Nascita Tirannide
Siracusa, la tirannide dionisiana e la nascita dello stato territoriale.
Lo stato territoriale a guida autocratica non era un'esperienza del tutto nuova: il confronto con questa realtà era già iniziato per loro in occidente. Dopo le tirannidi arcaiche, la tirannide dionisiana aveva infatti edificato qualcosa di non molto diverso, e forse addirittura più avanzato. Dopo la ritirata degli ateniesi nel 413 a Siracusa, dove Ermocrate non era riuscito ad ottenere il potere personale, restarono al potere i dmocratici di Diocle. Nel 410 Ermocrate, inviato nell'Egeo a combattere a fianco degli spartani, venne raggiunto da un provvedimento di esilio; tuttavia, non depose il potere, ma arruolò mercenari e allestì navi per rientrare con la forza in patria. Egli approfittò della situazione creatasi in Sicilia con l'intervento dei cartaginesi, chiamati da Segesta, in guerra con Selinunte. I cartaginesi non avevano più minacciato direttamente la Sicilia dai tempi di Imera; guidati da Annibale, nel 409 presero Selinunte, nel 408 Imera. Lo stesso anno Emocrate sbarcò in Sicilia, contrastò efficacemente i cartaginesi e cercò di ottenere il rientro a Siracusa con la demagogia, organizzando uno spettacolare funerale per i morti di Imera; ma i Siracusani non lo richiamarono, perché temevano che volesse farsi tiranno; egli tentò allora di rientrare con la forza ma morì nel tentativo. Nel 407 giunse una nuova armata cartaginese, che attaccò e distrusse Agrigento e si diresse poi contro Gela e Camarina, avviandosi pericolosamente a Siracusa.
In questa situazione Dionisio accusò in assemblea gli strateghi siracusani di essere responsabili della caduta di Agrigento, appoggiato da Filistro e Ipparino. Ottenuta la disposizione degli strateghi e la propria elezione all'interno del nuovo collegio, Dionisio accusò di tradimento anche i colleghi. Dionisio governò Siracusa fino alla sua morte, nel 367/6. Circondandosi subito di una guardia del corpo di mercenari, egli trasformò una carica costituzionale, in tirannide. Nel 405/4 dopo aver represso una rivolta dei cavalieri contrari alla sua politica antiaristocratica e demagogica, concluse la pace con Cartagine. In seguito combatté però altre guerre con i cartaginesi. La pace fu un successo diplomatico, perché Siracusa non subì restrizioni territoriali e a Dionisio fu riconosciuto il ruolo di rappresentante della Grecia siceliota; Cartagine conservò il controllo delle popolazioni elime e sicane della Sicilia orientale; liberi restarono invece i siculi e le città di Messana e Leontini. Subito dopo si dedicò al consolidamento del proprio potere e alla costruzione di un consenso. Le strutture della Siracusa democratica restarono in vigore; in essa fu tuttavia immesso un numero consistente di nuovi cittadini legati personalmente al tiranno; fu molto importante il programma di edilizia difensiva, oltre che monumentale, che Dionisio inaugurò subito fortificando la sua residenza, nell'isola di Ortigia: esso offrì opportunità di lavoro alla popolazione numerosa ed eterogenea di Siracusa. Dionisio aveva ottenuto il potere come difensore dalla minaccia cartaginese; su questo versante egli doveva dunque impegnarsi, se voleva giustificare il mantenimento della tirannide. Con la seconda guerra contro Cartagine egli si propose l'obiettivo di espellere l'elemento punico dalla Sicilia. Fu preparata con grandiosi interventi difensivi e di potenziamento militare, egli seguì i lavori e incentivò con donativi i lavoratori. I lavori, completati in tempi rapidi, richiesero investimenti molto pesanti: Dionisio trasse finanziamenti necessari dall'esazione fiscale, ma anche da imprese piratesche e da razzie a danno dei santuari, che gli attirarono critiche e accuse di empità. Al massimo del suo prestigio, Dionisio, poco