice, da una compostezza quasi zen al furor.
Durante il 1960 partecipa con l'ambiente spaziale Esaltazione di una forma alla mostra «Dalla natura all'arte» a Palazzo Grassi a Venezia ed è presente all'esposizione «Monochrome Malerei» a Leverkusen. Nel 1961, mentre partecipa all'attività del gruppo Continuità, realizza la serie di dipinti a olio dedicati a Venezia che espone nello stesso anno a New York alla Martha Jackson Gallery.
Recatosi in tale occasione nella metropoli americana, al suo rientro in Italia esegue un ciclo di opere a essa ispirate: superfìci di metallo incise, tagliate e forate. Nel 1963 Fontana esegue «La fine di Dio», un gruppo di dipinti a olio monocromi e ovali con l'intervento di buchi e di tagli. Nel 1964 esegue un ambiente spaziale nel contesto della mostra «Pittura a Milano dal 1945 al 1964» tenuta al Palazzo Reale di Milano e incomincia a realizzare i primi «Teatrini», che si valgono del monocromatismo o del bicromatismo di tela e cornice e accolgono riferimenti figurativi assai stilizzati.
Nel 1966 progetta un ambiente spaziale per la propria sala alla Biennale di Venezia che viene realizzato dall'architetto Scarpa con qualche variazione e che gli procura il Gran Premio Internazionale per la pittura. Nello stesso anno mentre prosegue le collaborazioni architettoniche, esegue scene e costumi per Ritratto di Don Chisciotte di Petrassi alla Scala di Milano. Nel 1967 incomincia la serie delle «Ellissi» (tavole di legno laccato in diversi colori e di identiche dimensioni che propongono differenti geografìe di buchi «fatti a macchina») e il gruppo delle sculture ovoidali in metallo verniciato a fuoco con il gambo.
Nel 1968 presenta a Kassel, nell'ambito della mostra «Dokumenta IV», un ambiente composto da una sorta di labirinto completamente bianco che porta all'incontro con un'unica grande fenditura.
Lucio Fontana muore a Comabbio (Varese) il 7 settembre del 1968.
(EL)