Bianca Giuseppe - Personaggi storici Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Personaggi storici
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Bianca Giuseppe

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Bianca Giuseppe, Antonino, Salvatore, Corrado, nacque ad Avola da Corrado Bianca e Anna Molisina, il 4 febbraio del 1801.

Al fonte battesimale, dove fu tenuto dal barone Francesco Di Maria e dalla nobile signorina Palma Dio Stefano, gli furono messi ben quattro nomi, come si usava nelle famiglie più distinte: Giuseppe, Antonino, Salvatore e Corrado. Per la storia, comunque, è noto semplicemente con il primo: Giuseppe Bianca. Fin dall’infanzia dimostrò rara intelligenza; perciò all’età di appena 4 anni fu avviato allo studio. Il suo primo maestro fu il reverendo don Antonino Fardella, molto apprezzato per 83 la sua cultura e il rigore del suo metodo di studio e di vita, che gli insegnò latino, greco, lettere italiane e lingua francese. Imparò da lui anche a poetare: le sue prime poesie le scrisse quando aveva appena una dozzina d’anni, e già rivelano una straordinaria sensibilità lirica e una tecnica impensabile in un ragazzo di quella tenera età. Nel convento dei Padri Domenicani estese lo studio delle varie lingue a quello della filosofia e della matematica tanto da raggiungere una maturità culturale raramente raggiungibile in età molto più avanzata. Presso lo studio dell’avv. Lucio Bonfanti da Noto apprese quindi le materie giuridiche. I genitori, infatti, aspiravano a farne un dottore in legge; ma egli non era , con il suo carattere semplice, schietto e onesto, non era affatto portato ai cavilli e alle “ imposture legali”… Giuseppe Bianca come Leopardi nei suoi studi disparati e matti Egli aveva un autentico spirito umanistico, per cui si dedicò profondamente allo studio dei migliori classici italiani, latini e greci, rinchiudendosi, proprio nel periodo in cui faceva altrettanto, a Recanati, Giacomo Leopardi, nel suo studio, arricchendosi come lui della più vasta erudizione letteraria, artistica, geografica, giuridica, filosofica, matematica, marinara, persino biblica... Si diede pure alla più attenta osservazione della natura. Da queste due fonti di sapere nacquero le numerose opere di tradizione dei classici, di creatività lirica e di compilazione di numerose opere scientifiche di botanica. Così scrisse il Perez di lui: “Nella solitudine del suo studio volse il suo potente intelletto all’interpretazione dei classici greci, ne scrutò i sommi veri, ne assimilò le ardue concezioni, ne apprese la lingua e ne tradusse i pensieri in bella, nitida veste italiana.” Egli analizzò e approfondì ogni ramo letterario e scientifico, progettando la realizzazione di un’opera di storia naturale, come aveva appreso che aveva fatto il grande Plinio; pertanto legge e studia la storia civile nazionale nonché quella della sua isola e del suo paese, che studiò appassionatamente anche dal punto di vista naturalistico, soprattutto da quando gli capitò di leggere l’importante opera “ Prodromo della cultura siciliana”, scritto da Giovanni Gussone, l’opera più qualificata che fosse stata pubblicata fino a quei tempi dell’arboricoltura e la distribuzione delle piante in Sicilia. Fu quest’opera egregia che lo convinse a studiare in modo che nessuno aveva fatto ancora, il patrimonio e le caratteristiche della vegetazione di Avola, dedicandosi all’osservazione pratica, in loco, visitando assiduamente ogni angolo del territorio avolese, per moltissimi anni, raccogliendo, esaminando, classifica ogni specie di flora avolese per ben 17 anni. Si può dire che fino al 1836 egli non attese che all’arricchimento della sua mente e del suo spirito, che gli