Ermocrate - Personaggi storici Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Personaggi storici
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Ermocrate

E

Statista e stratega, partecipò nel 424 a. C. al Congresso di Gela per trattare la pace generale. Prese parte alla guerra contro Atene e nel 415 - a.C. fu a capo delle operazioni di difesa.
Sconfitta Alene, tentò fino all'ultimo di evitare la strage dei prigionieri e la condanna dei due valorosi generali Nicia e Demostene.
Nel 412 a.C. Siracusa rese a Sparta il favore ricevuto contro Atene, inviando una flotta comandata proprio da Ermocrate: Diocle sperava di liberarsi dello stratega che lo avversava nel suo progetto di demo- cratizzazione della repubblica.
Compiuta positivamente la missione, al generale non fu concesso il ritorno a Siracusa. Sperando nel consenso della sua città, Ermocrate combattè e battè i Cartaginesi, portando su carri fastosamente addobbati i resti dei caduti siracusani abbandonati, nei pressi di Imera, da Diocle, nella battaglia del 409 a.C.
La pur toccante operazione non gli valse il perdono e morì combattendo mentre tentava di fare rientro con la forza nella sua città (407 a.C.).











DA WIKIPEDIA
Ermocrate (seconda metà del V secolo a.C. – 407 a.C.) è stato un politico e generale greco antico, strategos durante la Spedizione siciliana di Atene a Siracusa.
Di estrazione aristocratica, nel 424 a.C. partecipò al congresso di Gela[1] dove strappò un accordo di pace che di fatto allontanava gli ateniesi dall'isola e favoriva l'egemonia di Siracusa. Nel 415 a.C. propose una coalizione che avrebbe dovuto includere anche città non siciliane (come ad esempio Cartagine) per scontrarsi con Atene[2]. Ma nel corso dei preparativi per l'arrivo della spedizione ateniese, fu accusato da Atenagora di Siracusa di cercare con la paura di creare una democrazia autoritaria. Nello stesso anno durante gli attacchi ateniesi alla città egli si propose come stratego suggerendo inoltre di ridurre il numero di strateghi onde favorire efficienza e disciplina, ma anche un minore controllo democratico. Egli fu poi eletto Stratego di Siracusa nel 415 a.C.[3], ma tra i politici siracusani regnava sempre una certa diffidenza nei suoi confronti legata al sospetto di una sua aspirazione alla tirannia. Venne poi dimesso a causa di alcuni insuccessi in battaglia[4]. Egli però fu uno dei più importanti collaboratori a fianco del generale Gilippo e contribuì alla vittoria contro Atene durante l'assedio di Siracusa.
Nel 412 a.C. fu rieletto stratego inviato a sostenere Sparta contro Atene nella guerra del Peloponneso mantenendo la posizione di ammiraglio nel corso della Battaglia di Cizico (410 a.C.). Tuttavia fu raggiunto nel 410 da un provvedimento di esilio che rifiutò, e invece di deporre il comando, arruolò mercenari e allestì navi per andare contro Siracusa. Nel 408 a.C. dopo un intervento in Sicilia dei Cartaginesi, Ermocrate tornò in Sicilia. Poiché l'anno prima i Cartaginesi avevano distrutto Selinunte, egli la ripopolò con i suoi profughi e con altre popolazioni che vi condusse. Selinunte fu così ricostruita (comprese le mura) ma nella sola area dell'acropoli, divenendo per alcuni anni il quartiere generale di Ermocrate dal quale partivano le sue azioni belliche contro le città puniche. Egli organizzò pure uno spettacolare funerale per i caduti nell’assedio di Imera, che Diocle aveva lasciato insepolti al termine della guerra. Questo funerale era in realtà un'operazione atta a far riavvicinare Ermocrate al cuore della gente, ma esso non fruttò i risultati sperati. Al termine di una guerra civile Diocle fu allontanato da Siracusa, ma Ermocrate non venne chiamato al potere.
Ermocrate morirà durante una battaglia a Siracusa nel 407 a.C.. Alla sua morte Selinunte - suo quartiere generale - perse definitivamente la sua importanza politica e venne rioccupata dai Cartaginesi.
Citazioni  
Prima di Tucidide, Ermocrate fu menzionato da Senofonte [5], Plutarco [6], Polieno [7] e Caritone [8].
Ermocrate appare anche tra i personaggi del Timeo di Platone e nelle Critiche. Platone aveva anche pensato a un terzo dialogo intitolato Ermocrate, che non scrisse. Alcuni studiosi però dubitano che l'Ermocrate che discute con Timeo e Crizia sia il generale siracusano, peraltro nemico giurato di Atene: si potrebbe trattare di un'omonimia.[senza fonte]
La figura di Ermocrate è ampiamente trattata nel romanzo Il tiranno di Valerio Massimo Manfredi.
Nel videogioco Indiana Jones e il destino di Atlantide della Lucasarts, nel secondo dei tre capitoli del gioco, il protagonista deve recuperare "Il dialogo perduto di Platone", cioè appunto l'Ermocrate. In questa interpretazione fantasiosa, questo dialogo descrive minuziosamente la società atlantidea: il giocatore, che veste i panni di Indiana Jones, grazie ai dettagli contenuti nel dialogo, trova l'ubicazione della città sommersa. Effettivamente Platone dà dei dettagli su Atlantide già nel Timeo e soprattutto nel Crizia, quindi ci si sarebbe aspettato di leggere altre più sostanziose informazioni proprio nel terzo dialogo.[9

