Di Giovanni Eduardo
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Eduardo Di Giovanni
Avvocato e uomo politico, nasce nel 1875 a Siracusa. Ancora molto giovane, pubblica "La virtù delle idee medie", opera che già riflette il suo impegno culturale e politico. Si forma sui testi di Giordano Bruno, di Hegel e di Marx. Riflette sulla storia siciliana e vede nell'episodio dei fasci siciliani un esempio luminoso di coscienza di classe. Si avvicina al socialismo riformista, all'internazionalismo e al pacifismo. Lotta per la redenzione sociale e tra il 1919 e il 1921 è letteralmente trascinato dai consensi in Parlamento. Non fa in tempo a pronunciarsi per il sistema proporzionale che il fascismo sale al potere, costringendo Eduardo Di Giovanni a ritirarsi in se stesso ed esercitare
la professione forense. All'indomani della seconda guerra mondiale, è membro della Costituente e poi del senato della Repubblica. Il 7 novembre 1975 la cittadinanza siracusana ne festeggia i cento anni.
Muore quattro anni dopo.
Per me era il nonno (come lo chiamavo) anche se era nonno di mio padre. Quando è morto, nel 1979, ero bambina ma ne conservo il ricordo fatto di piccole tenerezze attenzioni... le piccole grandi cose dell'inizio, la vecchia casa di via Nizza, le visite a Roma, dove egli viveva, e poi i racconti familiari. Fu leggendo "Gente d'Ortigia" che scoprii che il mio nonno non era solo quello a cui tiravo i baffi e da allora la curiosità di conoscerlo si è fatta sempre più grande, anche perché sempre più spesso mi capitava di conoscere pezzi di una vita che mi affascinava.
È questo il motivo che mi ha spinto a svolgere questo tema. Conoscere il nonno per cercare di capire un pezzo della storia della mia città. Privilegiata in un certo senso, mi sono subito confusa quando, avendo chiesto ai miei, mi sono trovata davanti centinaia di documenti: ho finito per utilizzare soprattutto una breve biografia, alcuni resoconti di stampa e la minuta ritrovata in autografo di una conferenza in occasione del 25 Aprile tenuta da Eduardo Di Giovanni a Siracusa nel 1955, decennale della Liberazione.
Nato nel 1876, sulla sua formazione influiranno senz'altro le tradizioni radicali, liberali e
risorgimentali della famiglia. Il padre, Salvatore, Avvocato, nei racconti familiari resta un
esempio dell'Italia risorgimentale, nel culto tipicamente Mazziniano dal lavoro, della famiglia, della Patria, intesi come un sacerdozio civile. La madre, Matilde Adorno, proveniente da una famiglia di patrioti che aveva dato alla cause della libertà Mario e Carmelo fucilati in piazza Duomo per aver partecipato ai moti del 1837. In questa atmosfera si forma, con studi umanistici e giuridici, quest'uomo, la cui vita per circa un secolo si intreccia la storia politica della città.
Laureatosi nel 1898 in giurisprudenza presso l'Università di Catania si dedica all'avvocatura seguendo una secolare tradizione familiare.
Dotato di seria e profonda preparazione, nonché di bella oratoria, divenne in pochi anni uno dei più noti avvocati di Siracusa. E' stato detto di lui "L'avvocatura è stata sempre per Eduardo Di Giovanni missione civile che richiede l'impegno totale del pensiero e della volontà... in Di Giovanni avvocato sono ravvisabili le tre grandi virtù che qualificano l'uomo di legge: l'instancabilità del lavoro, la passione della verità, il senso di sacrificio".
Proprio nel periodo universitario Di Giovanni entra in contatto a Catania con il movimento socialista, il generico progressismo si evolve verso gli ideali del Socialismo attraverso i contatti con i Circoli operai di Catania, lo studio degli scritti di ispirazione socialista e positivista e la frequenza con il poeta Mario Rapisardi, il poeta della redenzione umana, del progresso, del libero pensiero, la cui opera lascia una grande impronta nell'anima del giovane studente, insieme agli studi letterari e filosofici che sempre lo appassionano. Il solco era segnato: il giovane avvocato si qualificò subito non solo per la non comune preparazione culturale, ma anche per la posizione politica, per il suo attivismo per le libertà civili e la giustizia sociale; e attorno a lui si raccolsero a Siracusa i giovani di ogni condizione sociale: intellettuali, contadini, operai e artigiani. Con un impegno totale tra il 1901 e il 1906, riuscendo a vincere le mentalità individualistiche, si fa promotore delle prime grandi Associazioni operaie come strumento di difesa e di lotta, nel 1906 nasce a Siracusa il Circolo socialista, nasce la Camera del lavoro, nascono le prime cooperative. Tutte queste Organizzazioni riconoscono in Di Giovanni il leader indiscusso.
