Dione - Personaggi storici Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Personaggi storici
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Dione

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Dione
Dione si impadronisce di Siracusa" di Cornelio Nepote

Appena Dione giunse a Corinto, e li si rifugio anche Eraclide, egli pure espulso da Dionigi, di cui era stato prefetto della cavalleria, con tutto l'impegno si accinsero a preparare la guerra. Ma non facevano grandi progressi, perché si pensava che il tiranno possedesse una grande quantità di mezzi. Ma Dione, fiducioso non tanto sulle sue soldatesche, quanto sull'odio verso il tiranno, con grandissimo ardimento parti per l'assedio con due navi da carico, cinquecento navi da guerra, diecimila cavalieri e centomila fanti. E, cosa che a tutti sembrò straordinaria, dopo tre giorni che era sbarcato in Sicilia, entrò in Siracusa.
1. Le molte qualità di Dione, concesse dalla natura.

Dione, figlio di Ipparino, nato da nobile famiglia, e implicato in entrambe le tirannidi dei Dionisi. Infatti quello più anziano ebbe in matrimonio Aristomache, sorella di Dione; e da questa procreò due figli, Ipparino e Niseo ed altrettante figlie, di nome Sofrosine ed Arete; e di queste diede la prima da sposare al figlio Dionisio, allo stesso, cui lasciò il regno, l’altra Arete a Dione. Ma Dione oltre la nobile parentela e l’illustre fama degli antenati ebbe dalla natura molti altri beni, tra questi un carattere disponibile, affabile, adatto alle ottime arti, un grande portamento del corpo, che non conta pochissimo, inoltre grandi ricchezze lasciate dal padre, che egli aveva aumentato coi doni del tiranno. Era intimo di Dionisio primo, e non meno per costumi che per parentela. Infatti anche se gli dispiaceva la crudeltà di Dionisio, tuttavia lo desiderava salvo per la parentela ed ancor più a causa dei suoi.
Era presente nelle grandi cose, e dal suo consiglio il tiranno era molto guidato, se in qualche cosa non era intervenuta una sua cupidigia. Ma tutte le delegazioni, che fossero un po’ importanti, erano organizzate per mezzo di Dione; egli davvero affrontandole diligentemente, organizzando fedelmente con la sua cortesia leniva il crudelissimo nome del tiranno. I Cartaginesi guardarono costui mandato da Dionisio, (così) che mai hanno ammirato nessuno mai che parlasse in lingua greca.

2. Amabilità di Dione.

Né queste cose sfuggivano a Dionisio; infatti capiva quanto gli fosse di onore. Perciò accadeva che a costui solo accondiscendeva moltissimo e lo amava non diversamente che un figlio; e tanto che questi addirittura, quando era stata portata in Sicilia la notizia che Platone era giunto a Taranto, non poté negare al giovane che lo invitasse, poiché Dione bruciava dal desiderio di ascoltarlo. Diede quindi a costui il permesso e con grande sfarzo lo condusse a Siracusa. Ma Dione tanto lo ammirò e lo amò, da darsi tutto a lui. Ma non meno lo stesso Platone fu allietato per Dione.
E così essendo stato oltraggiato crudelmente dal tiranno, che aveva addirittura ordinato di darlo in vendita, tuttavia ritornò nello stesso luogo spinto dalle preghiere dello stesso Dione. Essendosi questi (Dionisio) ammalato gravemente, Dione chiese si medici come stesse e nello stesso tempo domandò, se per caso ci fosse un maggiore pericolo, che glielo dichiarassero: infatti (diceva che) voleva parlare con lui sul dividere il regno, perché pensava che i figli di sua sorella nati da lui dovevano avere una parte del regno. I medici non tacquero ciò, ma riferirono il discorso al figlio Dionisio. Egli turbato da ciò, perché non ci fosse possibilità di agire per Dione, costrinse i medici a dare una bevanda al padre. Il malato, presa questa, come assopito nel sonno incontrò l’ultimo giorno.