Ermocrate, uomo politico siracusano di estrazione aristocratica, probabile “aspirante tiranno”[17], fu uno dei maggiori protagonisti delle vicende di Siracusa tra la prima spedizione ateniese in Sicilia (427-424) e il 408, anno in cui morì cercando di rientrare a forza nella sua città, da cui i democratici lo avevano esiliato.

La carriera di Ermocrate presenta diversi episodi che mettono in luce la sua aspirazione al potere personale. Un primo episodio si colloca nella primavera del 415, quando, secondo Tucidide (VI, 33-34), Ermocrate denunciò la gravità della minaccia ateniese e offrì ai concittadini suggerimenti per la mobilitazione (conclusione di alleanze con Sicelioti, Siculi, Italioti, Cartaginesi; richiesta di aiuto a Sparta e a Corinto): in questa occasione il democratico Atenagora lo accusò di sfruttare il tema dell’emergenza per spaventare il popolo e ottenere il potere personale. Tucidide in verità non dice che Ermocrate abbia formulato richieste relative alla propria persona: ma probabilmente Atenagora aveva ragioni per sospettare che egli intendesse approfittare della situazione per chiedere poteri eccezionali. Per Atenagora infatti l’intervento di Ermocrate si inserisce in un attacco oligarchico alla democrazia siracusana: “non oggi per la prima volta, ma da sempre li conosco, costoro che con simili discorsi o altri ancora più dannosi e con i fatti vogliono spaventare voi, il popolo, per aver loro il comando della città. E certo temo che dopo molti tentativi possano riuscirci” (Tucidide VI, 38, 2). Il secondo episodio, che ci interessa in modo particolare, si colloca nell’autunno dello stesso anno 415: Ermocrate, dopo le prime sconfitte siracusane, ebbe buon gioco a ricordare l’esattezza delle sue previsioni e si propose come stratego, nel contesto di una riforma della strategia siracusana (Tucidide VI, 72). Poiché il numero troppo elevato di strateghi (il collegio ordinario ne comprendeva ben quindici) aveva creato problemi di efficienza e di disciplina, Ermocrate ritiene che occorra “scegliere pochi strateghi e con pieni poteri, e giurare di lasciarli comandare come sapessero: in tal modo quello che doveva restare segreto sarebbe stato tenuto meglio nascosto e il resto sarebbe stato preparato con ordine e senza scuse”.

Ermocrate individua dunque le motivazioni delle difficoltà militari di Siracusa nel numero eccessivo di strateghi e nella dispersione del potere (polyarchia) e propone di affidarsi a pochi uomini competenti, conferendo loro pieni poteri e, soprattutto, vietando al popolo di interferire nella loro azione: invocando l’efficienza e, soprattutto, l’opportunità di mantenere segreti i piani si otteneva così di sottrarre gli strateghi all’obbligo del riferimento costante all’assemblea. L’obiettivo dell’intervento di Ermocrate, quindi, non sembra tanto quello di ottenere una più agile ed efficiente gestione delle decisioni militari, quanto quello di consentire agli strateghi di godere di una maggiore autonomia, affrancandosi dalle forme di controllo previste in democrazia; forme di controllo che evidentemente, a parere di Ermocrate, paralizzavano l’azione degli strateghi. Adducendo argomenti più che ragionevoli nella situazione di emergenza in cui Siracusa si trovava, Ermocrate ottenne il consenso dell’assemblea e la nomina a stratego autokrator con due colleghi. Tuttavia, già nell’estate del 414 i nuovi strateghi, sospettati di tradimento, vennero deposti (Tucidide VI, 103, 4) e sostituiti con uomini del partito democratico di Diocle: evidentemente qualcosa, nel loro comportamento, aveva confermato i sospetti di aspirazione al potere personale avanzati da Atenagora nella primavera precedente.