Ma, l'impegno di Di Giovanni è soprattutto far si che le organizzazioni siano un fatto di emancipazione morale delle classi lavoratrici, come si diceva in quei tempi: trasformare le plebe in classe organizzata e cosciente. Fu proprio per questo che si fa promotore di scuole serali, università popolari che contribuirono a dare forza al movimento, in quel tempo Siracusa era dominata dal blocco agrario... "la corruzione dilagava e il fiscalismo immiseriva gli strati popolari".
Nel volgere di pochi anni questo blocco veniva messo in discussione. Nel 1909 solo Di
Giovanni e pochi altri socialisti vengono eletti al Consiglio comunale, ma nel 1913 il movimento socialista sfida gli avversari anche alle elezioni politiche; per l'impulso di Di Giovanni ormai sono centinaia le "leghe", le cooperative, i circoli socialisti. E di ciò ne è testimonianza la manifestazione per il 1° Maggio al Teatro Greco di Siracusa a cui partecipano migliaia di lavoratori. Quelle elezioni come le successive del 1914, se videro ancora prevalere il blocco agrario (favorito dalla legge elettorale) segnarono l'affermazione profonda a Siracusa della nuove idee a del loro tenace propugnatore.
Lo scoppio della I guerra mondiale interrompe quest'opera di organizzazione e di riscatto delle classi umili. Scrive Corrado Piccione "Di Giovanni, socialista, internazionalista, pacifista, fece nobilmente il suo dovere di cittadino, nella lealtà e e nella fedeltà alla causa della patria che nella sua visione si identificava con la causa eterna della libertà e del progresso civile... ebbe riconoscimenti altissimi,ma soprattutto la venerazione dei soldati più umili che lo videro fraternamente vicino nella sofferenza e nel pericolo".
Finita la guerra lo scontro sociale diventa più acuto, Di Giovanni rientrato a Siracusa ricominciò nella sua opera, e le masse riconobbero in lui il simbolo più significativo delle loro sofferenze e dei loro ideali; videro in lui il combattente politico che avrebbe saputo guidarli nelle lotte.
Nel 1919 viene eletto deputato con una votazione plebiscitaria. Nelle successive elezioni del 1920 le liste capeggiate da lui conquistano la maggioranza al Consiglio provinciale e al Comune di Siracusa, con il 78% dei consensi e Di Giovanni viene eletto Sindaco. E' un periodo di attività frenetica quale parlamentare e quale sindaco. Ma in quegli stessi anni compare il movimento fascista che distruggerà anche con la violenza e con la compiacenza del governo, una dopo l'altra, le Amministrazioni socialiste. E, tra queste, anche l'amministrazione di Siracusa.
" Il cambiamento di regime - scrive Corrado Piccione - fu coraggiosamente denunciato da Di Giovanni in parlamento". Discutendo la nuova legge elettorale fascista "Di Giovanni pronunziò un discorso memorabile che è un modello di oratoria parlamentare", rivolgendo "un fiero e commosso appello alla coscienza pubblica, come fondamento della libertà. Quel discorso, (ricordato ancora nel 1953 da un esponente comunista durante il dibattito alla Camera sulla c.d. "Legge truffa") impose Di Giovanni all'attenzione riconoscente dei democratici di ogni tendenza, meritandogli l'abbraccio e il pubblico elogio di Filippo Turati. Ma la sorte di quella battaglia era segnata. Approvata la legge liberticida, la Camera fu sciolta e fu la fine della democrazia. L'elezioni del 1924 furono una farsa tragica. Di Giovanni candidato, mentre tanti di fronte alla violenza si erano ritirati a vita privata, il giorno delle votazioni, dopo essere
stato oggetto di attentati e intimidazioni e mentre dalla provincia giungevano notizie di fatti di sangue, inviò un telegramma di protesta al governo in cui denunciava "che i cittadini erano costretti a votare a scheda aperta sotto minaccia" e comunicando la decisione di ritirate la candidatura "per non prestare alcuna acquiescenza a metodi indegni di un paese civile contro cui protesta ogni onesta coscienza".