3. Lo scontro di Dione e Dionisio.

Tale fu l’inizio dello scontro di Dione e Dionisio, e quello aumentò per molte cose. Ma tuttavia nei primi tempi l’amicizia simulata rimase tra loro.
poiché Dione non desisteva dal pregare Dionisio di far chiamare Platone da Atene e servirsi dei suoi consigli, egli, che in qualche cosa voleva imitare il padre, glifece a suo modo. Nello stesso tempo condusse a Siracusa lo storico Filisteo, uomo non meno amico del tiranno che della tirannide. Ma su questo parecchie cose sono state scritte in quel libro, che è stato scritto sugli storici greci.
Platone tuttavia tanto poté per autorevolezza presso Dionisio e fu efficace per eloquenza, che lo persuase a porre fine alla tirannide e restituire la libertà ai Siracusani; ma distolto da questa volontà per consiglio di Filisteo cominciò ad essere alquanto più crudele.

4. Invidia di Dionisio per Dione.

Ma poiché questi si vedeva essere superato da Dione per ingegno, autorevolezza, amore del popolo, temendo che, se lo teneva con sé, dava qualche occasione di ucciderlo, gli diede una nave trireme, con cui esser trasportato a Corinto, mostrando che faceva ciò per entrambi, perché, temendo reciprocamente l’uno non anticipasse l’altro.
Ma poiché molti si indignavano per tale fatto e che era di grande avversione per il tiranno, Dionisio pose sulle navi tutte le cose di Dione che potevano essere trasportate e gliele inviò. Così infatti voleva che si pensasse, che non aveva fatto ciò per odio del personaggio, ma a causa della sua salvezza. Dopo che sentì che lui nel Peloponneso preparava un manipolo e tentava di fargli guerra diede Arete, la moglie di Dione, da sposare ad un altro ed ordinò che il figlio di lei fosse educato così che, indulgendo, fosse imbevuto delle passioni più turpi. Infatti al ragazzo, prima che fosse giovinetto, venivano portate delle prostitute, era riempito di vino e pranzi, e nessun tempo era lasciato per (essere) uno sobrio. Egli, a tal punto non poté sopportare lo stato di vita cambiato, dopo che il padre tornò in patria – infatti erano state messe delle guardie, che lo distogliessero dal primitivo stile di vita -, che si buttò dalla parte superiore del palazzo e così morì.
Ma ritorno al punto.

5. Ritorno e vittoria di Dione contro Dionisio.

Dopo che Dione giunse a Corinto e lì si rifugiò Eraclide espulso dallo stesso Dionisio, che era stato capo dei cavalieri, con ogni sistema cominciarono a preparare una guerra. Ma non progredivano molto, perché la tirannide di molti anni era giudicata di grandi potenze. Per tale motivo in pochi erano indotti ad una alleanza di pericolo. Ma Dione, confidando non tanto nelle sue forze, ma nell’odio del popolo, partito per conquistare ciò che a tutti i popoli sembrò straordinario, con grandissimo coraggio con due navi da carico, abbattè facilmente un potere di cinquanta anni, rafforzato da cinquecento navi da guerra, da dieci migliaiaa di cavalieri e cento migliaia di fanti, tanto che dopo due giorni, da quando aveva toccato la Sicilia, entrò a Siracusa. Da ciò si può capire che nessun potere è sicuro se non fortificato dalla benevolenza.
In quel tempo Dionisio era lontano ed in Italia aspettava la flotta degli avversari, pensando che nessuno sarebbe venuto contro di lui senza grandi forze.
Ma quella realtà lo ingannò. Infatti Dione con quelli stessi, che erano stati sotto il potere dell’avversario, represse le arroganze del re e s’impadronì di tutta quella aprte della Sicilia, che era stata sotto il potere di Dionisio, ed in pari modo della città di Siracusa, eccetto la rocca e l’isola congiunta alla città e portò la cosa al punto che il tiranno voleva fare la pace con tali patti: Dione tenesse la Sicilia, Dionisio l’Italia, Apollocrate Siracusa, per il quale, unico, Dionisio aveva massima fiducia.