prima dell'inizio della guerra si sposò con due donne, con l'espresso intento di generare figli e assicurare la continuità della dinastia. La guerra ebbe inizialmente un grande successo. Ma già l'anno successivo si trovò assediato a Siracusa. Il tiranno ricorse allora a Sparta. Fu proprio il navarco spartano Faracide ad aiutarlo a contrastare l'opposizione intema, e riuscì a risolvere facilmente il conflitto. Nel 392 Dionisio concluse con i cartaginesi una pace che, per circa un decennio, tenne lontano il pericolo punico; egli ne ridusse notevolmente il dominio e potè comunque rivendicare quell'efficace difesa dell'identità greca. Forte di questo successo Dionisio si dedicò in seguito ad una politica espansionistica in Italia, nell'Adriatico e nel Tirreno; l'obiettivo era di costruire un grande stato territoriale in cui entrassero anche Reggio, Locri e le loro subcolonie, attirate dalla possibilità di svolgere, con l'aiuto di Siracusa, un'efficace politica antibarbarica contro gli indigeni italici, che cominciavano a minacciare le città magnogreche. Ma l'ostilità costante della calcidese Reggio ostacolò i suoi programmi. Proprio in questo periodo le fonti segnalano un periodo di crisi fra Dionisio e i suoi amici: divenuto sospettoso nei loro confronti ne uccise alcuni e altri li mandò in esilio. Nel 388 sconfisse la lega italiota al fiume Elleporo; le città di Caulonia, Ipponio e Scillezio vennero annesse a Locri e i loro abitanti deportati in Sicilia. Nel 386, Reggio capitolò dopo 11 mesi di assedio; la città fu distrutta e gli abitanti resi schiavi. Questo successo spianò la strada dei progetti di Dionisio, che iniziò a costruire un muro sull'Istmo e aveva pensato anche di tagliarlo con un canale: in questo modo l'unità tra Sicilia e Italia magnogreca avrebbe trovato una clamorosa espressione. Il decennio 390-380 fu inoltre dedicato ad un'intensa politica coloniale, diretta verso le aree adriatica e tirrenica. Dionisio si impegnò molto contro la pirateria, facendo di Siracusa il garante delle rotte commerciali greche in Adriatico: in questo contesto vanno inserite le fondazioni di Adria e di Ancona e l'alleanza con i Celti d'Italia. Dionisio perseguiva la sua politica di accordo con le popolazioni barbariche. La sua attività nell'Adriatico destò impressione nella madrepatria. Nel Tirreno, la politica di Dionisio fu essenzialmente diretta contro gli etruschi alleati di Cartagine. Nel 384 attaccò il porto di Cere, una delle basi dei pirati etruschi. Nel 383 riprese la guerra con Cartagine, che aveva attaccato la Sicilia e la Magna Grecia: sconfitto, Dionisio dovette rinunciare a Selinunte e a Terme, accettare che il dominio cartaginese si espandesse fino fiume Alico e pagare un'indennità di mille talenti. Negli anni successivi Dionisio inviò mercenari nel Peloponneso a sostegno di Sparta, attaccata da Tebe, ed entrò in rapporto con gli ateniesi, che concessero a lui e ai suoi figli la cittadinanza e stabilirono con lui un'alleanza nel 367. Atene riconoscendo Dionisio come arconte, ovvero come signore, della Sicilia, ne legittimava l'egemonia sulla grecità d'occidente. Nello stesso anno Dionisio intraprese l'ultima guerra contro Cartagine, per recuperare il territorio perduto, ma morì durante l'assedio di Lilibeo. Egli fece della polis di Siracusa il centro di un grande impero, comprendente la Sicilia greca ed indigena, liberata dal pericolo cartaginese, la Magna Grecia, l'Adriatico, il Tirreno e addirittura i popoli barbarici dell'occidente. Uno stato complesso, con un territorio non omogeneo ma articolato, in cui Siracusa, polis capitale ed egemone, si collegava attraverso un sistema di rapporti con realtà diverse, città e popolazioni, greci, indigeni e barbari, seguendo moduli diversi adatti alle diverse situazioni.