Poi venne l'assassinio di Giacomo Matteotti che alla Camera aveva denunciato tra tante violenze quelle di Siracusa. Nullo studio di Di Giovanni si organizzarono i "Comitati di opposizione". Erano gli ultimi segni di vita della democrazia. Dopo Matteotti furono assassinati Don Minzoni. Amendola, Rosselli e tanti ignoti, le prigioni si riempirono, molti dovettero fuggire all'estero. Come scrive lo stesso Di Giovanni: "Sul cadavere della Libertà strangolata si assise la dittatura". Furono gli anni della solitudine politica di Di Giovanni e tanti ideali sembravano al tramonto. Il 13 luglio del 1923 Di Giovanni, nel sopraddetto intervento alla Camera contro la legge elettorale fascista, citando Victor Hugo, aveva detto: "Se voi cercate di imbavagliare la bocca, la parola si tramuta in luce, e non potrete imbavagliare la luce". In quegli anni comincia la Resistenza, che, come scrisse Piero Calamandrei in una famosa lapide, prima che fatto di armi fu "Patto fra uomini liberi che volontari si adunarono non per odio, ma perdignità". Sbarcati gli angloamericani nel 1943 Di Giovanni è di nuovo in prima linea, interprete della volontà popolare. Presidente del Comitato di Liberazione provinciale, su indicazione di tutti i partiti democratici, svolge il suo incarico con grande equilibrio, mirando alla pacificazione, ma nel contempo si dedica alla ricostruzione delle organizzazioni democratiche.
Interessante per capire questo periodo è quanto Di Giovanni stesso dice in occasione della celebrazione del 26 Aprile.
Di Giovanni vede nella Lotta di Liberazione la continuazione della tradizione libertaria del Risorgimento, il fascismo è per lui estraneo alla tradizione del popolo italiano,... "lungi da noi voler approfondire solchi e lacerazioni... il ricordo vuole essere ammonimento ed esempio... indietro non si torna".
Il 2 Giugno 1946 viene eletto deputato alla Costituente e chiamato a far parte dei "75" per la redazione del progetto di Costituzione.
Nel 1948 entra a far parte del Senato e dal 1949/62 del Governo presieduto da Alcide De Gasperi. In quegli Anni delegato a rappresentare il Senato all'Assemblea europea di Strasburgo.
Cessato il mandato parlamentare continuò a svolgere l'attività forense e di conferenziere brillante anche fuori d'Italia, proseguendo il suo impegno politico come presidente nazionale della Lega delle cooperative e vice-presidente della Lega internazionale dei diritti dell'uomo, continuando sino alla fine a spendere, nella professione e nell'attività politica, ogni energia per gli ideali di libertà e giustizia in cui aveva creduto per tutta la vita; con grande umanità e tolleranza verso gli altri, ma con rigore verso se stesso, con umiltà vera, ma soprattutto con una fede profonda nell'uomo e nel suo destino.
In una conferenza tenuta, ormai novantunenne a Lecce, aveva detto: "Ma non s'accorgono che l'umanità, tutta l'umanità batte ormai alle porte dell'avvenire? Non sentono l'ansia di tutta una specie per conservarsi, per migliorarsi? E' questo il dramma delle nuove generazioni quando le inesauribili forze dell'energia nucleare non costituiranno più la minaccia incombente per l'umanità, quando il lavoro affrancato non sarà più una pena,... quando, abbattute le frontiere, gli uomini di tutte le genti... di tutte le fedi si sentiranno uniti come una immensa famiglia,... allora l'uomo sarà esso stesso la caritura destinata a più degna vita e a mete più eccelse". Questa fede profonda ha accompagnato tutta la sua vita.
Quando nel 1975, compiendo Di Giovanni 100 anni, il Consiglio comunale gli tributò pubblici onori, additandolo come "Cittadino esemplare che spetta ai contemporanei onorare e ai posteri imitare", la cerimonia si trasformò in un momento di alta commozione che vide intervenire uomini di ogni fede e di ogni ceto. Come fu scritto, sembrò che "tutta la città si stringesse attorno al suo tribuno".
In quell'occasione l'avvocato Corrado Piccione nell'orazione ufficiale ebbe a dire: "Nel vostro nome la coscienza pubblica evoca lo spirito dei Grandi Siracusani... esalta una altissima esperienza politica e culturale e con profonda convinzione riconosce che nella prima pagina della storia di Siracusa del XX secolo rimarrà scritto un nome che è simbolo di dignità, di fierezza civile, di fede democratica e che esprime mirabilmente l'anima di Siracusa moderna. È il vostro nome immortale Eduardo Di Giovanni".
Giuditta Di Giovanni