6. Improvviso cambiamento della sorte.

Un improvviso cambiamento seguì queste così prospere e impensate cose, perché la fortuna con la sua mobilità, quello che poco prima aveva innalzato, cominciò a sommergere. Prima esercitò la sua violenza nel figlio, di cui ho parlato sopra. Infatti avendo ripresa la moglie che era stata data ad un altro e volendo richiamare il figlio alla virtù da una dissolutezza sfrenata, ricevette come padre una gravissima ferita con la morte del figlio.
Poi nacque un dissenso tra lui ed Eraclide; e questi, poiché non gli concedeva il primato, preparò una fazione. Né egli valeva meno presso gli ottimati, col cui consenso era a capo della flotta, mentre Dione teneva l’esercito di fanteria. Dione non sopportò questo con animo sereno e riferì quel famoso verso di Omero dal secondo canto, nel quale c’è questa frase: che uno stato non può essere bene governato dal potere di molti.
Ma un grande odio seguì quel detto.
Infatti sembrava avesse dichiarato che voleva che tutto fosse in suo potere.
Egli non cercò di lenire questo (odio) con condiscendenza e fece uccidere Eraclide, quando giunse a Siracusa.

7. Dione diventato tiranno.

Ma quel fatto incusse grandissimo timore in tutti: nessuno infatti, essendo stato ucciso quello, si credeva sicuro. Egli poi, allontanato l’avversario, spartì troppo arbitrariamente i beni di coloro, che sapeva aver provato risentimenti contro di lui. E divisili, essendo grandissime le spese quotidiane, celermente il denaro cominciò a mancare; né c’era a disposizione, dove porre mano, se non nei possedimenti degli amici. Questo era di tal fatta che, mentre si era conciliato i soldati, perdeva gli ottimati. Era affranto dalla preoccupazione di queste cose e non abituato a sentir parlar male non di buon grado sopportava che si pensasse male di lui da quelli, per le cui lodi era stato portato al cielo. Il volgo poi, irritatosi contro di lui l’appoggio dei soldati, parlava piuttosto liberamente e ripeteva che non si doveva sopportare il tiranno.

8. Agguato di Callicrate contro Dione.

Mentre esaminava queste cose non sapendo come sedarli e temendo a che punto sfociassero, un certo Callicrate, cittadino ateniese, che insieme con lui dal Peloponneso era giunto in Sicilia, persona sia furba sia acuta per l’inganno, senza alcun scrupolo e credito, si recò da Dione e disse: che lui era in grave pericolo per l’avversione del popolo e l’odio dei soldati, che non poteva evitare in nessun modo, se non desse l’incarico a qualcuno dei suoi, che si simulasse a lui nemico. Che se avesse trovato uno idoneo, facilmente avrebbe conosciuto gli animi di tutti e avrebbe tolto gli avversari, perché i suoi nemici avrebbero dichiarato i loro sentimenti ad un dissidente. Approvato tale piano, si accolla queste parti lo stesso Callicrate e si arma dell’imprudenza di Dione; cerca alleati per ucciderlo, incontra i suoi avversari e li rassicura con giuramento. La cosa, essendo molti consapevoli di ciò che si combinava, diffusa è riferita ad Aristomache, sorella di Dione ed alla moglie Arete. Esse atterrite di paura sono d’accordo sul pericolo di cui temevano. Ma egli dice che da Callicrate non gli sono tese insidie, quelle cose che si facevano, accadevano su suo ordine. Le donne nondimeno accompagnano Callicrate nel tempio di Proserpina e lo costringono a giurare che nulla di pericolo ci sarà da parte sua per Dione. Egli non solo non fu atterrito da questo giuramento, ma fu spinto ad affrettarsi, temendo che il suo piano fosse scoperto prima che avesse completato i tentativi.