Dionisio il Giovane, successe al padre nel 367/6; la sua successione venne ratificata dall'assemblea; restarono invece esclusi i figli della moglie siracusana. Uno dei primi atti del giovane Dionisio fu richiamare a Siracusa Filistro, sul cui appoggio gli avversari di Dione contavano per sostenere il regime. Il giovane Dionisio era, infatti, più interessato agli studi che alla politica. Sul versante estero egli seguì la politica paterna; conclusa la pace con Cartagine, si impegnò in Adriatico, fondando due colonie in Apulia; mantenne l'alleanza con i celti d'Italia; nella madrepatria continuò ad aiutare gli spartani contro Tebe. Sul versante interno, egli subì l'influenza contrastante di Dione, che nel 366 chiamò nuovamente a Siracusa Platone, e di Filistro. Dione, accusato di tramare con i cartaginesi e di voler rovesciare la tirannide, venne allontanato da Dionisio II; mentre Filistro ebbe una posizione di grande rilievo: il suo ruolo si espresse nel rivestimento della navarchia e fu in sostanza quello di vicetiranno. Probabilmente a lui si deve la ripresa delle attività in Adriatico. Dione si recò in Grecia dove cominciò ad arruolare mercenari per una spedizione contro Siracusa, destinata ad abbattere la tirannide. Nel 361 Dionisio II invitò nuovamente Platone a Siracusa; tutta la Sicilia fu piena di speranza che Platone avesse la meglio su Filistro ma anche quest'esperienza finì negativamente, perché Dionisio trasformò in vero e proprio esilio l'allontanamento di Dione e cacciò Platone. Dione denunciò ai Giochi Olimpici del 360 tutte le colpe di Dionisio II, promuovendo la sua impresa di liberazione. Nel 357 Dione partì e approdò ad Eraclea Minoa; aiutato dai cartaginesi e sostenuto da molti sicelioti entrò a Sircusa, dove venne nominato stratego. Dionisio si rinchiuse nella rocca fortificata dell'Ortigia; Filistro rientrò con la flotta inseguito da Eraclide. I Siracusani furono sconfitti e Filistro trovò la morte. Con lui finiva la tirannide dionisiana. Dionisio II fu costretto a fuggire a Locri e cedette il potere a Dione. Egli fu al potere fino al 354/3; subito si manifestarono dissensi con Eraclide che sucitò una rivolta popolare che chiedeva la ridistribuzione della terra. L'assemblea votò la sospensione della paga dei mercenari, la deposizione di Dione e l'elezione di 25 nuovi strateghi. Dione fuggì a Leontini, ma riuscì a rientrare a Siracusa e quando Apollocrate si arrese, il potere restò di nuovo nelle sue mani. Egli circondandosi di una guardia del corpo, finì per confermare le accuse di Eraclide, che lo ritenevano un aspirante tiranno. Eraclide fu ucciso e nel 354/3 anche Dione morì in una congiura organizzata da Callippo. In seguito il potere passò a quest'ultimo, ai figli di Dionisio I, Ipparino e Niseo, poi nel 347/6, di nuovo a Dionisio II, rientrato da Locri, e infine ad Iceta. Siracusa non sembra più in grado di ritrovare stabilità; per di più, il cartaginese Annone sbarcò in Sicilia, attirato dal vuoto di potere generato dalla crisi siracusana. Iceta si risolse a chiedere aiuto alla madrepatria Corinto, che inviò una spedizione guidata da Timoleonte. Nello stesso periodo Taranto chiese aiuto a Sparta, che inviò nel 342 Archidamo; egli contrastò efficacemente gli indigeni italici, ma morì nel 33 lasciando aperta la conquista di Eraclea.
La tradizione è molto favorevole al generale corinzio Timoleonte e non lo tratteggia come un tiranno, bensì come condottiero anticartaginese, odiatore dei tiranni e difensore della libertà e dell'autonomia. Egli era un democratico moderato, che guardava con simpatia a Filippo di Macedonia. Inviato nel 344/3 a Siracusa con scarsi mezzi militari, sconfisse Iceta, liberò Ortigia da Dionisio II e gli concesse di ritirarsi a Corinto, dove visse in povertà. Ottenuto il controllo di Siracusa e nominato stratego, Timoleonte si assunse il compito della guerra contro i cartaginesi e della lotta contro i numerosi tiranni. All'interno di Siracusa cercò di guadagnarsi il consenso popolare operando una chiara rottura con la tradizione tirannica; si atteggiò a pacificatore, distrusse l'Ortigia, simbolo della tirannide, istaurò la democrazia, ridistribuì terre e proprietà. Egli promosse poi un bando coloniario per ripopolare la città e potenziarla sul piano demografico. Timoleonte organizzò in un'alleanza militare, sotto la guida siracusana, le città greche di Sicilia. Alla guida di quest'alleanza egli diede inizio alla guerra di liberazione contro Cartagine. Nel 339 inflisse una pesante sconfitta ai cartaginesi, molto superiori di numero: la vittoria fu celebrata, con la dedica delle spoglie a Siracusa e a Corinto, come una nuova Imera. La dedica irritò i sicelioti. Iceta, Mamerco, Ippone si coalizzarono contro Timoleonte alleandosi con Cartagine; egli reagì uccidendo Iceta e facendo una pace separata con i cartaginesi. Gli fu poi facile eliminare anche Mamerco e Ippone, concludendo la cosiddetta guerra contro i tiranni. Nel 338 avviò una grande colonizzazione panellenica di tutta la Sicilia, che intendeva incentivare la presenza greca e restituire prosperità all'isola. A Siracusa stabilì invece una nuova costituzione, di carattere oligarchico moderato; nel 337 depose la strategia e si ritirò a vita privata. Alla sua morte fu seppellito nell'agorà e ottenne culto eroico. Siracusa conobbe un periodo di tensioni tra democratici e oligarchici, tra antichi e nuovi cittadini, e l'intera Sicilia andò in contro ad un nuovo periodo di instabilità. Fu proprio uno dei nuovi cittadini, Agatocle, a pompiere il passo conclusivo, trasformando Siracusa in una monarchia Ellenistica.