servì poi per il meritato riconoscimento che da ogni parte presto gli giunse, sia nel campo delle lettere che delle scienze. Nel 1839 presso gli Atti dell’Accademia Gioenia, della quale fece parte, iniziò la pubblicazione de “ La flora dei dintorni d’Avola” di cui fece dieci memorie L’anno successivo diede inizio, sempre negli stessi Atti, alla puntuale pubblicazione di “ Novae plantarum species minusve in Sicilia cognitae iuxta Hiblam vulgo Avola sponte provenientes ” (Nuove specie di piante meno conosciute in Sicilia, provenienti dal paese di Avola presso gli Iblei) che durò fino al 1884. Lo stesso Giovanni Gussone, nel 1844, in riconoscimento del valore dell’opera del Bianca, pubblicò nella sua opera parte degli scritti del Bianca nella nuova edizione del suo li- 84 bro “Addenda et emendanda”, con il titolo di “Supplementa et adnotationes in synoxin florae siculae”. Interruppe l’attività letteraria per partecipare a quella patriottica Ma grande fu in lui lo spirito civile e l’amor di patria. Durante gli avvenimenti politici del 1848 che videro la Sicilia insorgere contro il Governo Borbonico, prima della Prima Guerra d’Indipendenza, egli sentì il dovere di sospendere la sua attività di profondo studioso per apportare il suo prezioso contributo alla causa della libertà d’Italia. Egli stesso divenne Segretario del Comitato Rivoluzionario ad Avola, prendendo stretti contatti con il nostro Salvatore Chindemi, il barone Pancali e tutti i personaggi di spicco del territorio siracusano in particolare e siciliano in genere. Egli godette di tutta la stima dei patrioti siracusani e siciliani durante la rivolta di Palermo, che chiamò all’appello tutti i più coraggiosi spiriti dell’isola col proclama dell’indipendenza della Sicilia. Fu in quell’occasione che egli si distinse nell’organizzazione del Comitato Liberale Segreto per aderire alla rivoluzione palermitana , tanto che il 2 aprile, una commissione siracusana, composta dal baronello Bonanno, da don Emilio Bufardeci ( che consideriamo il Don Sturzo prima di Don Sturzo, in quanto che coraggiosamente lo troviamo sempre in prima fila nella lotta per la causa italiana prima e per la buona amministrazione della città poi) e da Carmelo Alagona, si recò ad Avola per testimoniare agli Avolesi la gratitudine dei Siracusani per quello che essi avevano fatto nei momenti più difficili in cui si era trovata la città aretusea, specialmente in occasione del tremendo terremoto che aveva subito agli inizi di quell’anno stesso. In quell’occasione Giuseppe Bianca scrisse e lesse pubblicamente un inno patriottico intitolato: “A Palermo vincitrice”. Purtroppo fu un sogno momentaneo per tutti i patrioti, giacchè sopravvenne la restaurazione borbonica, per cui egli si richiuse nel suo riservo, non essendo stato perseguito e proscritto come invece fu fatto per Chindemi e parecchi altri promotori della lotta di liberazione. La ripresa dei suoi studi e delle sue pubblicazioni Nel 1851 pubblicò “Sulle campagne d’Avola e sull’agricoltura che vi si esercita”, opera pregevole che fu seguita l’anno dopo da “Rapporto intorno all’attuale malattia della vite” Intanto continuava la sua attività di corrispondente scientifico su diverse riviste. “L’Empedocle” pubblicò nel 1853 “Osservazioni botanico economiche sulla questione se convenga ripigliarsi, in Sicilia, in particolare nei dintorni di Avola, la dimessa coltura della canna da zucchero.” E l’anno appresso “Nova trachelii species ex natuarali campanulacearum familia” e nel 1856 “ Vicende sulla vita del botanico Vincenzo Timeo”. Il giornale locale Gioeni dal 1857 al ’59 pubblicò di lui: “ Novae plantarum species ad floram siculam addendae” .Egli l’anno appresso a Catania, con l’edizione