9. Assassinio di Dione.

Con questa idea in un giorno festivo, mentre Dione si teneva lontano dalla riunione in casa e si era riposato in una camera in alto, consegna ai complici dell’impresa i luoghi più fortificati della città, circonda la casa di guardie, incarica dei fidati che non si allontanino dalle porte: allestisce di armati una nave trireme e la consegna a Filostrato, suo fratello e ordina che sia mossa nel porto, come se volesse esercitare i rematori, pensando, se la sorte per caso avesse ostacolato i piani, di avere con che fuggire verso la salvezza. Dal numero dei suoi sceglie alcuni giovani di Zacinto, sia molto audaci che di grandissime forze, ed a questi dà l’incarico di andare inermi da Dione, così che sembrassero venire per incontrarlo. Questi sono introdotti per la conoscenza. Ma quelli, come erano entrati nella sua soglia, chiese le porte, lo assalgono mentre giace a letto, lo legano: c’è un frastuono, tanto che si possa sentire fuori. Qui però, come spesso si disse prima, fu facile da capire per chiunque quanto sia odiosa la potenza di uno solo e miserabile la vita (di coloro), che preferiscono essere temuti che amati. Infatti quelle stesse guardie, se fossero state di volontà pronta, abbattute le porte, l’avrebbero potuto salvare, perché quelli inermi lo tenevano vivo chiedendo un’arma fuori. Ma poiché nessuno accorreva, un certo Licone siracusano diede una spada attraverso le finestre, con cui Dione fu fatto fuori.

10. Il monumento sepolcrale di Dione.

Perpetrato l’assassinio, essendo entrata la folla per vedere, alcuni vengono uccisi al posto dei colpevoli da chi non li conosceva. Infatti sparsasi la notizia velocemente, che era stata fatta violenza a Dione, erano accorsi molti, a cui tale delitto dispiaceva. Questi spinti da falso sospetto uccidono come colpevoli chi non meritava. Sulla morte di costui come accadde chiaramente, la volontà del volgo fu straordinariamente cambiata. Infatti quelli l’avevano chiamato tiranno da vivo, gli stessi lo proclamavano liberatore della patria e che aveva cacciato il tiranno. Così improvvisamente la compassione era succeduta all’odio, come se desiderassero, se potevano, riscattarlo col proprio sangue dall’Acheronte. E così in città in un luogo frequentatissimo, esaltato pubblicamente fu premiato col monumento del sepolcro. Morì a circa 55 anni, tre anni dopo che dal Peloponneso era ritornato in Sicilia.

da :

www.liceoulivi.it

Dione (Siracusa, 408 a.C. – Siracusa, 354 a.C.) fu un filosofo e anche tiranno di Siracusa e Gela dal 357 a.C. al 354 a.C..

Era figlio di Ipparino e marito di Arete, figlia della sorella Aristomache e di Dionisio I, di cui era il più grande amico. Dione era ammiratore e seguace di Platone, che era stato ospite presso la corte siracusana. Dal filosofo greco trasse molti insegnamenti a favore della democrazia che cercò prima di inculcare nella mente del cognato, poi in quella del successore Dionisio II, di cui divenne tutore nel 367 a.C.. Il suo comportamento non piacque però né al sovrano né al filosofo Filisto, che lo esiliarono nel 366 a.C. in accordo con i cartaginesi.

Dione si rifugiò ad Atene, dove gli fu concesso un periodo di pace. Intanto, Platone cercò di farlo perdonare dal tiranno, facendo ritorno a Siracusa. Lì venne praticamente imprigionato e la sua richiesta di misericordia completamente stravolta: Dionisio confiscò tutti i beni di Dione e addirittura diede Arete in moglie ad un altro.

Quest'oltraggio fu inaccettabile per lo zio, che nel 357 a.C. riunì un esercito di 1000 mercenari a Corinto e partì da Zante. Sbarcato ad Eraclea Minoa, raccolse adepti ad Agrigento, Gela, Camarina, Casmene ed a Modica, ed entrò a Siracusa con 20.000 uomini ricevuto da grandi manifestazioni di gioia. Si impadronì facilmente del potere in quanto Dionisio era in una delle neo-fondate colonie dell'Adriatico. Al suo ritorno, Dione lo sconfisse sul campo e lo costrinse all'esilio.

Durante il suo governo, fu detronizzato e poi esiliato a causa degli intrighi portati avanti da Eraclide Pontico. Molto presto però ritornò a causa dell'incompetenza del nuovo sovrano Apollocrate, figlio di Dionisio, dopo aver attaccato la roccaforte di Ortigia. Il suo potere durò molto poco, in quanto si inimicò il popolo per la sua condotta tirannica e fu ucciso dall'ateniese Callippo, che lo aveva accompagnato sin dalla spedizione di Zante.

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