La conclusione della carriera di Ermocrate offre un’ulteriore conferma in questo senso. Eletto stratego nel 412 e inviato a sostenere Sparta contro Atene nella guerra nell’Egeo, Ermocrate fu raggiunto nel 410 da un provvedimento di esilio; rifiutò tuttavia di deporre il comando, fece appello ai suoi soldati ottenendone il giuramento di essere ricondotto a Siracusa e, con il denaro persiano, arruolò mercenari e allestì navi. Nel 408, approfittando della crisi dovuta all’intervento in Sicilia dei Cartaginesi, Ermocrate sbarcò nell’isola e organizzò uno spettacolare funerale per i caduti nell’assedio di Imera, che Diocle aveva lasciato insepolti dopo essersi mostrato incapace di difendere la città. Racconta Diodoro (XIII, 75, 2-5) che Ermocrate, giunto ad Imera, raccolse le ossa dei morti e le fece ricondurre in Siracusa, in modo che “Diocle, il quale manovrava per contrastare il suo ritorno, apparisse colpevole di aver abbandonato insepolti i caduti e perciò entrasse in urto con le masse popolari; lui invece, comportandosi umanamente, avrebbe riconquistato l’affetto della massa”. Seguì una lotta civile al termine della quale Diocle fu esiliato: ma i Siracusani non richiamarono Ermocrate, perché “l’audace intraprendenza dell’uomo faceva sospettare che, se fosse riuscito ad ottenere la posizione di capo (heghemonia), si sarebbe proclamato tiranno”. Il sospetto che impedì ai Siracusani di richiamare Ermocrate nel 408 ha a che fare con l’”egemonia”, cioè con la strategia, e sembra pertanto della stessa origine di quello che nella primavera del 414 aveva portato alla sua destituzione dalla strategia autocratica. Evidentemente, i Siracusani avevano ormai raggiunto la convinzione che Ermocrate, attraverso la strategia autocratica e lo spregiudicato uso della demagogia, intendesse conseguire un potere personale.

M. Sordi ha notato che Ermocrate e Teramene sono accomunati dall’adozione di tecniche demagogiche miranti ad eccitare l’irrazionalità delle masse e a manovrare l’assemblea: al funerale dei caduti di Imera, con cui Ermocrate tenta di mettere in crisi la democrazia siracusana e ottenere il rientro dall’esilio e il potere, fa riscontro per Teramene la patetica messinscena organizzata durante il processo contro gli strateghi ateniesi vincitori nella battaglia delle Arginuse, accusati nell’autunno del 406 di non aver raccolto i naufraghi; obiettivo di Teramene era eliminare la classe dirigente democratica e recuperare l’autorevolezza perduta dopo la mancata rielezione alla strategia (Senofonte, Elleniche I, 7, 8). Queste tecniche trovano il loro ambito di elaborazione nel dibattito sul modo di conquistare e di mantenere il potere personale, che accomuna politici e intellettuali di ambiente ateniese e siracusano, e hanno un obiettivo comune: scardinare la democrazia per sostituirla con la tirannide del singolo o del gruppo ristretto[18]. Una conferma delle affinità colte dalla Sordi può essere individuata nell’analogo ricorso alla tecnica del segreto e del silenzio da osservare con il popolo, per poter operare nell’ambito di un numero ristretto di persone con efficienza e sicurezza, ma soprattutto in totale autonomia dagli organi democratici.

Nel discorso di Ermocrate dell’autunno del 415 trova infatti riscontro la stessa negazione del principio della pubblicità della politica, con i suoi rischi di derive autocratiche, che emerge dall’atteggiamento di Teramene all’epoca delle trattative del 404. Ermocrate propone la concentrazione del potere nelle mani di pochi e un esercizio delle relative responsabilità, attraverso la strategia autocratica, in forma del tutto indipendente dal controllo assembleare (in linea con la richiesta terameniana di mandati personali e autocratici concessi sulla fiducia); ma soprattutto chiede, per motivi di sicurezza e di efficienza, che l’assemblea si impegni a non interferire nelle decisioni degli strateghi, perché possa essere mantenuto il segreto sulle loro iniziative. La pretesa che solo pochi ed esperti strateghi siano a parte delle decisioni non intende semplicemente evitare i contrasti, inevitabili all’interno di collegi troppo ampi; la richiesta di maggior libertà d’azione per un numero ridotto di strateghi ha in realtà lo scopo di concentrare il potere nelle mani di pochi e di ridurre al minimo il riferimento all’assemblea popolare. L’impegno giurato a non interferire costringe infatti l’assemblea a rinunciare spontaneamente, spinta dall’emergenza, alle sue prerogative più significative, prima fra tutte il diritto di essere l’interlocutore privilegiato dei magistrati eletti dal popolo. L’insistenza sull’opportunità di agire in segreto nasconde, anche in questo caso, pericoli autocratici, in quanto sgancia l’esecutivo dagli organi istituzionali in cui il popolo esercita la sovranità[19].