Galatola pubblicò: “ La descrizione delle feste triduane di Santa Venera in Avola” che si festeggiava il 26 luglio, con la festa di S. Anna. La sua “ Biografia di Pompeo Interlandi Sirugo, principe di Bellaprima” fu pubblicata dall’editore Norcia di Noto nel 1867. Essendo ben note la sua cultura e la sua correttezza morale, quando ci fu l’esproprio dei beni religiosi, con la soppressione degli Ordini Religiosi da parte del Governo Italiano, Giuseppe Bianca fu chiamato a far parte della Commissione per riferire sulle opere d’arte esistenti nei conventi e nei monasteri di Avola. Fu in quell’occasione che egli scrisse “Illustrazione al quadro della Santa Croce, 85 dell’Antica Custodia” tuttora esistenti nella chiesa dell’ex convento dei Cappuccini La sua straordinaria cultura enciclopedica e soprattutto scientifica ebbe modo di essere vivamente apprezzata quando a Siracusa ci fu l’esposizione agricola, nel 1871. Egli presentò la voluminosa e importante monografia su “ Il mandorlo comune in Sicilia” che venne molto apprezzata, sì da essere premiata con medaglia d’argento e £.500 e la pubblicazione, che curò l’anno seguente l’edizione Lorsnaider di Palermo. Sembrava instancabile nella sua assidua attività di ricercatore e di scrittore. Mentre raccoglieva le più rare piante nel suo orto secco, tuttavia, trovava ugualmente il tempo di esercitarsi nella lettura e nella traduzione dei classici: di Catullo verseggiò in italiano i canti elegiaci, di Ausonio le poesie, di Virgilio ed Orazio moltissimi passi. Dal greco tradusse alcuni versi di Posidippo, di Metrodoro e di Onero. Parecchie, pure, le poesie che egli scrisse: canti, sciarade, logogrifi … La polemica letteraria con il prof. Matteo Raeli Non disdegnava, tuttavia di affrontare le problematiche critiche e le polemiche letterarie più avvincenti: la sua vastissima cultura classica gli consentiva di affrontare chiunque nelle discussioni più ardue ed accese su traduzioni e traduttori. Una delle più celebri polemiche letterarie che egli intraprese fu quella con Matteo Raeli, uno dei più grandi cultori della classicità che Noto abbia avuto, al quale è intitolato il netino istituto magistrale. La polemica scaturì a proposito di una traduzione del Catullo, nel 1976 fatta e pubblicata dal professore netino: ebbe ragione il Bianca! Egli pubblicò in quell’occasione sul giornale “La scintilla” di Ragusa inferiore: “Osservazioni critico filologiche sulla lettera del signor Matteo Raeli” La stessa “Scintilla” gli pubblicò varie poesie . L’opera omnia poetica del Bianca è raccolta ancora in un manoscritto, in attesa che le autorità avolesi si sensibilizzino per la pubblicazione, onde far conoscere alle nuove generazioni uno dei suoi figli migliori che ha dato lustro anche a Siracusa. L’ultima sua opera fu “ La botanica applicata alla pedagogia”, pubblicata nel 1878, assieme a “ Monografia agraria del territorio di Avola, in Sicilia”, che fu inserita nel giornale “L’agricoltura italiana”, di Firenze, dove fu pubblicata anche “ Monografia sul carrubo” La sua instancabile attività scientifica lo indusse a scrivere , nel 1882, negli Atti di Acclimazione , di Palermo, una delle sue migliori opere: “ Dubbi e volgari pregiudizi intorno alla razionale coltivazione del carrubo”, laddove l’ultima traduzione pubblicata fu quella di un sonetto del Fardella. Molte altre opere scrisse che rimangono inedite in possesso degli eredi, che meriterebbero di essere portati alle stampe. Morì il 12 novembre 1883. Col suo nome fu intitolata una società, una via e una lapide venne posta nella casa. La scultura che lo rappresenta, in mezzobusto, è nella scuola tecnica che porta il suo nome.
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