Gli episodi qui ricordati hanno, come si sarà notato, diversi elementi in comune. La necessità di osservare il silenzio e mantenere il segreto su alcuni elementi del dibattito politico si scontra con una consolidata prassi democratica, che si muove nel senso opposto della trasparenza e della pubblicità: per questo iniziative di questo genere partono da uomini politici autorevoli, in grado di chiedere al popolo quella fiducia che la pretesa di tacergli qualcosa implica. Le richieste di deroga dalla normale prassi democratica si collocano in contesti di emergenza e sono sempre giustificate sulla base di motivi di sicurezza, di efficienza o anche di semplice opportunità. Le fonti lasciano trapelare quasi sistematicamente sospetti di personalismo o addirittura di tirannide a carico dei protagonisti (fa eccezione il caso di Pericle, in cui appare evidente la presenza di un superiore interesse pubblico); nel caso di Teramene e di Ermocrate, la volontà di tacere all’assemblea elementi del dibattito risulta effettivamente collegata con la presenza di aspirazioni autocratiche. L’abbandono del criterio della trasparenza e della pubblicità, benché la stessa assemblea si lasci talora indurre per diversi motivi a ratificarlo, può dunque configurarsi come un vero e proprio reato di “inganno del popolo” (l’accusa di apate tou demou che colpì Milziade) e comportare rischi effettivi per la democrazia, allentando la vigilanza popolare e ponendo i presupposti per possibili degenerazioni di carattere autocratico.

Cinzia Bearzot

Università Cattolica di Milano


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Ermocrate (seconda metà del V sec. a.C. – 407 a.C.) è stato un politico e generale greco antico, strategos durante la Spedizione siciliana di Atene a Siracusa

Di estrazione aristocratica, nel 424 a.C. partecipò al congresso di Gela[1] dove strappò un accordo di pace che di fatto allontanava gli ateniesi dall'isola e favoriva l'egemonia di Siracusa. Nel 415 a.C. propose una coalizione che avrebbe dovuto includere anche città non siciliane (come ad esempio Cartagine) per scontrarsi con Atene[2]. Ma nel corso dei preparativi per l'arrivo della spedizione ateniese, fu accusato da Atenagora di Siracusa di cercare con la paura di creare una democrazia autoritaria. Nello stesso anno durante gli attacchi ateniesi alla città egli si propose come stratego suggerendo inoltre di ridurre il numero di strateghi onde favorire efficienza e disciplina, ma anche un minore controllo democratico. Egli fu poi eletto Stratego di Siracusa nel 415 a.C.[3], ma tra i politici siracusani regnava sempre una certa diffidenza nei suoi confronti legata al sospetto di una sua aspirazione alla tirannia. Venne poi dimesso a causa di alcuni insuccessi in battaglia[4]. Egli però fu uno dei più importanti collaboratori a fianco del generale Gilippo e contribuì alla vittoria contro Atene durante l'assedio di Siracusa.

Nel 412 a.C. fu rieletto stratego inviato a sostenere Sparta contro Atene nella guerra del Peloponneso mantenendo la posizione di ammiraglio nel corso della Battaglia di Cizico (410 a.C.). Tuttavia fu raggiunto nel 410 da un provvedimento di esilio che rifiutò, e invece di deporre il comando, arruolò mercenari e allestì navi per andare contro Siracusa. Nel 408 a.C. dopo un intervento in Sicilia dei Cartaginesi, Ermocrate tornò in Sicilia ed organizzò uno spettacolare funerale per i caduti nell’assedio di Imera, che Diocle aveva lasciato insepolti al termine della guerra. Questo funerale era in realtà un'operazione atta a far riavvicinare Ermocrate al cuore della gente, ma esso non fruttò i risultati sperati. Al termine di una guerra civile Diocle fu allontanato da Siracusa, ma Ermocrate non venne chiamato al potere.

Ermocrate morirà durante una battaglia a Siracusa nel 407 a.C.

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